Cinema e medicina

a cura di Luciano De Fiore

Narciso al cinema?

Anche la sua compagna non scherza

Su La La Land, di Damien Chazelle

Thomas Ogden1 ha commentato di recente un passo complicato di Bion, a proposito del desiderio. Nel quale Bion invita l’analista a guardarsene, così come dalla memoria: «I desideri interferiscono con l’attività di giudizio, rendendoci assenti mentalmente quando l’osservazione invece è essenziale. I desideri distorcono il giudizio operando una selezione e una repressione del materiale che deve essere giudicato». Perché? In sostanza, perché memoria e desiderio, alimentandosi di impressioni sensoriali, servono il freudiano principio di piacere, fabbricando il passato come avremmo voluto che fosse e trattando il futuro come se fossimo capaci di prevederlo. Depotenziando così l’attenzione al presente e – dice Bion – diventando addirittura “nemici della verità”.

Il breve e complesso testo di Bion2 sembra mettere in prosa il celebre attacco de La terra desolata, col quale anche T.S. Eliot stringeva insieme memoria e desiderio, invitando a strappare entrambi alla tutela del passato. Tagliando il cordone che lega la memoria del passato al desiderio si affrancherebbe quest’ultimo dall’ipoteca narcisistica e consolatoria del ritorno. Il soggetto sperimenterebbe così l’informe e liberante illimitatezza del desiderio allo stato puro. E l’Io diverrebbe, al tempo stesso, indispensabile e intollerabile3.

Tenendo invece stretto il nesso tra memoria e desiderio, secondo Bion ci si consegnerebbe alla sua forma narcisistica e consolatoria. Come accade ai due bravi e acclamatissimi Emma Stone (Mia) e Ryan Gosling (Sebastian), protagonisti del fortunato La La Land di Damien Chazelle, pluripremiato agli Oscar di quest’anno. I quali, agli inizi del film, s’incontrano e si sfiorano per caso più volte, fin quando intuiscono che potrebbero tornarsi utili reciprocamente, rispecchiando il proprio narcisismo l’una nell’altro, grazie alla virtù dello specchio che rende possibile il riconoscimento della propria immagine attraverso l’immagine dell’altro. La realtà, in California, non ostacola il sogno, anzi è lì per servirlo. Basta scavalcare qualche ostacolo lungo la via della gloria, per esser fedeli ai propri desideri.

Insieme, li alimentano col passato: il loro primo appuntamento è al cinema per vedere Gioventù bruciata. Mia vuol divenire attrice e autrice dei suoi monologhi, abbigliata come una starlet degli anni Cinquanta con vestitini color pastello a vita stretta. Sebastian è un pianista di talento e ha una passione divorante per i grandi del jazz e desidererebbe un locale tutto suo dove farlo godere in purezza.

Solo che, se si resta impigliati nella propria immagine allo specchio, il mondo perde in breve la sua attrattiva. Gli occhioni smisurati di Mia non bastano più allora come specchio alla costituzione dell’autocoscienza di Seb, trasformandosi anzi in una prigione. E viceversa. Per dare corso pieno all’ipertrofia del proprio Sé, i due ragazzi devono separarsi. Mia e Sebastian volano allora come frecce scoccate verso il bersaglio: inverare i loro sogni personali.




Passano cinque anni. Tornata a LA, Mia entra attratta dal suono di un piano che le sembra di riconoscere nel locale di Sebastian. Il loro destino non sarebbe cambiato neppure se le cose avessero preso una piega diversa, restando insieme: con il più classico effetto sliding doors, Mia fantastica una storia egualmente possibile al fianco del pianista che l’aveva fatta innamorare. E l’ultima frase di Mia a Seb (“I’m always gonna love you”) suona in effetti come un riconoscimento a chi le è servito da trampolino di lancio. Comunque, un successo: LA sembra conoscere solo affermazioni e idealizzazioni. Qualsiasi uomo avesse avuto al suo fianco, Mia ce l’avrebbe fatta, le stelle − richiamate dal tema musicale e dall’osservatorio Griffith che fa da sfondo a due delle scene-madri del film − le avrebbero comunque sorriso. Idem per Seb: Mia o non Mia, il suo ego ipersviluppato avrebbe trovato comunque uno spazio adeguato dove esibirsi.




Bibliografia

1. Ogden TH. Vite non vissute. Esperienze in psicoanalisi. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2016, p. 73 e segg.

2. Bion WR (1967). Note su memoria e desiderio. In: Bott Spillius E. Melanie Klein e il suo impatto sulla psicoanalisi oggi. Roma: Astrolabio, 1995.

3. Cfr. Ciaramelli F. La distruzione del desiderio. Il narcisismo nell’epoca del consumo di massa. Bari: Dedalo, 2000.