Raccomandazioni di etica clinica
per l’ammissione a trattamenti intensivi
e per la loro sospensione
, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili

LUIGI RICCIONI1, GUIDO BERTOLINI2, ALBERTO GIANNINI1, MARCO VERGANO3, GIUSEPPE GRISTINA1,
SERGIO LIVIGNI1, GIOVANNI MISTRALETTI3, FLAVIA PETRINI4 (Gruppo di lavoro SIAARTI –
Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva)

1Comitato Etico – SIAARTI; 4Presidente SIAARTI; 2Laboratorio di Epidemiologia Clinica, Dipartimento di Salute Pubblica, Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS; 3Gruppo di Studio per la Bioetica – SIAARTI.

Pervenuto il 17 marzo 2020. Accettato il 18 marzo 2020.

Riassunto. Il 21 febbraio 2020 è stato identificato in Italia il primo caso di sindrome respiratoria acuta grave dovuta al coronavirus 2 (SARS-CoV-2) che causa la malattia CoViD-19. Nei giorni seguenti, nonostante le misure restrittive di sanità pubblica volte a evitare la diffusione dell’infezione, il numero di casi è aumentato. Dall’8 marzo 2020, l’Italia è il 2° Paese più colpito al mondo dalla pandemia da SARS-CoV-2. Il 6 marzo 2020, la Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI) ha pubblicato raccomandazioni operative e considerazioni etiche a supporto dei clinici coinvolti nella cura dei pazienti con patologie gravi di CoViD-19, in merito a un possibile scenario in cui si generi uno squilibrio tra domanda e offerta di posti-letto nei reparti di Terapia Intensiva generato da un flusso crescente di questo tipo di pazienti.

Parole chiave. CoViD-19, SARS-CoV-2, terapia intensiva.

Clinical ethics recommendations for the allocation of intensive care treatments, in exceptional, resource-limited circumstances.

Summary. On February 21st, 2020 the first case of severe acute respiratory syndrome due to the coronavirus 2 (SARS-CoV-2) causing the CoViD-19 disease, was identified in Italy. In the following days, despite the restrictive public health measures aimed to avoid the infection’s spread, the number of cases increased. As of March 8th, 2020, Italy is the 2nd most affected country in the world. As of March 6th, 2020, the Italian Society of Anesthesia Analgesia Resuscitation and Intensive Care (SIAARTI) published operational recommendations and ethical considerations to support the clinicians involved in the care of critically-ill CoViD-19 patients, in regard a probable scenario where an imbalance between supply and demand of ICU beds, is put in place by a steadily rising number of these patients.

Key words. CoViD-19, intensive care, SARS-CoV-2.

Introduzione

Il 21 febbraio 2020 la prima trasmissione da persona a persona dell’infezione da coronavirus 2 (SARS-CoV-2) che causa la malattia CoViD-19 accompagnata da sindrome respiratoria acuta grave è stata identificata in Italia in un maschio di 38 anni a Codogno (Lodi, Lombardia).

Nei giorni seguenti, nonostante le misure restrittive di sanità pubblica applicate per evitare la diffusione dell’infezione1, il numero di casi è aumentato drammaticamente (figura 1).

Nonostante siano stati compiuti ulteriori sforzi per contenere il numero di casi, l’aumento costante delle ammissioni in Terapia Intensiva (TI) ha bruscamente travolto le capacità di erogare cure intensive per saturazione dei posti-letto disponibili in Lombardia e nelle vicine regioni del Nord Italia (figura 2).

A fronte di questa situazione di maxi-emergenza, la Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI) ha ritenuto necessario produrre il documento tecnico “Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili”.

Si tratta di un documento di raccomandazioni indirizzato dalla SIAARTI agli anestesisti-rianimatori impegnati a gestire in prima linea una maxi-emergenza che trova un precedente soltanto nella pandemia influenzale del 19572 e, prima ancora, in quella del 19183.

Nella piena consapevolezza della drammaticità del momento, la SIAARTI ha ritenuto essenziale offrire un supporto etico autorevole agli anestesisti-rianimatori, costretti quotidianamente, più volte al giorno, a prendere in breve tempo decisioni difficili come scegliere quali pazienti sottoporre a trattamenti intensivi quando le risorse non sono sufficienti per tutti.

Nel Documento SIAARTI si privilegia la “maggior speranza di vita”: questo comporta di non dover necessariamente seguire un criterio di accesso alle cure intensive di tipo “first come, first served”.




La scelta deve interpretarsi come una valutazione quanto più possibile attenta dell’età come espressione della riserva funzionale che il paziente è in grado di mettere in gioco per affrontare non solo la sfida della malattia, ma anche l’impatto delle cure intensive (età anagrafica in assenza di comorbilità, età biologica in presenza di comorbilità).

In questo senso, e volutamente, nessuna soglia numerica è stata esplicitata proprio per far sì che il criterio di valutazione e il conseguente orientamento prognostico si adattassero a un concetto di limite funzionale che è possibile cogliere solo tenendo conto della variabilità sia biologica individuale sia del setting di cura.

Nelle Raccomandazioni si è poi voluto sottolineare che l’applicazione di criteri di razionamento è giustificabile soltanto dopo che da parte di tutti i soggetti coinvolti sono stati compiuti tutti gli sforzi possibili per aumentare la disponibilità di risorse erogabili (nella fattispecie, posti-letto di TI) e dopo che è stata valutata ogni possibilità di trasferimento dei pazienti verso centri di cura con maggiore disponibilità di risorse.

Le Raccomandazioni SIAARTI sono frutto di un lavoro collegiale che mette a fattore comune la normativa nazionale, le esperienze e i riferimenti scientifici, clinici e assistenziali nazionali e internazionali, profondamente intrecciati con le riflessioni dell’etica nelle situazioni di emergenza.

Le raccomandazioni comprendono i differenti ambiti su cui si sta svolgendo la sfida rivolta dalla maxi-emergenza a tutto il Sistema Sanitario Nazionale e in particolare alle TI: dalla flessibilità dei criteri di ammissione alle decisioni di sospensione dei trattamenti, dalla valutazione delle complessità legate alla gestione clinica dell’insufficienza respiratoria e delle comorbilità, alla valutazione di proporzionalità delle cure in rapporto a una eventuale loro futilità, dalla gestione di dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT) alla comunicazione con il malato e con i suoi familiari nell’ambito di un processo decisionale che purtroppo non può essere più condiviso.

È importante in ultimo considerare che si è preferita la definizione di “raccomandazioni” e non di “linee-guida” perché il processo metodologico utilizzato non ha potuto seguire il percorso previsto sulla base della valutazione delle prove di efficacia a causa della situazione di emergenza.

La SIAARTI è consapevole che affrontare questi temi è moralmente ed emotivamente difficile.

Come Società Scientifica avremmo potuto – tacendo – affidare tutto al buon senso, alla sensibilità e all’esperienza del singolo anestesista-rianimatore lasciando nell’ombra dell’ambiguità i processi decisionali, oppure di illuminarli, come abbiamo scelto di fare, con questo supporto che valorizza l’opera di tutti i nostri colleghi oltre a rappresentare per il paziente, proprio attraverso la trasparenza, una tutela in termini di limitazione dell’arbitrarietà delle scelte del team curante.

Non è la SIAARTI, con queste raccomandazioni a proporre di trattare alcuni pazienti e di limitare i trattamenti su altri. Al contrario, sono gli eventi emergenziali che stanno costringendo gli anestesisti-rianimatori a riconsiderare il tema dell’appropriatezza dei trattamenti nella situazione in cui le risorse non sono sufficienti per tutti i malati assumendoci la responsabilità delle nostre scelte.

Razionale

L’epidemia da Coronavirus (CoViD-19) attualmente in corso in alcune regioni italiane sta provocando in molti centri un aumento dei casi di insufficienza respiratoria acuta tale da determinare un pesante squilibrio tra la domanda assistenziale della popolazione dei malati e la disponibilità effettiva di risorse, in particolare di quelle di tipo intensivistico.

È uno scenario in cui potrebbero essere necessari criteri di accesso e dimissione alle TI non soltanto basati su appropriatezza clinica e proporzionalità etica, ma ispirati anche a un principio, il più possibile condiviso, di giustizia distributiva e di appropriata allocazione di risorse sanitarie limitate.

Uno scenario di questo genere è sostanzialmente assimilabile all’ambito della “medicina delle catastrofi”, per la quale la riflessione etica ha elaborato nel tempo molte concrete indicazioni per i medici e gli infermieri impegnati in scelte difficili4.

Come estensione del principio di proporzionalità delle cure, l’allocazione delle risorse sanitarie in un contesto di grave carenza (shortage) deve puntare a garantire i trattamenti di carattere intensivo ai pazienti con maggiori possibilità di successo terapeutico: si tratta dunque di privilegiare la “maggior speranza di vita”.

Il bisogno di cure intensive deve pertanto essere integrato con altri elementi di “idoneità clinica” alle cure intensive, comprendendo quindi: il tipo e la gravità della malattia, la presenza di comorbilità, la compromissione di altri organi e apparati e la loro reversibilità.

Questo comporta di non dover necessariamente seguire un criterio di accesso alle cure intensive di tipo “first come, first served”.

È comprensibile che i curanti, per cultura e formazione, siano poco avvezzi a ragionare con criteri di triage da maxi-emergenza.

La disponibilità di risorse non entra solitamente nel processo decisionale e nelle scelte del singolo caso, finché le risorse non diventano così scarse da non consentire di trattare tutti i pazienti che potrebbero ipoteticamente beneficiare di uno specifico trattamento clinico.

È implicito che l’applicazione di criteri di razionamento è giustificabile soltanto dopo che da parte di tutti i soggetti coinvolti (in particolare le “Unità di crisi” e gli organi direttivi dei presìdi ospedalieri) sono stati compiuti tutti gli sforzi possibili per aumentare la disponibilità di risorse erogabili (nella fattispecie, letti di TI) e dopo che è stata valutata ogni possibilità di trasferimento dei pazienti verso centri con maggiore disponibilità di risorse.

È importante che una modifica dei criteri di accesso possa essere condivisa il più possibile tra gli operatori coinvolti.

Ai pazienti e ai loro familiari, interessati dall’applicazione dei criteri, deve essere comunicata la straordinarietà delle misure in atto, per dovere di trasparenza e di mantenimento della fiducia nel servizio sanitario pubblico.

Lo scopo delle raccomandazioni è anche quello di:

sollevare i clinici da una parte della responsabilità nelle scelte, che possono essere emotivamente gravose, compiute nei singoli casi;

rendere espliciti i criteri di allocazione delle risorse sanitarie in una condizione di una loro straordinaria scarsità.

Dalle informazioni disponibili, una parte consistente di soggetti con diagnosi d’infezione da CoViD-19 richiede il supporto della funzione respiratoria a causa di una polmonite interstiziale caratterizzata da ipossiemia severa. Il quadro clinico è potenzialmente reversibile, ma la fase acuta può durare molti giorni.

Sulla base dei quadri clinici descritti5,6, le polmoniti da CoViD-19 sembrano presentare una compliance polmonare migliore che permette una migliore risposta alle manovre di reclutamento alveolare, all’uso di pressioni positive di fine espirazione (PEEP), a cicli di pronazione, all’uso di ossido nitrico inalatorio7,8.

Tutto questo implica un’intensità di cura elevata, e un impiego massiccio di risorse umane e tecnologiche soprattutto tenendo conto che, alla data odierna, 2060 dei 12.894 pazienti ricoverati con sintomi (16%) sono già ricoverati nelle TI prevalentemente lombarde.

È rilevante qui sottolineare che prima della comparsa del CoViD-19 una stima del numero dei posti-letto intensivi in Lombardia valutava una disponibilità di 860 unità su un totale nazionale di circa 53009.

Raccomandazioni

1. I criteri straordinari di ammissione e di dimissione sono flessibili e possono essere adattati localmente alla disponibilità di risorse, alla concreta possibilità di trasferire pazienti, al numero di accessi in atto o previsto. I criteri riguardano tutti i pazienti intensivi, non solo i pazienti infetti con infezione da CoViD-19.

2. L’allocazione è una scelta complessa e molto, anche per il fatto che un eccessivo aumento straordinario dei letti intensivi non garantirebbe cure adeguate ai singoli pazienti e distoglierebbe risorse, attenzione ed energie ai restanti pazienti ricoverati nelle TI. È da considerare anche l’aumento prevedibile della mortalità per condizioni cliniche non legate all’epidemia in corso, dovuta alla riduzione dell’attività chirurgica e ambulatoriale elettiva e alla scarsità di risorse intensive.

3. Può rendersi necessario porre un limite di età all’ingresso in TI. Non si tratta di compiere scelte meramente di valore, ma di riservare risorse che potrebbero essere scarsissime a chi ha in primis più probabilità di sopravvivenza e secondariamente a chi può avere più anni di vita salvata, in un’ottica di massimizzazione dei benefici per il maggior numero di persone. In uno scenario di saturazione totale delle risorse intensive, decidere di mantenere un criterio di “first come, first served” equivarrebbe comunque a scegliere di non curare gli eventuali pazienti successivi che rimarrebbero esclusi dalla TI.

4. La presenza di comorbilità e lo status funzionale devono essere attentamente valutati, in aggiunta all’età anagrafica. È ipotizzabile che un decorso relativamente breve in persone sane diventi potenzialmente più lungo e quindi più “resource consuming” sul servizio sanitario nel caso di pazienti anziani, fragili o con comorbilità severa. Possono essere particolarmente utili a questo scopo i criteri clinici specifici e generali presenti nel Documento SIAARTI multisocietario del 2013 sulle grandi insufficienze d’organo end-stage10 e nel documento SIAARTI relativo ai criteri di ammissione in TI11.

5. Deve essere considerata con attenzione l’eventuale presenza di volontà precedentemente espresse dai pazienti attraverso eventuali DAT e, in modo particolare, quanto definito (e insieme ai curanti) da parte delle persone che stanno già attraversando il tempo della malattia cronica attraverso una pianificazione condivisa delle cure.

6. Per i pazienti per cui viene giudicato “non appropriato” l’accesso a un percorso intensivo, la decisione di porre una limitazione alle cure (ceiling of care) dovrebbe essere comunque motivata, comunicata e documentata. Il ceiling of care posto prima della ventilazione meccanica non deve precludere intensità di cura inferiori.

7. Un eventuale giudizio di inappropriatezza all’accesso a cure intensive basato unicamente su criteri di giustizia distributiva (squilibrio estremo tra richiesta e disponibilità) trova giustificazione nella straordinarietà della situazione.

8. Nel processo decisionale, qualora si presentino situazioni di particolare difficoltà e incertezza, può essere utile avere una “second opinion” (eventualmente anche solo telefonica) da parte di interlocutori di particolare esperienza (ad esempio, attraverso il Centro Regionale di Coordinamento).

9. I criteri di accesso alla TI andrebbero discussi e definiti per ogni paziente in modo il più possibile anticipato, creando idealmente per tempo una lista di pazienti che saranno ritenuti meritevoli di cure intensive nel momento in cui avvenisse il deterioramento clinico, sempre che le disponibilità in quel momento lo consentano. Un’eventuale istruzione “do not intubate” dovrebbe essere presente in cartella clinica, pronta per essere utilizzata come guida se il deterioramento clinico avvenisse precipitosamente e in presenza di curanti che non hanno partecipato alla pianificazione e che non conoscono il paziente.

10. La sedazione palliativa nei pazienti ipossici con progressione di malattia è da considerarsi necessaria in quanto espressione di buona pratica clinica, e deve seguire le raccomandazioni esistenti. Qualora si dovesse prevedere un periodo agonico non breve, deve essere previsto un trasferimento in ambiente non intensivo.

11. Tutti gli accessi a cure intensive devono comunque essere considerati e come “ICU trial” e sottoposti pertanto a quotidiana rivalutazione dell’appropriatezza, degli obiettivi di cura e della proporzionalità delle cure. Nel caso si ritenga che un paziente, ricoverato magari con criteri borderline, non risponda a trattamento iniziale prolungato oppure si complichi in modo severo, una decisione di “desistenza terapeutica” e di rimodulazione delle cure da intensive a palliative – in uno scenario di afflusso eccezionalmente elevato di pazienti – non deve essere posticipata.

12. La decisione di desistere deve essere discussa e condivisa il più possibile collegialmente dell’équipe curante e – per quanto possibile – in dialogo con il paziente (e i familiari), ma deve poter essere tempestiva. È prevedibile che la necessità di compiere ripetutamente scelte di questo tipo renda in ciascuna TI più solido il processo decisionale e meglio adattabile alla disponibilità di risorse.

13. Il supporto ECMO, in quanto resource consuming rispetto a un ricovero ordinario in TI, in condizioni di afflusso straordinario, dovrebbe essere riservato a casi estremamente selezionati e con previsione di svezzamento relativamente rapida. Dovrebbe essere riservato idealmente a centri hub a elevato volume, per i quali il paziente in ECMO assorbe in proporzione meno risorse di quante ne assorbirebbe in un centro con meno expertise.

14. È importante “fare rete”, attraverso l’aggregazione e lo scambio di informazioni tra centri e singoli professionisti. Quando le condizioni lavorative lo consentiranno, al termine dell’emergenza, sarà importante dedicare tempo e risorse a momenti di debriefing e di monitoraggio dell’eventuale burnout professionale e del moral distress degli operatori.

15. Devono essere considerate anche le ricadute sui familiari ricoverati nelle TI CoViD-19, soprattutto nei casi in cui il paziente muoia al termine di un periodo di restrizione totale delle visite.

Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.

Bibliografia

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