Infezioni sessualmente trasmesse
osservate in una coorte di prostitute straniere a Palermo
Tullio Prestileo1,2, Giuseppina Orlando3, Francesco Di Lorenzo2, Ernesto Renato Dalle Nogare2,
Giuseppina Cassarà
1,4, Pierfrancesco Bellipanni3,5, Adriana Sanfilippo2

Riassunto. Obiettivo. Valutare la prevalenza di infezioni sessualmente trasmissibili (HIV, HBV, HCV, Treponema pallidum) in una coorte di prostitute straniere osservate a Palermo dal 1999 al 2008. Materiali e metodi. Studio osservazionale prospettico condotto su 239 prostitute straniere di età compresa tra 18 e 36 anni, provenienti da Nigeria, Ucraina, Romania e Bulgaria. Risultati. Complessivamente, la diagnosi di IST è stata posta in 17 donne, pari al 7,1% della popolazione oggetto dello studio. In 14 casi è stata posta diagnosi di infezione isolata: HIV in 5 casi, HBV e LUE in 4 casi, HCV in 1 caso. Nelle rimanenti 3 donne è stata posta diagnosi di co-infezione da HIV/HBV, HIV/HCV, HIV/LUE. È stata osservata una correlazione statisticamente significativa (p<0,0001) tra l’uso non costante del condom e una maggiore frequenza di infezione da HIV, HCV e LUE. Tale correlazione non è stata osservata nelle donne con infezione da HBV che riferivano di usare costantemente il preservativo in 3 dei 5 casi di infezione attiva osservati. Conclusioni. I risultati di questo studio mettono in forte evidenza una significativa morbilità di questa specifica popolazione e, di conseguenza, la necessità di avviare al più presto specifici programmi di intervento che possano garantire la salute di queste donne e abbattere le barriere linguistiche e culturali che rendono difficile l’accesso e la fruibilità delle strutture sanitarie.

Parole chiave. Infezioni sessualmente trasmesse, prostitute, qualità della vita.

Sexually transmitted infections in a cohort of female sex workers in Palermo.

Summary. Aim. To evaluate the prevalence of sexually transmitted infections (HIV, HBV, HCV, Treponema pallidum) in a cohort of foreign female sex workers observed in Palermo from 1999 to 2008. Materials and methods. Authors conducted a prospective observational study on 239 foreign female sex workers aged between 18 and 36 years old. The nation of origin was Nigeria, Romania, Ucraina, Bulgaria. Results. Overall, the diagnosis of IST was placed in 17 women, 7.1% of the population under study. In 14 cases we observed a single infection: HIV in 5 cases; syphilis and HBV in 4 cases; HCV in only one case. In the remaining three women were diagnosed a co-infection with HIV and HBV, HIV and HCV, HIV and syphilis LUE. In our study, a statistically significant correlation (p<0.0001) was observed between the non-constant condom use and a higher frequency of HIV, HCV and syphilis infection. This correlation was not statistically significant in the women with HBV infection. Conclusions. The results of this study show a higher morbidity of this specific population, and, consequently, the need to start as soon as possible specific programs of intervention which can ensure the health of these women. Language and cultural barriers, as well as immigration concern among all vulnerable populations, form barriers to healthcare access.

Key words. Female sex workers, quality of life, sexually transmitted infections.

Introduzione
In Italia, il fenomeno della prostituzione sembra essere in costante e continuo incremento1-4.
Le persone vittima di tratta sarebbero, secondo i dati della Caritas Italiana, più di 30.000. Una stima del Gruppo Abele indica un range di popolazione femminile dedita alla prostituzione compreso tra 28 e 39 mila5.
Una recente indagine condotta da Anna Pozzi6 mette in evidenza che per il 90% circa si tratta di donne straniere di età compresa tra i 20 e i 30 anni, anche se negli ultimi tempi si è osservato un sensibile abbassamento dell’età, con una stima di minorenni che raggiunge il 7-10%. I Paesi di provenienza più rappresentati sono: Albania, Romania, Moldavia e Nigeria. Le minorenni, più frequentemente della maggiorenni, vengono trasferite da una città all’altra o, al contrario, sono costrette a prostituirsi in luoghi chiusi sotto controlli particolarmente severi.
Le difficili e insopportabili condizioni di vita cui vengono sottoposte queste giovanissime donne condizionano pesantemente il loro stato di salute anche attraverso comportamenti a rischio per il contagio di infezioni sessualmente trasmissibili (IST)2,7.
Scopi dello studio sono stati: a) rivalutare la prevalenza delle principali IST (infezione da HIV, HBV, HCV, LUE) nelle prostitute straniere presenti nel territorio metropolitano di Palermo e osservate presso l’Ambulatorio dell’Unità Operativa Complessa di Malattie Infettive dell’Ospedale Civico-Benfratelli di Palermo o presso il Poliambulatorio Emergency di Palermo tra il 1999 e il 2008; b) evidenziare la difficile fruizione delle strutture sanitarie presenti sul territorio a causa di una duplice e ormai consolidata realtà: da una parte, la difficoltà delle persone straniere all’accesso alle strutture sanitarie per la presenza di barriere linguistiche e culturali, come già ben documentato, soprattutto dal National Focal Point Italiano 8,9; dall’altra, la difficile condizione delle giovani prostitute straniere che, nella quasi totalità dei casi, presentano una forte limitazione della libertà di autodeterminarsi anche a causa di continui trasferimenti da parte dei loro sfruttatori6.
Materiali e metodi
Nel periodo compreso tra ottobre 1999 e dicembre 2008 è stato offerto un programma di screening per le principali IST (infezione da HIV, HBV, HCV, Treponema pallidum) a 275 prostitute straniere, mai sottoposte a precedenti controlli clinici e bio-umorali, provenienti da Nigeria, Romania, Ucraina e Bulgaria. Delle 275 donne contattate attraverso una rete cittadina di supporto, 239 (86,9%) hanno accettato di partecipare allo studio.
Il gruppo più numeroso è stato quello delle donne nigeriane, che hanno rappresentato il 63,2% (151) di tutte le donne sottoposte a screening. I Paesi di provenienza di tutte le donne che hanno partecipato allo studio sono indicati nella figura 1. Si segnala una netta prevalenza di donne nigeriane fino al 2005; successivamente, si è registrato un progressivo e costante incremento di donne provenienti dal Nord-Est europeo.
L’età media è stata di 24 anni con un range compreso tra 18 e 36 anni. A questo proposito, è necessario sottolineare che molte giovanissime donne che dichiaravano la maggiore età erano, con ogni probabilità, minorenni.



Un altro dato che giova evidenziare è quello relativo alla breve storia di prostituzione; infatti, si segnala che in circa il 60% dei casi la storia di prostituzione riferita era inferiore o uguale a 18 mesi. Per contro, solo il 5,8% delle donne intervistate, riferiva una storia di prostituzione di oltre 8 anni.
Il numero di donne osservato per anno è stato variabile: da un minimo di 10, negli anni 1999 e 2004, a un massimo di 35 nel 2007.
Alla prima presentazione è stato offerto il programma completo di screening e un intervento di counselling pre-test. A tutte le donne oggetto dello studio è stato somministrato un questionario per raccogliere informazioni sulle principali caratteristiche demografiche, sulle abitudini di vita, sulla storia di prostituzione e sull’uso del condom. Per quanto riguarda quest’ultimo specifico item, per rendere più omogeneo il dato complessivo, sono state proposte tre tipologie di risposte: sempre (uso del condom nel 100% dei rapporti sessuali con il cliente); quasi sempre (mancato uso del condom nel 10% dei rapporti sessuali con il cliente); talvolta no (mancato uso del condom in più del 10% dei rapporti sessuali con il cliente).
Successivamente, tutte le donne sono state sottoposte a esame fisico generale e, quindi, avviate a un programma di assistenza ostetrico-ginecologica presso l’Unità Operativa Complessa di ginecologia e ostetricia del nostro nosocomio o, su richiesta delle utenti, presso il Poliambulatorio Emergency di Palermo.
La consegna dei risultati e l’intervento di counselling post-test sono sempre stati effettuati dallo stesso operatore che aveva accolto e preso in carico l’utente. A ogni donna che presentava una o più IST è stato offerto uno specifico programma di follow-up infettivologico.
I test treponemici utilizzati sono stati: VDRL (Venereal Disease Resear Laboratories), TPHA (Treponema Pallidum Hemagglutination Assay); FTA-ABS (Fluorescence Treponemal Antibody Absorption Test).
Per lo screening delle infezioni da HIV e HCV sono stati utilizzati i test sierologici per la ricerca degli anticorpi anti-HIV e HCV, ELISA test; ove richiesto, test di conferma RIBA in Immunoblotting Assay. La ricerca dei marcatori sierologici di infezione da HBV è stata effettuata attraverso la determinazione dell’antigene di superficie (HBsAg) e degli anticorpi anti-core (HBcAb) e anti-antigene di superficie (HBsAb).
È stata effettuata un’analisi statistica attraverso il test esatto di Fisher. La variabile presa in esame è stata la correlazione tra uso di condom e presenza di infezioni sessualmente trasmissibili (HIV, HBV, HCV, LUE).
Risultati
Nelle tabelle 1 e 2 sono riassunti i dati relativi alla storia di prostituzione, alle principali abitudini voluttuarie (consumo alcolico, fumo di tabacco e consumo di stupefacenti). Sembra non irrilevante ribadire che la coorte in esame era costituita da giovani donne che, nel 75% dei casi, riferiva una storia di prostituzione di durata inferiore a 3 anni.
Un ulteriore dato da mettere in evidenza è relativo all’iperconsumo alcolico e al consumo di eroina, cocaina e droghe sintetiche, registrato, complessivamente, in circa il 50% delle donne intervistate.
Per quanto riguarda l’uso del condom (tabella 3), si segnala che in oltre l’87% delle donne intervistate veniva riferito un uso costante.



Una infezione da HIV è stata diagnosticata in 8 casi, pari al 3,3% della popolazione osservata. Infezione da virus dell’epatite B (HBV) è stata riscontrata, complessivamente, in 148 donne. In particolare, in 5 casi (2,1%), è risultata positiva la ricerca dell’antigene di superficie (HBsAg). Nei rimanenti 143 casi, la positività degli anticorpi anti-HBs ha evidenziato un’infezione pregressa. Presenza di anticorpi anti-HCV è stata riscontrata in 2 donne (0,8%); infine, è stata posta diagnosi di sifilide in 5 donne (2,1%).
Complessivamente, la diagnosi di IST è stata posta in 17 donne, pari al 7,1% della popolazione oggetto dello studio. In 14 casi è stata posta diagnosi di infezione isolata: HIV in 5 casi, HBV e LUE in 4 casi, HCV in un solo caso. Nelle rimanenti 3 donne è stata posta diagnosi di co-infezione da HIV/HBV, HIV/HCV, HIV/LUE.
Si segnala una correlazione statisticamente significativa (p<0,0001) tra l’uso non costante del condom e una maggiore frequenza di infezione da HIV, HCV e LUE. Tale correlazione non è stata osservata nelle donne con infezione da HBV che riferivano di usare costantemente il preservativo in 3 dei 5 casi di infezione attiva osservati.
Infezione da HIV
È stata diagnosticata in 5 donne nigeriane di età compresa tra 19 e 27 anni (età media: 23 anni) con storia di prostituzione compresa tra 18 mesi e 8 anni. Tutte riferivano di aver utilizzato il condom “quasi sempre”. Nei 3 casi rimanenti, la diagnosi è stata posta in donne dell’Est europeo; in particolare, in 2 donne rumene di 26 anni, prostitute da 8, che riferivano un uso non costante del preservativo. Nell’ultimo caso diagnosticato, si è trattato di una ucraina di 28 anni, prostituta da 10, che riferiva di utilizzare il condom “quasi sempre”. In ogni caso, nessuna delle donne in cui è stata posta diagnosi di infezione da HIV riferiva di usare con regolarità il condom.
Infezione da HCV
La diagnosi è stata posta in 2 donne ucraine, una delle quali con infezione da HIV. Entrambe riferivano una storia di dipendenza patologica attiva. Le 2 donne avevano 26 e 28 anni e riferivano una storia di prostituzione di almeno 5 anni e un uso non costante del condom.
Infezione attiva da HBV
È stata diagnosticata in 4 donne provenienti dall’Est europeo, con età media di 26 anni e una storia di prostituzione compresa tra 3 e 8 anni. 3 su 4 riferivano un uso costante del condom, a differenza della quarta donna che riferiva di usare il preservativo “quasi sempre”. La quinta diagnosi di infezione attiva da HBV è stata posta in una giovane donna nigeriana di 25 anni, prostituta da 6, co-infetta con HIV e con riferito uso del condom “quasi sempre”.
Sifilide
È stata diagnosticata in 4 donne provenienti dall’Est europeo e in una donna nigeriana, risultata co-infetta con HIV. Tutte riferivano di utilizzare il preservativo “quasi sempre” e avevano una storia di prostituzione di durata superiore a 5 anni.
Follow-up/drop-out
Tutte le pazienti sono state invitate a seguire un programma di follow-up specifico per le IST diagnosticate e per l’assistenza ostetrico-ginecologica. Pertanto, subito dopo la diagnosi, è stato offerto un supporto psicologico e sono stati effettuati tutti i controlli clinici, bio-umorali e microbiologici necessari per una corretta definizione del quadro clinico e per la valutazione dell’eventuale programma terapeutico. A questo proposito, sembra indispensabile segnalare che quasi tutte le pazienti hanno avuto un breve follow-up, registrando una percentuale di drop-out al terzo mese del 50%, nonostante gli interventi degli operatori che hanno tentato di contattare telefonicamente tutte le pazienti che non si presentavano ai controlli programmati. Al 6° mese, solo 2 pazienti erano ancora in follow-up. Una sola paziente è tutt’ora in follow-up attivo dopo 4 anni.
Dai colloqui telefonici intercorsi, le donne perse al follow-up riferivano di essere state costrette al trasferimento in altre città o di non poter fruire dell’assistenza sanitaria a causa del divieto assoluto dei protettori che impedivano loro qualsiasi tipo di relazione sociale.
Discussione e conclusioni
La popolazione migrante/straniera presente in Italia rappresenta, soprattutto quando non in possesso del regolare permesso di soggiorno, una popolazione marginale e con elevata fragilità socio-sanitaria. In questo scenario già complesso e difficile, le donne sembrano “dover” pagare il prezzo più costoso, sia in termini di qualità della vita sia in quelli di rischio di compromissione della salute dal momento che il ruolo di queste donne è relegato, sostanzialmente, alla cura delle persone anziane, le cosiddette “badanti”, che vivono una condizione di estrema solitudine esistenziale 10,11, o all’arricchimento di protettori che arruolano queste giovani donne con l’esclusivo obiettivo di procurare il massimo soddisfacimento del cliente.
Insomma, in entrambi i casi, si tratta di colmare un vuoto che, nel caso dell’esercito delle lucciole, alimenta, in Italia, un giro d’affari che oscilla tra 3 e 5 miliardi di euro all’anno12.
Gli effetti della perdita dei determinanti di salute in questa popolazione, ben espressi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)13, risultano evidenti dai risultati di questo studio e di altri, recentemente pubblicati in letteratura1-4,7,14: le prostitute straniere presentano, rispetto alla popolazione generale, una maggiore prevalenza di IST. Il fenomeno, certamente correlato alla loro storia di prostituzione, è da ricondurre alla richiesta dei clienti di non usare il preservativo, pratica presente, nella nostra casistica, nel 12,5%.
Acclarato, quindi, che si tratta di una “professione” a rischio per la salute e, pertanto, a elevato impatto sulla morbilità, lo studio mette in forte evidenza un altro elemento di riflessione: la difficile possibilità di accesso e fruibilità delle strutture sanitarie. Il fenomeno, già ampiamente studiato8,9, sembra essere ulteriormente aggravato da almeno tre condizioni: scarso livello di conoscenza e informazione; paura di essere denunciate e, quindi, espulse6; disumane condizioni di grave limitazione delle libertà cui vengono sottoposte queste donne o per ragioni di “sicurezza” del protettore (vedi, soprattutto, nel caso delle minorenni) o per questioni relative all’organizzazione e alla necessità di spostare queste donne da una città all’altra.
Per le ragioni fin qui esposte, considerato il vantaggioso rapporto costo/efficacia di interventi di promozione della salute e di prevenzione delle principali IST osservato nelle prostitute in un recente studio condotto a Buenos Aires14 e in accordo con quanto enunciato nel corso dell’ottava sessione plenaria della 61^ Assemblea Generale della Salute dell’OMS, si vuole rappresentare la necessità di avviare al più presto specifici programmi di intervento che possano garantire lo stato di salute di queste donne e, più estesamente, della collettività, ricordando che il numero di clienti italiani supera, ampiamente, 9 milioni per anno12.
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