Microaspirazione silente e fibrosi polmonare idiopatica

Negli anni più recenti, un accresciuto interesse è stato focalizzato sul potenziale ruolo della microaspirazione silente prolungata (definita come aspirazione subclinica di goccioline di piccolo volume) nella patogenesi della fibrosi polmonare idiopatica e in particolare delle sue riacutizzazioni (Collard HR, Moore BB, Flaherty KR, et al. Acute exacerbations of idiopathic pulmonary fibrosis. Am J Respir Crit Care Med 2007; 176: 636). Come noto l’aspirazione nelle vie aeree consiste prevalentemente nell’inalazione di contenuto orofaringeo o gastrico e la sindrome clinica che ne consegue (pneumopatia o polmonite da aspirazione) dipende dalla natura e dal volume del materiale inalato, nonché dalla frequenza dell’aspirazione e dalla reazione dell’organismo. L’aspirazione silente si riferisce all’aspirazione asintomatica di piccole quantità di secrezioni orofaringee o di liquido gastrico nei polmoni. Si ritiene che questo fenomeno sia molto frequente durante il sonno e in corso di alcune condizioni patologiche, come sclerodermia, malattie cerebro-vascolari e malattie nervose degenerative. In condizioni normali la chiusura della glottide e il riflesso della tosse riescono a impedire questo fenomeno, mentre, in rapporto alla frequenza e all’intensità della microaspirazione silente e probabilmente in correlazione a predisposizione genetica, i pazienti presentano tosse, respiro soffiante (“wheeze” nella terminologia anglosassone, che non è dispnea) o alterazione degli scambi gassosi.



Una recente rassegna critica ha esaminato i rapporti tra microaspirazione silente e fibrosi polmonare idiopatica (Lee JS, Collard HR, Raghu G, et al. Does chronic microaspiration cause idiopathic pulmonary fibrosis? Am J Med 2010; 123: 304).
Gli autori richiamano l’attenzione sul reflusso gastro-esofageo, che è una causa frequente di microaspirazione, associata a molte pneumopatie, in particolare broncopneumopatie croniche ostruttive e interstiziali e spesso si sviluppa nei pazienti che hanno ricevuto un trapianto polmonare (Sweet MP, Patti MG, Hoopes C, et al. Gastro-esophageal reflux and aspiration in patients with advanced lung disease. Thorax 2009; 64: 167). Un’altra conseguenza importante della microaspirazione è la fibrosi polmonare; gli studi sperimentali su animali hanno infatti indicato che l’aspirazione ripetuta di liquido gastrico dà luogo ad accumulo di cellule giganti e linfociti, bronchiolite obliterante e fibrosi parenchimale; sebbene gli studi in vitro nell’uomo siano limitati, tuttavia si ritiene che la microaspirazione determini alterazioni delle cellule epiteliali, dei macrofagi alveolari e dei fibroblasti; sono causa di queste alterazioni soprattutto l’acido chenodesossicolico aspirato che induce produzione di fattore di accrescimento tumorale beta (TGF-β: “tumor growth factor beta”).
Gli studi clinici sulla microaspirazione sono stati diretti alla identificazione dei fattori di rischio, in primis il reflusso gastro-esofageo che si osserva associato frequentemente a fibrosi polmonare.
Per quanto concerne in particolare la fibrosi idiopatica polmonare quale conseguenza della microaspirazione, gli autori ricordano gli attuali problemi sulla istopatologia del danno polmonare collegato a questo fenomeno e si soffermano sul quadro della polmonite interstiziale “usuale” che, come noto, è caratterizzata dall’eterogeneità della fibrosi, con alternanza di aree normali con aree di addensamento tessutale, deposizione di collageno maturo, con aspetto “ad alveare” e accumuli di cellule fusiformi al di sotto della parete alveolare iperplastica. Viene rimarcata l’importanza di distinguere questo aspetto istologico da quello della polmonite da ipersensibilità, dovuta all’inalazione di antigeni organici, che può anch’essa indurre infiammazione e fibrosi polmonare.
Gli autori si soffermano sui criteri per la diagnosi di microaspirazione polmonare e confessano l’insufficienza della sintomatologia clinica, anche se è evidente il rischio di microaspirazione nei soggetti con reflusso gastro-esofageo (Sweet et al, loc cit). Per quanto riguarda il contributo delle tecniche per immagine (esofago baritato, tomografia computerizzata, scintigrafia, etc) gli autori ne sottolineano la scarsa sensibilità, dovuta all’infrequenza degli eventi dovuti a microaspirazione e anche a variabilità dell’interpretazione dei reperti. Gli studi esofagei, in particolare il monitoraggio del pH nelle 24 ore e l’esame dell’impedenza del pH, sono considerati gli esami più utili nella diagnosi di reflusso gastro-esofageo al fine della prevenzione della microaspirazione, anche se, ovviamente, questi esami possono valutare soltanto il rischio di questo evento.
Nello studio della microaspirazione sono stati anche valutati alcuni biomarcatori. La misura della pepsina e dei sali biliari nelle vie aeree sono considerati marcatori diretti della microaspirazione a motivo della loro specificità nelle vie gastrointestinali. Va tenuto presente, al riguardo, che la pepsina di norma non è presente nelle vie respiratorie inferiori e che i pazienti con reflusso gastro-esofageo non presentano aumentati livelli di pepsina nel liquido di lavaggio broncoalveolare; ciò indica che l’identificazione di un reflusso non è sufficiente per la diagnosi di microaspirazione. Secondo gli autori si deve riconoscere che, a tutt’oggi, non è conosciuta una prova ideale (cosiddetto “gold standard”) per la diagnosi di microaspirazione.

Nel concludere gli autori elencano i principali problemi posti dalla microaspirazione.
1) Reale prevalenza della microaspirazione nei pazienti con fibrosi polmonare idiopatica. Il rilievo di un reflusso gastroesofageo non implica la presenza di microaspirazione e non esiste una prova ideale per la diagnosi di microaspirazione nelle malattie polmonari. Si deve tenere presente che i sintomi respiratori sono ben note complicanze del reflusso e che è soprattutto rischio di microaspirazione il reflusso che si estende all’esofago prossimale e all’area cricofarigea.
2) Se il reflusso gastro-esofageo è marcatore di microaspirazione nella patogenesi della fibrosi polmonare idiopatica, come si spiega la differenza nella prevalenza tra queste due condizioni? Gli autori si richiamano alle differenti predisposizioni – genetiche? – individuali e alle differenti reazioni pro-fibrotiche del tessuto polmonare di fronte alla microaspirazione.
3) Componenti del materiale refluito con diversa attività lesiva polmonare. In rapporto alla differente origine del materiale refluito (stomaco, duodeno) l’effetto lesivo può essere differente.
4) È necessario trattare per presunta microaspirazione tutti i pazienti con fibrosi polmonare idiopatica? Nonostante siano descritti benefici in questa malattia con il trattamento del reflusso gastroesofageo (Raghu G, Yang ST, Spada C, et al. Sole treatment of acid gastroesophageal reflux in idiopathic pulmonary fibrosis: a case series. Chest 2006; 129: 794), gli autori ritengono che i dati siano ancora insufficienti a consigliare tale procedura.
5) È la microaspirazione a causare la fibrosi polmonare idiopatica o viceversa? Gli autori ricordano in proposito che la fibrosi polmonare idiopatica conduce a progressiva distorsione dell’architettura delle strutture mediastiniche, con trazione sull’esofago e sul diaframma e indebolimento dello sfintere esofageo inferiore, con conseguente predisposizione alla microaspirazione. Senonché in alcuni studi è stata dimostrata assenza di associazione tra funzione polmonare ed esposizione all’acido refluito e perfino un correlazione inversa.
6) Effetto della microaspirazione sulle riacutizzazioni della fibrosi polmonare idiopatica. È stato osservato che una microaspirazione clinicamente occulta può causare riacutizzazioni della fibrosi polmonare idiopatica.