Recensione

di Domenico Ribatti




Storia dell’AIDS

Cristiana Pulcinelli, giornalista scientifica e insegnante del master in comunicazione della Scienza presso la “Scuola Internazionale di Studi Superiori Avanzati” di Trieste, ha pubblicato nel novembre del 2017, per la casa editrice Carocci, una aggiornata storia dell’AIDS.

L’inizio della storia dell’epidemia di AIDS può essere posto nel bollettino settimanale del 5 giugno 1981 del Center for Disease Control (CDC) di Atlanta. A pagina 2 del “Morbidity and Mortality Weekly Report” venivano descritti cinque casi gravi di polmonite osservati tra l’ottobre del 1980 e il maggio del 1981 in tre ospedali di Los Angeles. Tutti i malati soffrivano di una forma di polmonite da Pneumocysti carinii particolarmente resistente alle normali terapie e presentavano un quadro clinico che faceva supporre un grave deficit del sistema immunitario. Le analisi del sangue, eseguite su tre dei pazienti, indicavano la diminuzione del numero di linfociti CD42 e un’infezione da citomegalovirus. Il decorso della malattia fu progressivo e infausto.

Nel 1983, nei laboratori di virologia dell’Istituto Pasteur di Parigi, guidato da Luc Montagnier, e del National Cancer Institute di Bethesda, guidato da Robert Gallo, veniva isolato per la prima volta dal sangue periferico di un malato con AIDS un retrovirus che avrebbe preso successivamente il nome di HIV (human immunodeficiency virus). Con l’identificazione del virus si schiudevano le premesse di una solida strategia preventiva, un vaccino e una cura, insieme però all’implicita minaccia che presto la sindrome si sarebbe diffusa nella popolazione generale.

Nel marzo 1985, la statunitense Food and Drug Administration (FDA) approvava un test commerciale per il rilevamento di HIV nel sangue, rendendo quindi possibile l’individuazione dei soggetti a rischio e il controllo di scorte di sangue e di emoderivati che in quegli anni avevano determinato numerose infezioni in soggetti trasfusi ed emofilici.

Oggi, in tutto il mondo, ci sarebbero circa 40 milioni di persone infettate dal virus o malate di AIDS; di queste, circa la metà sono donne e più di 3 milioni sono bambini di età inferiore ai quindici anni. Ogni anno si ammalano circa 5 milioni di persone e 3 milioni sono i decessi dovuti ad AIDS.

Se l’epidemia può essere quindi solo parzialmente controllata, in questi ultimi anni sono stati fatti enormi progressi nel campo della terapia. Dal 1987, anno in cui è stato commercializzato il primo farmaco attivo su HIV, numerose molecole antiretrovirali sono state prodotte dalle industrie farmaceutiche. Oggi possediamo più di 20 farmaci attivi e quindi anche il fenomeno della farmacoresistenza, che un virus così mutevole come HIV ha rapidamente generato, può essere controllato. Si può affermare che la grande svolta nella terapia dell’infezione si è avuta nel 1995 con l’entrata in commercio degli inibitori della proteasi e con la dimostrazione che solo una terapia altamente efficace con almeno tre farmaci diversi fosse in grado di controllare l’evoluzione della malattia. La terapia antiretrovirale permette a molte persone di svolgere una vita pressoché normale riprendendo anche la propria attività lavorativa. Purtroppo, grandi differenze ancora esistono tra le diverse nazioni sulla possibilità di utilizzare i farmaci, e nei paesi più poveri l’AIDS rimane una vera e propria calamità che ha portato una riduzione drammatica nella aspettativa di vita di queste popolazioni.