Le Case della salute
Antonio Brambilla1, Gavino Maciocco2
E-mail: gavino.maciocco@alice.it


The primary healthcare centres.

Summary. The central attributes of primary care are: first contact (accessibility), longitudinality (person- focused preventive and curative care overtime), patient-oriented comprehensiveness and coordination (including navigation towards secondary and tertiary care). Besides taking care of the needs of the individuals, primary health care teams are also looking at the community, especially when addressing social determinants of health.  The rationale for the benefits for primary care for health has been found in: 1) greater access to needed services; 2) better quality of care; 3) a greater focus on prevention; 4) early management of health problems; 5) organizing and delivering high quality care for chronic non-communicable diseases.  This paper describes the role of primary healthcare centres in strengthening community primary services and in reducing health inequalities. Furthemore, the experiences of Regional Health Services from Tuscany and Emilia-Romagna are discussed, with a brief overview of the literature.
Introduzione
In questo periodo si parla molto di deospedalizzazione, di riduzione di posti letto e di nuove strategie per affrontare efficacemente l’epidemia di malattie croniche. Strategie che, come il Chronic Care Model, richiedono un deciso potenziamento delle cure primarie, un nuovo modo di lavorare dei medici di famiglia, degli specialisti e degli infermieri, un lavoro in team per mettere al centro dell’assistenza le persone e non le singole patologie. Le Case della salute (CdS) sono nate per rendere possibile tutto ciò. In questo lavoro prenderemo in esame le due esperienze che si trovano già a uno stadio avanzato di sviluppo: quella della Regione Toscana e quella della Regione Emilia-Romagna.
L’idea di Casa della salute
Castiglion Fiorentino è un comune di circa 13 mila abitanti in provincia di Arezzo, a pochi chilometri dal confine con l’Umbria. Territorialmente fa parte della Zona Val di Chiana, dove negli anni Novanta la Regione Toscana aveva programmato di edificare un nuovo ospedale in località La Fratta, un punto baricentrico rispetto a tre comuni sedi di piccoli ospedali: Cortona, Foiano della Chiana e, appunto, Castiglion Fiorentino, destinati quindi alla chiusura (di fatto avvenuta). Anche a Castiglion Fiorentino le resistenze da parte della popolazione non mancarono: riunioni, assemblee, manifestazioni. Ma nel 2002, quando i lavori dell’ospedale della Fratta (distante 12 km da Castiglion Fiorentino) erano già iniziati, la discussione si concentrò sulla destinazione del vecchio ospedale, costruito alla fine degli anni ’60.
Le proposte che emersero furono quelle di: a) mantenere in sede i servizi diagnostici (radiologia e laboratorio) e specialistici già presenti nel vecchio ospedale; b) trasferirvi servizi della ASL (amministrativi e sanitari) e del Comune (servizio sociale) localizzati in varie sedi della città; c) disporre di una parte dell’area di degenza per accogliere gli anziani di una RSA del Comune (destinata a chiudere) e infine (ma più importante) d) utilizzare parte della struttura per organizzare e potenziare le attività di cure primarie, con l’allestimento di un’area destinata ai medici di famiglia, agli infermieri, alle ostetriche, ai fisioterapisti, agli assistenti sociali. Con l’obiettivo di creare un fondamentale punto di riferimento delle attività territoriali di prevenzione, cura e riabilitazione, basato sulla collaborazione e l’integrazione tra i professionisti e sulla partecipazione della comunità. Il nome: “La Casa della salute”.
Case della salute: indicazione strategica
Il progetto venne approvato dal Comune, dalla ASL e dalla Regione e iniziò a diventare tema di confronto a livello nazionale, anche per iniziativa del Sindacato Pensionati dell’organizzazione sindacale CGIL. La proposta venne portata all’attenzione del ministro alla salute del secondo governo Prodi, Livia Turco, che nel 2006, raccogliendola, affermò: «L’indicazione strategica è un grande obiettivo: costituire le “Case della salute” dove si realizzi l’integrazione tra sanitario e sociale, in un quadro di sviluppo delle cure primarie a livello nazionale».
Nel luglio 2007 il Ministero della salute emanò un decreto dal titolo “Progetti attuativi del Piano sanitario nazionale - Linee guida per l’accesso al cofinanziamento alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano” per la “Sperimentazione del modello assistenziale case della salute” (con un fondo di 10 milioni di euro). Al decreto era allegato un documento che conteneva la definizione della struttura: «La Casa della salute, struttura polivalente in grado di erogare in uno stesso spazio fisico l’insieme delle prestazioni socio-sanitarie, favorendo, attraverso la contiguità spaziale dei servizi e degli operatori, l’unitarietà e l’integrazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociosanitarie, deve rappresentare la struttura di riferimento per l’erogazione dell’insieme delle cure primarie». Tra l’elenco delle caratteristiche della struttura al primo posto si leggeva: «All’interno della struttura devono trovare collocazione gli studi dei medici di medicina generale (MMG) e deve essere garantita la continuità assistenziale 7 giorni su 7 e per le 24 ore attraverso il lavoro in team con i medici di continuità assistenziale (MCA) e di emergenza territoriale (MET)».
Da allora, diverse Regioni si sono impegnate nella realizzazione di CdS, ma solo in due di esse il progetto ha superato la fase della sperimentazione ed è divenuto parte integrante e concreta della programmazione sanitaria regionale: l’Emilia-Romagna e la Toscana.
L’esperienza della Regione Emilia-Romagna
Le strategie e i programmi innovativi della Regione Emilia-Romagna e il rafforzamento dei Nuclei di Cure Primarie (NCP) hanno portato a sviluppare luoghi e modelli assistenziali per favorire ulteriormente l’accesso alle cure primarie. In particolare, la Regione ha investito nelle CdS, strutture sanitarie e sociosanitarie polivalenti e polifunzionali, che si prendono cura delle persone fin dal momento dell’accesso, con la collaborazione dei professionisti e la condivisione di percorsi assistenziali, favorendo lo sviluppo della gestione integrata delle patologie croniche, secondo le logiche della medicina di iniziativa, proprie del chronic care model, oramai validato a livello internazionale.
Le indicazioni regionali per la realizzazione e l’organizzazione funzionale (Dgr n. 291/2010) definiscono la CdS come un presidio del distretto, la cui gestione complessiva è affidata al Dipartimento di Cure Primarie, che comporta l’erogazione in una stessa sede fisica di prestazioni sanitarie e sociosanitarie, favorendo, attraverso la contiguità spaziale dei servizi e degli operatori, l’unitarietà e l’integrazione dei livelli essenziali di assistenza. Nel suo ambito vengono messi in relazione gli NCP (assistenza primaria) con gli altri nodi della rete (assistenza specialistica, ospedaliera, sanità pubblica, salute mentale); le relazioni organizzative tra i diversi setting assistenziali sono di norma raccordate dall’infermiere, secondo i principi del case-management, mentre i profili di cura definiti dai professionisti (le reti cliniche) sono erogati all’interno della rete organizzativa.
Tenendo conto anche delle caratteristiche orogeografiche del territorio e della densità della popolazione, sono state individuate tre tipologie di CdS: grande, media, piccola. Tutte le tipologie di CdS si caratterizzano per l’erogazione dell’attività di assistenza primaria di MMG e pediatri di libera scelta (PLS), mentre a seconda delle caratteristiche possono essere presenti:
• infermiere, ostetrica e assistente sociale (CdS piccola);
• servizi consultoriali – poliambulatorio (CdS media);
• centro di salute mentale, servizi di igiene pubblica, centri diurni e residenziali per i diversi target di popolazione (CdS grande).
La scelta della Regione Emilia-Romagna di realizzare CdS in tutto il territorio regionale rappresenta un processo di grande cambiamento e innovazione, per approdare a un modello di assistenza basato sull’integrazione e sulla valorizzazione delle diverse professionalità impegnate nelle cure primarie e per intercettare i bisogni di salute a non alta complessità, in coerenza con gli orientamenti sulla centralità delle cure primarie delineati nel Piano Sanitario Nazionale 2011-2013.
Il più recente monitoraggio regionale (dati novembre 2013) ha consentito di fare il punto sullo stato dell’arte delle CdS. I dati evidenziano una pianificazione aziendale complessiva di 124 CdS di cui 55 pienamente funzionanti e 69 programmate. Per quanto riguarda, in particolare, le CdS funzionanti si rilevano 26 CdS di tipologia piccola, 17 di tipologia media e 12 di tipologia grande.
In quasi tutte le CdS sono presenti MMG e PLS in forma associata all’interno dei NCP. Per molti di loro, la CdS è la sede unica o prevalente di attività. Ma non mancano casi in cui altri MMG che hanno il proprio ambulatorio altrove prevedano presso la CdS una presenza programmata per attività di primo intervento. Peraltro, le reti informatiche orizzontali (Progetto Sole) che consentono ai medici di famiglia di accedere alle cartelle degli assistiti del NCP sono ovunque presenti; in alcuni casi sono accessibili agli infermieri e in un caso agli specialisti.
Nella gran parte delle CdS sono presenti le funzioni classiche di accesso alle prestazioni sanitarie, di informazione/orientamento ai servizi e URP, con ampi orari di apertura e di risorse specifiche dedicate. La continuità assistenziale per prestazioni ambulatoriali “non differibili” per tutta la popolazione del NCP è assicurata in circa il 90% delle CdS con una copertura che si può estendere a 10 ore al giorno, con un’attività normalmente svolta dai MMG. Nel 40% delle strutture è collocata anche la sede dei medici di continuità assistenziale notturna, prefestiva e festiva, che garantisce anche fasce orarie di attività ambulatoriale.
Da segnalare, in molti casi, la presenza di un infermiere all’interno dell’ambulatorio del NCP con funzioni di accoglienza dei pazienti, ascolto, counselling, somministrazione di terapie prescritte dal medico, medicazioni, educazione sanitaria, raccordo con l’assistente sociale in caso di necessità e gestione dei collegamenti con gli altri servizi sanitari. Quasi ovunque è presente un ambulatorio infermieristico per attività programmate; gestione pazienti stomizzati, medicazione, terapie iniettive (nell’81% delle 42 sedi attive). Nel 57% dei casi viene erogata anche attività ad accesso diretto. Sono, altresì, presenti esperienze innovative di gestione infermieristica proattiva della cronicità, quali per esempio scompenso cardiaco, diabete e bronco­­pneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), svolte in integrazione con i medici di famiglia del NCP e gli specialisti.



L’esperienza della Regione Toscana
In Toscana, le CdS hanno avuto uno sviluppo meno pianificato e regolato rispetto all’Emilia-Romagna. Per esempio, non esiste un documento, come quello contenuto nella delibera della Giunta Regionale n. 291/2010, che definisce i requisiti standard delle CdS e la distinzione in differenti livelli di complessità. E non esiste neppure una pianificazione regionale del loro sviluppo. Tuttavia, la Toscana ha utilizzato ampiamente le risorse messe a disposizione dal decreto del 2007 e sono diverse le ASL (in particolare Empoli, Versilia e Arezzo) che hanno realizzato queste strutture, per un totale di 32 CdS pienamente funzionanti.
Più recentemente il Piano Socio-Sanitario Integrato Regionale, in fase di approvazione presso il Consiglio Regionale, dedica questo paragrafo alle CdS: «L’accessibilità, la presa in carico, il lavoro multidisciplinare, l’integrazione operativa multiprofessionale, la continuità assistenziale sono gli elementi che concorrono e definiscono la capacità di offrire risposte sanitarie e socio-sanitarie adeguate alle esigenze e ai bisogni di una comunità. L’organizzazione dei servizi territoriali, sanitari e socio-sanitari ha storicamente sofferto della frammentazione dei punti di accesso e di erogazione, della separatezza dei luoghi di lavoro dei diversi operatori e professionisti coinvolti, della distinzione di competenze sociali e sanitarie, della mancanza di una prassi di integrazione operativa.
La CdS risponde alle esigenze di ricomposizione e organizzazione nel territorio di una comunità locale, delle attività per la promozione della salute e del benessere sociale, in uno stesso spazio fisico, i servizi territoriali che erogano prestazioni sanitarie e sociali per una popolazione programmata, secondo una logica di continuità di assistenziale e di presa in carico.
La CdS si configura quindi come una struttura polivalente e funzionale in grado di erogare le cure primarie, garantire la continuità assistenziale e le attività di prevenzione, al cui interno opera l’insieme del personale distrettuale (tecnico-amministrativo, infermieristico, della riabilitazione, dell’intervento psicologico e sociale), i medici dell’assistenza primaria e gli specialisti ambulatoriali. Attraverso le CdS si perseguono quindi gli obiettivi di garanzia dei diritti esigibili dei cittadini sia in termini di prestazioni socio-assistenziali e socio-sanitarie a partire dai progetti individualizzati definiti dalla UVM, per l’assistenza domiciliare (programmata o integrata), per i ricoveri in RSA o per i centri diurni o strutture per le cure intermedie, sia per l’erogazione dell’assistenza sanitaria distrettuale, che comprende la medicina di base, la continuità assistenziale medica, la gestione delle emergenze di comunità, l’assistenza farmaceutica, l’assistenza integrativa, l’erogazione o l’apporto alle cure primarie delle competenze medico-specialistiche. Le CdS sono inoltre il luogo dove promuovere e valorizzare la partecipazione dei cittadini, soprattutto delle loro associazioni, assicurando forme di gestione sociale nei vari presidi e servizi.
La CdS rappresenta quindi l’idea di un presidio socio-sanitario integrato dove dare concreta attuazione al processo evolutivo dell’assistenza sanitaria e socio-sanitaria nel territorio, un punto di riferimento certo per i cittadini che abbiano un bisogno emergente o programmato di ascolto, cura o assistenza. È il punto di riferimento sia per l’accesso per tutte le attività sociali e assistenziali sia per promozione dell’empowerment individuale e di comunità (la persona come soggetto consapevole) sia come centrale di raccordo della rete integrata dei servizi anche nella sperimentazione di forme innovative dell’assistenza (teleassistenza e telemonitoraggio).
È evidente che non basta disporre di una struttura unificante (un edificio) per raggiungere questi obiettivi. Servono nuove culture, nuovi modelli organizzativi, nuovi istituti contrattuali e un riorientamento di risorse dall’ospedale al territorio. […] Le CdS devono diventare un presidio di erogazione e raccordo operativo per i servizi sociosanitari territoriali, capace di assicurare nell’efficienza e per l’equità una risposta di qualità nelle cure primarie orientate alla comunità».
Il Piano, in conclusione, indica un (generico) piano pluriennale di realizzazione di CdS per raggiungere il numero di 100-120 strutture, in coerenza con quanto previsto da una precedente delibera di Giunta regionale n. 1235/2012.
Tornando a Castiglion Fiorentino…
La CdS di Castiglion Fiorentino è stata inaugurata nel 2008, dopo una vasta opera di ristrutturazione edilizia. Il progetto iniziale ha subìto dei notevoli cambiamenti con luci e ombre. Non sono presenti i previsti servizi diagnostici (laboratorio e radiologia) trasferiti all’ospedale della Fratta (rimane tuttavia il centro prelievi). Sono presenti, e in certi casi potenziati, i servizi dell’ASL dal consultorio al SERT, alla specialistica ambulatoriale. Sono presenti anche i posti letto della RSA e si sta progettando di allestire alcuni posti letto di cure intermedie gestiti dai MMG. Dai medici di famiglia giungono le buone notizie: all’inizio non è stato facile proporre loro il trasferimento presso la CdS, non essendo d’accordo una parte di loro. Oggi tutti i medici di famiglia di Castiglion Fiorentino lavorano con soddisfazione all’interno della CdS. In collaborazione con gli infermieri del Distretto e degli specialisti (SUMAI e ospedalieri) attuano sanità d’iniziativa e chronic care model.
Rimangono vuote alcune stanze. Quelle dei servizi sociali del Comune, a dimostrazione di quanto sia difficile l’integrazione socio-sanitaria, anche nelle realtà più avanzate.



Conclusioni
Ci sono molti motivi per auspicare il rafforzamento dei servizi territoriali e in particolare quelli delle cure primarie: la crescente prevalenza di malattie croniche, le difficoltà (anche economiche, oltre che demografiche) delle famiglie nell’assistere anziani disabili, la riduzione dei posti letto ospedalieri e la tendenza ad abbreviare la durata della degenza, gli ingorghi ai pronto soccorsi. Si potrebbe continuare, aggiungendo, per esempio, la necessità urgente di interventi di prevenzione nel campo dell’obesità e della patologia cardiovascolare.
E si conoscono anche le soluzioni organizzative più adeguate ed efficaci, sperimentate internazionalmente1-7, per innovare e potenziare cure primarie e servizi territoriali, peraltro già citate in precedenza (sanità d’iniziativa, chronic care model, informatizzazione, team multidisciplinari, ecc.). Ma se non ci sono le strutture, contenitori fisici riconoscibili e riconosciuti dalla popolazione come vogliono essere le CdS, tutto ciò semplicemente non avviene.
Bibliografia
1. http://www.improvingchroniccare.org/
2. Starfield B. The hidden inequity in health care. Int J Equity Health 2011; 10: 15.
3. Starfield B, Shi L, Macinko J. Contribution of primary care to health systems and health. The Milbank Quarterly 2005; 83: 457-502.
4. Mercer SW, Guthrie B, Furler J, Watt GCM, Hart JT. Multimorbidity and the inverse care low in primary care, BMJ 2012; 344: e4152.
5. Nolte E, McKee M, Knai C. Managing chronic conditions. Experience in eigth countries. European Observatory on Health Systems and Policies, 2008.
6. Maciocco G, Salvadori P, Tedeschi P. Le sfide della sanità americana. La riforma di Obama. Le innovazioni di Kaiser Permanente. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2010.
7. De Maeseneer J, Willems S, De Sutter A, Van de Geuchte ML, Billings M. Primary health care as a strategy for achieving equitable care: a literature review commissioned by Health Systems Knowledge Network. WHO, March 2007. http://www.who.int/social_determinants/resources/csdh_media/primary_health_care_2007_en.pdf