Medicina e letteratura: un’antologia




La malattia ledeva il suo senso del possesso. Quelle mani tremanti appartenevano a lui, eppure si rifiutavano di obbedirgli. Erano come bambini cattivi. Creature irragionevoli, egoiste e capricciose. Più i suoi ordini erano severi, meno li ascoltavano, e più diventavano patetiche e incontrollabili. Era sempre stato sensibile alla riluttanza dei bambini a comportarsi come adulti. L’irresponsabilità e la mancanza di disciplina erano la sua dannazione, e l’aver contratto una inopportuna malattia che induceva il suo corpo a disobbedirgli era un altro esempio della logica diabolica che lo perseguitava.

Se la mano destra ti offende, aveva detto Gesù, tagliala.

In attesa che il tremito si placasse – mentre guardava impotente le proprie mani agitarsi e sobbalzare come se si trovasse in un asilo pieno di mocciosi urlanti e maleducati che non riusciva a zittire perché aveva perso la voce – Alfred intrattenne con piacere la fantasia di amputarsi la mano con un’accetta: di far sapere all’arto ribelle quanto fosse arrabbiato, quanto l’avrebbe odiato se avesse continuato a disobbedirgli. Provò una specie di estasi nell’immaginare il primo morso della lama nell’osso e nel muscolo del polso indisciplinato; ma insieme all’estasi, proprio contigua, c’era la voglia di piangere per quella mano che era sua, che amava, proteggeva e conosceva da tutta la vita.

Jonathan Franzen

Le correzioni.

Traduzione di Silvia Pareschi

Torino: Einaudi, 2002.