Il cuore tra morte improvvisa e vita cronica

Gabriele Bronzetti1

E-mail: gabronz@hotmail.com

The heart between the risk of sudden death and chronic life.

Summary. In recent years, medical and surgical therapy has progressed such that even children with the most complex cardiac disease may reach adulthood with an acceptable quality of life. However, apart from this minority, pediatricians and cardiologists deal with diseases such as cardiomyopathies, arrhythmias, channelopathies and other acquired heart diseases. The majority of patients can be problematic ‘cause of a cardiac murmur or in obtaining a certificate of sports eligibility. Following recent regulations, in Italy the electrocardiogram (ECG) must be performed also in 6-year-old children who want to practice sport. Although the ECG is a simple and inexpensive tool with good diagnostic accuracy, there remains the issue of false positives that results in additional costs and alarms. The modern era is facing a pandemic, that is, the spread of digital lifestyle and obesity. The only vaccine against this plague is exercise. Denying sport to children for a false positive test may expose them to obesity, hypertension, diabetes and other bad habits. For some, it may be preferable to accept the infinitesimal risk of sudden death rather than being condemned to a chronic life. Like all therapies, sports can have side effects and overdoses. If this happens in the most dramatic way – cardiac arrest – there is the antidote (i.e., the automated external defibrillator). More than 100 years since its birth, the ECG retains a sustainable and irreplaceable lightness. Nevertheless, the ECG seems to suffer from a sort of collective dyslexia. As cardiologists, we should learn to read pediatric ECG and minimize the false positive rate to prevent a healthy child from having a worse quality of life than cardiac patients saved from modern cardiac surgery.

«Ci sedemmo dalla parte del torto,

visto che tutti gli altri posti erano occupati»

Bertolt Brecht

Introduzione

Il cuore, si legge nei libri di anatomia, è un muscolo impari e mediano. Per diventare l’organo perfettamente asimmetrico che è, il cuore batte impervie strade embriologiche. La complessa ontologia fa capire quale sia il rischio di errori e imperfezioni, tanto che l’incidenza delle cardiopatie congenite è storicamente assestata alla fiscale quota dell’8/1000. La definizione “impari e mediano” si colora anche di accezioni non anatomiche che alludono alle soverchianti istanze emodinamiche ed emotive cui questo muscolo involontario deve rispondere. Negli ultimi 30 anni abbiamo vissuto i formidabili progressi della cardiologia pediatrica, che dalla diagnosi precoce arrivano al trapianto cardiaco passando per infinite possibilità, al punto che oggi l’85% dei cardiopatici congeniti raggiunge la maggiore età1. Si può percorrere in breve compendio lo sviluppo della cardiologia pediatrica, per discutere poi di ciò che è alla portata del medico pratico.

Cardiologia fetale

La diagnosi precoce di cardiopatie complesse permette di pianificare il parto in un centro di cardiochirurgia pediatrica con passaggio pneumatico dalla sala parto a quella operatoria. La gestante è la migliore incubatrice e in diverse patologie è fondamentale differire il più possibile il parto, anche con interventi intrauterini. Vi sono cardiopatie operabili già in utero con tecniche percutanee, come per esempio la valvuloplastica con palloncino applicata alla stenosi aortica estrema (la stessa sonda attraversa la madre, il bambino, l’aorta!)2. Anche le aritmie – dove la diagnosi fetale è più importante che altrove per prevenire la fatalità intrauterina –, dalla bradicardia da blocco atrioventricolare congenito alle tachicardie parossistiche, si trattano somministrando antiaritmici alla madre. Amniocentesi, villocentesi e cordocentesi possono confermare il sospetto di malattie genetiche evocato dalla familiarità o da reperti ecocardiografici (trisomia 21, sindrome di Williams, delezione del cromosoma 22, sindrome di Noonan, ecc.) con ricadute operative ed etiche che non trovano in questa sede spazio di discussione.

Cardiochirurgia

Il termine “cardiopatia inoperabile” è obsoleto; non esiste una cardiopatia congenita che non possa in qualche modo essere trattata, palliata, sostenuta con macchine e pompe. Anche cardiopatie non chirurgiche per definizione come le cardiomiopatie (ipertrofica, dilatativa, restrittiva) possono essere supportate con assistenza circolatoria, pacemaker e defibrillatori come ultima soluzione o bridge al trapianto. È inattuale pure parlare di peso minimo operabile: neonati di pochi etti possono beneficiare della legatura del dotto di Botallo direttamente in termoculla, mentre sopra il chilo si trattano già cardiopatie complesse in circolazione extracorporea. Il successo della chirurgia ha aperto la strada a un nuova “epidemia” e cioè alla crescita di una popolazione di pazienti cosiddetti GUCH (grown-up congenital heart, cardiopatici congeniti adulti). Si pensa che in Italia i GUCH siano circa 80.000, con una crescita di circa 2000/anno che imporrà la fondazione di una branca specialistica3.




Cardiologia interventistica

Le nuove metodiche di imaging cardiovascolare, come risonanza magnetica, tomografia computerizzata ed ecocardiografia 3D, hanno scalzato lo studio emodinamico/angiografico dal trono della diagnostica; il crudo realismo delle immagini moderne non si ferma alla morfologia, ma reca dati funzionali accurati. Lo studio emodinamico trova ora indicazioni sempre più ristrette, assecondando le tecniche predette per le sue potenzialità operative. Non c’è distretto e patologia non raggiungibile e trattabile con dispositivi di tutti i tipi. Valvuloplastica e angioplastica transcatetere con palloncino per stenosi valvolari o vascolari (coartazione aortica e ipoplasia rami polmonari), device di chiusura per difetti interatriali (DIA), difetti interventricolari (DIV), pervietà del dotto di Botallo (PDA) sono tecniche consolidate. La nuova frontiera è rappresentata dall’impianto di valvole percutanee, come già accade per la valvola polmonare nei pazienti giovani-adulti con tetralogia di Fallot. Il cardiologo interventista non solo sottrae pazienti al chirurgo, ma con questo lavora in sinergia nell’approccio di cardiopatie estreme (si pensi alla soluzione ibrida nella sindrome del cuore sinistro ipoplasico) e tratta in modo meno invasivo residui o sequele chirurgiche4. L’ablazione transcatetere si propone come terapia definitiva della maggior parte delle aritmie ipercinetiche, con alte percentuali di successo (95% nelle vie accessorie di sinistra in sindrome di Wolff Parkinson White - WPW) e ridotte complicanze. Riguardo al timing dell’ablazione nel bambino vi sono aspetti (rischio di blocco atrioventricolare, lesioni coronariche, esposizione radiologica, espansione della lesione) che consigliano di procedere il più tardi possibile, dopo i 10 anni, a eccezione dei casi di provata inefficacia della terapia medica. Le nuove tecnologie di navigazione endocavitaria, mappaggio elettroanatomico ed energia ablativa (crioenergia, laser) stanno affiancando o sostituendo i sistemi tradizionali per minimizzare rischi e radioesposizione5. Le aritmie ipocinetiche sono rare nei primi anni di vita, ma acquistano importanza nel follow-up del congenito operato. In detti casi può rendersi necessario l’impianto di pacemaker, dispositivo giunto a un estremo grado di miniaturizzazione e fisiologicità. Il defibrillatore impiantabile (ICD) rappresenta la più sofisticata evoluzione del pacemaker, ed è in grado di trattare le tachiaritmie letali tipiche delle malattie primitivamente elettriche o secondarie a qualsiasi cardiopatia. Tuttavia, gli ICD sono nati per gli adulti e i bambini non sono piccoli adulti. Se l’impatto fisico di un ICD in un piccolo è ingente (complicanze chirurgiche, scariche inappropriate), quello psicologico è inestimabile.

Diagnosi molecolare e farmaci

La genetica molecolare ha svelato le malattie elettriche primarie, di cui la sindrome del QT lungo (SQTL) si può considerare il capostipite, seguita da sindrome di Brugada (SBr), tachicardia ventricolare polimorfa catecolaminergica (CPVT), sindrome del QT corto, etc. Sono note centinaia di mutazioni alla base del fenotipo “canalopatia” e che spiegano il 50-60% delle diagnosi cliniche6. Nondimeno, anche in queste malattie, come nelle cardiomiopatie, non è semplice inferire il destino clinico di un soggetto sulla base della sua verità genica, poiché un gene opera in un milieu complesso – proteine regolatrici, interazioni geniche, fattori epigenetici, ambiente – che modula penetranza ed espressività (la resa diagnostica dell’indagine molecolare è buona per SQTL e cardiomiopatia ipertrofica, scarsa per SBr e cardiomiopatia dilatativa). La stessa malattia elettrica può sottendere substrati genetici diversi, così come un gene può esibirsi in differenti fenotipi; si pensi al gene SCN5A sede di SQTL, SBr e malattia di Lenègre e lo Zelig di Woody Allen viene evocato più di Mendel (figura 1). La diagnosi molecolare in vivo può guidare la terapia medica (per es., mexiletina nella LQT3), mentre post mortem si rivela molto utile per tutelare i familiari della vittima. Parlando di farmaci, tra gli antiaritmici più che scoprirne nuovi per vecchie malattie si sono riscoperti quelli vecchi per le malattie nuove, come accade per i beta bloccanti nella SQTL e CPVT, per la chinidina nella SBr e alla mexiletina nella SQTL3. Altre aree dove la nuova chimica ha allungato la vita sono quelle dell’ipertensione polmonare e dei farmaci anticoagulanti e antirigetto.




Soffiare sul fuoco dei certificati

La ribalta scintillante appena descritta è calcata da superspecialisti distaccati dal golfo mistico, l’ambulatorio quotidiano dove suonano pediatri indefessi. Per il pediatra di libera scelta i cardiopatici con diagnosi spaventose, trattate con interventi dagli eponimi esotici, in cura con farmaci inauditi, con qualità e quantità di vita incerte, rappresentano una minoranza. Rimane una maggioranza di bambini presunti sani che devono vivere una vita piena, ostacolata però dal riscontro di un soffio o dalla firma su un certificato. Va detto che un piccolo pediatra può essere un grande cardiologo: una visita “digitale” con le dita che comprenda tutti i polsi e la misurazione della pressione arteriosa, l’ascoltazione “analogica” di storia familiare e soggettiva e dei suoni cardiaci colgono buona parte delle situazioni a rischio7. Ma ogni volta che un sospetto si adombra, il pediatra è lasciato solo, impotente di fronte a liste d’attesa, confusione normativa e pavidità dei cardiologi. Partiamo dalla fine: lo stesso cardiologo che irride un pediatra che sente un soffio e non sta tranquillo, non è in grado di refertare l’elettrocardiogramma (ECG) di un bambino, o peggio si rifiuta di farlo.

Una soffio cardiaco non è solo la fausta conseguenza acustica della vita (il pneuma greco), udibile anche nel 50% dei bambini sani. Si chieda a mamme di bambini sani o plurioperati cosa il figlio abbia, spesso e indistintamente risponderanno “un soffio al cuore”. Una volta svelato ai genitori, il soffio diventa l’indelebile sineddoche di una cardiopatia senza discrimine tra il soffio innocente e l’ipoplasia del cuore sinistro8. A questo punto non solo l’attesa per un ecocardiogramma può essere imbarazzante, ma diventa problematico anche un semplice ECG, esame che oltretutto da pochi giorni sembra essere imposto dalla legge a qualsiasi bambino che si cimenti in attività appena superiori a un’amniotica acquaticità.

Così com’era successo per la sindrome della morte in culla (sudden infant death syndrome - SIDS) e il QT lungo, anche lo screening con ECG degli sportivi più giovani sta spaccando in due il mondo: stiamo parlando di uno strumento apparentemente semplice ed economico, l’ECG, quale arma contro un’entità complessa e devastante come la morte improvvisa (MI) giovanile.

Il 30% degli italiani più grande di 3 anni pratica una qualche attività sportiva, che tra i 6 e i 15 anni d’età vede coinvolti rispettivamente il 60% e il 70% delle femmine e dei maschi. La MI cardiaca giovanile è un evento raro, con un’incidenza di 1 caso/100.000 l’anno con una netta prevalenza nel genere maschile (range 0,4-2,3; rapporto maschi/femmine 9:1; età <35 aa)9. Il primo caso noto di MI è stato quello di Filippide accaduto 2400 anni fa; si sa che l’oplita corse per i 42.195 metri che separano Maratona da Atene per annunciare una vittoria, e poi morire subitaneamente. Da allora, nonostante muoiano mille bambini all’ora per malattie note e curabili senza che nessuno lo sappia, la morte di un atleta “fa notizia”. Da diversi anni, in Italia, è obbligatorio per legge uno screening cardiologico nei giovani maggiori di 12 anni che fanno sport a livello agonistico: il controllo prevede raccolta dell’anamnesi (personale e familiare), esame obiettivo, misurazione della pressione arteriosa ed esecuzione di ECG basale e da sforzo durante step test10. In caso di positività o dubbi si esegue una ecocardiografia. In altri paesi del mondo, Stati Uniti in testa, questo “italian style” è avversato poiché ritenuto non efficace e costoso, nonostante studi – non solo italiani – dimostrino il contrario11; in Veneto, dal 1980 a oggi, lo screening degli atleti tra i 12 e 35 anni ha ridotto la MI in modo incontrovertibile e anzi, nonostante lo sport sia per tutti un trigger di eventi potenzialmente letali (a parità di geni e di cuore il rischio relativo di MI durante sport è 2,8), proprio in virtù dello screening la mortalità per MI degli atleti è scesa sotto quella dei non atleti12 (figura 2). Negli USA, quindi, per giocare nelle massime divisioni di basket e football non è necessario l’ECG, bastano sangue freddo, anamnesi ed esame obiettivo, eseguiti spesso da un’infermiera13. Gli ostinati detrattori dell’ECG non sanno spiegare come mai in USA la cardiomiopatia ipertrofica (CMPIx) sia la prima causa di MI degli atleti, mentre in Italia non lo è più da un pezzo, proprio da quando l’ECG – che ha buone diottrie per la CMPIx – è obbligatorio.







Finalmente, proprio dal paese che non “u.s.a.” l’ECG come screening viene pubblicata una meta-analisi che sembra avallare lo stile italiano: da 396 articoli si sono distillati 30 studi che esaminavano WPW, CMPIx, SQTL e comprendenti giovani dai 3 ai 25 anni. Per WPW, CMPIx e SQTL è emersa una prevalenza rispettivamente di 136, 45 e 7 casi su 100.00014. L’ECG è abbastanza sensibile in dette patologie; sfuggono invece all’ECG a riposo condizioni come anomalie coronariche, CPVT, aortopatie (figura 3a e 3b). Lo studio conclude che l’ECG è uno strumento utile e con buon valore predittivo negativo, anche se il valore predittivo positivo è meno soddisfacente e resta il problema dei falsi positivi. Per essere utile uno screening di massa richiede diversi presupposti: che la prevalenza della malattia sia abbastanza alta; che la malattia sia importante; che il test abbia un buon valore predittivo; che il trattamento degli asintomatici neo-diagnosticati sia efficace. Parlando di MI, non c’è dubbio che l’importanza sia inversamente proporzionale alla prevalenza. Tuttavia, l’ECG è abbastanza discriminatorio, costa poco e la profilassi o la terapia radicale di WPW, CMPIX (e altre cardiomiopatie come la displasia aritmogena del ventricolo destro) e SQTL è possibile, con ablazione, farmaci e defibrillatori. Inoltre, uno screening esteso potrebbe cogliere per serendipità situazioni congenite pre-cliniche come coartazioni aortiche e difetti settali: se si pensa che l’emiblocco anteriore sinistro nell’ECG di un bambino è patognomonico per difetto dei cuscinetti endocardici, ci si convince che l’ECG non scopre solo malattie dei canali, ma anche malattie chiamate canali (CAV parziale, intermedio, completo). Certo, rimane il problema dei falsi positivi, dal 5% al 20%, che inducono a esami aggiuntivi e soprattutto rischiano di “fermare” un bambino15. Nessuno sa quanti bambini bisogna mettere agli arresti domiciliari per prevenire un arresto cardiaco.




L’epandemia e l’insostituibile leggerezza dell’ECG

L’era moderna è di fronte a una pandemia non batterica né virale. È una “epandemia”, l’espansione dell’adipe collettivo secondaria allo stile di vita digitale. Il suo vaccino si chiama attività fisica. Fermare dei bambini per eccesso di zelo può esporli all’eccesso di zeri di obesità, ipertensione, diabete e altre cattive abitudini. Secondo calcoli “adulti” sembra che per prevenire una MI occorra valutare 33.000 atleti e fermarne 170016. Ecco un dilemma shakespeariano: è meglio la morte improvvisa o la vita cronica? Si dice che “l’eroe muoia una volta sola e il codardo muoia tutti i giorni”. Per qualcuno potrebbe essere meglio accettare l’ineludibile rischio dei comuni mortali che negare le proprie passioni trascinandosi nell’incolore sicurezza dei comuni viventi, una vita di soli anni senza luce. Come tutte le terapie, lo sport può avere effetti collaterali e sovradosaggi. Se ciò accade nel modo più drammatico – l’arresto cardiaco – c’è un antidoto, il defibrillatore, se solo lo sapessimo usare quando e come si deve!17. Noi cardiologi dovremmo imparare a leggere meglio l’ECG, anche per evitare che un sano che lo esegua sia costretto senza volerlo a una qualità di vita peggiore di quella minoranza di cardiopatici salvati dalla moderna cardiochirurgia visti all’inizio del nostro viaggio. Diversi studi recenti hanno preso in esame corpose casistiche di atleti ridefinendo i limiti di normalità (non solo del QT, ma anche per la deviazione assiale e l’ingrandimento atriale), dimostrando un guadagno in sensibilità e specificità18. Riguardo ai costi, quello vivo, diretto di un ECG è intorno ai 10-12 dollari o euro; il costo indotto dovuto a esami aggiuntivi è difficile da calcolare: per qualcuno eccessivo, incalcolabile19. La comunità medica deve rispondere col pessimismo della scienza e l’ottimismo della volontà, con coraggio e cultura. Come a scuola. Se per un bambino non è mai troppo presto per fare un ECG (sei anni sono perfetti), per un cardiologo non è mai troppo tardi per imparare a leggerlo (anche sessant’anni). Per molti ci vorrebbe un maestro Manzi che in una bella lavagna a quadrettini rosa spieghi il PQRST20. Una elettro-alfabetizzazione necessaria, almeno per i cardiologi curiosi o quelli con la dislessia dell’ECG, malattia spesso inconsapevole. Le nuove disposizioni che regolano i certificati per l’attività sportiva non agonistica (ECG obbligatorio una volta nella vita!) potrebbero diventare una formidabile occasione culturale21. Nell’epoca degli esami pesanti – veloci e silenziosi come una TAC o lenti e assordanti come una risonanza – e a più di un secolo dalla sua nascita, l’ECG conserva l’originale levità. Si tratta di una leggerezza sostenibile e insostituibile.

Noi crediamo che un foglio rosa di 12 derivazioni, lungo 12 secondi, che costa 12 euro, che di solito si fa a 12 anni, possa essere fatto anche prima, a 6 anni. Per ora siamo seduti dalla parte del torto, ma non sarà per sempre.

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21. Decreto Ministeriale 8 agosto 2014 «Linee guida di indirizzo in materia di certificati medici per l’attività sportiva non agonistica». Gazzetta Ufficiale 18 ottobre 2014, n. 243.