Medicina e letteratura: un’antologia




Parlami. Adesso parlami di noi
Nel corridoio del quinto piano, di fronte alla stanza 508, Mariana e i suoi figli aspettano in silenzio. Dentro, Andrés non sa per quanto tempo sia rimasto chino su suo padre, una posizione scomoda ma vicina. È tutto così effimero. L’unica cosa non solida di quella stanza sono loro. Quando sente il padre tossire, si tira su. I due si guardano di nuovo.
– Cosa vuoi? Cosa posso fare per te?
Il vecchio Miranda ci pensa un momento.
– Parlami, – chiede, con difficoltà, come se trascinasse la parola fino alle labbra. – Adesso parlami di noi.
Il silenzio è un chiodo. La lingua di Andrés una pietra. Ma a un tratto capisce che è l’unica cosa che hanno, l’unica cosa che possono ancora condividere: le ultime parole. Quella voce debole, difficile, è la fine del corpo, l’unico pezzo di vita che rimane loro, il suono.
Come sono? Di cosa sanno le ultime parole?
Suo padre fa un piccolo gesto, allunga di nuovo la mano, come se volesse tirarlo a sé, avere suo figlio ancora più vicino. Andrés si piega, quasi si accovaccia su di lui.
– Voglio andarmene così, – mormora suo padre. – Sentendoti parlare.
E richiude gli occhi. Forse anche questo gesto adesso è doloroso. Aprire e chiudere gli occhi. Anche il tempo che passa fa male.
Andrés sente allora che la sua bocca è piena di corteccia d’albero. E sente anche una tristezza profonda. Sta piangendo, senza più freni, senza contenersi. La mano di suo padre, fra le sue, si fa sempre più leggera. Perché ci costa tanto accettare che la vita è un caso?
Il vecchio Miranda apre di nuovo gli occhi, cerca di sorridere e poi lo guarda con una fragile tenerezza.
– Parlami, – ripete. – Non lasciarmi morire in silenzio.

Da: La malattia,
di Alberto Barrera Tyzka.
Traduzione di Paola Tommasinelli.
Einaudi Editore, Torino, 2012.
Pagg. 158-159.