Recipe: coda alla vaccinara

Quando la riportai dal medico che aveva programmato una serie di visite regolari nel suo studio – consistenti sostanzialmente in una chiacchierata in cui lui si dimostrava più accattivante che mai, mentre rapidamente auscultava con lo stetoscopio il petto della signora B., rallegrandosi per la potenza del suo cuore e la regolare corsa del battito – cercai di affrontare l’argomento cibo e quello collegato dell’ansia, che ormai era visibile nel viso di mia madre sempre contratto come chi è sul punto di scoppiare a piangere.

Gli dissi che non mangiava, e lui per tutta risposta mi chiese, sfoggiando una spettacolare cadenza romanesca, se le facevo l’abbacchio alla cacciatora, la coda alla vaccinara, gli involtini con prosciutto e piselli.

Gli dissi che nel pomeriggio, quando arriva­vano le ombre della sera, mia madre era tor­mentata da pensieri che le impedivano di legge­re, guardare la televisione e, dopo, di prendere sonno. Gli spiegai che fin da giovane era stata una donna ansiosa e nervosa. Gli domandai se era possibile darle qualche goccia di un ansioli­tico per toglierle un po’ di quel tormento.

Il medico spostò la testa verso il lato destro e la inclinò rispetto all’ asse del corpo perché fosse chiaro che mi stava guardando di traver­so: aveva smascherato in me un pericoloso spacciatore.

Non riuscii né allora né dopo a far capire all’accattivante pneumologo che io non sapevo fare la coda alla vaccinara; che, se pure ne aves­si avuto il tempo e non l’avevo, non mi sembra­va il momento di imparare specialità gastrono­miche regionali; che gli odori della cucina, an­che se captati brevemente per strada, inondava­no mia madre di nausea. Non riuscii a fargli ca­pire né allora né dopo che un terrore che non sapeva nominare, e che si confondeva con le sue peggiori paure infantili, si stava impadronendo di lei, e con questo terrore bisognava fare i con­ti e lottare perché la morte non la uccidesse mentre era ancora in vita. (…)

Il medico era flautato con mia madre, e sbrigativo con me: senza ascoltare quello che gli dicevo, mi dava ordini e direttive nel breve tempo in cui io compilavo l’assegno con il suo compenso e mi congedava rapidamente, come se le preoccupazioni che gli esprimevo lo infa­stidissero.