Self-care per operatori sanitari

Stefano Magno1

1Center for Integrative Oncology, Fondazione Policlinico Universitario Gemelli IRCCS, Roma.

Pervenuto su invito il 24 marzo 2020.

Riassunto. In questa emergenza pandemica globale, l’autocura e i programmi di benessere psico-fisico per gli operatori sanitari sono una priorità assoluta. Ora più che mai, medici e infermieri si trovano ad affrontare carichi di lavoro fuori del normale, condizioni cliniche e organizzative stressanti e un carico emotivo che mettono in crisi la loro capacità di far fronte all’emergenza e a repentaglio la loro stessa vita. Attraverso il miglioramento dell’educazione nutrizionale nelle facoltà di medicina, implementando la promozione di stili di vita sani e progetti di prevenzione del burnout negli ospedali, saremo in grado di mantenere una buona qualità di cura in questi tempi difficili e potremmo migliorare le strategie di autocura per gli operatori sanitari nel prossimo futuro.

Self-care for health professionals.

Summary. In this pandemic global emergency, self-care and psycho-physical wellbeing’s programs for healthcare workers are an absolute priority. Now more than ever, physicians and nurses are facing abnormal burdens of work, stressful clinical and organizational conditions and emotional charges that are challenging their ability to cope and jeopardizing their own lives. By improving nutritional education in medical faculties, implementing healthy lifestyles promotion and burnout prevention projects in the hospitals, we will be able to maintain a good quality of care throughout these trying times and hopefully we will improve the selfcare strategies for health professionals for the next future.



L’emergenza sanitaria globale che attraversiamo rischia di mettere definitivamente in crisi un sistema in forte sofferenza come quello degli operatori sanitari sottoposti a carichi di lavoro stressanti e non adeguatamente riconosciuti.

Ecco perché garantire il benessere dei curanti in corso di pandemia è un’esigenza prioritaria.

Il burnout, o stress lavoro-correlato, recentemente riconosciuto dall’International Classification of Disease (ICD-11) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, è una sindrome di esaurimento emotivo, depersonalizzazione e derealizzazione personale, che può manifestarsi in tutte quelle professioni, come quelle sanitarie e assistenziali, con carico di lavoro eccessivo (si deve fare troppo, in troppo poco tempo e con risorse scarse), orari di lavoro irregolari o difficilmente conciliabili con la vita familiare, carico emotivo connesso al contatto con persone malate, problematiche e con i loro familiari1.

Le professioni d’aiuto, in specie quelle hightouch (ad alto contatto, come l’assistenza al paziente oncologico o in rianimazione), richiedono una capacità non comune di presa in carico del dolore altrui, con un’evidente asimmetria relazionale tra operatore e paziente.

Alla necessità di confrontarsi quotidianamente con la sofferenza e spesso con la morte, si aggiungono possibili carenze e disfunzioni organizzative e relazionali, che possono generare o esacerbare conflitti con colleghi e supervisori, timori legati a insufficienti conoscenze e competenze tecniche, preoccupazioni per il proprio equilibrio, l’incolumità personale e lo stato di salute.

La mancanza di controllo sul proprio lavoro può incidere sul rischio di burnout: i professionisti desiderano avere la possibilità di prendere decisioni, usare le proprie abilità per risolvere i problemi, poter riconoscere il proprio contributo nel processo che porta al raggiungimento dei risultati2. Analogamente, un importante fattore di rischio è il conflitto di valori che si verifica quando i requisiti del lavoro e i nostri princìpi personali non concordano; in alcune situazioni emergenziali, il sanitario può vedersi costretto a prendere decisioni in contrasto con i propri valori personali, come dover selezionare, in base all’aspettativa di vita, chi sottoporre a pratiche rianimatorie e chi escludere per carenze organizzative contingenti.

Lo stress lavoro-correlato in ambito sanitario può condurre a conseguenze sul funzionamento personale (cefalea, disturbi gastrointestinali, ipertensione, fatigue, ansia, depressione e disturbi del sonno) e sul rendimento professionale, alterato da sentimenti di rabbia, frustrazione o senso di colpa per aspettative di guarigione deluse o atteggiamenti aggressivi subìti. Le reazioni possono dunque esitare in atteggiamenti di assenteismo, distacco, indifferenza e perdita di motivazione verso il lavoro, i rapporti interpersonali con i colleghi e con i pazienti.

Ne consegue una ridotta qualità complessiva delle cure.

I costi del burnout sono quindi notevoli tanto per gli operatori quanto per le organizzazioni; appare dunque evidente la necessità di sensibilizzazione, di attuare misure di prevenzione e procedure di intervento individuali o di gruppo per affrontare il burnout.

Ma quali sono le aree di intervento per migliorare l’autocura (o selfcare) degli operatori sanitari?

Direi le medesime con un impatto evidence-based sul benessere psico-fisico della popolazione generale: l’alimentazione, l’attività fisica, il sonno, le relazioni sociali, la meditazione e la spiritualità, l’organizzazione dei luoghi di lavoro.

Stili di vita funzionali e gratificanti necessitano innanzitutto di una maggiore educazione e consapevolezza alimentare, che il percorso accademico in medicina purtroppo non prevede, pur rappresentando i comportamenti una causa diretta o indiretta di scadente qualità di vita, disabilità e di almeno il 30% dei casi di gravi patologie cronico-degenerative, o big killers, del nostro tempo (malattie cardio-vascolari, almeno 12 tipi di tumori solidi, ipertensione arteriosa e diabete)3-5.

Gli operatori dovrebbero disporre di mense ospedaliere in grado di offrire pasti basati sui princìpi di una dieta mediterranea, prevalentemente vegetale e integrale, con standard di qualità elevati (ma non necessariamente più costosi), in base alla stagionalità e territorialità dei prodotti6,7.

Le aziende ospedaliere dovrebbero disporre di attrezzature sportive indoor e, ove possibile, di spazi aperti attrezzati per l’attività fisica, da poter svolgere su base volontaria, ma anche da incentivare, durante e al termine del turno lavorativo, con sessioni educative, percorsi personalizzati e agevolazioni economiche.

Dovrebbero essere implementati ovunque programmi aziendali di supporto psicologico per l’identificazione precoce di stati di sofferenza e la prevenzione del distress negli operatori, anche attraverso discipline di meditazione in presenza o online, come i protocolli di Mindfulness Based Stress Reduction, focalizzati alla riduzione dello stress soggettivo percepito8,9.

Gli spazi interni ed esterni di cura dovrebbero essere progettati o rimodulati non più soltanto secondo canoni di efficienza, sicurezza e funzionalità, ma anche di piacevolezza.

Ne è un esempio il giardino terapeutico realizzato presso la Fondazione Policlinico Gemelli di Roma, progettato secondo criteri biofilici e destinato all’accoglienza di pazienti e familiari, ma anche luogo di incontro per operatori sanitari nelle pause o per meeting di lavoro.

Infine, una riflessione personale: se sapremo fare tesoro della lezione appresa durante questa terribile pandemia, il maggiore riconoscimento della preziosità e unicità della professione sanitaria dovrà sostituire una visione troppo riduzionistica dell’atto medico, per cui risultati indesiderati derivano sempre da interventi errati e quindi sanzionabili. La perdita di fiducia nella relazione di cura, di per sé intrinsecamente terapeutica, ha certamente contribuito all’impoverimento della moderna medicina, a un atteggiamento difensivo da parte dei curanti e a una progressiva insoddisfazione da entrambe le parti.

Le persone danno il loro meglio quando credono nel lavoro che svolgono, e quando possono farlo senza rinunciare alla propria indipendenza, integrità e valori, incluso il rispetto di sé.

Se, come giustamente sottolineato, l’attuale pandemia è una battaglia che si vince sulla lunga distanza, abbiamo bisogno di ottimi preparatori e motivatori che sostengano gli “atleti” (gli operatori sanitari) lungo il difficile percorso di una maratona in cui tutti noi siamo coinvolti, nostro malgrado10. Non a caso, il termine burnout trova la sua prima applicazione nel giornalismo sportivo anglosassone per descrivere il brusco calo di rendimento di un atleta che, persi gli stimoli motivazionali, non è più in grado di ripetere gli stessi risultati agonistici.

Una competizione insolita a cui l’umanità intera è stata chiamata, mai così compatta e globalizzata, più dai social media e dalla comunità scientifica che dalle istituzioni sociali e governative, per contrapporsi a un nemico comune.

Una giusta e necessaria battaglia che ci conduca al meglio verso un domani incerto, ma forse più rispettoso dei ruoli e del valore indiscutibile della sanità pubblica e della professione sanitaria.

Conflitto di interessi: l’autore dichiara l’assenza di conflitto di interessi.

Bibliografia

1. Durand-Moreau QV. Is burn-out finally a disease or not? Occup Environ Med 2019; 76: 938.

2. Reid Y, Johnson S, Morant N, et al. Explanations for stress and satisfaction in mental health professionals: a qualitative study. Soc Psychiatry Psychiatr Epidemiol 1999; 34: 301-8.

3. Wiseman. M. Cancer prevention recommendations. Disponibile su: https://bit.ly/2xoRKUF (ultimo accesso 27 marzo 2020).

4. Solans M, Chan DSM, Mitrou P, Norat T, Romaguera D. A systematic review and meta-analysis of the 2007 WCRF/AICR score in relation to cancer-related health outcomes. Ann Oncol 2020; 31: 352-68.

5. Mandsager K, Harb S, Cremer P, Phelan D, Nissen SE, Jaber W. Association of cardiorespiratory fitness with long-term mortality among adults undergoing exercise treadmill testing. JAMA Netw Open 2018; 1: e183605.

6. Shannon OM, Mendes I, Köchl C, et al. Mediterranean diet increases endothelial function in adults: a systematic review and meta-analysis of randomized controlled trials. J Nutr 2020 Feb 6. pii: nxaa002.

7. Mentella MC, Scaldaferri F, Ricci C, Gasbarrini A, Miggiano GAD. Cancer and Mediterranean diet: a review. Nutrients 2019; 1(9). pii: E2059

8. Burton A, Burgess C, Dean S, Koutsopoulou GZ, Hugh-Jones S. How Effective are mindfulness-based interventions for reducing stress among healthcare professionals? A systematic review and meta-analysis. Stress Health 2017; 33: 3-13.

9. Regehr C, Glancy D, Pitts A, LeBlanc VR. nterventions to reduce the consequences of stress in physicians: a review and meta-analysis. J Nerv Ment Dis 2014; 202: 353-9.

10. Unadkat S, Farquhar M. Doctors’ wellbeing: self-care during the covid-19 pandemic. The BMJ Opinion 2020 March 16. Disponibile su: https://bit.ly/2Uo67l8 (ultimo accesso 27 marzo 2020).