Il medico è un animale sociale.
La vita di chi cura tra letture, scritture e relazioni umane

Salvo Fedele1

1Pediatra di libera scelta, Palermo.

Pervenuto il 27 luglio 2016.

Riassunto. Si tratta di una lettera a un giovane amico che è diventato un pediatra. A scriverla è un anziano pediatra che cerca di trasmettere qualcosa di utile. Le vite di coloro che curano sono fatte di molte relazioni umane, di molta lettura, di differenti interpretazioni di queste relazioni e di queste letture. Ognuno di noi costruisce nel corso degli anni il proprio modello etico, la propria capacità di discutere di nuovi problemi e di nuovi casi con i colleghi, la propria capacità di analizzare criticamente la letteratura scientifica, nonché la volontà di ascoltare i pazienti e le famiglie. In altre parole, ognuno di noi costruisce il proprio modo di essere un medico. Infatti, come la vita del medico si sviluppa nel corso degli anni, ognuno di noi costruisce i propri difetti. E con il tempo i nuovi e i vecchi difetti si sovrappongono così come le nostre più belle aspirazioni. Il nostro modo di essere medico cambia per molte ragioni, ma soprattutto cambia per effetto del mondo che ci circonda. La vita del medico entra nella vita delle persone. I nostri difetti entrano nella vita delle persone e sono difficili da cambiare, molto più che da interpretare. La scrittura è il modo migliore per entrare nella nostra vita, per rimanere in allerta, per scoprire come la “nostra” coscienza viene modellata e da chi. Le riviste scientifiche hanno le proprie regole, e queste regole non sempre coincidono con quelle di una scrittura onesta, ma un altro amico ha chiesto all’autore di cercare di renderli compatibili e così ha scoperto che a volte queste regole potrebbero anche essere utili. I buoni amici sono la chiave per diventare un medico.

Parole chiave. Pediatra, rapporto medico-paziente, scrittura.

The doctor is a social animal. The lives of those who care between reading, writing and human relationships.

Summary. This is a letter to a young friend who has become a paediatrician. It is a senior paediatrician, trying to transmit something useful, that writes it. The lives of those who care are made of many human relationships, a lot of reading, more different interpretations of these relationships and these readings. Each of us will build over the years their ethical model, their ability to discuss new problems and new cases with colleagues, their ability to critically analyse the scientific literature as well as the willingness to listen to patients and families. In other words each of us builds their own way of being a doctor. In fact, as the doctor’s life goes on over the years, each of us builds “their” own defects. And with time the new and old defects will overlap as well as our most beautiful aspirations. Our way of being doctor changes for many reasons, but mainly it changes due to the effect of the world around us. The doctor’s life enters into people’s lives. Our defects enter into people’s lives and are hard to change, far more than to interpret. Writing is the best way to enter our lives, to remain alert, to discover how “our” consciousness is shaped and by whom. Scientific journals have their own rules, and these rules do not always coincide with those of honest writing, but another friend asked the author to try to make them compatible and so he discovered that sometimes these rules could even be helpful. Good friends are the key to becoming a doctor.

Key words. Doctor-patiente relationship, paediatrics, writing.

Oggi un mio giovane amico che conosco da tanto tempo (da quando era molto piccolo) è diventato pediatra. Un giorno di festa per lui e la sua famiglia, che è fatta tutta di amici molto cari e che hanno dato molto alla mia vita. Un giorno ricco di emozioni, ma anche un’occasione importante per riflettere su quello che, come vecchia generazione, lasciamo a questi ragazzi (un eufemismo per descrivere la loro età molto matura).

Che dirvi? Vi abbiamo costretti a frequentare una scuola di formazione che ha molte pecche (ma io non le conosco nei dettagli) e certamente molti pregi (che io conosco anche meno). Vi abbiamo costretto a un lunghissimo percorso di studi e adesso quel che vi aspetta è un futuro lavorativo incerto (il blocco delle assunzioni continua nonostante le evidenti carenze negli organici). Vi offriamo una formazione continua post-diploma sicuramente non all’altezza della vostra preparazione di base (potrei dilungarmi su questo aspetto che conosco un po’ di più, ma non è il momento). E allora? Mi piacerebbe darvi dei consigli su come evitare gli errori più facili in cui si incappa in questo lavoro e poi penso al mio mestiere e alla frase che mi viene più facile pronunziare con le neo-mamme: “Suvvia signora è semplice, ascolti tutti, annuisca e poi faccia come vuole” e mi rendo conto che non sono proprio adatto a dare “buoni consigli comportamentali”.

Eppure ci sarà qualche cosa in cui posso essere di aiuto. Come si fa in questi casi? Si immagina un iceberg contro cui si batte con la nave? A quel punto cosa ti viene in mente da dire? Non credo che in occasioni simili si abbiano buoni consigli da dare e, poi, perché bisogna essere in situazioni estreme per tirar fuori qualche cosa di buono? Certo questa metafora non mi viene difficile da immaginare nella situazione attuale del Servizio Sanitario Nazionale (SSN): la nave, l’iceberg e noi. Se debbo però pensare al vostro futuro, questa non mi sembra un’immagine di buon auspicio: e allora? Potrei parlarvi di tutti i miei difetti? Un elenco lungo. Potrei parlarvi di tutti i difetti che non sono riuscito a correggere nel tempo? L’elenco resta pressoché lo stesso.




Ecco, questa potrebbe essere una buona idea. Non è vero che con il tempo non si riesca a capire il groviglio di difetti che caratterizza ciascuno di noi nel nostro lavoro. Allora qual è la ragione principale per cui si cambia poco e si finisce per essere troppo indulgenti con se stessi? Per esempio, si può essere “troppo” rigorosi dal punto di vista etico o si può essere “troppo poco” rigorosi. Si può coltivare l’attitudine a confrontarsi con altri colleghi su problemi e casi clinici e lo si può fare “troppo” o “troppo poco”. Si può decidere che una priorità importante della propria formazione è l’abitudine a leggere e a interpretare in modo critico la letteratura scientifica. Anche questa volta lo si può fare “troppo” o “troppo poco”. Si può coltivare la propria attitudine ad ascoltare e a interpretare correttamente i messaggi delle famiglie: “troppo” o “troppo poco”. Ci si può interrogare ogni giorno sulle proprie attitudini, capacità, conoscenze, le nuove attitudini, capacità e conoscenze.
Ancora una volta “troppo” o “troppo poco”.

Ma chi definisce quel “troppo” o quel “troppo poco”? Non è la nostra coscienza, ma l’insieme di relazioni che ci circondano: colleghi con cui continueremo a scambiare esperienze e impressioni quotidiane; famiglie e pazienti e il loro modo di sentire il rapporto che gli dobbiamo. Sono queste interazioni che condizioneranno il vostro vissuto e semmai faranno la “vostra coscienza”.

Un medico ha l’obbligo e la necessità di essere un animale sociale. L’insieme di colleghi che rappresenterà il vostro principale referente (soprattutto per le occasioni di lavoro che avrete) condizionerà fortemente il vostro modo di sentire il “troppo” o il “troppo poco”. Verrete condizionati pesantemente (e non sempre in modo positivo) anche dal sentire comune della piccola/grande realtà in cui vivrete circa le modalità “scontate” che un medico deve avere con la società di famiglie e pazienti1. Qualche esempio? Nessuno dei vostri pazienti vi dirà mai dell’importanza di studiare un nuovo problema, ma tutti rivendicheranno “più” tempo per loro (“più” servizi, “più” disponibilità telefonica, “più” accoglienza). Verrete giudicati per il “più” che vi chiedono e non per il “più” che darete davvero. Cercate di bilanciare il “vostro più” anche sul versante di quel che serve davvero.

Ecco, finalmente forse ho qualche cosa da dire. Scegliete con cura il vostro gruppo di colleghi con cui scambierete il “più” della vostra vita lavorativa e, se non avrete avuto la possibilità di scegliere, ricordatevi sempre che non li avete scelti e cercate di capire come cambia il vostro modo di essere medico per effetto della contiguità quotidiana con questi colleghi. Cercate di capire come cambia nel tempo la società e il sentimento della società circa il rapporto “dovuto” dai medici. Purtroppo alcune cose non si capiscono finché non si ha la sventura di diventare pazienti2. Cercate di posticipare il più possibile questa esperienza, ma ricordate che i racconti personali dei medici (dal versante paziente) possono avere un valore formativo straordinario e, se anche vi annoiano, provate ad ascoltare lo stesso. Talvolta sono in grado di stravolgere persino quelle che considerate le interpretazioni più consolidate3.

E, infine, ricordate di scrivere. Forse questa è proprio l’unica cosa di cui non sospettavo l’importanza all’inizio della carriera. Il vostro scrivere prima o poi sarà utile a qualcun altro, ma anche quando finendo di scrivere vi accorgerete di essere stati di poco aiuto (come probabilmente in questo caso) avrete capito qualcosa di inaspettatamente nuovo di voi. Scrivete per raccontare, per indignarvi, per mostrare le vostre passioni. Scrivete per comunicare quel che vi succede. Ricordate che la professione medica entra nella vita delle persone mentre la scrittura a volte scava in voi stessi e può esprimere qualche cosa di nuovo o di utile del vostro vero modo di essere. Le riviste scientifiche hanno le loro regole e non sempre queste coincidono con quelle della vera scrittura, ma una volta un amico mi ha chiesto di tentare… e renderle compatibili e ho scoperto in quell’occasione che talvolta persino le regole possono essere d’aiuto, un buon esempio dell’importanza di chi vi circonda. Coltivando quest’attitudine imparerete anche a non sottrarre tempo prezioso alla più proficua delle attività umane che è leggere. Ancora una volta il tempo vi aiuterà a scegliere cosa e con chi, ma non dimenticate che molto (forse troppo) non avrete opportunità di incontrare (forse di saper vedere, nella vita come nelle letture) e questa consapevolezza vi aiuterà a non trasformare il vostro sapere nella stupidità della presunzione e dell’arroganza.

Avete splendide opportunità innanzi a voi, non permettete a nessuno di sconfiggere la novità che rappresentate nel futuro SSN.

Ricordate la fiducia con cui una famiglia vi affida un bambino, i nostri bambini. La fiducia è un dono che non si può mai deludere, ma purtroppo il nostro è un mestiere difficile fatto anche di errori. L’importante è provare a non tradirla mai con tutto l’impegno possibile.

Bibliografia

1. Geddes da Ficalia M. Cliente, paziente, persona. Ricerca e Pratica 2012; 28: 28-9.

2. Fontanella L. La comunicazione diseguale. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2011.

3. Nuland S. TED [Internet] How electroshock therapy changed me. 2001 Oct - [updated 2003 Aug 13; cited 2016 Lug 25]. Available from: http://www.ted.com/talks/sherwin_nuland_on_electroshock_therapy?