Cinema e medicina
a cura di Luciano De Fiore




Fedeli al desiderio

Vorremmo seguire sempre i nostri programmi, esser fedeli ai nostri desideri. Ma a volte accade che la vita scelga per noi. Un imprevisto, l’irruzione dell’inconsueto nella quotidianità, può farci deragliare dai binari, indurci ad affrontare una situazione che non avevamo calcolato. Allora, meglio allacciare le cinture. Come nel film di Ferzan Özpetek, dallo stesso titolo.
Nel quale l’imprevisto, serio, è costituito dalla malattia. E già qui si può notare che anche questa è una scelta: considerare la malattia un accidente del caso. Si potrebbe invece considerarla nostra tanto quanto la vita che la comprende dal momento che l’abbiamo sperimentata tutti, chi più chi meno, e portiamo le cicatrici delle degenze, dei lutti per parenti e amici. Per cui, restando alla metafora del regista, la cintura di sicurezza sarebbe il caso di non sganciarcela mai, perché la vita è turbolenza, non ha turbolenze.
Elena è una giovane borghese assennata che vive in una città del sud,  insieme alla madre e ad una zia irrequieta. Sta con un bravo ragazzo mentre Silvia, la sua amica più cara, si accompagna ad Antonio, un giovane meccanico toscano un po’ rozzo, omofobo, con un fondo vagamente razzista. Il film non spiega perché, ma a un certo punto tra Elena ed Antonio prende a bruciare la passione. Una passione fisica, mediata dal corpo, ma che col tempo si accompagna all’amore.
Stacco, e salto di tredici anni. Ora Elena e Antonio sono sposati, hanno due bambini e un locale molto ben avviato in centro a Lecce. Sul piano personale, però, l’amore di coppia sembra fiaccato dalla routine, dall’ambizione di lei che mal si coniuga all’indolenza di lui. Ma, al fondo, non cede: neppure quando lui la tradisce, ripetutamente, e poi addirittura con un’amante per così dire ufficiale, un’esplosiva parrucchiera napoletana.
Proprio allora Elena scopre casualmente, per aver accompagnato la zia ad una visita di screening, di avere un tumore al seno. Antonio lì per lì scappa, non regge. Le prove che Elena deve affrontare sono dure. Özpetek non teme di mostrare la sua solitudine nell’avviarsi verso la sala infusioni, lo strazio nel sopportare la chemio, la mortificazione del suo corpo, tutti gli effetti collaterali delle terapie, la perdita dei capelli. Ma mai della speranza. Nonostante tutto, per quanto la malattia la sfidi, Elena è fedele alla vita, ai suoi figli ed all’amore. Ed è forse per questo che Özpetek lascia la cinepresa accesa anche in corsia, al letto di lei, per lasciarci capire come l’amore di Antonio – nel frattempo tornato ad accudirla – possa ancora esprimersi fisicamente, senza infingimenti e lasciando ardere una scintilla di desiderio anche per un corpo provato e smagrito, ma profondamente amato.
Poche altre volte, a nostra memoria, il cinema aveva infranto il tabù del sesso con una persona malata di tumore. Ricordiamo una scena d’amore in corsia, anch’essa toccante, in Guardami, di Davide Ferrario, ed un bel film di Luis Puenzo, La puta y la ballena.
Qui, c’è un darsi reciproco davvero coniugale: d’altra parte, la stessa amante – assai poco gelosa – aveva fatto notare ad Elena che Antonio “è generoso di sé”. Ed in questo caso si apprezza quanto la generosità dei corpi possa trasfondere vita e speranza.
La malattia stravolge i corpi e il quotidiano, insidia e distrugge, ma crea anche occasioni d’incontro: per esempio, con Egle (una convincente Paola Minaccioni), compagna di stanza di Elena, malata grave di mesotelioma polmonare,  e con una giovane medico, Giulia Michelini, che ha con Elena un colloquio franco e aperto. C’è molta acqua, nel film, fin dalle scene iniziali che si aprono su una sorta di diluvio. I protagonisti nuotano in mare così come nel più vasto oceano della vita, perdendosi e incontrandosi di nuovo. Nel finale, Antonio dovrebbe riaccompagnare la moglie in ospedale, ma prima fa una deviazione – salutare – proprio per portarla a vedere quella cala dove per la prima volta avevano fatto l’amore. Ora è inverno, il mare è in tempesta, come la loro vita, ma Elena di fronte a quelle onde, con accanto il suo uomo, riesce a sorridere.