Una tromba liberatrice


“Eliane, chiama Angelin, digli che arrivo con l’urgenza delle urgenze!”
Avevo fatto lubrificare le ruote delle barelle perché non filassero via con il passo del granchio come i carrelli degli aeroporti, e io e il mio occluso volavamo spediti sul linoleum del panico. (…)
Angelin ci aspettava con la sua sfilza di domande che ha sciorinato correndo accanto alla barella verso la sala operatoria.
‘Blocco?’
‘Cemento.’
‘Transito?’
‘Niente.’
‘Da quando?’
‘Chi lo sa…’
‘Beve?’
‘Non si direbbe.’
‘Ha mangiato?’
‘Non lo so.’
‘Vomitato?’
‘Non qui.’
‘Febbre?’
‘Neppure.’
‘Vada a svegliare Placentier, che operiamo.’
Il telefono di Eliane mi aveva preceduto e Placentier, l’anestesista, correva verso di me mentre io correvo verso di lui. Correvamo tutti e due a rotta di collo verso la sala operatoria, lui allacciandosi le braghe, io chiedendomi cos’avesse voluto dire Angelin a proposito della mia diagnosi.
‘Presto con un check-up, che devo operare! Elettrocardiogramma!
Gruppo sanguigno!’
Angelin parlava già dietro una mascherina. Placentier applicava gli elettrodi su un torace da pollo.
‘Lei, Galvan, faccia da infermiera!’
L’infermiera Galvan non aveva aspettato quella promozione per passare il batuffolo di cotone imbevuto di alcol nella piega del gomito e per coprire con il lenzuolo il corpo in ebollizione.
‘Datevi una mossa, che apro subito.’ (…)
Gli occhi di Placentier correvano sulle vette dell’elettrocardiogramma.
‘Okay, il cuore funziona. Anche piuttosto tranquillo.’
‘Vado con l’endovena’ dissi.
‘Tutto bene?’ domandò Angelin al malato. ‘Non si preoccupi, adesso la addormentiamo. Mi tiri via questo lenzuolo, Galvan.’
Cosa che stavo per fare quando il lenzuolo si è gonfiato. Dapprima senza ostentazione, brezza marina, regolare dolcezza degli alisei, tonda vela nel cuore del Pacifico, il lenzuolo si gonfiava…
‘E questa che roba è?’
Vi fu un borbottio, il lenzuolo prese le dimensioni di una mongolfiera, quindi una deflagrazione scagliò Angelin due passi indietro. Dopodiché si udì la tromba. ‘Questa, mio caro Angelin, è una scoreggia!’ Il mio malato scoreggiava! Ecco cosa succedeva. Finalmente cacciava fuori l’aria, perdio! Tutta in una volta. La scoreggia del secolo! La tromba della carica. Un mese di uragano liberato! Sturato! Salvo! La tromba lasciò il posto alla trombetta, che si fece oboe, si affinò in flauto, il flauto si assottigliò in piffero.


Da: La lunga notte del dottor Galvan,
di Daniel Pennac.
Traduzione di Yasmina Melaouah.
Milano: Feltrinelli, 2005.