Terapia della dignità in oncologia

carla ida ripamonti

SSD Cure di Supporto al Paziente Oncologico, Fondazione IRCCS, Istituto Nazionale dei Tumori, Milano.

Pervenuto su invito il 18 marzo 2016.

Dignity therapy in oncology.

Summary. In oncology, little is known about dignity, dignity-related distress and the issues that influence the sense of dignity for patients. Dignity is personal, subject to changes depending on the experience and the path of life. In oncology some patients feel that their dignity is directly related to the disease, to physical and emotional symptoms, to the highest level of physical and cognitive autonomy and to the continuity of the self. Patient dignity inventory (PDI) is a validate tool designed to measure various sources of dignity-related distress among patients nearing the end of life and serve as a screening tool to assess a broad range of issues that influence the sense of dignity. Dignity therapy is a novel focused psychotherapy consisting in a brief semi-structured interview, audio-recorded and transcribed in order to obtain the “generativity document”. The patients are invited to tell about their life history, and to leave words of guidance and offer instructions to pass along to their son, daughters, husband, wife, parents, others. The generativity document is the result of process of emotional and existential care for the patients and a gift for everybody will receive it.

L’esperienza di Chochinov

“Dignity Therapy. Final words for final days”, scritto da Harvey Max Chochinov nel 2012, è stato recentemente tradotto in italiano1. Negli ultimi anni Chochinov ha introdotto - in modo scientifico, clinico, filosofico, etico, esistenziale - il concetto di “dignità” in ambito medico, partendo dall’osservazione dei malati oncologici in fase terminale di malattia e dalla medicina palliativa2-4. Recentemente, ha intrapreso studi su pazienti non oncologici affetti da malattie croniche con breve aspettativa di vita, come la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), la malattia renale terminale (ESRD), e su pazienti anziani fragili, cognitivamente intatti e ospedalizzati5.

I risultati dello studio mostrano che la perdita complessiva di dignità non è significativamente diversa tra le popolazioni in studio ed è simile a quella del paziente oncologico. Diversamente, i pattern associati al distress connesso alla percezione della dignità variavano in maniera significativa ed erano maggiori per i pazienti affetti da SLA seguiti dai pazienti con BPCO.

La parola “dignità” era - e continua a essere - usata in ambito medico in riferimento alla vita e alla morte dei pazienti. L’auspicio è che il paziente viva con dignità, sia trattato con dignità durante il percorso di cura, muoia con dignità. Ma cosa è la “dignità” per il paziente e come si può misurare il distress correlato alla dignità percepita dallo stesso?

Basandosi sulle principali aree che costituiscono il significato di “dignità”, Chochinov et al.5 hanno costruito e analizzato le proprietà psicometriche di un nuovo strumento, il Patient Dignity Inventory (PDI), disegnato per misurare il distress correlato alla dignità nei pazienti nella fase finale della vita. Il PDI viene usato come strumento di screening per valutare un ampio raggio di fattori che sono stati ritenuti in grado di influenzare il senso della dignità. Tale strumento è stato validato in diverse lingue, fra cui l’italiano, su 266 pazienti in trattamento oncologico attivo, mostrando di essere anche nella nostra lingua uno strumento valido, affidabile6 e utilizzabile anche in pazienti non terminali (vedi allegato).

L’osservazione dei pazienti e lo studio del distress correlato alla dignità percepita dal paziente ha portato Chochinov a definire che la dignità può risentire di fattori legati alla malattia, come il livello di indipendenza (fisica e cognitiva) e la sofferenza (fisica e psicologica).

Tra gli indicatori della conservazione della dignità, di grande importanza sono:

1. la continuità del Sé (sono ancora me stesso), che indica fino a quale punto i pazienti sono in grado di mantenere integro il senso di sé e del loro essere persone nonostante le modifiche del loro stato di salute;

2. la preservazione del ruolo per contrastare l’aggressione all’identità da parte della malattia;

3. la generatività o lascito;

4. l’affermazione dell’orgoglio o del rispetto di sé;

5. l’ottimismo o la speranza;

6. l’autonomia/controllo;

7. l’accettazione o la capacità di adattamento alle mutate condizioni di salute;

8. la resilienza e la combattività che esprimono la forza nell’affrontare nuove situazioni.

La terapia della dignità

La terapia della dignità deriva dalla considerazione di tutti questi indicatori e in particolare dal concetto di “generatività” o “lascito”. La terapia della dignità è una forma innovativa di psicoterapia studiata per persone con malattie gravi e con breve aspettativa della vita.

Diverse figure sanitarie, opportunamente addestrate a utilizzare il metodo, siano esse medico, psicologo o infermiere, possono praticare questa terapia. Il ruolo del terapeuta è quello di fare da guida, di rendere possibile il processo e di impregnare di dignità l’interazione terapeutica. Il metodo prevede una serie di conversazioni con il paziente, che vengono registrate e poi trascritte con lo scopo di creare qualcosa che durerà oltre la sua morte, cioè un documento generativo che verrà ascoltato dalle persone amate e dalle generazioni a venire.




Durante la terapia della dignità, il terapeuta deve fare delle domande secondo un protocollo, lasciando piena autonomia al paziente di esprimere amore, rimorso, preoccupazioni, ricordare eventi speciali, momenti di festa o di dolore, al fine di rimettere in ordine la propria vita.

Al paziente viene richiesto di raccontare della propria vita, di ricordare gli eventi più significativi e quelli che lo hanno fatto sentire vivo; di raccontare ciò che vorrebbe far sapere o far ricordare ai propri familiari. Il paziente è sollecitato a parlare dei più importanti ruoli sostenuti (familiari, lavorativi, sociali, ecc.) e perché siano considerati tali,e dei motivi per cui si è sentito orgoglioso. Viene invitato a dire le cose non dette, a parlare delle speranze e dei sogni per le persone amate, a raccontare cosa abbia imparato dalla vita che ora voglia trasmettere agli altri, consigli, indicazioni, istruzioni per figli, coniuge, parenti, amici.

La terapia della dignità permette al paziente di rivedere la propria vita dando valore ai ricordi positivi e anche a quelli dolorosi. È un vero e proprio testamento per chi rimane, che diventa una presenza costante di chi non è più vicino a noi.

La terapia della dignità richiede personale formato e tempo da dedicare alle conversazioni e alla trascrizione. È necessario un tempo dedicato, spesso difficile da recuperare nelle giornate frenetiche dei nostri ospedali.

La terapia della dignità è stata studiata per malati alla fine della loro vita. Tuttavia, viene utilizzata anche in malati oncologici ancora in fase attiva di malattia, in momenti particolari di distress come dopo la diagnosi di recidiva o di metastasi.

La terapia della dignità è un dono per chi la pratica (paziente e terapeuta) e per chi riceve il documento generativo, da considerarsi un vero e proprio testamento esistenziale. Un dono è anche questo libro in lingua italiana che apre nuovi orizzonti di attenzione ai bisogni dei pazienti in fase terminale e non solo, di cura psicologica ed esistenziale e di lascito testamentale.

Ci si auspica che questa nuova forma di psicoterapia divenga parte integrante della cura nella pratica clinica.

Conflitto di interessi: l’autrice dichiara l’assenza di conflitto di interessi.

Bibliografia

1. Chochinov HM. Terapia della dignità. Parole per il tempo che rimane. Moretto G, Grassi L (a cura di). Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2015.

2. Chochinov HM, Hack T, Hassard T, et al. Dignity in the terminal ill: a cross sectional, cohort study. Lancet 2002; 360: 2026-30.

3. Chochinov HM, Kristjanson LJ, Hack T, et al. Dignity in the terminal ill revisited. J Pall Med 2006; 9: 666-72.

4. Chochinov HM, Hack T, Mc Clement S, et al. The Patient Dignity Inventory: a novel way of measuring dignity-related distress in palliative care. J Pain Symptom Management 2008; 36: 559-71.

5. Chochinov HM, Johnston W, McClement SE, et al. Dignity and distress towards the End of Life across four non-cancer populations. PloS One 2016; 11: e0147607. doi: 10.1371/journal.pone.0147607.

6. Ripamonti CI, Buonaccorso L, Maruelli A, et al. Patient dignity inventory (PDI) questionnaire: the validation study in Italian patients with solid and haematological cancers on active oncological treatments. Tumori 2012; 98: 491-500.