Il rischio gastrointestinale dei farmaci antipiastrine e antinfiammatori non steroidei
Un rapporto dell’American College of Cardiology Foundation (ACCF), dell’American College of Gastroenterology (ACG) e dell’American Heart Association (AHA)


L’uso dei trattamenti antipiastrine è in continua espansione, a motivo dei vantaggi che offrono sia nella terapia primaria che in quella secondaria delle malattie cardiovascolari. È ben noto, tuttavia, che questi farmaci possono comportare molti rischi specialmente gastrointestinali, che possono esseri aggravati dall’uso complementare di altri farmaci, come antifiammatori non steroidei (FANS), anticoagulanti e corticosteroidi.
L’American College of Cardiology Foundation (ACCF), l’American College of Gastroenterology (ACG) e l’American Heart Association (AHA) hanno recentemente presentato un documento inteso a fornire linee guida per un corretto uso dei farmaci antipiastrine e dei FANS (Bhatt DL, Scheiman J, Abraham NS. ACCF/ACG/AHA 2008 expert consensus document on reducing gastrointestinal risk of antiplatelet therapy and NSAIDS use. Circulation 2008; 118: 1894).
Queste linee guida si articolano in una serie di raccomandazioni in rapporto alle diverse eventualità cliniche.
1) Complicanze gastrointestinali dell’uso di ASA e di FANS non ASA: l’uso di FANS di qualsiasi tipo, compresi i farmaci COX-2 selettivi (coxib) e i FANS tradizionali da banco, accrescono effettivamente il rischio di ulcere; è necessario pertanto l’uso di farmaci gastroprotettivi nei pazienti a rischio.
2) Effetti dell’ASA: basse dosi di ASA per la profilassi cardiovascolare sono associate ad un aumento da 2 a 4 volte del rischio di eventi digestivi superiori. L’uso di preparati tamponati o a dismissione intestinale non riduce questo rischio. Il rischio aumenta con l’aumento delle dosi di ASA; pertanto, nei trattamenti prolungati, non è consigliabile superare 81 mg pro die. Nei pazienti a rischio deve essere istituita una terapia gastroprotettiva.
3) Effetti di ASA e anticoagulanti associati: l’uso di questa associazione (compresi eparina non frazionata, eparina a basso peso molecolare e dicumarolici) si associa ad aumento significativo di gravi eventi emorragici extracranici e delle vie digestive superiori. Qualora questi trattamenti siano ritenuti necessari, per le condizioni cardiovascolari del paziente, si deve ricorrere all’uso degli inibitori della pompa protonica (PPI); quando ad ASA e clopidogrel si associa un dicumarolico si deve mantenere una dose che rientri tra 2,0 e 2,5 dell’INR (International Normalized Ratio).
4) Effetti del clopidogrel: non è consigliato sostituire il clopidogrel all’ASA per ridurre il rischio di ulcere gastroduodenali sanguinanti; infatti la probabilità di ricorrenze emorragiche nei pazienti ad alto rischio è minore con l’associazione di ASA e PPI.
5) Effetti gastrointestinali della associazione di clopidogrel con anticoagulanti: questa associazione si associa ad aumentata incidenza di episodi emorragici maggiori a confronto con la terapia con una sola di questa classe di farmaci. L’associazione di antipiastrine e anticoagulanti potrebbe essere presa in considerazione soltanto quando si è sicuri che i vantaggi superino i rischi; se si associano dicumarolici, ASA e clopidogrel l’INR va mantenuto tra 2,0 e 2,5.
6) Trattamento e prevenzione del danno gastroduodenale da ASA e FANS: secondo gli autori i PPI sono i farmaci da preferire in queste eventualità; viene ricordato, a questo proposito, che la deplezione di prostaglandine rappresenta il meccanismo centrale dello sviluppo di ulcere gastroduodenali di FANS e che pertanto una terapia sostitutiva con la prostaglandina sintetica misoprostol riduce l’incidenza di questi eventi. Tale effetto del misoprostol è stato segnalato anche nei riguardi dell’effetto ulcerogeno dell’ASA. Gli autori riferiscono che il sucralfato (un sale basico di alluminio e sucrosio-octasulfato) forma un complesso aderente alle sedi di ulcere duodenali, proteggendo la lesione ulcerativa e promuovendone la cicatrizzazione; inoltre il sucralfato può inibire l’attività peptica del succo gastrico; tuttavia questo farmaco non è efficace nel trattamento o nella prevenzione delle ulcere gastriche correlate ai FANS. Per quanto concerne l’effetto degli antagonisti del recettore H 2RA ranitidina alla dose di 150 mg pro die fa aumentare significativamente il pH intragastrico e riduce l’intensità del sanguinamento gastrico nei pazienti che assumano 300 mg pro die di ASA. A questo proposito si fa notare che, nonostante uno studio endoscopico abbia dimostrato che gli H2RA, a dosi doppie di quelle usuali, possono essere più efficaci del placebo, tuttavia non sono attualmente disponibili studi di confronto degli H2RA con misoprostol o PPI. Gli autori rimarcano che in effetti i dati clinici confermano che i PPI sono superiori sia alla ranitidina che al misoprostol nella prevenzione delle ricorrenze ulcerose da FANS e, in complesso, nel controllo dei sintomi.
Gli autori sottolineano che non è dimostrata la necessitàdi usare dosi più elevate di PPI nella terapia e nella prevenzione delle lesioni ulcerative, sebbene siano stati osservati più alti livelli di soppressione acida con dosi più alte. Il massimo effetto inibitore della secrezione acida gastrica con i PPI si ottiene se il pasto è consumato entro 30 min dall’assuzione e ciò soprattutto per il controllo di una malattia da reflusso gastroesofageo.
Gli autori si soffermano sull’influenza dell’eradicazione di Helicobacter pylori nella gastroprotezione dei pazienti che assumono ASA e riferiscono dei migliori risultati nella prevenzione di ricorrenze ulcerative ottenuti con il PPI lansoprazolo alle dose di 30 mg pro die dopo conseguita l’eradicazione di H pylori.
Gli autori ricordano che il predominante effetto antipiastrine dell’ASA favorisce il sanguinamento di lesioni ulcerative già stabilite, comprese quelle da H pylori e lo sviluppo di altre lesioni. In queste condizioni i PPI consentono di arrestare l’evoluzione progressiva delle ulcere impedendo che diventino sintomatiche. È stato inoltre osservato che anche gli H2RA riducono l’incidenza di ulcere correlata a H pylori e la probabilità di sanguinamento gastrointestinale dovuto all’azione antipiastrine dell’ASA.
Per quanto riguarda l’associazione dei PPI con il clopidogrel nel ridurre le emorragie digestive gli autori riferiscono che, nonostante studi in vitro che hanno indicato un’interazione dovuta al metabolismo del citocromo P450, non vi sono attualmente dimostrazioni di una reale interazione clinicamente significativa; su questi problemi sono in corso studi clinici randomizzati su pazienti con coronariopatie trattati con ASA, clopidogrel e PPI (COGENT: Clopidogrel and the Optimization of Gastrointestinal Events, di prossima pubblicazione)
7) Ruolo di H pylori. Nei pazienti con storia di ulcere gastriche o duodenali è consigliata la ricerca di H pylori e la sua eradicazione prima di iniziare una prolungata terapia antipiastrine.
8) Interruzione della terapia antipiastrine a causa di emorragie. La decisione di sospendere l’ASA in caso di sanguinamento acuto di una lesione ulcerativa va presa caso per caso, in rapporto alla valutazione del rischio cardiaco e di quello gastrointestinale, al fine di distinguere le complicanze trombotiche e da quelle emorragiche.
Gli autori si domandano se l’ASA può essere reintrodotto immediatamente dopo avere ottenuta l’emostasi per via endoscopica, dato che una prolungata sospensione di ASA aggrava il rischio trombotico in pazienti con cardiopatie instabili e, a questo proposito, ricordano che un’instabilità emodinamica e un’alterata emostatica indotta da un sanguinamento acuto prossono ulteriormente aggravare il rischio trombotico, anche in assenza di terapia antipiastrinica; d’altra parte gli autori rilevano che la continuazione dell’ASA in situazioni di ulcera sanguinante può provocare emorragie ricorrenti e in queste eventualità non è dimostrato che antipiastrinici non-ASA, come il clopidogrel, possano ridurre il rischio emorragico in presenza di ulcera attiva. Inoltre viene sottolineato che i farmaci antipiastrinici possono ridurre l’effetto emostatico dei PPI, ostacolando la formazione del coagulo piastrinico.
9) Endoscopia in pazienti in terapia antipiastrinica: il controllo endoscopico può essere eseguito in pazienti ad alto rischio cardiovascolare e in terapia antipiastrinica; in queste situazioni è necessaria la collaborazione tra cardiologo ed endoscopista. A questo proposito sono citate le linee guida dell’American Society of Gastrointestinal Endoscopy sull’uso di farmaci antipiastrinici e anticoagulanti in corso di endoscopia. (Eisen GM, Baron TH, Dominitz JA, et al. Guideline on the management of anticoagulation and plalelet therapy for endoscopic procedures. Gastrointest Endosc 2002; 55: 775). Secondo queste linee guida il rischio cardiovascolare rappresenta il problema più grave nella decisione clinica. Una frequente tendenza è quella di sospendere i farmaci antipiastrine nella colonscopia con polipectomia, anche se è stato rilevato che ciò riduce soltanto marginalmente il rischio di sanguinamento post-polipectomia.
In genere si consiglia di rimandare procedure elettive endoscopiche elettive per almeno di un anno nei pazienti a rischio cardiovascolare (ad esempio in quelli con recente introduzione di stent). Tuttavia, le linee guida non consigliano la sospensione di ASA o FANS nella maggior parte delle procedure endoscopiche, perché non sono attualmente disponibili chiare dimostrazioni di un’aumentata frequenza di emorragie a seguito di queste. In situazioni acute, dopo una endoscopia e un trattamento medico di una grave emorragia, le linee guida ritengono prudente sospendere per breve tempo la terapia antipiastrinica fino a che sia accertata l’assenza di risanguinamento.