In questo numero

Tra gli argomenti affrontati in questo numero, scegliamo l’innovazione e le controversie legate all’introduzione di nuove tecnologie nella pratica clinica. È il tema dell’editoriale di Massimo Di Maio, che prende spunto da uno studio pubblicato sul BMJ che ha analizzato l’impatto sulla salute dei pazienti dei farmaci oncologici approvati dalla European Medicines Agency tra il 2009 e il 2013. Lo studio ha suscitato molto interesse perché è tornato a sottolineare come molte nuove terapie non abbiano portato benefici significativi in termini di aumento della sopravvivenza dei malati di cancro. Terapie sempre molto costose che sottraggono risorse ad altri interventi, sollecitando così la reazione indignata dei professionisti che lavorano in altri ambiti disciplinari, penalizzati dalle corsie preferenziali di cui godono alcune classi di farmaci. «Negli anni più recenti – commenta Di Maio – la consapevolezza della necessità di “alzare la barra” del valore dei trattamenti oncologici è andata aumentando, non solo nell’autorità regolatoria ma anche nella stessa comunità oncologica e nelle società scientifiche». Questo potrebbe portare a una valutazione più equilibrata dell’innovazione e a un’allocazione delle risorse meno sbilanciata in favore di ambiti – come quello oncologico o epatologico – che sono stati particolarmente favoriti in Italia come in altri paesi.

Di innovazione parla anche Eugenio Santoro che racconta e commenta le vicende legate al lancio commerciale di Watson for oncology, il sistema sviluppato da IBM in collaborazione con lo Sloan Memorial Kettering Cancer Center per supportare l’attività degli specialisti oncologi: alcune di queste critiche – spiega Santoro – «si concentrano sui possibili bias metodologici che il sistema rischia di introdurre sia nella fase di training (i dati utilizzati per istruire il sistema provengono dalle storie cliniche dei pazienti statunitensi, usati come standard), sia nella scelta dei protocolli terapeutici da implementare (basati prevalentemente su studi e linee guida statunitensi). Su questi aspetti è nota la posizione di diversi autori che osservano come eventuali bias insiti nei sistemi di intelligenza artificiale possano discriminare i pazienti non sufficientemente rappresentati e portare quindi a conclusioni errate se non pesati e considerati a sufficienza. Altre, secondo lo stesso report, hanno a che fare con il numero, per ora limitato, di forme di tumore che il sistema è in grado di riconoscere, e con la difficoltà a istruire nuovamente il sistema ogni volta che le linee guida sulle quali basa le sue decisioni cambiano o vengono aggiornate». Problemi simili a quelli incontrati dal progetto Oncology Expert Advisor, altra iniziativa della IBM stavolta in collaborazione con il MD Anderson Cancer Center, «che ha visto andare in fumo 60 milioni di dollari in 4 anni».

Quale margine di rischio può mettere in conto la sanità pubblica nel tentativo di migliorare le cure dei pazienti e la salute dei cittadini attraverso un’introduzione precoce dell’innovazione tecnologica? Come riuscire a trovare un punto di equilibrio tra la prudenza nell’adozione delle novità terapeutiche e organizzative e la necessità di premiare tempestivamente l’impegno nella ricerca svolto dalle imprese? In mancanza di innovazione dirompente, è possibile – e come – valorizzare un’innovazione incrementale fatta da piccoli passi senza mettere a rischio la salute dei cittadini e depauperare le risorse pubbliche?

In questi numeri