Il malato cronico e l’odissea della cura:
quali soluzioni per migliorare assistenza e qualità di vita?

Antonio Gaudioso1

1Cittadinanzattiva, Roma.

Riassunto. La vita delle persone che soffrono di malattie croniche è resa ancora più difficile dal peso burocratico e amministrativo imposto da un sistema sanitario che non risponde in modo personalizzato ai bisogni dei cittadini. L’origine del problema è nella cultura del Paese e in una mentalità che sembra avere timore delle innovazioni. Un sistema sanitario che si prende cura dei malati cronici dovrebbe aggiornare le classificazioni delle malattie su cui si basa il percorso diagnostico e terapeutico e aggiornare costantemente i livelli essenziali di assistenza (LEA). Anche l’attività regolatoria di terapie e dispositivi dovrebbe garantire che il punto di vista del cittadino sia ascoltato e tenuto in considerazione, come contributo fondamentale per il miglioramento costante dei flussi organizzativi e assistenziali del sistema sanitario.

The chronically ill and the odyssey of care: how can we improve assistance and quality of life?

Summary. The life of people suffering from chronic diseases is even more difficult due to the bureaucratic and administrative burden imposed by a health system that does not respond in a personalized way to the needs of citizens. The origin of the problem is in the culture of the country and in a mentality that seems to be afraid of innovations. A health system that actually takes care of the chronically ill should update the classifications of the diseases on which the diagnostic and therapeutic path is based (DRGs) and constantly update the essential levels of assistance (LEA). The regulatory activity of therapies and devices should also ensure that the citizen’s point of view is taken into consideration. This is a fundamental contribution to the constant improvement of care and to the organizational flows of the health system.

Quali sono i problemi più sentiti dalle persone che soffrono di patologie croniche? Ovviamente si tratta di questioni trasversali. Al primo punto c’è, nel 73% dei casi, l’integrazione tra l’assistenza primaria e quella specialistica; al secondo posto, con il 60%, la continuità assistenziale tra ospedale e territorio; al terzo posto il coinvolgimento del paziente nel piano di cura, empowerment, nel 48% dei casi; al quarto posto, nel 41% dei casi, la personalizzazione delle cure; più o meno allo stesso livello il tema del potenziamento delle cure domiciliari e solo dopo, al sesto posto, il tema delle liste di attesa, che pure sappiamo essere un tema molto delicato per quanto riguarda la diagnostica, la presa in carico e il percorso di cura1. Ciò non vuol dire che è poco sentito il tema delle liste di attesa, ma al contrario che sono rilevanti una serie di altri parametri che influenzano drammaticamente, quotidianamente la vita delle persone.

Come vediamo, alcuni di questi elementi rappresentano ostacoli concreti all’accessibilità delle cure, alla gestione del percorso del malato cronico. Alcuni aspetti riguardano peculiarmente le persone con problemi di cronicità, altri sono invece un problema di sistema che tocca trasversalmente tutti i cittadini. Questioni che, non essendo superate, creano problemi strutturali che hanno un impatto sulla vita delle persone, pesando ovviamente di più su quelle che hanno un livello di fragilità e di debolezza sociale, economica o legata alla patologia, molto più forte.

Inviterei a riflettere su tre questioni che particolarmente mi colpiscono. La prima riguarda il nomenclatore tariffario che non è aggiornato da quasi vent’anni. La seconda, abbiamo dei Diagnosis-related groups (Drg) non aggiornati da quasi venticinque anni. La terza, i livelli essenziali di assistenza (LEA) aggiornati in teoria nel 2017 non sono mai entrati in vigore. È evidente che già questi tre esempi mostrano un problema strutturale, sofferto da un sistema sanitario che non tiene il passo dei bisogni e delle esigenze dei cittadini. Inoltre, si tende in qualche modo a mantenere modelli tradizionali, mostrando resistenza al cambiamento laddove tutto sembrerebbe invece richiedere un profondo ripensamento delle dimensioni professionali e organizzative e dei modelli di cura delle persone.

Molto ha a che fare con la necessità di semplificazione dei percorsi di cura dei pazienti del nostro Paese che spesso prevedono il ricorso a strumenti che da un lato non restituiscono informazioni utili alle istituzioni e, dall’altro, rendono difficoltosi i percorsi di cura. I percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA) furono proposti sulla base di un’indicazione giusta: avere la possibilità di raccogliere dati sul percorso di cura delle persone e sull’efficacia e sicurezza dei nuovi farmaci anche per avere la possibilità di controllare al meglio la spesa. A distanza di molti anni, i PDTA cercano di contemperare esigenze completamente diverse ed è evidente che dal punto di vista del percorso di cura riescono raramente a rispondere ai bisogni per i quali furono pensati2. Il medico, l’operatore, il prescrittore vengono sottoposti a un controllo molto pesante e il paziente è obbligato a un percorso burocratico talmente oneroso da rivelarsi talvolta insostenibile.

La medicina generale, per molti anni tenuta fuori da tutti i percorsi di innovazione, vive quindi un doppio problema: di carattere organizzativo e di conoscenza delle terapie che potrebbero essere prescritte. In assenza di un cambiamento radicale dal punto di vista dei modelli organizzativi, si rischia di non giungere mai a una reale personalizzazione della cura. Quando si parla dei bisogni delle persone fragili o con malattie croniche, è indispensabile pensare “out of the box”, in modo nuovo e assumendo il punto di vista di chi deve avere accesso ai servizi socio-sanitari assistenziali di base. L’assenza di coordinamento tra le istituzioni (pensiamo alla distanza tra Servizio sanitario e Istituto nazionale per la previdenza sociale, per esempio) crea barriere incomprensibili e di difficile superamento, determina inefficienza, sprechi, moltiplicando disuguaglianze e iniquità. Non si tratta soltanto di mancanze nella capacità di gestione e di comunicazione tra i vari soggetti, che sulle persone particolarmente fragili hanno un effetto moltiplicatore in termini di problemi; ma anche di una sconnessione tra l’organizzazione dei servizi territoriali e una possibile e auspicata valutazione della personalizzazione delle cure. Procedono in parallelo e senza influenzarsi, modelli diversi non solo a seconda delle Regioni, ma a volte a seconda delle Aziende sanitarie, con servizi territoriali che in molti casi sono insufficienti in particolare nelle aree interne del Paese.

Occorre lavorare su percorsi innovativi, che non siano basati su un’applicazione pedissequa dei modelli di telemedicina, che, pur essendo una straordinaria opportunità, devono partire dai bisogni delle persone4. Anche l’autorità regolatoria dovrebbe coinvolgere i pazienti nei percorsi di valutazione e di regolazione per aiutare al meglio il funzionamento della macchina pubblica, affinché utilizzi dati, informazioni e punti di vista che offrano la possibilità di dare risposte puntuali. Ricordando che il punto di vista di cui può essere portatore il paziente è probabilmente quello che non solo permette all’autorità regolatoria di governare al meglio e di adattare le barriere sulla base dei bisogni delle persone, ma probabilmente aiuta anche a migliorare il rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni.

Conflitto di interessi: l’autore dichiara l’assenza di conflitto di interessi.

Bibliografia

1. XVII Rapporto nazionale sulle politiche della cronicità “Regione che vai, cura che trovi (forse)”. Cittadinanzattiva 2019. Disponibile su: https://bit.ly/3kpoXTp [ultimo accesso 23 ottobre 2020].

2. Piccinni C, Calabria S, Ronconi G, et al. I numeri dei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA) in Italia: risultati dal progetto PDTA Net. Recenti Prog Med 2019; 110: 188-94.

3. Agenzia per la Coesione Territoriale. https://www.agenziacoesione.gov.it/ [ultimo accesso 23 ottobre 2020].

4. Romanick-Schmiedl S, Raghu G. Telemedicine – maintaining quality during times of transition. Nat Rev Dis Primers 2020; 6: 45.