Consulenza genetica oncologica e qualità di vita:
il ruolo delle strategie di coping e della sintomatologia psicopatologica
nella fase pre-testale

Valentina Elisabetta Di Mattei1,2, Elena Duchini2, Paola Zucchi1, Maria Grazia Patricelli1,
Alessia Rognone1, Rossella Di Pierro3, Milvia Zambetti1, Lucio Sarno1,2

Riassunto. La consulenza genetica oncologica (CGO) identifica mutazioni genetiche sottostanti a forme ereditarie di patologie neoplastiche, ma poco si sa sull’impatto psicologico che ne può derivare. Metodi. Lo studio include donne sottoposte alla CGO per cancro mammario o ovarico: 19 sane con familiarità, 43 pazienti affette e 28 pazienti in follow-up. È stata studiata la relazione tra strategie di coping e qualità della vita nella consulenza pre-test genetico, considerando l’influenza della sintomatologia psicopatologica riportata e dello stato di salute attuale. Risultati. I risultati mostrano che l’utilizzo di strategie di evitamento determina un decremento della qualità di vita, e che tale relazione è mediata totalmente dall’intensità della sintomatologia psicopatologica, mentre lo stato di salute non sembra influire. Conclusioni. Lo studio, primo in Italia, suggerisce l’importanza di valutare le strategie di coping in tutti i soggetti che si sottopongono alla CGO per individuare coloro che risultano a rischio di decremento del benessere psicologico. Percorsi psicologici focalizzati sul miglioramento delle strategie di coping, infatti, potrebbero preservare il benessere dei soggetti.

Parole chiave. BRCA1-2, consulenza genetica pre-test, coping, psiconcologia, qualità di vita.

Cancer genetic counseling and quality of life: the effect of coping strategies and psychopathological symptoms during pre-test genetic counseling.

Summary. The cancer genetic counseling (CGC) identifies genetic mutations for hereditary neoplastic diseases, but little is known on its psychological effects on subjects. Methods. The present study involved women who underwent genetic counseling for breast or ovarian cancer: 19 unaffected, 43 current patients, and 28 past patients. The aim of the study was to examine the relation between coping strategies and the quality of life during genetic counseling before testing, considering the effects of psychopathological symptoms and the health status. Results. Results showed that the use of avoidance strategies led to a decrease in quality of life, and that this relationship was entirely mediated by the intensity of psychopathological symptoms, while the health status did not show any effect on it. Conclusions. The study, which is the first in Italy, suggests the importance of assessing coping strategies in subjects who undergo the CGO to identify individuals who are at risk of decrease of psychological well-being. Indeed, psychological counselling improving coping strategies could preserve the psychological well-being of individuals.

Key words. BRCA1-2, coping, pre-test genetic counseling, psycho-oncology, quality of life.

Introduzione

La genetica clinica oncologica è una disciplina nata negli anni ’90 con lo scopo di diagnosticare mutazioni genetiche connesse a forme tumorali ereditarie. Tra queste, si stima che il 7-8% delle neoplasie mammarie e il 10% di quelle ovariche siano forme ereditarie1 associate a mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2 (BReast CAncer Predisposition Gene)2.

Benché la richiesta di consulenza genetica oncologica (CGO) sia in forte aumento, in Italia essa è stata introdotta solo recentemente e la disponibilità di centri specializzati nell’analisi mutazionale dei geni BRCA1-2 è decisamente limitata. Pertanto, non esistono ancora dati italiani consistenti in merito all’impatto psicologico che il percorso di indagine genetica può avere sull’utenza; gli studi svolti hanno fornito risultati parziali e spesso contraddittori3. La maggior parte delle indagini condotte su soggetti sani con familiarità non ha evidenziato alcun effetto del test sul benessere individuale3. Risultati contrastanti in merito all’impatto psicologico del test genetico sono, invece, rintracciabili in soggetti con storia di patologia neoplastica4,5.

Uno dei maggiori limiti della ricerca in questo campo concerne la scarsa importanza psicologica imputata alla fase di consulenza pre-test: la maggior parte degli studi si è focalizzata sull’impatto psicologico del test genetico e dei risultati a esso associati. D’altra parte, uno studio recente6 condotto su donne con e senza storia di neoplasia mammaria ha mostrato che l’esito del test genetico non aveva alcun effetto sul distress dei soggetti misurato in fase di consulenza pre-test.

Alla luce della recente introduzione della CGO in Italia, e della scarsità di ricerche condotte nel nostro Paese, il principale obiettivo del presente studio è stato quello di studiare la relazione tra gli stili di coping e il livello della qualità di vita contingente alla fase pre-test. Abbiamo ipotizzato che al momento della consulenza pre-test le strategie di coping utilizzate dai soggetti possano influenzare la qualità di vita, e che tale relazione possa essere mediata dall’intensità della sintomatologia psicopatologica presentata nonché condizionata dallo stato di salute dei soggetti.

Materiali e metodi

Lo studio, approvato dal Comitato Etico dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, ha coinvolto 90 donne consecutivamente afferenti al Servizio di CGO. Il servizio offerto prevede tre incontri: il primo incontro (fase pre-test) condotto da uno psicologo nel quale vengono raccolte informazioni anamnestiche; il secondo incontro (fase testale) condotto da un genetista nel quale vengono raccolte informazioni cliniche sulla storia familiare del paziente e viene effettuato il test genetico; e, infine, il terzo incontro di restituzione degli esiti del test genetico. In fase preliminare, in seguito alla decisione di sottoporsi al test genetico BRCA1 e BRCA2, i soggetti sono stati informati dal medico dedicato sulla modalità di strutturazione del servizio, nelle sue diverse fasi. In seguito a tali informazioni, tutti i soggetti hanno fornito il loro consenso volontario per la partecipazione allo studio.

In base alla stato di salute, il campione è stato suddiviso in tre gruppi: 43 pazienti oncologici affetti (pz affetti; età media 48,53, DS=10,38), 28 pazienti oncologici in follow-up (pz follow-up; età media 49,21, DS=11,11), 19 soggetti sani con familiarità (sani; età media 39,74, SD=8,68) per patologie oncologiche alla mammella e all’ovaio.

Oltre alla raccolta di dati anamnestici, nel corso del primo incontro sono stati somministrati tre questionari. La Symptom Checklist-90-R (SCL-90-R)7 per la valutazione dei sintomi psicopatologici mediante 90 item misurati su una scala Likert a 5 punti (1=“Per niente”; 4=“Moltissimo”). Nel presente studio è stato considerato il Global Severity Index (GSI). Il Coping Orientation to Problems Experienced-Nuova Versione Italiana (COPE-NVI)8 composto da 60 item misurati su una scala Likert a 4 punti (1=“Di solito non lo faccio”; 4=“Lo faccio quasi sempre”) che valutano 5 stili di coping: sostegno sociale (SS), strategie di evitamento (SE), attitudine positiva (AP), orientamento al problema (OP) e orientamento trascendente (OT). Infine, la European Organisation for Research and Treatment of Cancer-Quality of Life Questionnaire (EORTC-QLQ-C30)9 composto da 30 item misurati su una scala Likert a 4 punti (1=“No”; 4=“Moltissimo”) che valutano la qualità di vita (QoL) dei pazienti oncologici negli ultimi sette giorni.

Le analisi statistiche sono state condotte mediante SPSS (versione 22)10. Analisi del Chi quadro e della varianza (ANOVA) con metodo post hoc di Bonferroni sono state condotte per testare differenze fra i tre gruppi in relazione al GSI, al coping e alla QoL. Infine, modelli di regressione multipla lineare sono stati condotti per studiare la relazione tra strategie di coping e qualità della vita, testando l’effetto di mediazione dei sintomi psicopatologici e l’effetto di moderazione dello stato di salute.

Risultati

Le medie relative alle strategie di coping, al QoL e al GSI sono riportate nella tabella 1. In media, le strategie di coping più utilizzate erano AP (M=36,00; SD=4,93) e OP (M=33,00; SD=5,68). Non è stata riscontrata alcuna differenza significativa tra gruppi, a eccezione dell’utilizzo del SS (F(2,87)=3,90, p<,05) che risulta essere significativamente maggiore nei sani rispetto ai pz follow-up (p=,03). I pz affetti non sembrano differenziarsi nell’utilizzo del SS né dai sani (p=,06) né dai pz follow-up (p=1,0). Sono state riscontrate differenze significative tra i gruppi in relazione alla qualità di vita (F(2,87)=5,10, p<,05): i sani mostravano un livello significativamente maggiore di QoL rispetto ai pz affetti (p=,05) e rispetto ai pz follow-up (p=,01); mentre non sono state riscontrate differenze significative tra i due gruppi di pazienti (p>,05). Infine, differenze significative nei tre gruppi sono emerse in relazione all’intensità della sintomatologia psicopatologica (F(2,87)=4,67; p<,05): i sani riportavano minori punteggi di GSI rispetto ai pz follow-up (p=,01), mentre nessuna differenza è stata riscontrata tra pz affetti e pz follow-up. Le analisi di regressione multipla hanno evidenziato una relazione significativa tra strategie di coping e QoL (R2=,13, F(5,84)=2,62, p<,05) tale per cui solo l’uso di SE risulta associato significativamente a QoL (β=-,32, p<,05). I risultati del modello complesso descritto in “Materiali e metodi”) sono riportati nella tabella 2. L’effetto di SE su QoL risultava totalmente mediato da GSI: all’aumentare dell’uso di strategie di evitamento aumentava l’intensità della sintomatologia psicopatologica (β=,04, p<,05) che a sua volta portava a un decremento della qualità di vita (β=-37,29, p<,05). Il test di significatività di tale effetto indiretto mediante procedure di bootstrap è risultato soddisfacente: l’effetto indiretto è risultato pari a -1,38, e il 95% intervallo di confidenza variava da -2,10 a -,78. Nessun effetto di moderazione dello stato di salute è risultato significativo (β=,20, p>,05) per nessuno dei gruppi (pz affetti: β=-,07, p>,05; pz in follow-up: β=,12, p>,05; sani: β=-,27, p>,05). Per una più facile lettura, il modello finale nel suo complesso viene riportato in figura 1.










Discussione

Il presente studio ha indagato la relazione tra strategie di coping e qualità di vita contingente alla fase di consulenza pre-test della CGO, ipotizzando che questa potesse essere mediata dalla presenza e intensità della sintomatologia psicopatologica, nonché condizionata dallo stato di salute attuale dei soggetti. Sebbene nell’ultimo decennio si sia assistito a un crescente interesse verso l’impatto psicologico del test genetico oncologico e dei suoi risultati, scarsa attenzione si è registrata sull’impatto della fase di consulenza precedente il test genetico; e nessuno studio in questo senso è stato effettuato nel nostro Paese. D’altra parte, come dimostrato da Smith et al.6, non sempre il maggiore impatto psicologico è imputabile al test genetico e ai suoi risultati.

I risultati del presente studio suggeriscono che in generale il benessere individuale si differenzierebbe in base allo stato di salute: coloro che si sottopongono alla CGO per motivi di familiarità della patologia neoplastica della mammella o dell’ovaio riportano migliore qualità di vita e minore intensità di sintomi psicopatologici rispetto a coloro che hanno storia di patologia neoplastica. Sebbene i risultati da noi ottenuti siano in linea con quelli riportati da Smith et al.6 per quello che concerne la qualità di vita, a differenza dei nostri risultati gli autori non avevano riscontrato differenze significative nell’intensità della sintomatologia psicopatologica in soggetti con e senza storia di patologia, dato, però, riscontrato da van Roosmalen et al.5. D’altra parte, questi ultimi risultano essere gli unici studi reperibili in letteratura in quanto la maggior parte ha analizzato i livelli di distress psicologico nella fase pre-test esclusivamente su soggetti sani con familiarità11,12.

I risultati del presente studio, inoltre, evidenziano come la scarsa qualità di vita e la maggiore intensità della sintomatologia psicopatologica sarebbero riscontrati nei pazienti con pregressa esperienza di malattia senza alcuna differenziazione significativa in relazione allo stato effettivo della patologia (in fase attiva o in follow-up). Tale risultato potrebbe essere legato ai vissuti connessi alla patologia e al rischio percepito a essa associato. Infatti, è plausibile che la CGO, che di per sé è un momento stressogeno, possa far riemergere nei soggetti vissuti, rappresentazioni e paure associati all’esperienza della patologia in modo simile sia in coloro che si trovano a combattere attivamente contro il tumore sia in coloro che sono in attesa di un riscontro definitivo rispetto all’eventuale remissione di quest’ultimo. In questo senso, sarebbe auspicabile che tale ipotesi fosse testata da futuri studi che prendano in considerazione misure quali il rischio percepito riferito alla patologia neoplastica.

Un ulteriore dato interessante concerne le strategie di coping utilizzate per fronteggiare il momento della CGO. I risultati dello studio, infatti, hanno evidenziato che i soggetti con patologia attuale o in follow-up mostravano di ricercare in misura significativamente minore dei sani supporto informativo ed emotivo negli altri. Sebbene non esistano studi precedenti condotti valutando in fase pre-test le strategie di coping in soggetti con e senza storia di patologia oncologica, è plausibile che nei soggetti con storia di patologia neoplastica possa essersi verificato un effetto di abituazione allo stress derivante dalle numerose visite mediche e da esami strumentali (con relativi responsi) che generalmente caratterizzano il percorso di cura della patologia oncologica. È possibile, quindi, che il confronto con un simile iter possa portare a una minore tendenza a ricercare supporto emotivo e informativo dalle persone vicine. Inoltre, l’esito del test genetico potrebbe portare con sé vissuti di colpevolizzazione relativi alla possibilità di trasmissione della patologia alla propria prole, elemento che potrebbe contribuire ad assumere un atteggiamento di chiusura e disincentivare la condivisione dei propri vissuti con le persone vicine.

Per quanto concerne la relazione tra strategie di coping e qualità della vita nel momento della consulenza genetica pre-test, si osserva come l’uso di strategie di evitamento si associ a un decremento della qualità di vita, e come tale relazione sia mediata totalmente dall’intensità della sintomatologia psicopatologica riportata dai soggetti. Ciò che i risultati sembrano suggerire è che la qualità di vita contingente alla fase di consulenza pre-test sia compromessa dall’intensità di sintomi psicopatologici quali ansia, depressione e somatizzazione, i quali sarebbero tanto più accentuati quanto più il soggetto utilizza strategie di evitamento nell’affrontare la situazione stessa. Studi precedenti hanno attestato come l’utilizzo di strategie di coping di evitamento si associ spesso a misure di disagio psicologico13,14 e a una minore soddisfazione personale rispetto al proprio funzionamento psicologico, misura in parte sovrapponibile alla qualità della vita da noi utilizzata8. Contrariamente a quanto ipotizzato inizialmente, invece, la relazione tra coping di evitamento e qualità di vita non è condizionata dallo stato di salute. Anche nello studio di Dougal et al.13, d’altronde, l’utilizzo di strategie di coping di evitamento risultava associato a misure di distress psicologico indipendentemente dal fatto che i soggetti fossero sani o pazienti con storia passata di patologia neoplastica. In aggiunta, il nostro studio mostra come tale relazione si mantenga stabile anche nel caso di pazienti con storia attuale di patologia neoplastica mammaria o ovarica. Considerando l’impianto dello studio, sarebbe auspicabile che indagini future replicassero il nostro studio indagando se le relazioni riscontrate si mantengano stabili nel tempo. In questo senso, sarebbe utile comprendere se la relazione tra strategie di evitamento, psicopatologia e qualità di vita possa mantenersi tale indipendentemente dal risultato del test genetico.

I risultati ottenuti dovrebbero essere letti alla luce dei limiti dello studio. Il limite principale concerne la numerosità dei partecipanti, e in particolare la differenza numerica fra i tre gruppi di soggetti. D’altra parte, tale limite è direttamente connesso alla realtà clinica dell’ospedale nel quale sono stati reclutati i partecipanti. Data la recente introduzione della CGO in Italia e la scarsità di centri specializzati, sarebbe auspicabile che in futuro venissero progettati studi multicentrici che possano consentire il reclutamento di un maggior numero di soggetti e che possano avere un maggiore grado di generalizzazione dei risultati ottenuti.

Conclusioni

In conclusione, data la recente introduzione della CGO nel nostro Paese e la scarsità di centri specializzati, gli studi disponibili in letteratura su soggetti italiani sono ancora esigui. Per tale motivo, lo studio è stato condotto in un’ottica esplorativa al fine di comprendere quale impatto possa avere all’interno della CGO la fase di consulenza pre-test sul benessere individuale dei soggetti che vi si sottopongono. In particolare, i risultati emersi sembrano suggerire che la valutazione delle strategie di coping nei soggetti che intraprendono il percorso della CGO possa essere fondamentale già nella fase di consulenza pre-test al fine di individuare percorsi di sostegno psicologico individualizzati che si focalizzino sulla modificazione delle strategie di coping di evitamento al fine di favorire un decremento della sintomatologia psicopatologica e infine un incremento della qualità di vita percepita.




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