Medicina e letteratura: un’antologia

Da: Sette anni di felicità

di Etgar Keret

Milano: Feltrinelli, 2015

Da zero

Ho un buon padre. Sono fortunato, lo so. Non tutti hanno un buon padre. La settimana scorsa, sono andato con lui all’ospedale per un check-up abbastanza di routine, e i dottori ci hanno detto che stava per morire. Mio padre ha un cancro in fase avanzata alla base della lingua. Di quelli da cui non si guarisce. Il cancro lo aveva colpito un paio d’anni prima. Allora i medici erano stati ottimisti e lui lo aveva veramente sconfitto.

I dottori hanno detto che stavolta c’erano diverse opzioni. Potevamo non far nulla, e mio padre sarebbe morto in poche settimane. Poteva sottoporsi alla chemioterapia, e se questa avesse funzionato gli sarebbe rimasto qualche altro mese di vita. Potevano sottoporlo a un trattamento a base di radiazioni, ma in tal caso era probabile che avrebbe sofferto più di quanto potesse giovarsene. Oppure potevano operare e asportargli la lingua e la laringe. Era un intervento complicato che sarebbe durato oltre dieci ore e, considerando l’età avanzata di mio padre, i medici non la ritenevano un’opzione praticabile. Invece l’idea piacque a mio padre. “Alla mia età non ho più bisogno della lingua, mi bastano gli occhi nella testa e un cuore che batta”, disse alla giovane oncologa. “Il peggio che possa succedere è che, invece di dirle quanto lei è carina, glielo scriverò”.

La dottoressa arrossì. “Non è tanto la perdita della parola, è il trauma dell’operazione”, disse. “È la sofferenza, e la riabilitazione se lei sopravvive. Qui stiamo parlando di un colpo terribile alla qualità della sua vita”. “Io amo la vita”, mio padre la guardò col suo ostinato sorriso. “Se la qualità è buona, magnifico. Se no, pazienza. Non sono schizzinoso”. Nel taxi, tornando dall’ospedale, mio padre mi tenne la mano come se io avessi ancora cinque anni e stessimo per attraversare una strada piena di traffico. Parlava animatamente delle diverse opzioni curative, come un imprenditore che stesse discutendo nuove opportunità commerciali. […]




Il taxi era già arrivato a casa dei miei genitori, e quando scendemmo mio padre mi teneva ancora per mano. “Questo è proprio il modo in cui amo prendere decisioni, quando non c’è niente da perdere e tutto da guadagnare”, ripeté. Aprimmo la porta dell’appartamento e fummo accolti da un piacevole odore familiare, da centinaia di piastrelle colorate e da una sola forte speranza. Chissà. Forse anche questa volta la vita e mio padre ci avrebbero sorpreso con un altro accordo inaspettato.