Libri: recensioni

Se è vero che alcuni camorristi
simulano la malattia mentale,
devono pur esserci alcuni psichiatri
che lo consentono
Mario Maj, Presidente della Società Mondiale di Psichiatria
La camorra e la psichiatria
La malattia mentale sembra far comodo alla camorra. La sua storia criminale è piena di boss che utilizzano la follia per ottenere benefici di giustizia, spesso riuscendoci. Altre volte chi deve delegittimare i collaboratori di giustizia fa appello a pretesi disturbi psichiatrici dei pentiti. Questo fenomeno, diffuso e inquietante, è stato recentemente documentato ed indagato in un saggio scritto con linguaggio piano e comprensibile da un giovane – ma già esperto – “addetto ai lavori”: Corrado De Rosa: I medici della camorra. Pagine 284. Castelvecchi Editore, Roma 2011. Euro 16,00. ISBN 978-88-7615-525-3.
Un autorevole commento al volume è quello sintetizzato nella presentazione del professore Mario Maj, Presidente della Società Mondiale di Psichiatria, e ne riportiamo pertanto alcuni passi.
«Nonostante l’importanza della relazione tra criminalità organizzata e disturbi mentali sia conosciuta ormai da alcuni anni, gli studi psicologici e psichiatrici condotti in tale ambito nel nostro Paese sono pochi e non sempre rigorosi. Eppure il tema appare di estrema attualità e di importanza pratica, non soltanto per i clinici e i periti, ma anche per chi si occupa di giurisprudenza in ambito penalistico, nonché di interesse generale per l’opinione pubblica.
Gli esempi che dimostrano la relazione tra la camorra e la psichiatria non sono pochi. Primo fra tutti l’utilizzo mediatico che viene fatto di un’eventuale sofferenza psichica per delegittimare le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (già nel 1914 il primo pentito di camorra veniva delegittimato nelle sue dichiarazioni perché considerato “pazzo”). Poi, le violenze e le intimidazioni culminate negli omicidi di alcuni criminologi e psichiatri, coinvolti – solitamente come periti – in vicende giudiziarie legate al mondo della camorra. Ancora, il tema relativo alla simulazione dei disturbi mentali: se è vero che alcuni camorristi simulano la malattia mentale, devono pur esserci alcuni psichiatri che lo consentono. Infine, un ulteriore esempio è dato dalla diffusione, anche grazie alle nuove tecnologie, delle conoscenze relative a quelle condizioni psicopatologiche – come l’anoressia mentale – in cui la diagnosi differenziale può essere difficile per un clinico non particolarmente esperto.
In realtà la psichiatria è una disciplina medica, con criteri diagnostici codificati, segni clinici evidenziabili, trattamenti rigorosi e validati da raffinati studi clinici.
È fondamentale, quindi, che gli psichiatri che si occupano di psichiatria forense non perdano di vista la conoscenza della clinica psichiatrica e della psicopatologia, per essere in grado di riconoscere e distinguere i sintomi reali da quelli simulati.
Il volume dimostra che la psichiatria può svolgere un ruolo importante nella lotta alla criminalità, attraverso la corretta diagnosi e diagnosi differenziale dei disturbi mentali e il riconoscimento della loro simulazione, e pone l’accento sul ruolo etico degli psichiatri, che dovrebbero assumere posizioni più chiare e definite in ambito peritale.
Tutto ciò può avere risvolti importanti anche nella formazione universitaria e post-specialistica degli psichiatri: la psichiatria forense, infatti, è un’area ancora poco affrontata in ambito formativo, per quanto molti giovani colleghi si dedicano a questa attività una volta terminato l’iter della formazione.
Il volume di Corrado De Rosa, psichiatra particolarmente attento alle problematiche della sua terra, affronta con onestà intellettuale e senza cadere in banalizzazioni e in posizioni giustizialiste acritiche un tema ancora poco conosciuto, ma di grande attualità. La lettura risulterà piacevole e stimolante anche a chi non si occupa di perizie, di salute mentale o criminalità organizzata.»





Franco D’Angelo