Precision medicine:
ecco cosa ne pensano all’ECC

Confrontandosi oggi con gli oncologi europei circa la precision medicine, nell’accezione invalsa dopo il suo uso da parte del presidente Obama, si ha l’impressione che le opinioni al riguardo siano guidate da una notevole prudenza. L’occasione per un confronto si è presentata di recente, alla fine di settembre a Vienna, grazie allo European Cancer Congress (ECC) 2015.

La precision medicine è davvero la porta d’ingresso a un mondo più in salute, come si chiedeva il Lancet qualche mese fa1? Per un verso, l’impulso dato alla clinica dall’introduzione delle immunoterapie sembra nei fatti aver favorito l’approccio della medicina personalizzata, mentre, per un altro, la comunità oncologica internazionale, nel Vecchio Continente, sembra fedele ancora agli statement del position paper ESMO pubblicato peraltro solo l’anno scorso dagli Annals of Oncology2. Documento che fin dagli esordi tendeva a rimarcare la problematicità della definizione, facendo notare come «for scientists and oncologists, the term “personalised medicine” is often used interchangeably with terms such as “genomic medicine”, “precision medicine” and “precision oncology”». Non si tratta tuttavia soltanto di questione tassonomica: l’opzione per precision o personalised, secondo alcuni, comporta anche una scelta di campo3.

La definizione prescelta dalla ESMO Personalised Medicine Task Force era stata “personalized medicine”, ma al di là della definizione la strada sembrava tracciata: diagnosi sempre più precise e terapie antitumorali a livello molecolare. D’altra parte, l’oncologia è in prima linea nella medicina personalizzata, essendosi proposta da tempo di superare il modello terapeutico tradizionale, volto a curare il cancro basandosi su vasti studi clinici su popolazioni di pazienti in gran parte non selezionati, al di là della semplice fenotipizzazione, aprendo la strada all’utilizzo del profilo molecolare del genoma del singolo paziente oncologico, così da ottimizzare la gestione della sua malattia. Possono ormai considerarsi pioneristici gli studi sulle mutazioni nel carcinoma mammario4, studi che hanno fatto scuola per altri comparti d’organo.

Al centro è il paziente, e la medicina personalizzata si propone, fin dalla sua nascita, di fornire trattamenti sicuri ed efficaci a seconda del bersaglio molecolare, biologicamente razionali, evitando quei sovra- o sottodosaggi purtroppo comuni con la chemioterapia tradizionale, riducendo così anche le tossicità associate.

Se i propositi sono chiari, a che punto si è del cammino tracciato? Gli oncologi italiani tendono a sottolineare la sostenibilità problematica del nuovo indirizzo. Precision medicine non significa di certo sapere tutto della malattia, perché la malattia evolve, anche nel singolo paziente, nota Filippo de Braud (Istituto Tumori, Milano), per cui non è una, ma sono tante. Invece, se vuol dire fare la cura giusta sulla malattia attiva nel momento dato, come sostiene de Braud sottolineando l’importanza della precisione nel tempo, nella circostanza data, è vero però – da un lato – che le conoscenze attuali della biologia dei tumori sono ancora a dir poco frammentarie, e dall’altro che i costi e la disponibilità nelle strutture dei nuovi farmaci costituiscono un problema rilevante. Infatti, anche secondo Giuseppe Curigliano (IEO, Milano) la problematica è duplice: «Il principale limite della precision medicine consiste nel fatto che si può sottoporre a un massivo sequenziamento del genoma i tumori di un determinato paziente e alla fine non trovare alcuna alterazione molecolare, oppure si può trovare un’alterazione molecolare per la quale non è disponibile un farmaco, o si può trovare un’alterazione molecolare per cui è disponibile un farmaco ma non è disponibile nella propria istituzione».

Senza contare che precisione dovrebbe andare a braccetto con accuratezza. E non sempre ancora è così: nonostante gli standard italiani di cura siano spesso più alti rispetto alla media europea, il che si riflette anche in una migliore sopravvivenza dopo tumore, come attesta il rapporto EUROCARE-5, il margine di errore inficia ancora in una percentuale significativa il processo terapeutico. I risultati dei controlli di qualità nei laboratori, per esempio, attestano ancora un 30-35% di errori nella genotipizzazione maggiore, con conseguenti falsi positivi e falsi negativi, avverte Nicola Normanno (Istituto Tumori, Napoli). Si rischia il paradosso di dare la migliore terapia al momento sbagliato e, quel che è più grave, al paziente sbagliato.




In generale, il margine d’errore si ridurrebbe se i trial clinici fossero in grado di restituire una fotografia più accurata dei pazienti, nota Giuseppe Curigliano: «Ci sono due tipologie di trial oggigiorno. I basket trial, nei quali si cerca un’alterazione molecolare per la quale si ha per certo il farmaco, il che consente di cercare in maniera trasversale la singola mutazione in pazienti con differenti patologie, e una volta identificatala concedere l’accesso al farmaco; e poi ci sono i cosiddetti umbrella trial, in cui si procede al sequenziamento massivo del genoma, si identificano le alterazioni molecolari e poi, a seconda dell’alterazione riscontrata, si randomizzerà quel determinato paziente nel trial con il farmaco che risponde a quell’alterazione. Anche se i nuovi trial non segneranno la fine dei grandi trial randomizzati». La questione è aperta e metodologi e oncologi, tra i quali Franco Perrone (Istituto Tumori, Napoli), propongono interessanti nuove prospettive5.




Secondo Stefano Cascinu (Modena), «ora come ora non abbiamo centrato l’obiettivo della medicina di precisione, ci siamo incamminati lungo la sua strada, ma non riusciamo ancora a trovare quella soluzione di compromesso che consentirebbe di selezionare i pazienti e fornire i nuovi farmaci nel rispetto della sostenibilità dei costi del sistema. Per cui non credo che bastino quattro o cinque anni, ma almeno dieci, affinché l’oncologia di precisione divenga realtà anche in Italia». Opinione condivisa in pieno da Martine Piccart (Bruxelles), presidente ECCO, a detta della quale non saremo in grado di rendere attuale la precision medicine per i prossimi dieci anni, nonostante se ne parli ovunque, al punto che per l’oncologo medico «risulta anche alquanto frustrante dover far fronte a pazienti secondo i quali invece la PM è una realtà ormai disponibile nell’immediato».
Una grande opportunità, dunque, ma forse più per il domani, per quanto ravvicinato dai progressi nelle conoscenze, che per l’oggi dell’oncologia europea.




Bibliografia

1. Coote JH, Joyner MJ. Is precision medicine the route to a healthy world? Lancet 2015; 385: 1617.

2. Ciardiello F, Arnold D, Casali PG, et al. Delivering precision medicine in oncology today and in future-the promise and challenges of personalised cancer medicine: a position paper by the European Society for Medical Oncology (ESMO). Ann Oncol 2014; 25: 1673-8.

3. Pokorska-Bocci A, Stewart A, Sagoo GS, Hall A, Kroese M, Burton H. ‘Personalized medicine’: what’s in a name? Pers Med 2014; 11: 197-210.

4. Kurian AW, Friese CR. Precision medicine in breast cancer care: an early glimpse of impact. JAMA Oncol 2015; 1: 1109-10.

5. Perrone F. What is the future for cancer clinical trials? Future Oncol 2015; 11: 5-7.