Un piccolo contrattempo


“C’è un piccolo contrattempo,” mi disse il medico magro con lo stetoscopio attorno al collo. Teneva alzata la mia radiografia per guardarla in controluce. “Non si allarmi, niente di grave o di irreparabile: si tratta di uno pneumotorace.”
“Uno che?” risposi. Come al solito, tradii la consueta ignoranza.
“Pneumotorace: ossia il polmone si è staccato leggermente dalla sua parete e ora occorrerà riportarlo al suo posto, detto in soldoni.”
“E perché mi si è staccato ‘leggermente’ dalla parete?” chiesi. Il discutibile accostamento tra un problema medico e un’immagine alpinistica che evocava burroni e strapiombi mi irritava.
“Può capitare. Evidentemente, il liquido che lei aveva nel polmone e che le abbiamo prelevato faceva ormai da cuscinetto. Toltone una parte, il polmone ha ceduto. Tenga anche conto che ogni organismo reagisce alla sua maniera.”
“Eppure lei mi aveva promesso che non sarebbe accaduto niente, che era un intervento innocuo!”
“Diciamo che lei è stato piuttosto sfortunato.”
“Sfortunato? Mai stato sfortunato, prima di incontrare lei. La invito a riflettere sulla singolare coincidenza.”
“Ormai è acqua passata, inutile starci sopra. Questione di pochi giorni e lei sarà di nuovo a posto: le verrà applicato un piccolo catetere sotto cute, in corrispondenza del torace, collegato a una specie di bottiglia nella quale dovrà soffiare periodicamente. In questo modo aiuterà il polmone a distendersi e ad aderire nuovamente alla parete.”
“Dovrò girare per l’ospedale con una bottiglia in mano come un ubriacone?”
“Non la metta giù così dura. Questione di pochi giorni, vedrà.”
Aveva uno straordinario talento nel minimizzare i problemi altrui, specie dopo averli creati. Come altri medici che avevo conosciuto, anche lui era tendenzialmente fiducioso, conscio del fatto che per somministrare ottimismo non occorre aver studiato tanto.
“Si è almeno saputo l’esito dell’esame di laboratorio sul liquido prelevato?” gli domandai nella speranza di trovare un appiglio realmente concreto a cui aggrapparmi.
“Si è saputo e può stare tranquillo: non è emerso niente di nuovo.”
“Fantastico! Lei quindi mi sta dicendo che ho ottenuto uno pneumotorace in cambio di nessuna informazione utile!”
Il medico magro con lo stetoscopio al collo non rispose. Mise la lastra in una busta grande e la infilò sotto l’ascella. Sembrava uno di quei camerieri ineducati che usano a sproposito il loro tovagliolo. Poi mi guardò e gli lessi nel pensiero che mi considerava proprio molto, molto sfortunato. Non contento, mi congedò con una minaccia: “Ci vediamo nel pomeriggio per quel piccolo intervento che le ho accennato”. Se tanto mi dà tanto, cosa sarebbe potuto succedere nel pomeriggio?