In questo numero

«La verità è che puoi diventare continuamente orfano, di nuovo e ancora una volta. Questa è la verità: sarà così per te. E il segreto è che questo ti farà sempre meno male, fino a quando non sentirai più nulla. Credimi». La confessione dello scrittore statunitense Chuck Palahniuk sembra essere rivolta a uno dei non pochi medicinali che hanno fatto il percorso descritto da Enrico Costa, Arrigo Schieppati, Lucio Luzzatto e Giuseppe Remuzzi: orfani non una ma tante volte. Per loro fortuna, però: rapidamente valutati e approvati, messi in vendita ad un costo assai elevato per il Servizio Sanitario Nazionale e successivamente riposizionati sul mercato grazie all’aggiunta di nuove indicazioni terapeutiche capaci di garantire un considerevole aumento del numero di potenziali pazienti eleggibili al trattamento, senza che questa crescita di consumi si traducesse in un miglior prezzo per la sanità pubblica. Farmaci orfani che, dunque, non sono più tali o non lo sono mai stati.

Piuttosto, orfane di attenzione sono le decine di migliaia di persone la cui vita è stata segnata da catastrofi naturali: il problema è stato studiato da un gruppo di esperti ricercatori dell’Associazione italiana di epidemiologia che hanno presentato un’importante revisione sistematica sull’International Journal of Epidemiology dalla quale emerge la necessità che un Paese fortemente a rischio come l’Italia dovrebbe dotarsi di un sistema di sorveglianza attiva che sia capace di seguire le popolazioni colpite con un follow-up attento, competente e prolungato, le cui caratteristiche sono sintetizzate nell’Editoriale che apre questo numero.

In questo caso è dunque richiesto un cambiamento, beninteso basato sulle quelle prove che dovrebbero informare qualsiasi inversione di percorso o correzione di rotta. Questione che traspare in filigrana dal contributo di Giuseppe Fatati che – a partire dal monitoraggio del diabete – si interroga sull’opportunità di affidare alla tecnologia una parte importante dell’assistenza al malato. Nonostante l’entusiasmo per l’innovazione, quali rischi corriamo in termini di medicalizzazione del quotidiano del paziente? Nella disintermediazione del monitoraggio dello stato di salute, a quali pericoli si espone la persona lasciata potenzialmente più sola e, talvolta, “orfana” del supporto del medico? Sull’indecisione tra un agire decisamente innovativo e una discreta prudenza “conservativa” si soffermano Camilla Alderighi e Raffaele Rasoini nel primo di una serie di contributi che propone la rivalutazione del principio di precauzione applicato alla cura della persona sofferente.

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a cura di Cristina Da Rold (freelance health & data journalist)