Disegno dello studio genomico, ambientale, microbiomico e metabolomico sulla celiachia: un approccio al futuro della prevenzione personalizzata della celiachia

Gloria Serena1,2, Maureen M. Leonard1,2, Stephanie Camhi1,2, Tania B. Huedo-Medina3, Alessio Fasano1,2

1Center for Celiac Research, Massachusetts General Hospital for Children, Boston, USA; 2Mucosal Immunology and Biology Research Center, Massachusetts General Hospital and Division of Pediatric Gastroenterology and Nutrition, Massachusetts General Hospital for Children, Boston, USA; 3Allied Health Sciences Department, University of Connecticut, Storrs, USA.

Pervenuto su invito il 5 aprile 2016.

Riassunto. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un fiorire di novità cliniche e scientifiche sulla celiachia (CE), ma forse la novità più importante che influenzerà il futuro della ricerca e della clinica in questo campo riguarda la storia naturale della malattia. Per molti anni si è creduto che la predisposizione genetica e l’esposizione al glutine fossero necessarie e sufficienti allo sviluppo della CE. Studi recenti, però suggeriscono che la perdita di tolleranza al glutine possa apparire in qualsiasi momento della vita a seguito di altri elementi. Inoltre, diversi fattori ambientali conosciuti per il loro ruolo nell’influenzare la composizione della microflora intestinale sono anche stati considerati legati allo sviluppo della CE. Tra questi fattori sono inclusi la modalità di parto, la dieta dell’infante e l’uso di antibiotici. A tutt’oggi, nessuno studio longitudinale di ampia scala ha determinato se e come la composizione del microbioma e il suo profilo metabolomico possano influenzare la perdita di tolleranza al glutine e il successivo sviluppo della CE in soggetti geneticamente predisposti. In questo articolo descriviamo uno studio prospettico, multicentrico e longitudinale su infanti a rischio per la CE che utilizzerà diverse tecniche per approfondire il ruolo che il microbioma intestinale ha durante i primi passaggi dello sviluppo della malattia autoimmune.

Parole chiave. Celiachia, coorte, genetica, glutine, medicina personalizzata, metabolomico, microbioma, prospettico.

Design of a genomic, environmental, microbial and metabolomic study on celiac disease: an approach to the future of personalized prevention of celiac disease.

Summary. Over recent years we have seen rising many clinical and scientific innovations about celiac disease (CE), however the most important innovation that will contribute to change the future of the research and clinic in this field is the natural history of the disease. For many years it has been though that a genetic predisposition and the exposure to gluten were necessary and sufficient to develop CE. Recent studies, however, suggest that the loss of tolerance to gluten may occur in any moment of life upon certain conditions. Furthermore, several environmental factors known to play a role in shaping the intestinal microflora have also been considered related to the development of CE. Delivery mode, the infant diet and the use of antibiotics are included among these factors. To this day no large scale studies have determined if and how the microbiome composition and its metabolomic profile may influence the loss of tolerance to gluten and the consequent development of CE. In this paper we describe a prospective, multi-centric and longitudinal study on infants at risk for CE that will use different techniques to better understand the role of the microbome during the first steps in the development of the autoimmune disease.

Key words. Celiac disease, cohort, genetic, gluten, metabolomics, microbiome, personalized medicine, prospective.

Introduzione

La celiachia (CE) è un’enteropatia autoimmune provocata dall’ingestione di cereali contenenti glutine (per es., frumento, orzo e avena) in soggetti geneticamente predisposti1. La CE rappresenta un modello unico di autoimmunità poiché, al contrario di altre malattie autoimmuni, si conoscono il fattore ambientale scatenante (glutine), l’associazione genetica con i geni dell’antigene leucocitario umano (HLA DQ2 o DQ8) e la risposta umorale autoimmune altamente specifica (auto-anticorpi contro le trasnglutaminasi)1. Ciononostante, i passaggi immediatamente successivi all’esposizione della mucosa al glutine che portano alla perdita di tolleranza e allo sviluppo del processo autoimmunitario sono ancora in gran parte sconosciuti. Studi recenti suggeriscono che la perdita di tolleranza al glutine non corrisponda sempre con il momento in cui il glutine viene introdotto nella dieta di soggetti geneticamente predisposti, ma che possa svilupparsi anche a distanza di anni a causa di stimoli ambientali ancora sconosciuti2.

Uno studio-prova di concetto pubblicato dal nostro gruppo ha mostrato l’esistenza di un’interazione tra un particolare microbiota e l’ospite che potrebbe causare l’alterazione di pathway metabolici, provocando così la produzione di specifici metaboliti e lo sviluppo della malattia autoimmune3.

Il microbioma intestinale è fondamentale per lo sviluppo del sistema immunitario e inizia a formarsi nell’utero. Poiché già dal primo anno d’età il microbiota assomiglia a quello dell’adulto, è ipotizzabile che fattori ambientali durante l’infanzia possano avere effetti duraturi4. Si pensa che molti fattori ambientali conosciuti per il loro effetto sulla composizione del microbioma intestinale abbiano anche un ruolo nello sviluppo della CE. Tra questi, la modalità del parto, il tipo di dieta dell’infante, le infezioni e l’uso di antibiotici5-11. La composizione del microbioma negli infanti a rischio di sviluppare una malattia autoimmune è diversa rispetto a quella di bambini senza rischio genetico3,12. Uno studio passato ha trovato che, quando paragonati a un gruppo non a rischio, i bambini geneticamente predisposti erano caratterizzati da una riduzione di Bacteroidetes e da un’abbondanza di Firmicutes3. Il loro microbiota mostrava una maturazione tardiva all’età di due anni3, mentre i bambini non a rischio avevano un microbiota maturo già a un anno d’età4. Dallo stesso studio è inoltre emerso che nei bambini che avevano sviluppato l’autoimmunità, i livelli di lattato nelle feci e la presenza di Lactobacilli nel microbioma erano elevati nel periodo precedente la comparsa di autoimmunità celiaca (comparsa di auto-anticorpi sierici)3. Un altro studio recente, che ha paragonato infanti con aplotipo DQ2 con infanti negativi per lo stesso aplotipo, ha suggerito la presenza di alterazioni precoci del microbioma nei soggetti geneticamente predisposti. Lo studio ha evidenziato differenze nella composizione del microbioma a un mese d’età con gli infanti portatori dell’aplotipo DQ2 caratterizzati da un’abbondanza di Firmicutes e Proteobacteria quando paragonati ai soggetti senza predisposizione genetica12. Due importanti studi che hanno seguito dalla nascita in modo prospettico infanti a rischio (parenti di primo grado affetti da CE) hanno trovato che la CE si sviluppa relativamente presto nei gruppi a rischio, evidenziando, quindi, il ruolo dei fattori ambientali precoci nello sviluppo della CE. Questi studi mostrano che il 16% degli infanti con un primo grado di parentela con soggetti celiaci e che presentano un HLA DQ2 e/o DQ8 svilupperanno la CE entro i cinque anni d’età, la maggior parte dei quali diagnosticati entro i tre anni5,6. Gli stessi studi hanno inoltre dimostrato che il 38% dei bambini con un primo grado di parentela con soggetti celiaci e che presentano due copie dell’aplotipo DQ2 sviluppano la CE entro i 5 anni d’età5,6.

La limitazione maggiore dell’esecuzione di studi preclinici su malattie infiammatorie gastrointestinali sta nel fatto che i modelli animali non rappresentano interamente la complessità delle interazioni tra l’ospite e il microbioma che influenzano l’attivazione di pathway specifici fondamentali per la regolazione della risposta immunitaria in umani.

A oggi, nessuno studio longitudinale di larga scala ha determinato se e come la composizione del microbioma intestinale e il profilo metabolomico possano influenzare la perdita di tolleranza al glutine e il conseguente sviluppo della CE in soggetti geneticamente predisposti. Per tale motivo, il nostro gruppo ha iniziato uno studio prospettico dalla nascita per studiare il ruolo che lo sviluppo del microbioma intestinale e il conseguente metaboloma hanno nella predisposizione alla CE.

Obiettivo

L’obiettivo dello studio genomico, ambientale, microbiomico e metabolomico sulla celiachia (CDGEMM) è di capire il ruolo che il microbioma intestinale gioca nei primi passaggi dello sviluppo della malattia autoimmune. Questo studio prospettico, longitudinale e osservazionale permetterà di approfondire la storia naturale della CE e di altre malattie autoimmuni. L’ipotesi di questo studio è che l’introduzione del glutine nella dieta, insieme alla particolare composizione del microbioma intestinale degli infanti geneticamente predisposti alla CE, sia in grado di attivare pathway metabolici specifici che contribuiscono alla perdita di tolleranza al glutine e allo sviluppo dell’autoimmunità. Il nostro obiettivo finale consiste nell’identificazione e nella validazione di specifici profili microbiomici e metabolomici che possano predire la perdita di tolleranza in bambini geneticamente a rischio di autoimmunità. Questo studio fornirà le informazioni necessarie per l’implementazione di interventi di prevenzione precoce per ristabilire la tolleranza e prevenire la CE.

Obiettivi specifici

I tre obiettivi specifici del CDGEMM sono:

1. Studiare i cambiamenti del microbioma infantile in relazione a specifici fattori ambientali, presenza o assenza dei geni predisponenti HLA DQ2 e/o DQ8, e in relazione allo stato di tolleranza verso la risposta immune che porta al danno intestinale tipico della CE.

2. Studiare variazioni del fenotipo metabolomico infantile in relazione allo stato di tolleranza vs la risposta immune che porta al danno intestinale tipico della CE.

3. Studiare l’impatto che metaboliti derivati da specifici batteri hanno sui pathway molecolari della mucosa intestinale che portano ai primi passaggi della patogenesi celiaca.

Disegno dello studio

Lo studio CDGEMM è uno studio multicentrico comprendente collaboratori negli Stati Uniti e in Italia. È supervisionato dal Mass General Hospital for Children della Harvard Medical School in Boston, Massachusetts (Clinical Trials identifier: NCT02061306). CDGEMM ha lo scopo di studiare i fattori genomici, ambientali, del microbioma e metabolomici che possono contribuire allo sviluppo della CE in maniera longitudinale. Oltre a continui screening sierologici per la CE fino ai cinque anni, saranno anche ottenute frequentemente informazioni ambientali dettagliate e un campione fecale sarà raccolto ogni 3 mesi per i primi 3 anni e ogni 6 mesi fino ai 5 anni d’età (figura 1). Il microbioma e il metaboloma infantili saranno paragonati longitudinalmente, con particolare attenzione alle differenze prima e dopo l’introduzione del glutine nella dieta, prima e dopo lo sviluppo della CE quando possibile e in relazione ad altri fattori ambientali. Oltre allo studio longitudinale eseguiremo anche un’analisi selezionata di casi clinici. Infanti che svilupperanno la CE saranno paragonati con infanti predisposti geneticamente, ma che non hanno sviluppato la malattia. Una seconda analisi paragonerà bambini che hanno sviluppato la CE con bambini che non hanno la predisposizione genetica per focalizzare l’attenzione sui fattori ambientali che possono contribuire all’alterazione del microbioma e alla predisposizione per lo sviluppo della CE.

Lo studio CDGEMM è stato disegnato con l’intento di minimizzare le visite e di massimizzare la presenza dei partecipanti. Nuove metodiche per la raccolta dati permettono di reclutare i pazienti online in tutti gli Stati Uniti e in Italia. Per permettere una facile compilazione, tutti i questionari sono distribuiti via e-mail. I pazienti senza accesso all’e-mail o che preferiscono non usare dati online possono richiedere di ricevere il materiale via posta e di compilare i questionari su carta. Il materiale per la raccolta di campioni fecali verrà mandato ai partecipanti e mandato indietro entro un giorno al nostro Centro di ricerca dove saranno immediatamente congelati a -80 °C13. I campioni di sangue potranno essere raccolti al Centro dello studio o in altri centri di cui si serve il pediatra del bambino. Questo permette di raccogliere il campione ai diversi tempi che corrispondono alle visite di routine dal pediatra. Tutti i campioni verranno mandati al nostro Centro di ricerca entro un giorno per mantenere le cellule vive e saranno conservati a -80 °C fino a quando saranno usati.

Partecipanti

Lo studio CDGEMM vuole reclutare 500 infanti di età compresa tra 0 e 6 mesi con un parente di primo grado affetto da CE. Circa metà dei pazienti saranno reclutati in Italia. La prima parte dei campioni deve essere raccolta prima dell’introduzione del cibo solido nella dieta, quindi i bambini a cui è già stato somministrato cibo solido saranno esclusi. La diagnosi di CE nel parente di primo grado deve essere confermata dall’istituto reclutante attraverso una revisione del referto di patologia ottenuto durante l’endoscopia diagnostica o di conferna. I pazienti che desiderano far parte dello studio, ma che non hanno avuto un’endoscopia di conferma, sono comunque considerati per lo studio. I bambini di cui i parenti presentano i criteri diagnostici pubblicati sulle linee-guida sono accettati per far parte dello studio14.

Raccolta dati

Informazioni sullo stato di salute, antropometriche e nutrizionali, sul domicilio e sull’ambiente vengono ottenute regolarmente. I dati sono raccolti attraverso questionari che sono inviati direttamente all’indirizzo e-mail del genitore secondo un programma basato sulla data di nascita del bambino. Quando i dati sono raccolti in questo modo, tutte le informazioni vengono introdotte direttamente dai partecipanti in un database centrale che utilizza il sistema di raccolta e processione dei dati online REDCAP. I genitori che non sono soliti usare il computer o che non ne hanno uno potranno ricevere per posta tutti i questionari su carta direttamente a casa secondo il calendario dello studio.

Questionari per i genitori e per i bambini

I questionari riguardano informazioni sulla dieta del genitore e del bambino come per esempio il tipo di nutrizione, il momento di introduzione del glutine e di altri cibi, il tipo e la frequenza dell’ingestione di cibo. Informazioni sulle abitudini alimentari del bambino e della madre sono raccolte attraverso l’ultilizzo di questionari accettati dall’Infant Feeding Practices Study II (IFPSII), creati dalla Food and Drug Administration (FDA) e i Centers for Disease Control and Prevention in collaborazione con altre agenzie governative15 e modificati perché identifichino al meglio la quantità e la frequenza di cibi contenenti glutine. Per quanto riguarda la coorte italiana, tutti i documenti saranno tradotti e modificati leggermente con la supervisione del principal investigator che è madrelingua italiana e inglese. Al momento del reclutamento, e a seguire a intervalli semestrali, verranno poste domande riguardanti la salute del bambino, l’uso di medicinali (inclusi antibiotici, probiotici), persone che vivono con il bambino, attività giornaliere e altri fattori ambientali. È incluso un diario dei sintomi dai 6 mesi in su e la lista delle vaccinazioni viene aggiornata annualmente. Verrà consegnato un diario mensile della dieta e degli antibiotici durante il primo anno di vita, a partire dalla nascita e a 15 mesi d’età, per assicurare che informazioni sull’introduzione di cibi e di antibiotici sia riferita con accuratezza.

Marker sierologici

Il siero viene raccolto ogni 6 mesi per i primi tre anni e poi annualmente fino alla fine dello studio. Un campione iniziale è raccolto prima dell’introduzione del cibo solido per gli studi di baseline. I livelli di immunoglobulina A (IgA) transglutamminasi (tTG) vengono analizzati usando QUANTA Lite Rh-tTG IgA ELISA (INOVA Diagnostics, San Diego, CA, USA). Vengono anche analizzate la sierologia per IgA e immunoglobulina G (IgG) anticorpo contro gliadina deamidata usando QUANTA Lite Celiac DGP Screen (INOVA Diagnostics, San Diego, CA, USA). Se un paziente risulta positivo per IgG dGP, verrà fatto un esame per i livelli di IgA al fine di verificare la deficienza di IgA. I genitori ricevono informazioni sulle analisi sierologiche del bambino durante il periodo dello studio, in particolare dopo ogni prelievo di sangue.

Sangue intero

Per i bambini che sono stati reclutati in gestazione, un campione di sangue intero viene raccolto al momento della nascita attraverso il cordone ombelicale per essere conservato nella nostra banca campioni per studi epigenetici. Un altro tubo di sangue intero viene raccolto all’età di un anno per l’HLA-test usando il DQ-CD screening kit (Biodiagene, Palermo, Italia). I risultati dell’HLA-test vengono riferiti ai genitori quando il bambino compirà 18 mesi. Il DNA dal sangue viene estratto e conservato a -20 °C (QiAmp DNA Blood Maxi Kit, QIAGEN, Hilden, Germania). Sangue caogulato viene conservato a -80 °C per uso futuro.

Campioni fecali

Le feci del bambino vengono raccolte al momento del reclutamento, che può avvenire al più presto a 7 giorni dalla nascita (figura 1). Per i bambini reclutati più tardi, la raccolta del campione fecale può avvenire in qualsiasi momento dopo i 15 giorni e prima dei tre mesi. Un campione fecale viene poi raccolto ogni tre mesi durante i primi tre anni e poi ogni sei mesi fino al completamento dello studio. Ogni campione fecale viene raccolto in contenitori speciali per analisi del microbioma, la sua analisi genetica (cosiddetta “metatrascriptomica”), per la metabolomica o per uso futuro. I campioni fecali sono congelati per 24 ore a casa del partecipante per assicurare l’integrità del campione durante la spedizione e quindi impacchettati con un sacchetto ghiacciato per una spedizione overnight al centro di ricerca di riferimento13,16.




Campioni materni

I genitori che decidono durante la gestazione di far partecipare allo studio il proprio bambino hanno la possibilità di consegnare un campione di latte materno e un campione fecale materno al momento del reclutamento del bambino a 7 giorni di vita.

Diagnosi di celiachia

I pazienti che risultano positivi per IgA tTG o IgA dGP o quelli con deficienza di IgA che risultano positivi per IgG dGP saranno sottoposti a test sierologici ripetuti tre mesi dal primo test positivo. Se il secondo test risulta positivo, verrà fatto un test anti-endomisio (EMA) di conferma. Dopo due test positivi, il paziente sarà mandato al centro di riferimento o dal pediatra gastro-enterologo più vicino per biospia di conferma che permette la diagnosi di CE.

Fattori di interesse

Ambientali

Storicamente, la modalità del parto, il tipo di nutrizione del bambino e l’introduzione del glutine nella dieta dell’infante sono stati valutati per il loro contributo allo sviluppo della CE. Nonostante in passato il parto vaginale e un aumento della durata dell’allattamento siano stati considerati protettivi contro lo sviluppo della CE, a oggi tale evidenza non sembra consistente. Per quanto riguarda la modalità del parto, la precedente associazione tra il parto cesareo e un aumentato rischio di sviluppo della CE7 non sembra più essere confermata8. Emilsson et al.8 hanno analizzato i dati dal Norwegian Mother and Child Cohort Study (MoBa) che comprendeva circa 114.000 soggetti, per approfondire l’esistenza di tale relazione e hanno conscluso che il parto cesareo non era associato con un aumentato rischio per la CE17. Un recente studio di meta-analisi di Szajewska et al.9 ha considerato i risultati di 21 studi, tra i quali erano comprese coorti in larga scala osservazionali e interventistiche9. Questa meta-analisi ha rivelato che l’allattamento, sia esclusivo sia combinato al latte in polvere, non riduce il rischio di CE. La stessa meta-analisi, in accordo con gli studi prospettici di Lionetti et al.5 e di Vriezinga et al.6, ha concluso che il momento di introduzione del glutine nella dieta dell’infante non altera in maniera significativa il rischio di sviluppo della CE dai tre ai cinque anni9. Questo risultato è in contrasto con lo studio epidemico svedese sulla CE pubblicato nel 200018, in cui un significativo aumento del numero di casi di CE era stato associato a una revisione delle linee-guida svedesi, che raccomandavano di introdurre glutine nella dieta dell’infante dopo i 6 mesi. In quel momento, l’incidenza di CE (ogni 100.000 nascite) ai due anni d’età era aumentata dall’1,7 ai 3,7 casi.

L’esposizione agli antibiotici in età infantile è anche stata proposta come fattore contribuente lo sviluppo della CE. Canova et al.10 hanno trovato che infezioni avvenute nel primo anno d’età erano significativamente associate con istologia confermante CE. È stato inoltre riportato un effetto dose-dipendente degli antibiotici per cui un elevato uso di antibiotici aumentava il rischio di sviluppo della CE11. È stato dimostrato che anche lo stato socio-economico è in grado di influenzare lo sviluppo della CE, con la CE più frequente in bambini con alto stato socio-economico rispetto a quelli di più basso stato10. Infatti, le autoimmunità in generale sono state riscontrate meno frequentemente in bambini con stato socio-economico più basso, confermando la, a lungo dibattuta, hygiene hypothesis10.

Lo studio CDGEMM è stato appositamente disegnato per prendere in considerazione le sopra elencate variabili e altre soprattutto attraverso il resoconto dei genitori dal momento della nascita. La modalità del parto è riportata dai genitori durante la compilazione del documento di reclutamento. Un diario sull’uso degli antibiotici viene completato mensilmente dai genitori durante il primo anno di vita e diari alimentari compilati allo stesso momento forniscono informazioni sull’allattamento (o altro tipo di nutrizione) e il momento di introduzione del glutine nella dieta. Dopo il primo anno d’età, sebbene meno frequentemente, l’uso di antibiotici viene riportato al momento della raccolta dei campioni fecali fino al termine dello studio. Sebbene il diario alimentare non sia più presente a quel momento, informazioni riguardo le abitudini alimentari del bambino e della madre continuano a essere riportate ogni sei mesi.

Genetici

Ipotizziamo che gli studi fatti finora sui fattori ambientali siano risultati inconsistenti soprattutto per il fatto che i fattori ambientali contribuiscono allo sviluppo della malattia in modo diverso a seconda dell’ospite. Sebbene molti dei fattori sopra elencati abbiano probabilmente un ruolo nello sviluppo della CE, è ipotizzabile che il numero o la combinazione di tali elementi associati con una particolare predisposizione genetica siano in grado di influenzare il microbioma e il conseguente metaboloma al punto da alterare la fisiologia dell’ospite e provocare così la perdita di tolleranza e lo sviluppo della malattia autoimmune. La compatibilità genetica con HLA DQ2 e/o HLA DQ8 è necessaria per lo sviluppo della CE. Lo studio in larga scala di Lionetti et al.5 ha recentemente trovato che la CE si sviluppa più frequentemente in soggetti omozigoti per la variante HLA DQ2 (DQA1*05-DQB1*02) se paragonati a soggetti eterozigoti, confermando così gli studi che suggeriscono che l’omozigosi di questo allele rappresenti un elemento di alto rischio per lo sviluppo della CE11. I risultati di Lionetti et al. sono particolarmente interessanti in quanto suggeriscono l’importanza diagnostica della genotipizzazione per l’HLA in bambini a rischio per CE e ipotizzano che fattori ambientali precoci possano contribuire in modo diverso allo sviluppo della malattia a seconda del genotipo.

Microbioma/metaboloma

È difficile isolare gli effetti che specifici variabili ambientali hanno sullo sviluppo della CE senza prendere in considerazione l’interazione con il microbioma. L’effetto protettivo contro la CE del parto vaginale pubblicato in passato è facilmente attribuibile alla variabilità della composizione del microbioma che deriva dalle diverse modalità di parto19. Similmente, l’uso di antibiotici durante i primi anni di vita è stato associato a un aumentato rischio di sviluppo della CE20,21 e potrebbe essere spiegato attraverso le alterazioni nel microbioma in via di sviluppo che gli antibiotici provocano20. La coorte CDGEMM rappresenta un’opportunità unica di associazione dei dati ambientali con quelli riguardanti il microbioma, la metagenomica, la metabolomica e la genetica in grado di creare un modello peronalizzato e causale di prevenzione della CE in soggetti geneticamente predisposti.

Analisi statistica

Power di analisi

Il nostro power (figura 2) è basato sui nostri dati pubblicati recentemente5,6. Assumendo che: a) 500 infanti saranno reclutati durante il periodo pilota e che, considerata la durata dello studio e la similitudine con altri studi5,6, non più del 20% abbandonerà lo studio, 400 infanti completeranno il protocollo pilota; b) la probabilità di avere anticorpi positivi per la CE nel siero tra i 18 e 24 mesi in parenti di primo grado di soggetti con CE è prevista essere del 10%, indipendentemente dalla compatibilità dell’HLA; c) 70% dei parenti di primo grado sono positivi per HLA DQ2 e/o DQ8 (basato sui nostri dati preliminari); d) basandoci sul punto a) e b), la probabilità di avere auto-anticorpi sierologici positivi tra 18 e 24 mesi in soggetti non compatibili per HLA tra parenti di primo grado di soggetti con CE è del 13,3%; e) il minimo cambiamento misurabile nella probabilità nella CE è del 10%, prevediamo che durante il periodo dello studio circa 50 bambini svilupperanno CE.




La CE è un modello unico di malattia intestinale infiammatoria in quanto si conosce l’elemento ambientale scatenante (glutine) e, di conseguenza è rintracciabile l’esatto momento di esposizione. Data la forte associazione con l’HLA DQ2/DQ8, questo studio permette di avere i perfetti gruppi di controllo, sia soggetti negativi per l’HLA DQ2/DQ8 per l’analisi di sottrazione sia i soggetti suscettibili che non hanno perso la tolleranza per identificare i metaboliti associati con la perdita di tolleranza al glutine. Inoltre, i bambini che svilupperanno la CE verranno analizzati longitudinalmente a diversi tempi, prima e dopo lo sviluppo della CE.

Sviluppo di un modello integrativo a multilivello per prevedere la celiachia

Lo studio CDGEMM, con tutte le misurazioni incluse, servirà a creare un grande database comprendente le informazioni ambientali e multi-omiche. Richiederà, quindi, una notevole e sofisticata analisi statistica computazionale. Abbiamo l’intenzione di applicare un’analisi di dati integrati (IDA) che considererà i dati biologici, genetici e ambientali dei partecipanti al CDGEMM. L’integrazione dei dati crudi multi-omici per creare modelli predittivi per lo sviluppo della CE rappresenterà un’innovazione importante che permetterà di meglio comprendere questa malattia multifattoriale.

Modelli a multilivello di mediazione-moderazione permettono di creare un modello di correlazione dei dati raccolti (per es., diversi tempi per un solo soggetto) e di analizzare l’effetto di un fattore come possibile ponte (mediatore) o attenuatore/amplificatore (moderatore) della relazione tra due variabili.

Questi modelli di mediazione-moderazione verranno usati con i dati raccolti dai campioni infantili e dei genitori, integrando i dati sierologici, genetici e fattori ambientali – tra cui modalità del parto, antigeni nutrizionali, uso di antibiotici e molti altri – con l’informazione microbiale e quella sui fenotipi dei pathway metabolici, in modo da elaborare modelli causativi che possano evidenziare un pattern individuale per la perdita di tolleranza al glutine.

Nello specifico verranno esaminati: 1) gli effetti genomici sulla proteomica mediati dal microbioma e l’attività metabolica sul proteoma finale; 2) l’effetto dell’ambiente (regione, rurale verso urbano) sul microbioma intestinale e sui metaboliti prodotti; 3) l’effetto di mediazione che la metatranscrittomica ha sullo sviluppo della CE. Inoltre, c’è bisogno di ottenere una descrizione e identificazione dei meccanismi attraverso i quali fattori ambientali e stile di vita (dieta, uso di antibiotici) contribuiscono alla perdita di tolleranza al glutine e allo sviluppo della CE. I fattori coinvolti cambieranno a seconda di altri elementi come l’HLA, il tempo, la frequenza e il tipo di antibiotico usato, dieta e modalità di parto, tutti fattori che a oggi nessuno studio ha considerato insieme. Tale progetto di ricerca ha lo scopo di testare possibili meccanismi attraverso lo studio dell’interazione tra i diversi fattori. I dati ottenuti potrebbero contribuire alla formazione di strategie personalizzate per chiarire l’eziologia della perdita di tolleranza al glutine attraverso l’identificazione di biomarker predittivi che possano prevedere la CE. Il modello, inoltre, potrà essere applicato ad altre malattie autoimmuni come il diabete mellito di tipo 1.

Il disegno concettuale proposto (figura 3) si basa sulla letteratura ambientale e biologica22-25 ed esamina l’interazione tra biomarker, fattori ambientali, fattori genetici e fattori individuali. Lo sviluppo della perdita di tolleranza al glutine sarà misurata come una variabile dipendente continua basata sui livelli di tTG IgA. La diagnosi di CE sarà confermata da endoscopia duodenale. Ciò premesso ci aspettiamo di osservare:

1. Percorso a: un percorso causale tra la genetica e l’effetto finale dello sviluppo della CE con il microbioma come mediatore (a1Xa2), tale che il microbioma intestinale debba essere alterato perché la genetica possa influenzare lo sviluppo della CE (pressione epigenetica mediata dal microbioma).

2. Percorso b: un percorso causale dell’effetto del microbioma sulla CE mediato (b1Xb2) dall’attività metabolica dei batteri intestinali, che, attraverso la produzione di metaboliti, hanno un effetto sul trascrittoma e metaboloma intestinale. Ciò include un percorso bidirezionale tra il microbioma e la metabolomica che esamini come il metabolismo possa alterare il metabolismo microbiale e, infine, il rischio di CE.

3. Percorso c: un percorso bidirezionale tra il trascrittoma e il microbioma, in cui la loro relazione causale dipende l’uno dall’altro.

4. Percorso d: una relazione diretta tra i fattori di stile di vita (qui rappresentati dalla dieta e dall’uso di antibiotici) e lo sviluppo della malattia (d1Xd2) mediato dalle alterazioni del microbioma.

5. Percorso e: l’ambiente (comprese le caratteristiche della regione, urbano verso rurale, numero di individui viventi nella casa, ordine di nascita, presenza di animali domestici) alterante lo sviluppo della malattia viene considerato mediatore e ha un effetto sulla composizione del microbioma e il metaboloma risultante, che a sua volta influenza l’espressione genica e proteica.

6. Modello intero: i diversi tempi saranno raggruppati per ogni caratteristica individuale, analizzando tutti i percorsi sopra elencati (figura 3), gli individui saranno raggruppati nelle famiglie e le famiglie nelle regioni.




Conclusioni

L’implementazione di strategie di prevenzione primaria per le CE attraverso la manipolazione del microbiota rappresenta un totale cambiamento di paradigma nella patogenesi delle autoimmunità e per il trattamento a vita delle malattie autoimmuni. L’identificazione di specifici fenotipi metabolici per la CE può aiutare a definire nuovi metodi diagnostici e interventi terapeutici. Inoltre, la raccolta di campioni del CDGEMM permetterà di svolgere nuovi studi epigenetici e la validazione di biomarker. I nostri dati potrebbero avere un impatto importante anche su altre malattie autoimmuni pediatriche nelle cui patogenesi è stato ipotizzato un ruolo dell’interazione dieta-genoma-microbioma. Questo, di conseguenza, potrebbe aiutare a iniziare nuove strategie per rimodellare il processo di tolleranza al glutine e altri antigeni ambientali, aprendo perciò le porte a nuovi approcci di prevenzione/trattamento delle malattie autoimmuni. Poiché 3 milioni di persone negli Stati Uniti sono affette da CE e più o meno 17 milioni soffrono di un’altra malattia autoimmune senza nessuna strategia per prevedere tali malattie, i dati ottenuti da CDGEMM potrebbero avere un notevole impatto nella salute della popolazione pediatrica26.

Ringraziamenti: questo lavoro è stato reso possibile con il supporto di The Lawrence Ellison Foundation, Mead Johnson Nutrition, The Harvard Catalyst, The Harvard Clinical and Translational Science Center (NCRR and NCATS, NIH Award UL1 TR001102) e il contributo finanziario dell’Università di Harvard e le sue istituzioni affiliate.

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