Dalla letteratura
In collaborazione con l’Associazione Alessandro Liberati – Network Italiano Cochrane
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Apps per il diabete e probiotici: funzionano?
Alcune nuove revisioni Cochrane hanno recentemente portato all’attenzione di clinici e cittadini argomenti da tempo discussi: le nuove tecnologie informatiche possono essere utili? (Pal K, Eastwood SV, Michie S, et al. Computer-based diabetes self-management interventions for adults with type 2 diabetes mellitus. Cochrane Database of Systematic Reviews 2013, Issue 3. Art. No.: CD008776. doi: 10.1002/14651858.CD008776.pub2). I prebiotici servono in Pediatria? (Osborn DA, Sinn JKH for Cochrane Neonatal Group. Prebiotics in infants for prevention of allergy. The Cochrane Library 2013; doi: 10.1002/14651858.CD006474.pub3).
Gli autori del Cochrane Metabolic and Endocrine Disorders Group hanno analizzato 16 trial randomizzati controllati che studiavano l’utilità di controlli “fai da te” con computer o smartphone nella gestione del diabete di tipo 2. In tutto, gli studi considerati di sufficiente qualità metodologica per essere inclusi nella revisione avevano coinvolto 3578 persone adulte, di età compresa tra 46 e 67 anni, sofferenti di diabete da un minimo di 6 a un massimo di 13 anni.
I risultati? Sono stati riscontrati scarsi benefici nel controllo della glicemia, con un leggero vantaggio per i programmi che usano i telefoni cellulari, ma tali benefici, comunque, svanivano dopo 6 mesi; non è stato neanche possibile rilevare miglioramenti dell’umore dei malati, della qualità di vita o diminuzioni di peso. Una nota positiva: tali interventi educativi hanno contribuito a migliorare la comprensione della malattia, una maggiore consapevolezza che però non si è tradotta in cambiamenti comportamentali con esiti positivi sulla salute. Probabilmente si chiede troppo a una app: in una patologia in cui gli stili di vita sono tanto importanti il fattore umano è essenziale.
Perplessità sono state espresse anche dagli autori: a giudizio di Kingshuk Pal, ricercatore del Research Department of Primary Care and Population Health presso la University College London, nel Regno Unito, «la revisione mostra che l’efficacia degli interventi di supporto all’auto-gestione del diabete via computer, anche se sono molto usati, è discutibile. Ci sono inoltre pochi studi che valutano il rapporto costo-efficacia di questi interventi o il loro impatto a lungo termine sulla salute del paziente. Gestire il diabete è un compito complesso, che richiede modifiche in diversi aspetti della vita delle persone. Qualsiasi intervento educativo a questo scopo dovrebbe agire modificando, in modo duraturo, il comportamento in differenti aree, l’alimentazione, l’attività fisica o l’assunzione di farmaci previsti dal proprio piano di cura, oltre che fornire un sostegno emotivo. Stando agli studi disponibili, gli interventi valutati non portano a cambiamenti a lungo termine di questo tipo».
Altro commento qualificato quello di Thomas Goetz su The Atlantic: «Chiedere alla gente di monitorare autonomamente la propria salute e cambiare i propri comportamenti in base ai dati raccolti è la premessa che ha innescato il diluvio di app, di dispositivi da indossare e di servizi per i malati. È una cosa che dà molta speranza in un mondo in cui molta sofferenza e molte malattie sono il risultato dello stile di vita. Ma il self-tracking non è una panacea: è un processo complicato che può innescare non pochi effetti indesiderati».
Una seconda revisione Cochrane ha preso in esame i dati in letteratura sull’uso dei prebiotici in età pediatrica. La conclusione è che la somministrazione di routine di prebiotici – prevalentemente oligosaccaridi – ai lattanti nel quadro di una prevenzione della sensibilizzazione agli allergeni alimentari non è ancora supportata da sufficiente evidenza scientifica. In tutto sono stati identificati 13 studi in corso o in fase di elaborazione dei risultati. Tutti gli studi presi in esame sono risultati comunque a elevato rischio di bias. Anche in questo caso, c’è da registrare una certa prudenza da parte degli stessi ricercatori che hanno condotto lo studio: «Occorrono nuove ricerche e nuove conferme prima che l’uso di prebiotici sia raccomandato di routine durante l’allattamento artificiale per la prevenzione di allergie. C’è solo qualche evidenza che questo possa prevenire i casi di eczema, mentre non esistono dati convincenti su altre patologie allergiche, ad esempio l’asma. È anche poco chiaro se una eventuale supplementazione prebiotica andrebbe prevista per la popolazione generale o solo nei neonati a rischio elevato di allergie».
I programmi di prevenzione
del tabagismo nelle scuole
funzionano! Ma non tutti…
È di pochi giorni fa l’uscita della nuova revisione sistematica Cochrane sull’efficacia degli interventi scolastici per la prevenzione dell’iniziazione al fumo di tabacco (Thomas RE, McLellan J, Perera R. School-based programmes for preventing smoking. Cochrane Database of Systematic Reviews 2013, Issue 4). È un fatto importante: il tabacco uccide precocemente più di 60.000 persone ogni anno in Italia, ed è una dipendenza da cui è difficile uscire. Da qui la rilevanza per il nostro sistema sanitario degli interventi per prevenire l’iniziazione all’uso di tabacco. E anche il ruolo essenziale della scuola, unico sistema che intercetta virtualmente tutti i giovani proprio nell’età dell’adolescenza, in cui più del 75% dei fumatori incomincia a fumare.
La revisione di Thomas conclude che i programmi di prevenzione scolastica riducono significativamente il numero di giovani che iniziano a fumare, in particolare fra quelli che non hanno mai fumato prima dell’intervento.
La storia di questo tipo di programma è lunga: è iniziata negli anni ’60 con interventi informativi dall’efficacia sconfortante, ed è continuata con lo sviluppo di programmi sempre più complessi (fin dal capostipite, e peraltro ancora controverso, “Life Skills Training” di Gilbert Botvin), più o meno ancorati alle teorie recenti che spiegano i determinanti dei comportamenti umani. Grazie alla revisione di Thomas, dopo anni in cui l’efficacia di questi interventi è stata sovente contestata, oggi possiamo dire che alcuni interventi sono certamente efficaci. Ma non tutti!
La revisione ha analizzato dati ricavati da 134 studi di 25 paesi diversi, che hanno coinvolto 428.293 giovani tra i 5 e i 18 anni. Alcuni interventi mirati a sviluppare competenze e abilità sociali (social skills and social competencies) o competenze di resistenza alla pressione sociale (resistance skills) sono efficaci nel ridurre l’iniziazione (OR 0,49; IC95% 0,28-0,87). Invece, quelli basati sulla sola informazione, sulla sola teoria dell’influenza sociale, o limitati a sviluppare le abilità di resistenza, non sembrano essere efficaci. Altre due informazioni sono preziose nel definire il quadro complessivo dell’efficacia degli interventi: i booster, cioè i rinforzi del programma originale, che sovente seguono l’intervento principale gli anni successivi, non hanno dimostrato effetti, così come gli interventi multimodali, accompagnati cioè da componenti extrascolastiche, come quelle familiari o comunitarie.
Per precisare meglio il quadro dobbiamo, però, aggiungere che molti interventi, anche fra quelli appartenenti alla tipologia più efficace (social skills and social competencies), non hanno mostrato effetti, e altri addirittura hanno mostrato franchi effetti dannosi, aumentando in modo significativo l’iniziazione al tabacco.
Il quadro è quindi complesso, tale da disorientare chi, con le migliori intenzioni (e dopo aver affrontato le 425 pagine della revisione!), voglia selezionare interventi contro il fumo ancorati su dati scientifici. Due solide indicazioni, però, emergono, a mio parere, dalla revisione: non si può presumere che gli interventi scolastici contro il fumo, anche quelli basati sulle teorie più accreditate, siano sempre efficaci e solo la conduzione di interventi che siano già stati valutati può assicurare un effetto preventivo; è quindi necessario mettere a disposizione della scuola un set di programmi efficaci fra cui scegliere, che devono essere selezionati dalla revisione di Thomas.
Ma la ricerca deve continuare a sottoporre a rigorosa valutazione ogni nuovo intervento che sia promettente per supporto teorico e accettazione dal parte della scuola.

Fabrizio Faggiano