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La “Proposta di ambulatorio orientato allo scompenso cardiaco” redatta dalla regione Toscana nel 2008 è ampia 7 pagine. I Percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA) di Piemonte (2009), Emilia-Romagna (2011), Basilicata (2013), Lazio e Molise (2015) sono rispettivamente di 166, 44, 13, 40 e 41 pagine. Con evidente diverso livello di approfondimento, tutti i documenti suggeriscono il tipo di assistenza a partire dalla classe di malattia del paziente ma solo tre considerano il malato candidato a trapianto di cuore e solo quello del Lazio tratta un argomento centrale come le cure palliative nella persona con scompenso. Grande disomogeneità nella selezione degli indicatori di appropriatezza per la diagnosi come anche nella scelta delle indagini da eseguire nel corso del follow-up dei pazienti. Cure domiciliari solo per i malati residenti in Molise e case della salute apparentemente utili solo a chi abita nel Lazio. Poca coerenza anche se guardiamo ai medicinali presenti nelle “matrici farmaco-terapeutiche”.

I dati raccolti dal PDTA Net della Fondazione Ricerca e salute confermano un’Italia in cui si sopravvive e si muore in modo diverso a seconda della regione nella quale si nasce. Qualcosa di simile la osserviamo anche nei risultati dello studio di Di Martino et al.: l’aderenza alla politerapia cronica successiva a dimissione dopo infarto miocardico acuto variava dal 63% nella regione Lazio al 27% nella regione Sicilia. Ma non solo: all’interno della stessa regione, i numeri di una provincia possono essere di gran lunga migliori dell’area geografica confinante. Per non parlare della sorprendente disparità tra l’aderenza di un malato dimesso da un reparto specialistico cardiologico rispetto al paziente che lascia una divisione di medicina interna.

Di fronte a una situazione del genere, così frammentata e poco coesa, una strada – l’unica? – è quella di mettere in atto politiche mirate, selettive, a vantaggio delle popolazioni più a rischio e delle zone geograficamente ed economicamente più deboli, potenziando strutture e percorsi assistenziali ma soprattutto lavorando per la crescita professionale del personale sanitario.

Considerando l’importanza dei media generalisti nell’aggiornamento del medico abbiamo chiesto a Gianna Milano un commento sulla crisi delle pagine di scienza di quotidiani e settimanali.

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a cura di Cristina Da Rold (freelance health & data journalist)