Terapia dell’avventura: principi, pratica, prospettive

Paolo Cornaglia Ferraris1

1Fondazione Tender to Nave Italia ONLUS, Genova.

Pervenuto il 28 settembre 2018.

Riassunto. Gli alti tassi di disagio psicologico, disabilità e/o malattia cronica segnalati tra bambini, adolescenti e giovani adulti rappresentano uno stimolo recente allo sviluppo e alla valutazione di nuove iniziative. La terapia dell’avventura (TdA), realizzata attraverso la navigazione a vela o la permanenza in montagna, è una strategia efficace per aumentare il benessere dei beneficiari, implementando autostima, autonomia e abilità sociali. Viene qui descritto il modello “Nave Italia” e vengono discusse prospettive di sviluppo in un settore non ancora in grado di produrre ricerca e formazione di alta qualità, secondo i criteri stabiliti dalla tradizione medica.

Parole chiave. Disabilità, disagio psicologico, terapia del­l’avventura.

Adventure therapy: principles, practice, perspectives.

Summary. The high rates of psychological distress, disability and/or chronic illness reported among children, adolescents and young adults, are a recent stimulus for the development and evaluation of new initiatives. Adventure therapy, realized through sailing navigation or stay in the mountains are effective strategies to raise the welfare of the beneficiaries, implementing self-esteem, autonomy and social skills. A “Nave Italia” model is described and prospects for development in a sector not yet capable to produce high quality research and training, according to traditional gold standard criteria by medical research, are discussed.

Key words. Adventure therapy, disability, psychological distress.

Introduzione

Gli alti tassi di disagio familiare, sociale, psicologico o di vera e propria disabilità o malattia cronica segnalati tra bambini, adolescenti, giovani adulti e anziani rappresentano uno stimolo relativamente recente allo sviluppo e alla valutazione di nuove iniziative1,2. La terapia dell’avventura (TdA), realizzata attraverso la navigazione a vela3,4 o il soggiorno in montagna5, è una strategia efficace per elevare il benessere dei beneficiari, implementarne autostima, autonomia e capacità relazionali (social skills). La TdA offre, inoltre, innovativi strumenti di prevenzione, intervento precoce e trattamento per persone con problemi comportamentali, psicologici e psicosociali. Può attrarre giovani a rischio, meno sensibili ai tradizionali interventi psicoterapeutici ed essere utilizzata per persone con disabilità. La Tda, riportata in letteratura anche come Wilderness Adventure Therapy (WAT), è caratterizzata dalla scelta di luoghi in cui l’esposizione alla natura del paziente (mare, montagna) prevede contesti condizionati da tempo meteorologico e tipologia dei luoghi, tutti di particolare fascino naturalistico. Dati relativi all’efficacia della WAT sono stati pubblicati da Bowen et al.6 e valutati sulla base del pre-programma, del post-programma e delle risposte di follow-up ai questionari self-report dei partecipanti. Tali dati indicano che pazienti ambulatoriali adolescenti con problemi di salute mentale, che hanno completato un intervento WAT di 10 settimane, mostrano una dimensione dell’effetto (effect size) media a breve termine positivo e statisticamente significativo (0,26), con miglioramenti moderati e statisticamente significativi nella resilienza psicologica e nell’autostima sociale. Gli effetti a breve termine si sono mantenuti entro gli intervalli di confidenza al 90%. I cambiamenti a breve termine sono stati mantenuti al follow-up di tre mesi, a eccezione del funzionamento della famiglia (riduzione significativa) e della pulsione al suicidio (miglioramento significativo). Vi è stata una riduzione statisticamente significativa della sintomatologia depressiva e miglioramenti significativi nel funzionamento comportamentale ed emotivo. Anche per bambini e adolescenti oncologici, un programma di TdA della durata di una settimana ha aumentato i livelli di attività fisica durante l’esperienza e 3 mesi dopo la fine del campo, sebbene gli effetti siano stati attenuati nel tempo7. I risultati sugli effetti psicologici della TdA su giovani sopravvissuti al cancro (età 18-39) sono stati pubblicati sulla base di un programma di 6 giorni, che includeva istruzione personale e supervisione su kayak, surf o arrampicata. Rispetto a un gruppo di controllo, i partecipanti al programma hanno migliorato l’immagine corporea, l’autocompassione e l’autostima, risolto problemi di depressione e alienazione. Chi ha partecipato a una seconda settimana non ha mostrato risultati migliori rispetto ai pazienti che hanno vissuto l’avventura di una sola settimana8. Adolescenti obesi con disturbo del comportamento alimentare inseriti in percorsi outdoor avventurosi hanno dimostrato una significativa perdita di peso nel tempo9. Altre osservazioni su vari tipi di intervento esperienziale outdoor, confermano l’efficacia di processi avventurosi, emotivamente significativi, costruiti in un contesto ludico relazionale intenso, sullo stato di benessere fisico e mentale dei partecipanti, il che suggerisce che la WAT possa essere pianificata come vera e propria terapia in soggetti resi fragili da disabilità, disagio, malattia cronica o disturbo sociale.

La fondazione Tender to Nave Italia (TTNI) è una organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS) che ha sviluppato programmi di TdA dal 2007, in modo originale, grazie all’inserimento di regole e gerarchie militari, sia sul mare sia in montagna, previo accordo con il Ministero della Difesa e lo Stato Maggiore della Marina Militare Italiana e dell’Esercito Italiano, Truppe alpine. Tale sviluppo ha coinvolto nei dieci anni 4263 persone tra beneficiari e operatori sociosanitari, medici, infermieri, educatori. Ciascun progetto di navigazione a vela sul brigantino Italia coinvolge da 16 a 22 persone e 22 militari della marina, per un totale di circa 45 persone per imbarco. Il numero di imbarchi è di 22 all’anno per un periodo di 22 settimane ogni anno. I progetti “dalla nave alla neve” si sviluppano in Val d’Aosta, presso il padiglione Loreti Beghé dell’Ostello di Arpy, donato dalla ONLUS Camici & Pigiami; coinvolgono 30 persone per gruppo e un numero di Alpini variabile da 3 a 9, in ragione della tipologia dei beneficiari. Il numero dei progetti in montagna varia da 11 a 20 all’anno suddivisi tra stagione estiva e invernale.

La presenza dei militari è elemento organico in ciascun progetto di TdA con obiettivi di incremento di autostima, autonomia e social skill, elementi indispensabili alla crescita percepita del benessere individuale3. La metodologia Nave Italia combina i principi chiave dell’inclusione con una terapia personalizzata basata su impegno, rispetto di regole e gerarchie, elaborazione condivisa delle emozioni suscitate dall’avventura. Ogni programma realizzato a vantaggio di ospedali, scuole, servizi sanitari pubblici e privati non profit viene valutato tramite una combinazione di misure psicologiche pre- e post-intervento e interviste con partecipanti, operatori, medici infermieri e insegnanti. I risultati sinora ottenuti3,10,11 suggeriscono che gran parte dei bambini, adolescenti, giovani adulti e perfino anziani partecipanti hanno riportato miglioramenti significativi nel benessere psicologico e nello sviluppo delle abilità individuali, a prescindere dal grado di disagio o disabilità presente, e che alcuni di tali miglioramenti siano perdurati nel tempo.

Sebbene la TdA non sia una panacea, è noto che l’esposizione alla natura e le attività all’aperto migliorano la salute fisica e mentale almeno per alcuni sintomi, cause, pazienti e circostanze12. Attività outdoor emozionanti e avventurose sono particolarmente rilevanti per le componenti psicologiche della sindrome da malattia cronica, in particolare depressione e demenza, ma anche condizioni oncologiche o genetico metaboliche13. L’attività all’aria aperta svolge un ruolo rilevante, in quanto capace di produrre benefici aggiuntivi rispetto a quelli terapeutici o riabilitativi tradizionali, praticati nelle ASL o in strutture private. Le terapie all’aperto possono anche aiutare a superare alcuni tipi di dolore cronico e sono risultate preziose per tutte le età, dai bambini14 agli anziani e per quelle persone con sintomi clinici sia minori sia gravi3,4.

Tutto ciò potrebbe comportare una sostanziale riduzione dei costi tradizionalmente affrontati per tali tipi di malati, come dimostrato nella terapia del diabete di tipo 215 e nelle malattie mentali5. Ciononostante, le terapie all’aperto sono poco o per nulla offerte, anche nelle nazioni ricche e urbanizzate, dove sarebbero preziose. Esistono programmi di educazione all’avventura per le scuole, ma sono sporadici e in ottica di prevenzione, piuttosto che terapeutici16. Alcuni Paesi hanno sperimentato programmi di “prescrizione ecologica”, ma troppo piccoli e brevi per essere efficaci17. Inoltre, alcuni programmi gestiti privatamente potrebbero avere più successo, ma sono mirati a settori specifici, non collegati alle cure sanitarie tradizionali18, oltreché essere privi di una analisi scientifica dei dati ottenuti. A mia conoscenza, nessun programma odierno del Servizio Sanitario Nazionale prevede una prescrizione di terapie all’aperto per pazienti che si presentano dai loro medici con problemi di salute mentale, malattia cronica o disabilità.

Principi metodologici originali

La metodologia utilizzata tra il 2007 e il 2017, i cui dati sono stati pubblicati da Capurso e Borsci3,10, è stata implementata come TdA (WAT) in fase sperimentale dal 2017 su alcuni dei gruppi partecipanti all’imbarco sulla nave o in montagna11,19-23. Essa si basa sui seguenti principi.

1. Sicurezza: il contesto avventuroso prevede il minimo dell’assistenza e il massimo del rischio in tutte le attività marinaresche o di montagna predisposte, onde ottenere emozioni forti, positive, di facile memorizzazione. Una garanzia d’incolumità personale è rigorosamente predisposta per ciascuna delle attività pianificate, in fase di preimbarco o precampo.

2. Pregiudizio: ogni pregiudizio rispetto al deficit sensoriale, motorio, comportamentale o cognitivo deve essere preventivamente valutato per ciascun individuo e rimosso, in modo che sia data la possibilità a ciascun partecipante di esprimere risorse inattese e non espresse. Le persone con più forti pregiudizi sono i familiari e gli educatori; devono essere spinti a esprimerli, onde identificare gli ostacoli da affrontare nel superamento degli stessi.

3. Supporto: un supporto personale e collettivo deve essere non solo educativo ma anche cognitivo ed emotivo. Le azioni sono: implementazione di tecniche come l’apprendimento cooperativo, l’action learning, il problem solving, l’attivazione di un ascolto psicologico individuale e di gruppo e simili. Ogni attività emozionante deve essere seguita da un de-briefing collegiale in cui ciascuno deve rispondere a voce o con disegni a tre domande: 1) descrivi cosa è successo; 2) identifica la tua emozione prevalente; 3) descrivi ciò che hai imparato.

4. Ricerca: le attività svolte sono oggetto di specifiche ricerche scientifiche intese a dimostrare l’efficacia dei processi propri della WAT. A tale scopo, vengono definiti gruppi omogenei e gruppi di controllo e identificate le dimensioni del campione necessarie a dimostrare, su base statistica, il miglioramento raggiunto da individui e gruppi, i cui dati preliminari sono stati recentemente comunicati. Una piattaforma telematica ad accesso differenziato consente una più rapida raccolta dati19-23.

Ruolo della Marina Militare

Per chi vive un disagio o una disabilità, che lo rende instabile e dipendente, avere punti di riferimento, un insieme di regole fisse e immutabili è fondamentale. Nonostante i pochi giorni a bordo, s’impara a essere protagonisti dentro queste regole, capendo che senza di esse è come essere sospesi nel nulla. Nelle regole si è liberi, senza regole si è schiavi dell’imprevisto. Entro i limiti della regola si ha libertà di scelta, di azione, di crescita, di comportamento; senza quei confini l’agire e il pensare vagano confusamente, privi di certezze e tutele, dipendenti da una sregolatezza assistita. Senza regole stabilite cognitivamente, il debole non ha spazio. La struttura stessa della regola è insita nella natura (mare, vento, pioggia, onde), per questo sottrarsi è pericolosa illusione. Senza regole chiare e non mutevoli, stabilite in maniera vantaggiosa e gerarchicamente imposte, si accetterebbero dinamiche spontanee, che garantiscono vantaggi solo al più forte. Facilitare, attraverso regole e disciplina militare, la gestione del cambiamento cui si sottopone, per esempio, il sistema percettivo del ragazzo autistico (che subisce stimoli sensoriali anomali), aiuta chi percepisce il mondo in altra maniera, offrendo spunti di riferimento per nuove strategie efficaci di socializzazione e comunicazione. Stabilire parametri di riferimento certi aiuta a gestire gli stimoli esterni e le reazioni emotive che ne conseguono e di migliorare la propria capacità di fare e interagire3,10,11.

Ruolo della navigazione

La vita di una persona resa fragile da disabilità o disagio è un continuo alternarsi di cose che cambiano (insegnanti, terapisti, medici, infermieri) e cose che restano immutate (casa, genitori, parenti). A ben vedere, tutto cambia sempre e continuamente, anche se nessuno ci fa caso: il passaggio dall’inspirare all’espirare è cambiamento, aprire e chiudere gli occhi è cambiamento, il susseguirsi delle immagini del pensiero è continuo cambiamento, le voci che arrivano e colorano la mente sono cambiamento. Ogni cambiamento può diventare ansiogeno, in rapporto alla disabilità che si vive. Inspirare, per esempio, per un asmatico cronico, può creare ansia; mangiare la pasta, per un diabetico, può porre interrogativi non risolti; una cattiva percezione del proprio corpo, per un oncologico, può generare vergogna e ansia da esposizione, ecc. Per chi va in carrozzella, cambiare strada non è difficile, è spesso letteralmente impossibile. Il ragazzo autistico può avere problemi seri se il cibo è fatto da cose che non hanno un colore o una gerarchia chiara e individuabile. Cambiamenti considerati piccoli, non sono percepiti allo stesso modo da tutti; la stessa definizione di “piccolo” è arbitraria. Una persona diversa, inserita in una comunità, esprime esigenze non condivise dagli altri, né riconosciute.

Chi sale a bordo di Nave Italia viene investito da un cambiamento radicale di luoghi, relazioni, regole, abitudini. Impara e capisce cose talmente lontane dalla propria esperienza e da qualunque logica precedente e percepibile, che la gestione emotiva dell’avventura, proposta come nuovo strumento di terapia, diventa dominante. La navigazione a vela permette di eliminare pregiudizi e barriere: chi credeva di non essere capace, s’accorge di poter fare. Chi non mangiava per un disturbo alimentare, diventa complice di una proibita spaghettata di mezzanotte (fuori dalle regole, eppure studiata come laboratorio ad hoc per adolescenti anoressiche).

Ruolo degli Alpini

Analogamente al ruolo svolto dall’equipaggio della Marina Militare, ufficiali e sottufficiali delle Truppe alpine dell’Esercito Italiano di stanza ad Aosta svolgono un ruolo di guida nei progetti WAT realizzati ad Arpy. Nonostante il loro numero ridotto rispetto a quello dell’equipaggio della MM, durante i campi vengono scanditi e rispettati tempi, gerarchie e regole. L’esperienza della montagna è improntata specialmente sulla “sfida” fisica, personale e di gruppo, attraverso la programmazione di attività diversificate (invernali ed estive) come sci di fondo e ciaspolata, arrampicata, rafting e trekking e sempre calibrate in base alle caratteristiche del gruppo. Nel 2018 il numero dei progetti è stato portato a 17, mentre era stato di 11 nel 2017. L’esperienza di questi primi 28 gruppi fornirà la base di un approfondimento metodologico per la pianificazione del prossimo triennio.

L’équipe TTNI e il ruolo del project manager

La gestione emotiva di un profondo e radicale cambiamento di luoghi, relazioni e percezioni emotive è uno degli strumenti potenti della navigazione su Nave Italia e dell’avventura in montagna. La sua gestione è sartoriale. Ogni tipo di fragilità, infatti, beneficia di laboratori esperienziali che fanno parte di un menu complesso a disposizione di tutta l’équipe di project manager (PM) TTNI. L’équipe TTNI è andata definendosi nel corso degli anni come una vera e propria “comunità di lavoro” in cui ciascun componente si forma per comunicare con gli altri in un’interazione continua ed è consapevole della necessità di un costante confronto. Le riunioni d’équipe, svolte settimanalmente, rappresentano un momento continuo, puntuale e strutturato di scambio, riflessione e messa a punto delle problematiche che permette la realizzazione e la riuscita dei progetti. Si tratta di un appuntamento professionale in cui il gruppo riunito mette in gioco le proprie competenze per arrivare alla soluzione dei continui problemi ed emergenze che si presentano durante lo svolgimento della stagione. Ogni progetto è pianificato, concordato, sviluppato nelle tre fasi del prima, del durante e del dopo l’imbarco, in modo che il cambiamento generi nell’utenza processi stabili di mutazione della stima in se stessi, della propria autonomia e delle proprie capacità di relazione sociale. L’équipe TTNI, e per essa il PM, è garanzia che ciascun progetto nato dal piano originale degli operatori dei vari enti, venga condotto in tale direzione e obbedisca ai principi metodologi qui descritti. Il PM ha, inoltre, un ruolo cruciale come ponte tra il mondo militare (MM e Alpini) e quello civile dei gruppi che partecipano, punto di riferimento per i militari nella gestione dei gruppi e facilitatore delle relazioni nelle diverse fasi di progetto.

Discussione

Il principale ostacolo alla prescrizione di terapie outdoor è culturale. Le terapie all’aria aperta, infatti, non sono percepite come servizio o prestazione medica né dai sanitari né dai beneficiari stessi o dalle loro famiglie. Anche se l’offerta fosse in parte o del tutto simile a una fisioterapia o psicoterapia tradizionale, ampiamente prescritte nelle ASL, le terapie all’aria aperta sono, nei fatti, concepite come complementari o riempitive del tempo libero e affidate a iniziative del volontariato sociale. Non sono insegnate né apprese nelle scuole di medicina né nelle specialità mediche e dunque non sono disponibili attraverso il percorso tradizionale che va dalla diagnosi medica alla prescrizione, per cui non rientrano in alcun DRG e non sono finanziate pubblicamente, se non per limitate eccezioni, come nel casi del diabete di tipo 2 nella ASL di Cesena o per la sclerosi multipla nell’Istituto Don Gnocchi di Roma24. Possono essere offerte, ma non dentro schemi di terapia bensì come riempitivi, da fornitori privati o del terzo settore, costretti ad adottare modelli allineati ad attività scout o similari25. Ci vogliono dunque tempo, cambiamenti istituzionali e informazioni tecniche basate su ricerche scientifiche affinché siano accettate come terapie propriamente dette e non come complementi di scarso rilievo o perfino riempitivi compassionevoli di un tempo libero, non raramente conformato a istituzionalizzazione e solitudine.

La conoscenza degli effetti terapeutici tra esposizione alla natura e salute, sia essa fisica sia mentale, è dunque in una fase preliminare di proof-of-concept. La ricerca necessaria perché da qui si passi a una prescrizione terapeutica diffusa deve pertanto chiarire le relazioni dose-durata-risposta, con criteri analoghi a quelli utilizzati nei clinical trial tradizionalmente organizzati per la sperimentazione farmaceutica. Una prima area di ricerca necessaria consiste nel differenziare:

a. i sintomi del paziente e i tratti della personalità/disabilità/cronicità;

b. le caratteristiche delle terapie outdoor somministrate, perché soddisfino particolari pazienti e condizioni.

Una seconda area di ricerca deve testare le leve sociali necessarie per convincere singoli pazienti, medici e operatori sociosanitari ad adottare e seguire corsi di terapie all’aperto, una volta prescritti.

La ricerca fino a oggi ha dimostrato che l’esposizione alla natura può fornire una vasta gamma di benefici per la salute fisica e mentale, correlati all’attenzione e alla cognizione, alla memoria, allo stress e all’ansia, al sonno, alla stabilità emotiva e al benessere autopercepito o alla qualità della vita e persino al miglioramento della funzionalità di organi (cardiopatie croniche e metabolismo, diabete, obesità)16 e che ciò giova a persone affette da malattie largamente diffuse come appunto il diabete, la sclerosi multipla, i disturbi mentali, l’Alzheimer, il morbo di Parkinson, ecc.18. Al momento, tuttavia, non ci sono stati confronti sistematici, test incrociati delle diverse terapie realizzate all’aperto per diverse condizioni di salute mentale, né tantomeno nel disagio psicosociale o nella disabilità sensoriale o cognitiva. Gli individui differiscono notevolmente nelle loro capacità e interessi psicologici e fisici, per le diverse attività all’aperto. Alcune persone potrebbero non essere interessate a provare una terapia che li coinvolga all’aria aperta in contesti avventurosi. Altri pazienti o condizioni potrebbero non rispondere a queste terapie. Per quei pazienti e quelle condizioni che invece rispondono, diversi tipi e intensità di terapie all’aperto possono rivelarsi più efficaci per i diversi individui e le differenti condizioni di età, sesso, salute fisica e mentale. Indispensabile, pertanto, identificare e confrontare schemi variabili per durata, intensità, tipologia.

Considerare queste differenze in modo esplicito quando si stabiliscono dati su metodo, quantità, durata e risposta è stato compito dei primi dieci anni di esperienza di Nave Italia. Lo scopo è stato quello di generare un portafoglio, o menu, di terapie all’aria aperta che possono essere abbinate ai singoli pazienti o tipologie di disagio o disabilità. Quantificare la salute mentale di ogni individuo, così da misurare le sue risposte alle terapie all’aperto, richiede una serie di parametri. Possiamo differenziare i pazienti sulla base di sintomi, tratti della personalità o tipi, capacità e interessi. Questi sono analoghi a fattori come peso corporeo del paziente, allergie e sensibilità ai farmaci nell’uso di trattamenti farmaceutici e sono ugualmente importanti. Per fare solo un esempio, alcuni individui hanno personalità in cerca di sensazioni e nuovi stimoli emozionali e sensoriali, mentre altri ne rifuggono.

La ricerca sinora condotta ha incluso molti tipi e diverse intensità di esposizione alla natura, che vanno dagli sport tradizionali a quelli avventurosi, che coinvolgono abilità, brivido e rischio. Possiamo differenziare terapie sulla base di: durata, ripetizione e frequenza; caratteristiche degli ambienti naturali interessati; attività del paziente, del processo inclusivo, del grado di esercizio fisico e grado di rischio potenziale; e componenti emotive, come brivido, paura o gioia19-23.

Alcuni di questi corrispondono alla dose e al regime di trattamento in modo simile a quanto si fa nelle terapie farmacologiche, mentre altri sono analoghi ad attività riabilitative. I primi includono: la durata di ogni singolo periodo trascorso all’aperto; l’ora del giorno in cui si verifica; il numero di occasioni al giorno, settimana, mese o anno; la durata complessiva del regime di trattamento. Questi ultimi includono: le caratteristiche ecologiche, estetiche e sociali dell’ambiente naturale in cui si svolge l’attività all’aperto e il tipo e le caratteristiche dell’attività stessa. Le caratteristiche di attività riabilitative includono: esercizio fisico; forza e abilità; rischio ed emozione; interazioni sociali coinvolte; supporto pedagogico (istruttore) o processo autodidattico; attrezzature utilizzate e procedure di sicurezza seguite; ambientazione emotiva e conseguenze, percezione sociale dell’attività tra gli amici e le famiglie dei pazienti, i colleghi e il pubblico in generale, regole condivise, gerarchie militarmente definite.

Sono sempre necessari test diagnostici, domande e osservazioni per selezionare, progettare e prescrivere terapie specifiche all’aperto per i singoli pazienti. Poiché la ricerca internazionale, fino a oggi, non è ancora stata né sistematica né completa, è stato necessario un approccio di apprendimento adattativo. Questo è stato ritenuto accettabile, poiché i rischi sono bassi. Le terapie all’aperto comportano dosi variabili e per un periodo di trattamento scelto per la sua durata settimanale, ripetibili nello stesso anno (mare + montagna) o in anni successivi.

Prospettive

I regimi di trattamento basati sulla TdA possono essere facilmente regolati se vengono rilevati effetti avversi o se la dose si dimostra troppo piccola per essere efficace. Gli effetti terapeutici primari positivi delle terapie all’aperto possono essere rilevati, durante il corso della terapia, dai singoli pazienti e descritti ai medici che prescrivono. Questo contrasta con molti altri tipi di terapia, in cui il paziente può essere in grado di rilevare solo effetti collaterali negativi. Se un praticante prescrive un regime di terapia all’aperto che è troppo potente per un particolare paziente, analogo al superamento della tolleranza al farmaco, allora il paziente semplicemente non avrà la capacità fisica o mentale per eseguirlo. Man mano che più persone adottano terapie esterne organizzate, ben definite e regolate, ciò fornirà l’opportunità di condurre studi longitudinali su larga scala, valutando i risultati per individui con problemi diversi e precedenti condizioni di salute fisica e mentale. Ciò vale sia per i programmi organizzati sia per quelli autoadottati25. I partecipanti potrebbero fornire informazioni individuali a una banca dati centrale anonima, in cambio di informazioni comparative sulla loro posizione in una popolazione complessiva. Questo stabilirà gradualmente un set di dati per l’analisi multivariata, che permetterà di identificare i trattamenti più efficaci per i pazienti con sintomi e disabilità, disagio o tratti di personalità diversi. In tal senso, la disponibilità di raccolta e analisi di “big data” anche in ambito socio sanitario grazie ai social network, rappresenta una sostanziale novità con forti prospettive positive. In alternativa, le meta-analisi di set di dati pubblicati con studi più ristretti possono dare risultati simili. Nel frattempo, un’opzione è quella di creare un menu di terapie all’aperto basata su criteri di TdA già consolidati e condivisi tra i ricercatori, come base per la discussione tra paziente e professionista, per consentire una selezione ragionata sulle opzioni possibili. Ci sono, al riguardo, una serie di considerazioni da sottolineare.

La prima riguarda la sicurezza: cosa ci si può aspettare che il paziente faccia, senza mettersi a rischio? Per esempio, una persona con disabilità cognitiva potrebbe non essere in grado di navigare o affrontare sentieri all’aperto senza assistenza; una con depressione grave con pregressi episodi di tentato suicidio non dovrebbe affrontare percorsi che lo espongano al fascino del vuoto, ecc.

Secondo, quali sono abilità e capacità fisiche e mentali del paziente? Per esempio, una persona anziana, inadatta o in sovrappeso potrebbe non essere in grado di completare una escursione all’aperto, anche a bassa velocità in condizioni agevoli; un non vedente potrebbe avere difficoltà di orientamento in montagna; un autistico potrebbe manifestare disagio per il rumore di un motore durante la navigazione, ecc.

Terzo, quali sono le precedenti abilità del paziente? Per esempio, una persona potrebbe beneficiare prima di affrontare una TdA, di esperienze che sfruttino immagini fotografiche, animazioni, film, identificazione di piante o animali, la descrizione di una serie di attività ricreative, alcune delle quali fattibili indoor. Questa la ragione per la quale il modello TdA costruito col metodo Nave Italia prevede una fase strutturata di preimbarco3,10.

In quarto luogo, che cosa sa e gode il paziente dell’avventura all’aperto? In particolare, preferisce la contemplazione passiva e l’osservazione o l’esercizio attivo?

Quinta considerazione riguarda la durata del beneficio acquisito, che deve essere valutato nel tempo e dunque prevedere un coinvolgimento post-Tda non solo individuale ma collettivo, dentro programmi specificamente disegnati per favorire la narrazione e il coinvolgimento di famiglia, scuola e servizi sociosanitari nei quali ciascuno è curato. Per questa ragione il modello Nave Italia prevede un programma post-TdA dedicato a comunicazione e valutazione condivisa dei risultati ottenuti dopo mesi dall’avventura3,10,11.

Il menu non deve necessariamente fornire un abbinamento perfetto tra paziente e terapia, poiché le terapie esterne sono facilmente regolabili, con basso rischio di effetti avversi. Il fattore limitante non è né la diagnosi né la progettazione dettagliata, ma l’attuazione effettiva: persuadere medici, altri operatori, familiari e pazienti a iniziare e perseverare. Fornire alle persone informazioni sui benefici individuali è, apparentemente, inefficace, mentre strategie di maggior successo potrebbero essere quelle che confezionano terapie all’aperto come se fossero prodotti commerciali acquistabili. I pacchetti più efficaci includono più leve sociali che operano in parallelo. Due leve sono particolarmente potenti. La prima è relativa alla giustificazione sociale, per consentire alle persone di trascorrere tempo e spendere denaro per attività personali all’aperto, senza critiche da parte dei curanti, familiari o amici. La seconda riguarda il sostegno reciproco tra pari. La terza riguarda il beneficio emotivo immediato. Se i partecipanti si sentono più felici dopo aver trascorso tempo nella natura all’aperto in un contesto emozionale avventuroso e positivo, troveranno modi per farlo più spesso. E se hanno pagato in anticipo, anche con un contributo minimale, per un’esperienza o un programma, hanno meno probabilità di cancellare. Per esempio, i prodotti turistici commerciali come i safari soddisfano entrambi questi criteri. I prodotti offerti da alcune imprese contribuiscono anche direttamente al benessere delle comunità impoverite e alla conservazione delle specie vegetali e animali minacciate, aggiungendo la leva dell’altruismo sociale identificata in ricerche precedenti11,25,26. In contrasto con le passate iniziative di sanità pubblica che fanno affidamento su un’educazione non mirata, suggeriamo quindi che la progettazione e la prescrizione (o commercializzazione) di programmi terapeutici riferiti alla TdA e altamente mirati, possano rivelarsi più efficaci. In forma di slogan: “vendere, non dire”, in termini sanitari, invece, prescrizione terapeutica, non riempitivo compassionevole, destrutturato e inefficace.

Il percorso scientifico, culturale e tecnologico dello scorso ventennio ha permesso di rendere croniche malattie un tempo incompatibili con la sopravvivenza. Bambini nati prematuramente, con esiti a carico del sistema nervoso centrale, bambini oncologici trapiantati, con esiti cronici a carico di vari organi e sistemi, ecc. rappresentano una popolazione crescente nei confronti della quale la Pediatria ha saputo fornire intensi e collaudati programmi di follow-up, prevenzione e intervento medico o chirurgico in ambito ospedaliero, mentre in rari casi si è tenuto conto di un’attività all’aperto né si è stati in grado di proporre programmi rispettosi di caratteristiche essenziali dell’infanzia e dell’adolescenza, tra le quali rilevano in modo evidente quelle dell’avventura in contesti naturali condivisi tra pari.

Altrettanto è avvenuto per le persone anziane, in cui l’età sempre più avanzata, grazie alla disponibilità di tecnologie e farmaci, ha permesso di cronicizzare malattie un tempo incompatibili con la sopravvivenza. Queste persone, destinate a un isolamento intrafamiliare progressivo o a una istituzionalizzazione presso strutture sanitarie dedicate, sono private della possibilità di qualunque tipo di emozione positiva all’aria aperta, perché nei fatti non esistono che sporadici tentativi realizzati per cardiopatici, pazienti affetti da sindrome di Alzheimer, morbo di Parkinson o altra patologia cronica caratteristica dell’anziano e limitati comunque a un volontariato con caritatevole buon senso e che opera al di fuori di consolidate basi scientifiche.

Considerazioni analoghe potrebbero essere fatte per condizioni che riguardano malattie croniche di giovani adulti, per esempio, i malati di sclerosi multipla o gli psicotici, per i quali non esistono proposte terapeutiche che prendano in considerazione la TdA o altra forma di contatto con la natura all’aria aperta, entro schemi di trattamento strutturato da logiche basate su dati di ricerca condivisi. Molto, dunque, resta da fare per portare la TdA all’attenzione della Medicina, dei suoi strumenti di ricerca e formazione, perché la TdA diventi a tutti gli effetti prescrizione terapeutica dal valore riconosciuto. Servono iniziative capaci di rendere visibile il tema e il suo più recente sviluppo, serve navigare su un mare nuovo di conoscenze, che hanno necessità di essere confermate su larghi numeri, servono investimenti e confronti tra i costi di una TdA strutturata e ciò che attualmente si spende per offrire trattamenti indoor, tendenti a isolare il paziente, rendendolo dipendente da contesti urbani.

Conclusioni

Il termine “terapia”, nella sua forma usuale, porta uno stigma, soprattutto tra adolescenti e giovani adulti, perché implica il concetto di “malattia”. Inoltre, la terapia tradizionale non fornisce i risultati desiderati per questa popolazione resa fragile da disagio o disabilità. Associare il termine “terapia” al termine “avventura” consente di rimuovere lo stigma. Ecco perché è stata creata una metodologia innovativa e diversificata per fornire una soluzione terapeutica più efficace per adolescenti e giovani adulti curati da enti non profit, ospedali o affidati a scuole e servizi territoriali, per i quali un ambiente naturale e avventuroso offre un’opportunità più autentica per creare cambiamenti comportamentali positivi e duraturi. La base del modello è fatta per portare ciascuno a raggiungere un obiettivo personale focalizzato sulla soluzione ai suoi problemi.

Il team costituito da militari e PM qui descritto ha sviluppato piani di trattamento che utilizzano strategie individualizzate, associate a terapia comportamentale cognitiva, terapia comportamentale dialettica, colloqui motivazionali, pensiero sociale, problem solving collaborativo e psicologia positiva. L’obiettivo è fornire una valutazione funzionale accurata e sviluppare competenze mirate nelle aree di funzionamento sociale, emotivo, comportamentale ed esecutivo. La TdA integra forme tradizionali di terapia della parola con un approccio pratico ed esperienziale.

L’intero programma è intenzionalmente progettato per essere curativo e per fornire risultati significativi che si trasferiscano alla vita domestica. L’ambiente sulla nave o in montagna offre una varietà di componenti terapeutici che consentono agli operatori di sviluppare e attuare piani di trattamento individualizzati utilizzando nelle tre fasi del progetto strumenti di terapia individuale, terapia familiare, terapia di gruppo, test psicologici, gestione dei farmaci, dieta sana, modelli di sonno regolari, attività fisica regolare. Piuttosto che concentrarsi sui metodi tradizionali di trattamento dei problemi (rimediare ai deficit), che non portano necessariamente a una migliore salute mentale, la pianificazione progettuale dovrebbe concentrarsi sulla costruzione dei punti di forza di ciascun partecipante. Qualunque modello di TdA o WAT, purché basato sulla ricerca scientifica, deve concentrarsi sui fattori chiave associati alla qualità della vita, tra cui autostima, autonomia, consapevolezza emotiva, responsabilità collettiva e maggiori capacità di comunicazione. Un programma di trattamento dosato e diversificato per intensità e durata, affidabile capace di fornire risorse, raccogliere testimonianze e sviluppare ricerche, per assicurarsi di prendere decisioni basate sull’analisi di risultati, misurabili, anche a lungo termine, difficili da raggiungere altrimenti.

Conflitto di interessi: l’autore dichiara l’assenza di conflitto di interessi.

Bibliografia

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