Dalla letteratura
In collaborazione con l’Associazione Alessandro Liberati – Network Italiano Cochrane
www.associali.it

Eccesso diagnostico: la futilità che prende il posto dell’appropriatezza
È esperienza comune a medici e pazienti essere travolti da una pletora di esami: questi rappresentano spesso una fonte di dati non pertinenti alla sintomatologia originaria e possono esitare in una perversa moltiplicazione d’indagini, diagnosi e trattamenti. Richiesti dai medici o ottenuti dai pazienti, modificano di fatto il modo di gestire la medicina e percepire i sintomi, favorendo il rifiuto dell’incertezza e potenziando le attese verso la medicina tecnologica.
Quanto incide la pletora di valutazioni strumentali in neurologia?
Il Cochrane Neurological Field (CNF) e il Gruppo di Studio in Bioetica e Cure Palliative della Società Italiana di Neurologia (SIN) hanno organizzato un workshop congiunto dal titolo “Appropriatezza versus eccesso diagnostico: aspetti metodologici, clinici ed etici” svoltosi a Milano il 5 novembre 2013, nel contesto del Congresso Nazionale SIN. La finalità è stata inquadrare il problema dell’eccesso diagnostico dal punto di vista dei neurologi, fornire delle definizioni di partenza, entrare nel vivo delle difficoltà metodologiche e discutere esempi clinici.
Overdiagnosis
Si è partiti dalla definizione di eccesso diagnostico come diagnosi in assenza di sintomi riferibili a quella condizione1. Questa si può verificare: accidentalmente, imbattendosi in una diagnosi inaspettata nel corso d’indagini per una condizione non correlata; durante uno screening mirato; oppure eseguendo esami di routine.
Nella gestione pratica della medicina tecnologica il passo successivo è stabilire secondo quali criteri un esame strumentale è utile nel senso di favorire il benessere del paziente.
Graziella Filippini (Fondazione Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano) ha trattato gli aspetti metodologici di analisi della decisione clinica utilizzando come esempio l’uso della risonanza magnetica dopo un primo episodio suggestivo della diagnosi di sclerosi multipla. Secondo la raccomandazione di A. Cochrane, «prima di prescrivere un test diagnostico decidi cosa farai se (a) è positivo o (b) è negativo, e se le due risposte sono uguali non prescrivere il test!». Per comunicare l’incertezza e decidere, può essere utile un approccio probabilistico che includa diagnosi, prognosi ed efficacia del trattamento. L’utilità di un test diagnostico può misurarsi proprio in relazione alla possibilità di raggiungere delle soglie decisionali che orientino le decisioni cliniche 2.
Le attuali possibilità diagnostiche favoriscono una ridefinizione delle malattie con spostamento della soglia patologica verso condizioni più comuni e meno suscettibili di trattamento, allargando progressivamente la popolazione dei soggetti considerati affetti o a rischio1. Se questo è documentato per diabete mellito, ipertensione, ipercolesterolemia, osteoporosi, in neurologia l’introduzione del concetto di mild cognitive impairment3 ha probabilmente favorito una vera sovradiagnosi, ovvero la diagnosi di condizioni che non evolvono verso una demenza.
Enrica Cavedo (Centro S. Giovanni di Dio, Fatebenefratelli di Brescia) ha trattato delle possibilità di diagnosi precoce o predittiva della demenza di Alzheimer mediante l’uso di biomarcatori liquorali e la ricerca d’indicatori specifici nel neuroimaging. Con la revisione dei criteri diagnostici per la malattia di Alzheimer4 questi potrebbero rientrare tra gli esami strumentali utili a predire la possibilità che un paziente con mild cognitive impairment possa sviluppare la malattia. Nonostante l’interesse di tali potenzialità diagnostiche, esse non sono ancora pronte per la pratica clinica per mancanza di procedure operative standardizzate e assenza di linee-guida per l’utilizzo routinario. Queste ultime andranno stilate per guidare la scelta del percorso diagnostico, evitando l’utilizzo ingiustificato di questi strumenti in pazienti che non potrebbero beneficiare di una diagnosi precoce in assenza di una cura farmacologica efficace disponibile.
Vedere rosso: red herrings vs red flags
La lombalgia e la cefalea sono state chiamate in causa come prototipi di disturbi comuni caratterizzati dal ricorso generalizzato alla diagnostica radiologica; questa rischia di svelare aspetti anatomici allarmanti quanto clinicamente inconcludenti, autentici falsi indizi (red herrings)5,6.
Pietro Cortelli (Clinica Neurologica dell’Università di Bologna) ha trattato della diagnosi differenziale delle cefalee in pronto soccorso.
Nel 2004 un gruppo di lavoro multidisciplinare della Regione Emilia-Romagna ha pubblicato delle raccomandazioni diagnostiche per differenziare i principali tipi di cefalea secondaria da causa organica non traumatica dalle cefalee primarie. Le raccomandazioni sono state validate nel 2009: si tratta di un documento articolato in quattro “scenari” ai quali ricondurre il quadro clinico del paziente, ognuno formato da una costellazione di sintomi utili all’identificazione dell’eziologia della cefalea.
Per evitare l’abuso della diagnostica un correttivo può essere fornito da Choosing Wisely, iniziativa statunitense nata nel 2010 con la finalità di raccogliere dalle società scientifiche delle Top Five List che indicassero esami o trattamenti comunemente prescritti in assenza di dimostrato beneficio per il paziente7.
Nel caso della lombalgia si suggerisce di non intervenire con la diagnostica strumentale nelle prime sei settimane dalla comparsa del dolore, in assenza di sintomatologia allarmante (red flag), come rilevanti o ingravescenti deficit neurologici o il sospetto d’importanti malattie sottostanti quale ad esempio un’osteomielite8. La valutazione radiologica del rachide lombare non modifica il decorso di una comune lombalgia ma ne aumenta i costi.
Diagnosi precoce o tempestiva?
La relazione paziente-medico resta il contesto privilegiato nel quale è possibile individuare il percorso corretto per ciascuno affinché, al posto dell’infatuazione per la diagnosi precoce per tutti, prevalga la capacità di riconoscere quando la diagnosi è tempestiva per quel paziente, efficace e utile nello specifico. Offrire qualunque strumento diagnostico o terapeutico a tutti non è favorire il diritto alla salute ma aprire il varco a delusione e malcontento, spreco e allarmismo.
Bibliografia
1. Welch HG. Overdiagnosed, making people sick in the pursuit of health. Boston: Beacon Press, 2011, prefazione. Trad. it. Sovradiagnosi. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2013.
2. Pagliaro L, Bobbio M, Colli A. La diagnosi in medicina. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2011.
3. Petersen RC, Smith GE, Waring SC, Ivnik RJ, Tangalos EG, Kokmen E. Mild cognitive impairment: clinical characterization and outcome. Arch Neurol 1999; 56: 303-8.
4. Dubois B, Feldman HH, Jacova C, et al. Revising the definition of Alzheimer’s disease: a new lexicon. Lancet Neurol 2010; 9: 1118-27.
5. Deyo RA. Real help and red herrings in spinal imaging. N Engl J Med 2013; 368: 11.
6. Colombo B, Dalla Libera D, Comi G. Brain white matter lesions in migraine: what’s the meaning? Neurol Sci 2011; 32 (suppl 1): S37-S40.
7. Brody H. Medicine’s ethical responsibility for health care reform: the Top Five list. N Engl J Med 2010; 362: 283-5.
8. Choosing Wisely Master List, in: www.choosingwisely.org


Mariolina Congedo
Cochrane Neurological Field
Il priority updating, uno strumento decisionale per aggiornare le revisioni sistematiche
Per conservare validità e rilevanza in ambito medico le revisioni devono essere costantemente aggiornate tenendo conto delle nuove evidenze via via pubblicate. Così ci racconta un articolo pubblicato nel dicembre 2013 sul BMJ (Takwoingi Y, Hopewell S, Tovey D, Sutton AJ. A multicomponent decision tool for prioritising the updating of systematic reviews. BMJ 2013; 347: f7191).
La decisione di aggiornare una revisione dovrebbe essere, tuttavia, attentamente ponderata, sia perché necessita di un notevole dispendio di risorse, sia perché se effettuata troppo precocemente potrebbe introdurre bias nelle conclusioni presentate1.
Al contrario, se le revisioni non vengono aggiornate periodicamente vi è il rischio che medici e policy-maker prendano decisioni basandosi su informazioni cosiddette “out of date”, e quindi non più affidabili.
Allo stato attuale non vi sono linee-guida validate che dettano la tempistica secondo la quale una revisione sistematica dovrebbe essere aggiornata2.
La Cochrane Collaboration, che detiene il primato di qualità delle revisioni sistematiche pubblicate in ambito scientifico, aggiorna le proprie revisioni a cadenza biennale, secondo una propria policy3. Nonostante ciò, molte revisioni risultano oramai datate, e soltanto il 20% di esse viene realmente aggiornato ogni due anni. L’ultima Cochrane Library, pubblicata nel febbraio 2013, contiene oltre 5000 revisioni sistematiche, di conseguenza più di 2500 revisioni sistematiche dovrebbero essere aggiornate ogni anno, un enorme carico di lavoro senza tenere conto della produzione di nuove revisioni4.
Dai dati di una revisione sistematica sulle differenti metodologie sviluppate per identificare la tempistica di aggiornamento emerge come esse non tengano conto di entrambi gli aspetti qualitativi e quantitativi del processo5.
Sulla base di questa considerazione, recentemente è stato ideato e sviluppato un strumento che comprenda i due aspetti e che possa essere utilizzato non soltanto per decidere quando aggiornare una revisione sistematica ma anche quale revisione aggiornare, secondo criteri di priorità e di rilevanza in ambito scientifico.
Per lo sviluppo di questa nuova metodologia sono stati utilizzati due alberi decisionali che tengono conto degli aspetti qualitativi e quantitativi alla base del processo decisionale; inoltre, utilizzando un campione di revisioni Cochrane, è stato sviluppato un modello predittivo statistico che tiene conto sia del numero dei nuovi studi pubblicati sia del loro peso in termini di rilevanza delle informazioni contenute6-11.
Lo strumento è stato successivamente testato sulle revisioni del Cochrane Airways Group, mostrando come soltanto un terzo di esse dovesse essere effettivamente aggiornato, determinando un notevole risparmio di risorse.
Tale strumento, di facile utilizzo, strutturato e trasparente allo stesso tempo, permette di valutare e prioritarizzare le revisioni Cochrane che necessitano di essere aggiornate. Esso consta di tre fasi decisionali specifiche, i cui contenuti sono esplicitati nelle seguenti domande:
1) il quesito clinico è stato già affrontato in letteratura o si considera non più rilevante?
2) Sono presenti nuovi fattori o variabili rilevanti per la revisione esistente?
3) Sono stati pubblicati nuovi studi?

Le decisioni prese in ogni singola fase vengono documentate per garantire trasparenza e chiarezza a tutto il processo.
Presentato a un recente convegno della Cochrane Collaboration, questo strumento ha suggerito un cambiamento della politica da essa finora seguita, a favore dell’utilizzo di nuove metodologie basate su aspetti come la priorità e la rilevanza delle tematiche trattate, seguendo l’esempio di altre organizzazioni scientifiche, come BMJ Clinical Evidence, che è passata dall’aggiornamento su base annuale a quello personalizzato, basato quindi sul contenuto specifico di ciascuna revisione sistematica 12.
L’implementazione di questo strumento presenta numerose potenzialità, prima tra tutte quella di canalizzare le risorse della ricerca medico-scientifica, notoriamente limitate, verso l’aggiornamento di quelle revisioni sistematiche che risentono maggiormente della nuova letteratura pubblicata. Un processo che si traduce successivamente con il miglioramento della qualità e della validità delle decisioni di sanità pubblica effettuate sulla base dell’evidenza scientifica disponibile in quel momento.
Bibliografia
 1. Hopewell S, Clarke M, Stewart L, Tierney J. Time to publication for results of clinical trials. Cochrane Database Syst Rev 2007; 2: MR000011.
 2. Tsertsvadze A, Maglione M, Chou R, et al. Updating comparative effectiveness reviews: current efforts in AHRQ’s effective health care program. J Clin Epidemiol 2011; 64: 1208-15.
 3. Higgins JPT, Green S, Scholten RJPM. Maintaining reviews: updates, amendments and feedback. In: Higgins JPT, Green S (eds). Cochrane handbook for systematic reviews of interventions. Version 5.1.0 [updated March 2011]. Cochrane Collaboration, 2011.
 4. Cochrane Database of Systematic Reviews. The Cochrane Library 2013; 2.
 5. Moher D, Tsertsvadze A, Tricco AC, et al. When and how to update systematic reviews. Cochrane Database Syst Rev 2008; 1: MR000023.
 6. Loudon K, Hopewell S, Clarke M, et al. Development of a decision tool for updating Cochrane reviews. Presentation at the 16th Cochrane Colloquium: evidence in the era of globalisation; 2008 Oct 3-7; Freiburg, Germany [abstract]. Z Evid Fortbild Qual Gesundhwes 2008; 102: 24-5.
 7. Hopewell S, Loudon K, Clarke MJ, et al. A decision tool for updating Cochrane reviews. 2013. www.editorial-unit.cochrane.org/sites/editorial-unit.cochrane.org/files/uploads/Final report_Tool for updating Cochrane reviews.pdf
 8. Sutton AJ, Donegan S, Takwoingi Y, Garner P, Gamble C, Donald A. An encouraging assessment of methods to inform priorities for updating systematic reviews. J Clin Epidemiol 2009; 62: 241-51.
 9. Sutton AJ, Cooper NJ, Jones DR, Lambert PC, Thompson JR, Abrams KR. Evidence-based sample size calculations based upon updated meta-analysis. Stat Med 2007; 26: 2479-500.
10. Ferreira ML, Herbert RD, Crowther MJ, Verhagen A, Sutton AJ. When is a further clinical trial justified? BMJ 2012; 345: e5913.
11. Shojania KG, Sampson M, Ansari MT, et al. Updating systematic reviews. Technical review n. 16. Publication n. 07-0087. Agency for Healthcare Research and Quality 2007.
12. MacLehose H, Hilton J, Tovey D, et al. The Cochrane Library: revolution or evolution? Shaping the future of Cochrane content: report of the Cochrane Collaboration’s strategic session, Paris, France, 18 April 2012. www.editorial-unit.cochrane.org/sites/editorial-unit.cochrane.org/files/uploads/2012-CC-strategic-session_meeting-report.pdf

A cura di Eliana Ferroni