Dalla letteratura

In collaborazione con l’Associazione Alessandro Liberati – Network Italiano Cochrane
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Wikipedia e la Cochrane Collaboration

Dal pianeta Wikipedia è atterrato a Milano James Heilman, per spiegare “cosa è Wikipedia, come funziona e come e perché bisogna farsi coinvolgere” ai partecipanti alla Riunione Annuale dell’Associazione Alessandro Liberati, Network Italiano Cochrane “Gli amori difficili. Ricerca e comunicazione possono andare d’accordo?” (Milano, 23 maggio 2014). Il coinvolgimento di Heilman in Wikipedia è iniziato durante i turni di notte svolti in un ospedale di un paesino canadese: tra una visita e l’altra, tra il 2007 e il 2008, ha iniziato a leggere le voci dell’enciclopedia dedicate alla medicina, imbattendosi in alcuni contributi di scarsa qualità. Un’occhiata in alto a destra, un click su “Edit” (“Modifica”), e la scoperta di poter apportare modifiche, sono stati l’inizio di una passione che continua e che ha portato il medico canadese fino alla presidenza della Wiki Project Med Foundation.

Oltre a presentare fatti e cifre dell’opera di consultazione più ampia e diffusa su Internet, il quinto sito più visitato, dopo Google, Facebook, YouTube e Yahoo, Heilman ha evidenziato l’importanza dei contenuti medici e ha descritto le modalità di collaborazione con l’enciclopedia.

Perché è così importante che ci siano fonti facilmente accessibili, nel maggior numero di lingue possibile?

• Ogni giorno decine di migliaia di persone muoiono per mancanza di assistenza sanitaria a basso costo. Per Healthcare Information For All (HIFA) 2015 uno dei fattori più importanti è lo scarso accesso all’informazione.

• Da 8 a 10 operatori sanitari non sanno quali siano i principali sintomi della polmonite.

• 4 madri su 10 credono che non bisogna somministrare liquidi ai figli con diarrea.

• Più del 60% delle persone intervistate in Africa ha detto di avere un amico o un membro della famiglia che si sarebbe potuto salvare se fosse stata disponibile informazione nella loro lingua.




Quali i lavori in corso?

Il team che si occupa dei contenuti medici:

• sta creando un insieme base di argomenti che dovrebbero esistere in tutte le lingue,

• sta migliorando tali argomenti a un livello professionale, cercando al contempo di usare un linguaggio semplice,

• sta traducendo il contenuto in più lingue possibile, cercando di integrare le traduzioni con contenuti Wikipedia preesistenti,

• sta stringendo accordi con compagnie di telefonia mobile per rendere semplice e gratuito l’accesso per tutti.

Le revisioni in ambito medico

• 274 persone e 191 bots (un programma di controllo automatico) hanno curato più di 250 revisioni nel 2013; se consideriamo tutte le lingue abbiamo 1,1 milioni di revisioni da 224mila account.

• In italiano ci sono state, nel 2013, 45mila revisioni da 8400 account; 12 persone e 8 bots hanno curato più di 250 revisioni.

Una ricerca di qualche anno fa ha rilevato che Wikipedia e Encyclopedia Britannica hanno la stessa percentuale di errori. Alcuni contenuti sono eccellenti, ma su altri c’è ancora da lavorare. Gli errori più gravi sono corretti rapidamente. Idealmente si dovrebbe sempre verificare il contenuto sulla base delle fonti fornite. Per continuare a migliorare i contenuti medici Wikipedia ha avviato una serie di collaborazioni, come quelle con la rivista Open Medicine e la Cochrane Collaboration. Prezioso l’aiuto della ONG Translators without Borders e di Wikiproject Medicine, il gruppo di volontari all’interno di Wikipedia impegnati nel miglioramento dei contenuti medici. Come ha ribadito più volte Heilman, tutti possono collaborare con Wikipedia: con l’elaborazione di nuove voci, aggiornamenti, revisioni editoriali, traduzioni. Il compenso? La soddisfazione di aver contribuito a un grande progetto di diffusione della conoscenza, che può salvare molte vite, e l’appartenza al pianeta dei wikipediani, naturalmente.

Resoconto a cura di Arabella Festa

Come documentarsi per raccontare la ricerca scientifica

L’impegno più grande che ogni giornalista scientifico deve affrontare riguarda sicuramente la raccolta delle informazioni, ha spiegato Alice Pace in occasione della riunione 2014 dell’Associazione Alessandro Liberati/Network Italiano Cochrane. È un momento importante, che richiede molto tempo, spesso molto più di quanto sia riservato allo scrivere il pezzo. La novità dei nostri anni è che con l’avvento del web 2.0 alle fonti ufficiali tradizionalmente rappresentate dal mondo della ricerca (gli scienziati, le istituzioni e i loro uffici stampa, la letteratura scientifica, i siti web istituzionali, gli osservatori nazionali e internazionali), si sono aggiunti, come nuovi protagonisti che vogliono e devono essere ascoltati, i lettori ai quali i giornalisti stessi si rivolgono. Come utenti dei social media (quali Facebook e Twitter, per citarne alcuni) o autori di blog, i lettori attuali spesso non si limitano più solo a leggere una notizia, ma la condividono e commentano in tempo reale, contribuendo così a plasmarla e a offrire un feedback in tempo reale all’operato di chi scrive. Il riscontro immediato con il pubblico è importante perché offre al giornalista l’opportunità di capire se il proprio messaggio è arrivato correttamente e, perché no, anche di correggere eventuali errori. La notizia inizia così a vivere nel momento cui è pubblicata online, coinvolgendo l’autore in una sorta di moto perpetuo che lo tiene costantemente in contatto con i propri lettori. Non è raro poi che siano i cittadini ad arrivare alla notizia prima delle stesse agenzie di stampa: basti pensare a quanto spesso il verificarsi di un disastro naturale si apprenda prima da un tweet o da video e foto messi online dai testimoni della tragedia.

Il giornalista non ricopre più quindi una posizione preferenziale e elevata rispetto al pubblico, ma pubblico e giornalista entrano a far parte della stessa rete. Se è importante dedicare molto tempo alla delicata fase della documentazione, molto meno è il tempo che il giornalista può impiegare per la stesura dell’articolo: si va da un paio d’ore a mezza giornata, al massimo al giorno dopo se si è molto fortunati.

Alice Pace, come molti giornalisti scientifici oggi, lavora come free­lance. Cosa comporta? Non avere una redazione alle spalle complica il lavoro di documentazione, soprattutto quando l’accesso a una rivista scientifica è a pagamento o quando si vuole raggiungere per un’intervista una personalità di spicco, e rende il giornalista più vulnerabile sotto il profilo legale e anche psicologico. Non meno importante è l’aspetto economico: non è il giornalista freelance a fare il prezzo del proprio articolo, ma il giornale che decide di pubblicarlo con situazioni vicine a volte allo sfruttamento.




La gioia più grande? Vedere riconosciuto il ruolo di servizio pubblico del proprio lavoro, cosa che non sempre succede. Ad Alice Pace è successo occupandosi dell’inchiesta sul caso Stamina per il sito wired.it. Purtroppo sui media era già presente una situazione compromessa, in cui la notizia era stata veicolata sfruttando la leva della pressione emotiva del pubblico piuttosto che agendo in base alla chiarezza delle prove. Molta informazione aveva sposato il linguaggio della disperazione delle famiglie dei pazienti, tramando ipotesi di complottismo da parte delle lobby e degli scienziati, e non riportava spesso nessun contraddittorio rispetto al patron di Stamina Foundation. Si era creata quindi una vera e propria frattura con chi voleva affrontare l’argomento in modo razionale. Per colmarla, Pace ha preso come fonte gli scienziati, ha spiegato che il razionale scientifico in questa vicenda mancava, ha cercato dati e ha provato a mettere in guardia le persone sugli interessi economici e sulle indagini in corso sui personaggi coinvolti nella vicenda. Se da parte del mondo dei giornalisti scientifici, anche concorrenti, ha ottenuto un riscontro molto positivo, le cose non sono andate altrettanto bene sotto altri aspetti. La pressione del giornale è stata forte, perché quando si segue un’inchiesta importante bisogna produrre in tempi ancora più serrati e non si possono commettere errori; il senso di solitudine grande, perché può capitare – come in questa inchiesta – di trovarsi contro le stesse persone per le quali si sta combattendo. Allo stesso tempo si assiste al prevalere di un modello di comunicazione che non si approva e che si critica fortemente, ma che prende il sopravvento sul pubblico.

È una situazione difficile da gestire. Gli amori difficili non sono solo tra la ricerca e la comunicazione ma possono essere anche dentro la comunicazione, perché la comunicazione non è una e ci possono essere vari modi per raccontare una notizia.

Resoconto a cura di Mara Losi

Ricerca e comunicazione: ai poster l’ardua sentenza

In questa edizione della Riunione annuale dell’Associazione Alessandro Liberati la domanda centrale è stata: ricerca e comunicazione possono andare d’accordo? Era prevista una sessione poster con l’obiettivo di presentare progetti per la disseminazione dei risultati della ricerca e per la comunicazione rivolta ai cittadini. Si è rivelata un esercizio interessante, perché molti poster non si sono limitati a mostrare i dati in maniera ordinata (IMRAD), ma li hanno presentati in modo formalmente originale.

Della sessione poster alla Riunione milanese c’è da dire che “ha avuto un buon successo grazie alla novità di non tenerli ‘estranei’ al convegno”, come ha scritto Salvo Fedele su Twitter. Ebbene sì, i poster hanno fatto parte dell’incontro, popolando la stanza attigua alle relazioni: trenta poster per presentare altrettanti progetti.

Sono stati proposti contenuti validi:

• alcuni ancora in fase di sviluppo

• altri molto articolati con utilizzo di diversi canali (es. scuola, social network, infrastrutture informatiche) e con il coinvolgimento delle popolazioni target

• altri usano mezzi più tradizionali (brochure, newsletter, siti web)

• altri decisamente originali e/o attuali rispetto ai temi trattati (es. salute mentale, ambiente), ai mezzi proposti (es. cinema, fumetti) e alla conquista di nuove audience.

Introduzioni, obiettivi, materiali e metodi, risultati, conclusioni: è la struttura proposta per i poster in modo da “piantare” i contenuti nel duro terreno dei dati scientifici. Fumetti, illustrazioni, fotografie, palette di colori, elementi grafici è l’arsenale di strumenti venuti in aiuto alla narrazione dei dati, per dare aria o peso ai progetti raccontati; perché è anche sugli elementi di design che può e deve poggiare la narrazione dei dati.

Quali sono stati i criteri che hanno portato alla scelta dei tre poster prescelti per una presentazione orale nel corso del convegno?

• articolazione come progetto di comunicazione. Ovvero modalità di progettazione (per esempio, coinvolgimento di popolazioni target); comunicatività dei materiali; efficacia nella trasmissione alle popolazioni target (attraverso quali canali?); presenza di un piano di valutazione

• originalità

• utilizzo di strumenti innovativi

• presenza di abstract strutturato

• risultati (magari in termini di conoscenze, attitudini e comportamenti/policies) e loro rilevanza.

A creare terreno comune è stata la capacità di generare partecipazione.

1. Partecipazione attiva dell’esperienza di FAN (Famiglia Attività fisica Nutrizione), dove la cittadinanza ha aderito e fornito input affinché il programma rispondesse ad esigenze specifiche. FAN è una campagna ticinese basata sui criteri del marketing sociale per promuovere stili di vita salutari nelle famiglie con bambini in età scolastica tramite nuove tecnologie di comunicazione. Per 2 mesi i partecipanti hanno ricevuto informazioni create su misura in base ai loro dati demografici e alla difficoltà maggiore percepita tra seguire una dieta equilibrata e praticare un’attività fisica regolare. Le informazioni per un programma tailored sono state raccolte tramite 3 questionari compilati prima e subito dopo il programma e 3 mesi dopo la fine di FAN. I bambini hanno compilato anche un diario per l’alimentazione e uno per il movimento. Per comunicare settimanalmente con le famiglie sono stati usati un sito web dotato di video e forum, SMS, e-mail e letterine per i bambini.

2. “Lo sai mamma?” Per un’informazione partecipata è un progetto del Laboratorio per la Salute Materno-Infantile dell’Istituto “Mario Negri”, condotto in collaborazione con Federfarma Lombardia e l’Associazione Culturale Pediatri. Ha previsto la pubblicazione bimestrale di schede informative per offrire alle mamme brevi consigli pratici, rigorosamente scientifici e verificati, su come risolvere o prevenire le comuni problematiche che possono minacciare lo star bene nel corso dell’età evolutiva. La partecipazione in questo caso ha visto le mamme (destinatarie finali dell’informazione) coinvolte nella revisione del materiale per valutarne chiarezza, comprensibilità e utilità nella pratica. La partecipazione dei beneficiari alla realizzazione e valutazione dei prodotti/processi/progetti è stato un esercizio utile a produrre informazioni rilevanti che nel produrre miglioramenti reali. Partecipazione come modo di porre l’attenzione al target e al suo bisogno di semplicità.

3. Habitat narrativi per un museo partecipato: è l’esperienza del Museo Laboratorio della Mente. Il Museo Laboratorio della Mente è un “museo di narrazione” che si confronta con la complessità della condizione del disagio mentale, attraverso un allestimento immersivo e multimediale, curato dallo Studio Azzurro, per offrire ai visitatori una lettura dell’alterità, delle sue forme e dei suoi linguaggi. È un laboratorio che permette ai visitatori di sentirsi parte di un’esperienza, nell’attraversamento degli spazi manicomiali e nell’apparire inatteso delle storie rievocate, per insegnare che la diversità è una risorsa.

Resoconto a cura
di Norina Wendy Di Blasio