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«It was just a realization of a dream that you could actually change the outcome of cancer for so many patients. I think that’s what’s been so inspirational: how uniquely privileged we are to participate in what is really a sea change in how cancer patients have been looked after». La dichiarazione di Roy Baynes sembra dare ragione a chi sostiene che Merck sia l’azienda vincitrice di quella specie di campionato mondiale dell’oncologia che è da tempo il meeting annuale dell’American society of clinical oncology (ASCO). Piazza d’onore probabilmente assegnata ad Astrazeneca: «We believe that we’re on a trajectory to be one of the top three global oncology players in the next five years», ha detto Dave Fredrickson, direttore della Global oncology business unit.

Anche quest’anno quasi 40 mila congressisti per un’audience multidisciplinare composta in maggioranza da clinici, accanto a ricercatori, farmacologi, rappresentanti di associazioni di pazienti e industrie. Sul fronte della ricerca di strategie diagnostiche e terapeutiche più efficaci si lavora in modo coordinato, centri di ricerca pubblici e privati ma anche industrie.

Anche per questo le società oncologiche sono tra le più coinvolte nella discussione sui rapporti tra i diversi stakeholder: a poche settimane di distanza dall’avvio del congresso di Chicago, l’ASCO ha richiamato l’attenzione del Department of Health and Human Services (HHS) chiedendo di riconsiderare due aspetti della policy sui conflitti di interesse (CoI) pubblicata dall’ente statunitense. Il primo dei rilievi riguardava l’inclusione del rimborso dei viaggi tra i compensi percepiti dai medici: l’ASCO ha affermato che la modifica proposta considererebbe il rimborso del viaggio come un interesse economico e quindi richiederebbe ai ricercatori di dichiarare i rimborsi spese che superino la soglia di segnalazione. Al contrario, il rimborso di viaggio non dovrebbe essere considerato un compenso in quanto neutrale dal punto di vista dei ricavi essendo solo finalizzato a coprire i costi sostenuti dal ricercatore. Problema considerato particolarmente importante perché, come organizzazione senza scopo di lucro, «il lavoro dell’associazione non sarebbe possibile senza poter contare su iscritti disposti a offrire le proprie competenze e il loro tempo». Se i ricercatori fossero tenuti a segnalare il rimborso del viaggio alla stregua di un compenso, il loro coinvolgimento potrebbe essere scoraggiato. Inoltre, la revisione delle regole eviterebbe di penalizzare ingiustamente chi deve percorrere distanze maggiori per partecipare a una riunione.

Ancora più netta la posizione dell’ASCO in merito al secondo punto giudicato come critico: il HHS pretenderebbe che la “gestione” del CoI si traducesse nell’azzeramento delle possibilità che questi si verifichino. Al contrario, l’ASCO chiede che una disclosure dei CoI sia sufficiente per considerare azzerata la condizione di rischio.

Sfogliando i comunicati stampa pubblicati nel corso del congresso e leggendo i tanti articoli usciti su riviste specialistiche e quotidiani, colpisce la prevalenza dei resoconti di studi su farmaci rispetto all’insieme delle problematiche vissute dai pazienti e al tempo stesso dagli operatori sanitari nell’assistenza quotidiana ai malati. Ad alcuni di questi problemi sono dedicati articoli nelle pagine che seguono, che toccano questioni di carattere regolatorio, organizzativo, emotivo. Questioni di grande rilievo che è giusto siano considerate con uno sguardo attento alla realtà del nostro paese.

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