Medico-paziente: decisioni condivise
in pneumo-oncologia
Nell’articolo di Deledda et al.1 “Il coinvolgimento del paziente nel processo clinico decisionale” vengono riportati i risultati di una revisione della letteratura in argomento, con rilevante enfatizzazione degli aspetti biopsicosociali relativi al paziente, nonché al suo ambito familiare.
Da Fontanesi et al.2 viene sottolineato (adattandolo) l’insieme delle “abilità comunicative del medico” nell’approccio “centrato sul paziente” secondo quanto definito da Stewart3 e successivo sviluppo di Charles et al.4 in “processo decisionale condiviso”.
Dall’analisi del contesto di Deledda et al.1 emerge in particolare che, degli 11 studi osservazionali da loro revisionati, uno, condotto da Nava et al.5, riguarda la Pneumologia ed ha l’obiettivo di «indagare il coinvolgimento nelle decisioni di fine vita dei pazienti ricoverati nelle Unità pneumologiche», le quali vengono ripetutamente individuate come «reparti di terapia intensiva respiratoria». Nella descrizione dei risultati si sottolinea che «solo il 56% ha condiviso le decisioni importanti con gli infermieri». Allo scopo di evitare interpretazioni fuorvianti – rientrando l’argomento nell’ambito del consenso informato che peraltro viene citato in riferimento alle sole cure palliative – è da chiedersi quale sarebbe, in eventuale sede giurisdizionale, il ruolo che la componente infermieristica rivestirebbe quanto a responsabilità professionale secondo la normativa vigente al riguardo. Altro aspetto da chiarire è che la Pneumologia non è identificabile unicamente nei citati 5 «reparti di terapia intensiva respiratoria», ma che è una specialità ampiamente multidisciplinare; senza entrare nello specifico delle sue singole aree, è senza dubbio importante prestare attenzione all’area oncologica, in rapporto sia con gli operatori addetti alla farmacoterapia e/o con farmaci a bersaglio biomolecolare, sia con le indicazioni toraco-chirurgiche e radioterapiche, integrando, in tal modo, al meglio la “buona pratica psico-oncologica” come recentemente raccomandato da Grassi e Morasso 6. Al riguardo Deledda et al.1 sottolineano soltanto il “contesto delle cure palliative” per le quali sarà opportuno fare preciso riferimento a quanto esplicitato nella definizione datane da Tassinari e Maltoni7.
Queste considerazioni, circoscritte peraltro ad un solo ambito e a titolo esemplificativo, valgono a sottolineare che, essendo di grande rilievo gli aspetti bio-psicologici e sociali del coinvolgimento del paziente, debbono essere corredati da una maggiore integrazione con una vera ancorché dispendiosa ed esauriente completezza dell’informazione al paziente (ed al contesto familiare) quale pilastro essenziale ai fini di un consenso effettivamente informato.
La rigorosa osservanza di una siffatta pratica dell’informazione merita una sottolineatura particolare nei confronti di pazienti candidati all’intervento chirurgico (toracico od altro)8, anche in rapporto a dettagliati e specifici quesiti posti dal paziente in funzione di un consenso relativo ad altri trattamenti terapeutici neoadiuvanti o adiuvanti: in virtù sia dell’avvenuto superamento della medicina paternalistica, sia della altrettanto codificata connotazione della relazione medico-paziente quale “rapporto contrattuale” (che peraltro giuridicamente rientra nel novero dei “contratti di protezione sanitaria”).
In tale contesto si colloca l’evidenza che la non completezza dell’informazione al paziente è considerata di per se stessa fonte di responsabilità, tanto più che il conseguente consenso informato risulta “indissolubilmente legato, quale elemento interno al contenuto del citato rapporto di protezione, alla autodeterminazione”. Come autorevolmente affermato da Petti9, esponente della Corte di Cassazione, «senza informazione non vi è libertà di scelta, né assunzione di un rischio per raggiungere un vantaggio, né assunzione di una responsabilità personale in ordine alla scelta di vita ed anche di una responsabilità solidale ed affettiva». Il recente aggiornamento del Codice di Deontologia medica approvato dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici e degli Odontoiatri10 riflette i vari obblighi da rispettare senza equivoci per la salvaguardia sia del paziente sia del medico. Al riguardo, Deledda et al.1 citano – da una tabella di Solari11 relativa a pazienti con sclerosi multipla – che «il medico dovrebbe dedicare un tempo sufficiente e non essere frettoloso: il tempo dedicato è percepito spesso non sufficiente per discutere tutti gli aspetti e per rispondere alle domande dei pazienti». La citazione degli AA è pienamente da condividere, ed è da ritenere sottintesa intenzione degli AA stessi estendere il concetto a tutte le patologie, anche perché sono essi stessi a sottolineare che si possa intendere riferito erga omnes che «la partecipazione del paziente al processo decisionale può incidere sensibilmente sugli esiti del trattamento e può influire in modo determinante sul trattamento stesso e sulla prognosi».

Franco Salvati
francosalvati@infinito.it
Bibliografia
 1. Deledda G, Mosconi P, Renzi C, Goss C. Il coinvolgimento del paziente nel processo clinico decisionale. Recenti Prog Med 2012; 103: 384-90.
 2. Fontanesi S, Goss C ,Rimondini M. Come coinvolgere il paziente nelle decisioni che riguardano la salute. Recenti Prog Med 2007; 98: 611-8.
 3. Stewart M. Towards a global definition of patient centred care. BMJ 2001; 322: 444-5.
 4. Charles C, Gafni A, Whelan T. Shared decision making in the medical encounter: what does it mean? (or it takes at least two to tango). Soc Sci Med 1997; 44: 681-92.
 5. Nava S, Sturani C, Hurtl S, et al. End-of-life decision-making in respiratory intermediate care units: a European survey. Eur Resp J 2007; 32: 156-64.
 6. Grassi L, Morasso G. Standard, opzioni e raccomandazioni per una buona pratica psico-oncologica. Giornale Italiano di Psico-Oncologia 2011; 3: 61-108.
 7. Tassinari D, Maltoni M. Outcome research e cure palliative. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore 2005.
 8. Salvati F. Il consenso informato per la chemioterapia adiuvante nel carcinoma broncogeno non microcitoma. Considerazioni sul “not-recommended” nello Stadio I A in pazienti radicalmente resecati. Il Policlinico Sez Prat 2011; 118: 251-6.
 9. Petti GB. La nuova disciplina del danno alla persona. Analisi critica della giurisprudenza dopo le Sezioni Riunite. Il principio del consenso informato e della autodeterminazione. Milano: Maggioli Editore 2010.
10. Falconi M (a cura di). Il consenso informato. Bollettino OMCeO di Roma (inserto). Roma 2004.
11. Solari A, Acquarone N, Pucci E, et al. Communicating the diagnosis of multiple sclerosis: a qualitative study. Mult Scler 2007; 13: 763-9.