Libri: recensioni

Povertà:
la più imperiosa e mortale
fra le malattie

Eugenio O’Neill
Lavorare fa bene alla salute
I tempi che stiamo attraversando non sono dei migliori. Più o meno sappiamo quando è iniziata, questa “crisi”, ma non sappiamo affatto quando potrà finire. E con risultati curiosi. Nelle banche è scomparso il denaro, in televisione son fioriti gli economisti. Sembra quasi che le previsioni quanto più sono pessimistiche tanto più sono credibili. La verità è che un minor numero di ragazzi cerca l’università, chi cerca lavoro non lo trova e molti che ce l’avevano l’hanno perduto. La disoccupazione è aumentata e dobbiamo andare sempre più indietro nel tempo per trovare anni simili. Meno soldi in tasca e in casa, meno occasioni di svago e aumento della povertà e della disoccupazione. Non solo minori “consumi” culturali e consumi in casa di minore qualità, ma anche maggior uso di alcolici e droghe.
Possibile che tutto questo non abbia presentato il conto oltreché al PIL ed alla spesa pubblica anche alla salute delle persone? Possibile, sì, ma con un interrogativo del genere in testa sarebbe utile avere in mano qualcosa di concreto su cui discutere, per cercare di fare cose utili.
E, in effetti, indagini sulle conseguenze socio-sanitarie di crisi economiche ne sono state già fatte diverse. Le conseguenze si sono viste sulla mortalità generale, su quella per malattie cardiovascolari e così pure per malattie respiratorie, per incidenti del traffico e persino sulla mortalità infantile, senza considerare che tutte le indagini hanno trovato effetti sul tasso di omicidi e di suicidi. Persino l’Unione Europea si è occupata del nesso disoccupazione-suicidio, due volte: nel 2009 e nel 2012. Argomenti del genere, insomma, hanno fatto e fanno discutere molto in vari Paesi.
Ora però il problema è stato visto da una prospettiva diversa. Il Centro Studi FIMMG ha organizzato l’indagine Fare i conti con la salute (pagine 125. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2012; euro 15), per studiare “le conseguenze della crisi sul benessere psicofisico della popolazione” come recita il sottotitolo del libro nato da questa ricerca. “Il rapporto tra crisi economica e salute in senso lato è stato studiato attraverso la valutazione dei medici, e non direttamente le correlazioni tra stati di salute e crisi”.
È stata dunque osservata la crisi con gli occhi di un campione di medici di medicina generale. I camici bianchi interessati sono stati non protagonisti della situazione, ma testimoni. Il campione di 1050 persone è stato selezionato in modo casuale, stratificato secondo la classe di età, il genere e la ripartizione geografica. Ai medici sono stati sottoposti 18 questionari con diversi profili di analisi e con una cospicua quantità di dati relativi a condizioni di salute, stato di benessere, caratteristiche del territorio, atteggiamenti e comportamenti. I risultati grezzi, numerici, sono raccolti nella appendice del libro. Ma per coglierne il significato basta la prima parte, le 36 pagine iniziali.
Come scrive il responsabile del Centro studi nella Prefazione, «il quadro che emerge dell’indagine indica con chiarezza che gli effetti della crisi sono importanti e pervasivi, causando uno stato di stress, di insicurezza e di grande apprensione» con «una serie di condizionamenti negativi per la gestione del proprio bene salute». Qualche risultato? Tra i medici del campione, a causa della crisi il 40,7% pensa che molte persone abbiano perso il lavoro, il 31,2% è convinto che i cittadini non riescano a pagare il mutuo, il 43% saranno quelli che non riescono ad arrivare economicamente a fine mese.



Ancora: il 65 e il 12% rispettivamente valutano che siano moltissimi e molti i cittadini che hanno un lavoro più precario, il 95,2%% afferma che è stato chiesto loro un aiuto per cercare lavoro, il 64,7% ritiene che i malati rinunciano alle cure per trovare lavoro. “Il lavoro – si legge nel rapporto – appare come il primo pilastro del comportamento: l’imperativo è conservarlo ed essere attenti a non far nulla che possa contribuire a perderlo.
I camici bianchi sono testimoni ma partecipi. Per esempio alla domanda «“Negli ultimi 6 mesi hai notato cambiamenti nella tua capacità di permetterti assistenza sanitaria per te e i tuoi famigliari?” Nel 29% dei casi la risposta è stata: “È diventata più difficile” e nel 21% dei casi “molto più difficile”».
È un bel libro. Non si tratta solo di tabelle, dicevamo. Considerato il campione dell’indagine e la massa da cui è stata estratta, quelle 35 pagine iniziali illustrano bene il significato dell’operazione, da diversi punti di vista. Probabilmente non sapevate che in Italia ogni medico di medicina generale ha “circa 40-50 contatti al giorno con i suoi assistiti. I contatti annui (5 giorni settimanali per 12 mesi) oscillerebbero tra 9600 e 12.000. E si arriverebbe, moltiplicando i contatti annui per i circa 50.000 di medicina generale, a una cifra totale annua oscillante tra 480 e 600 milioni”.
Due cose per concludere. La prima, amara, è che i numeri della ricerca dimostrano che la crisi incide sulla salute della popolazione, aumenta le disuguaglianze accentuando la divaricazione dei contesti sociali, è in grado di condizionare il lavoro e la funzione del medico di medicina generale. La seconda, dolce, è il prezzo del libro. Sono soldi ben spesi per pagine che si fanno leggere con interesse e facilmente. Che siano pagine amare non è colpa loro.

Stefano Cagliano