Un documento condiviso tra credenti e non credenti sulla fine della vita: il dialogo è possibile

Giuseppe R. Gristina1

A position paper on end of life shared between those who believe and those who don’t believe: a dialogue is possible.

Summary. In the modern medicine a sound evidence is available today supporting the four fundamental principles representing the best scientific and ethical approach to end of life issues: shared decision making process in a doctor-patient relationship centered care; rejection of dying process marked by the suffering and disproportionate treatments; withholding/withdrawing these treatments and palliative sedation as main contributions to suppress the patients’ suffering and pain at the end of life; clear-cut difference between these clinical and ethical options and euthanasia. In some European countries, such as Germany, France, UK, and Spain, these principles are included in a well set legislation regarding the end of life issue, but this is not the case of our country. Despite this failure, in Italy, doctors, patients, and their families, need a law aimed to deal with the complex issues of end of life care as a whole. Therefore, the Italian Society of Anesthesia, Analgesia and Intensive Care (SIAARTI) together with Italian Society of Palliative Care (SICP), shared with the Foundation “Courtyard of the Gentiles” – Department of the Pontifical Council for the Culture – the project to appoint a panel of religious and non-religious experts (physicians, philosophers, legal experts, and politicians) in order to draw up and offer to the political consideration a shared position paper, containing all the ethical and legal principles aimed to outline a more complete regulation of end of life in our country. The “Courtyard of the Gentiles” – whose aim is to promote the dialogue in regard to the issues of contemporary society between those who believe and those who don’t believe, with a view to connect political and cultural institutions – appointed the panel in April 2014 and the shared position paper was formally presented on 17 September 2015, in a public conference in the Senate. The physicians who have been part of the panel, affirmed that all the problems related to the legal approach to the decision making process at the end of life may be solved only through a regulation of the doctor-patient relationship centered care. The aim of this regulation will be to set goals, rules, and limits of therapies, patients and doctors rights, procedures able to support and safeguard the good clinical practice, giving to patients and doctors an ethic reference point in the context of a law’s guarantee. The fundamental principles of the regulation of the doctor-patient relationship centered care will rest on the contents of code of medical ethics, the safeguard of dignity, autonomy, and health of human beings. In conclusion, we hope to have supplied a useful contribution to draw up in the next future a law able to guarantee the autonomy of doctor-patient relationship, respecting different cultures and religious or non-religious approaches to life and death, as well as the different biography and biology of everyone. Our first goal was to comprehensively address the issue of end of life, understanding the concerns of patients and their families in a very problematic stage of their life, and offering to the doctors a valuable tool for dealing with the increasing complex connection between disease, death and modern medical practice on one hand, and related human fortunes on the other hand.

In occidente la transizione demografica ha determinato un trend di crescita della popolazione anziana e quindi un allungamento della vita media, cui è corrisposto uno spostamento della mortalità soprattutto nelle fasce d’età più avanzate1.

L’invecchiamento della popolazione ha indotto un costante aumento dell’incidenza di molte malattie cronico-degenerative, caratterizzate da traiettorie lunghe, cicliche riacutizzazioni, elevata incidenza di complicanze e frequenti ospedalizzazioni con un progressivo, crescente impegno fisico e psicologico per il paziente e per i suoi familiari.

Tuttavia, anche se i ricoveri prolungati o ripetuti sono considerati indicatori di cattiva qualità del morire2, nel nostro Paese, la gran parte di questi pazienti negli ultimi due mesi di vita è trasferita in ospedale3.

Al contrario, instaurare una relazione di cura significa riconoscere i bisogni psico-fisici e sociali dei pazienti alla fine della vita, garantire l’appropriatezza dell’assistenza e delle terapie, la relazione di aiuto ai familiari4, condividere le scelte5.

Questi pazienti sono raramente coinvolti nella pianificazione delle cure e nelle scelte di fine vita4, e quando giungono in ospedale nella fase finale e più critica della loro malattia, caratterizzata spesso anche da una ridotta o assente capacità di intendere e volere, rischiano di essere sottoposti a trattamenti che, se consapevoli, probabilmente non avrebbero accettato6 e che si riveleranno spesso inappropriati poiché sproporzionati7.

Inoltre, una serie di studi dimostra che quando essi sono ammessi in Terapia Intensiva sperimentano, in reparto e a un anno dalla dimissione, una mortalità significativamente più elevata della media8-13.

Variabili quali l’età e le comorbilità14-16, lo stato funzionale-cognitivo17,18, la fragilità19,20, la qualità di vita prima21,22 e dopo il ricovero23,24 dovrebbero essere tenuti nel massimo conto25,26 per un appropriato triage27 e nelle discussioni con i pazienti e i loro cari circa gli obiettivi di cura realizzabili28.




In questo senso documenti elaborati, in sede europea29 e nazionale30-33 propongono già criteri clinici ed etici finalizzati a compiere scelte di cura appropriate e condivise, promuovendo il controllo della sofferenza, l’accompagnamento alla terminalità, il supporto ai familiari.

La complessa realtà riportata dalla letteratura scientifica ha però imposto in molti Paesi europei una riflessione sul limite delle cure e sulla possibilità di interromperle quando sproporzionate, non solo in ambito sanitario ma anche filosofico, religioso e politico.

Così, in Germania, Francia, Spagna e Inghilterra34-37 questi temi hanno già trovato un’appropriata regolamentazione giuridica in base a un approccio condiviso da tutte le parti interessate finalizzato a un costruttivo confronto.

Ora anche in Italia è necessario avviare un iter legislativo sul tema della fine della vita che garantisca il privato territorio della relazione di cura rispettando le differenti culture, le idealità religiose e laiche, le differenti individualità biologiche e biografiche, ma anche assicurando ai medici la necessaria serenità di giudizio, per compiere scelte cliniche ed etiche complesse.

Al fine di offrire al legislatore elementi di riflessione utili, il “Cortile dei Gentili”, con il supporto della Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI) e della Società Italiana di Cure Palliative (SICP), ha prodotto un documento condiviso sul tema della fine della vita elaborato da un panel multidisciplinare nominato ad hoc composto da medici, filosofi, giuristi e politici, credenti e non credenti.

Il documento38, presentato pubblicamente in una conferenza tenutasi il 17 settembre 2015 presso il Senato della Repubblica, affronta le cinque questioni fondamentali che caratterizzano la riflessione riguardo alla fase finale della vita.

In primo luogo, il limite nei suoi tre differenti livelli di significato: di ragionevolezza (conoscenze e azioni dell’uomo non sono in grado di soddisfare ogni e qualsiasi necessità o richiesta); di efficacia clinica (un limite che si modifica nel tempo per l’evoluzione del bagaglio di conoscenze); di senso (l’accettabilità morale di ogni scelta).

Successivamente, il senso dell’agire clinico, che non deve mai essere tra «fare» o «non far nulla» ma tra «fare» o «fare altro», ossia tra la prosecuzione di trattamenti evidentemente sproporzionati e l’inizio di trattamenti che garantiscano invece una presa in carico globale del malato finalizzata a migliorare la qualità della parte finale della sua vita, riducendone la sofferenza psicologica e fisica e risparmiandogli la solitudine, considerandolo vivo fino alla fine e meritevole di solidarietà e di rispetto per la globalità della sua persona.

Ancora, i criteri che aiutano a definire sproporzionata una cura (inefficacia, gravosità e costo), in un contesto che individua come linee condivisibili sul tema della fine della vita la non obbligatorietà delle cure sproporzionate e la doverosità delle cure palliative senza necessariamente riferirsi ad astratti doveri/diritti di vivere/morire.

Quindi, l’identificazione di un lógos comune a medicina e diritto: il lógos appunto della misura, della proporzione, che, più semplicemente, significa per il medico di oggi saper utilizzare il moderno arsenale scientifico e tecnologico per uno scopo terapeutico, cioè per fare il bene della persona curata, in quanto persona, non in quanto rappresentazione biologica di un’entità nosologica.

In ultimo, la necessità di riconoscere che la dignità della persona non deve mai essere disgiunta dalla sua libertà di poter scegliere di rifiutare cure sproporzionate, preferendo un accompagnamento di tipo palliativo; questa considerazione appare rilevantissima soprattutto per la necessità di non confondere questa scelta con quella dell’eutanasia.

Nel rispetto della diversità delle impostazioni teoriche e ideali e senza rincorrere intese sincretistiche di basso profilo, il documento rappresenta un concreto esempio di come sia possibile, con sincerità e rigore, non solo ascoltarsi, ma anche ritrovarsi in qualità di appartenenti a un’unica comunità.

Tutti ci auguriamo che i decisori e il legislatore vogliano tenerne conto.

* Fondazione del Pontificio Consiglio della Cultura che persegue finalità di solidarietà sociale a supporto dei progetti per la promozione del dialogo tra credenti e non credenti. Il “Cortile dei Gentili” ha come scopo la creazione di uno spazio di incontro e l’instaurazione di un dialogo aperto tra dette categorie di persone, su vari temi di cultura contemporanea, nella prospettiva di un’apertura internazionale e in collaborazione con la principali strutture culturali come università, istituti di ricerca, fondazioni d’arte, organismi di raccordo tra politica e cultura e organizzazioni internazionali (www.cortiledeigentili.com).

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