Emergenza pandemica come stress test per il sistema sanitario

Antonio Addis1, Luca De Fiore2

1Dipartimento di Epidemiologia del Servizio sanitario della Regione Lazio, ASL Roma 1; 2Il Pensiero Scientifico Editore.

Pervenuto il 7 dicembre 2020.

Riassunto. A distanza di un anno dall’inizio dell’emergenza sanitaria, il sistema sanitario mostra le proprie forze e debolezze. Tra queste, l’inadeguatezza delle strutture, le carenze della continuità tra ospedale e territorio, i deficit di informazione e l’assenza di una comunicazione tra istituzioni e cittadini, le incertezze della terapia e l’enfasi concessa al ruolo degli opinion leader. Per uscire dalla pandemia è necessario un cambiamento di prospettiva: i governi non devono limitarsi a sostenere gli investimenti industriali ma devono incoraggiare una ricerca e una comunicazione migliore e utile alla comunità.

Pandemic emergency as a stress test for the health system.

Summary. One year after the beginning of the health and social emergency, the health system shows its strengths and weaknesses. Among these, inadequacy of facilities, deficiencies of continuity between hospital and territory, inconsistent information and lack of bidirectional communication between institutions and citizens, uncertainties of data about therapies and the emphasis given to the role of opinion leaders. To get out of the pandemic, a change of perspective is needed: governments must not just support industrial investments but must they must encourage better and community-useful research and communication.

Sono passati ormai dieci mesi dall’iniziale allarme in Italia suscitato dalla malattia dei due turisti cinesi in vacanza nel nostro Paese: la chiusura dell’hotel dove alloggiavano sembrava una misura quasi eccessiva. Oggi ci sorprendiamo nel vedere un albergo ancora aperto o un aereo passare nel cielo sopra le nostre città. La pandemia ha messo in crisi la sanità italiana, investita da un’onda d’urto di dimensioni mai viste finora: le strutture sanitarie si sono rivelate inadeguate e progettate in modo poco flessibile, le relazioni tra i luoghi della cura imperfette1, l’informazione sulla malattia e sulla risposta al contagio è stata contraddittoria e il dialogo tra istituzioni e cittadini praticamente assente2, la risposta clinica è andata ogni giorno perfezionandosi a costo di errori di valutazione, pregiudizi e, forse, di interessi poco trasparenti3. Il servizio sanitario ha dimostrato di saper reggere il colpo grazie all’impegno e alla competenza dei professionisti sanitari, ma il sistema sanitario ha mostrato una vulnerabilità che andrebbe affrontata in modo radicale e con una determinazione molto diversa da quella che vediamo in questi mesi.

L’ondata pandemica ha rischiato di travolgere anche i sistemi regolatori, che hanno dovuto dare risposte immediate a interrogativi che riguardavano una patologia – o una sindrome – sconosciuta. La risposta regolatoria ha dovuto basarsi su evidenze costruite giorno per giorno, cercando di orientarsi in una produzione di letteratura scientifica sicuramente eccessiva e spesso non accuratamente selezionata4, proteggendo le istituzioni sanitarie ma soprattutto i cittadini anche da un uso disinvolto e improprio della scienza per finalità politiche: in una generale situazione di smarrimento. È possibile che l’accesso a terapie sperimentali ancora non compiutamente valutate abbia conseguenze negative. In primo luogo, i benefici di alcuni farmaci non poggiano su evidenze solide o possono essere trascurabili, e scoprire che non funzionano potrebbe compromettere la fiducia dei cittadini nelle decisioni dei medici. Secondo, alcuni medicinali usati nella “terapia” della CoViD-19 hanno rischi ben documentati e aver sottoposto (o continuare a sottoporre) i pazienti a questi rischi è ingiustificabile in assenza di un beneficio clinico dimostrato5. Terzo, l’accesso anticipato a farmaci, a prescindere dal risultato di studi rigorosi, può finire con l’impedire che questi trial siano condotti successivamente, sia per mancanza di risorse sia per il venir meno dell’interesse industriale. Infine, si è visto che l’uso off label – talvolta disinvolto – di farmaci già in commercio ma utilizzati per altre patologie può limitare la reperibilità di questi prodotti da parte di pazienti che ne hanno sicuramente bisogno.

Come quasi ogni altra nazione, anche l’Italia non era preparata alla pandemia. Tra le diverse istituzioni sanitarie sollecitate da un imprevisto stress test, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha risposto alla crisi con la Commissione tecnico scientifica impegnata in una sorta di seduta semi-permanente dedicata alla valutazione di proposte di studi sui trattamenti di CoViD-196. Nonostante l’emergenza, questa attività ha introdotto una novità interessante: il suggerimento di miglioramenti a chi proponeva disegni di studio non convincenti, con una “spinta gentile” nei riguardi dei gruppi di lavoro verso metodologie di studio più rigorose e capaci di dare risultati affidabili. In questo modo, da una parte è stato dimostrato che in condizioni di emergenza possono essere avviati e condotti anche studi randomizzati e controllati e, dall’altra, l’Agenzia ha colto un’utile occasione per integrare nell’attività regolatoria una componente formativa.

Nonostante l’attività di ricerca clinica abbia coinvolto molti clinici italiani, una delle immagini che ricorderemo più frequentemente di questa pandemia è quella del monologo dell’“esperto” che da uno schermo spiega, rassicura, ammonisce, raccomanda. Il nostro Paese, per raccontarsi cosa stesse succedendo, ha scelto di affidarsi a opinion leader, prevalentemente maschi e “in modalità accademica”, sempre come se si trattasse di una lezione universitaria. Con un messaggio implicito: il pubblico deve ascoltare in silenzio e le sporadiche interruzioni non devono mai somigliare a un contraddittorio critico e informato. È sempre lui, l’esperto solitario, a dirci come funziona la nuova potenziale terapia, a darci i numeri della malattia ma anche a discettare di distanziamento, gel disinfettanti e mascherine, scoprendosi però competente pure di banchi di scuola, impianti sciistici e problemi logistici o organizzativi al punto di poter indicare con certezza e precisione il numero dei commensali ammessi alla tavola natalizia. Il linguaggio preferito è quello militare e da bollettino di guerra: attacco, difesa, sconfitta, rivalsa, trincea. L’esperto ha una risposta per tutto. Salvo cambiare idea, senza mai ammettere però di aver sbagliato fino ad allora.

Tutto ciò ha contribuito a negare la complessità del problema, trasmettendo il messaggio che efficacia, affidabilità e sicurezza del vaccino possano essere valutate da un singolo esperto e non, come avviene in realtà, da un numero adeguato di persone competenti come gli oltre 700 tecnici che lavorano alla European Medicines Agency (EMA). Aver ceduto alla tentazione di affidarsi all’esperto ha inevitabilmente innescato una competizione con altri opinion leader, dando ai cittadini l’impressione che la gestione dell’emergenza possa essere diversa a seconda dello schieramento prescelto e non di evidenze scaturite da un confronto scientifico7. I limiti nella capacità di comunicare messi in mostra dalla medicina accademica e la scelta di disintermediare l’informazione – non coinvolgendo chi della comunicazione scientifica ha fatto il proprio mestiere – ha mostrato tutte le lacune di un sistema immaturo nel gestire l’emergenza.

È probabile che i professionisti sanitari non siano meno disorientati dei cittadini: l’esplosione della letteratura specialistica su CoViD-19 a livello internazionale, rilanciata dai media generalisti durante questi mesi, ha determinato un sovraccarico informativo al quale le istituzioni sanitarie hanno cercato di dare risposta ma non sempre in modo organico: è mancato un aggiornamento tempestivo degli operatori sanitari che sintetizzasse in indicazioni univoche e pragmatiche le analisi on going sui risultati degli studi in corso condotte da AIFA e da altre istituzioni come il Dipartimento di Epidemiologia del SSR del Lazio. Come già accaduto in passato, gli operatori sanitari hanno dovuto cercare riferimenti prodotti a livello internazionale, per esempio nel Regno Unito il lavoro del BMJ [Best Practice]8 o dell’American College of Physicians negli Stati Uniti9.

I documenti costantemente aggiornati messi a punto da questi gruppi di lavoro fanno capire chiaramente come sia urgente integrare la medicina specialistica con la medicina territoriale e l’assistenza domiciliare. La cura di CoViD-19 sembra essere efficace se messa in atto nel modo appropriato sia nell’abitazione del paziente sia nei reparti di medicina o nelle unità di terapia intensiva. Il dramma di questi mesi ha confermato la necessità di ripensare un sistema sanitario che, sia nella propria organizzazione, sia nei meccanismi di allocazione degli investimenti (e quindi nel controllo della spesa), ancora non vede l’assistenza sanitaria come un’offerta integrata di supporto e di cura ma come una serie di momenti distinti non collegati tra loro.

Infine, l’anno che sta concludendosi ci ha messo di fronte alla necessità di un ripensamento del rapporto tra istituzioni pubbliche e imprese: siamo di fronte a un potenziale punto di svolta che dovrebbe permetterci di superare una scienza basata sui comunicati stampa, siano questi delle imprese o delle istituzioni. Come ha scritto l’economista Mariana Mazzucato, «abbiamo l’opportunità di usare questa crisi per capire come fare capitalismo in modo diverso. Ciò richiede un ripensamento sul ruolo dei governi: piuttosto che limitarsi a correggere i fallimenti del mercato quando si presentano, dovrebbero spostarsi verso la formazione attiva e la creazione di mercati che garantiscano una crescita sostenibile e inclusiva. Dovrebbero anche garantire che le partnership con le imprese che coinvolgono fondi pubblici siano guidate dagli interessi pubblici e non dai profitti»10. Il pensiero va ovviamente alle intese strette tra governi e aziende farmaceutiche per finanziare lo sviluppo di vaccini in tempi mai visti prima d’ora. Ma le attività di ricerca e sviluppo, – prosegue Mazzucato – dovrebbero essere guidate verso obiettivi di salute pubblica: «i governi devono strutturare partenariati pubblico-privato per garantire benefici sia ai cittadini che all’economia. La salute è un settore che riceve globalmente miliardi di fondi pubblici. […] Il forte finanziamento pubblico destinato all’innovazione sanitaria significa che i governi dovrebbero “governare” il processo per garantire che i prezzi siano equi, che non si abusi dei brevetti, che l’offerta di medicinali sia tutelata e che i profitti vengano reinvestiti nuovamente in innovazione, piuttosto che premiare solo gli azionisti».

Non si può non essere d’accordo con Fiona Godlee, direttore del BMJ, quando si augura un nuovo modo di pensare e una nuova leadership che garantiscano «che i ricercatori possano armonizzare le misure di outcome, la condivisione dei dati e la valutazione delle terapia in base alle aspettative cliniche e non finanziarie»11.

Conflitto di interessi: Antonio Addis fa parte della Commissione Tecnico Scientifica dell’Agenzia italiana del farmaco. Luca De Fiore collabora alle attività di comunicazione del Dipartimento di Epidemiologia del SSR del Lazio ASL Roma 1.

Bibliografia

1. World Health Organization. Pulse survey on continuity of essential health services during the Covid-19 pandemic: interim report, 27 August 2020. World Health Organization, 2020.

2. Zarocostas J. How to fight an infodemic. Lancet 2020; 395: 676.

3. Naci H, Kesselheim AS, Røttingen JA, et al. Producing and using timely comparative evidence on drugs: lessons from clinical trials for covid-19. BMJ 2020; 371.

4. Palayew A, Norgaard O, Safreed-Harmon K, et al. Pandemic publishing poses a new Covid-19 challenge. Nature Human Behaviour 2020; 4: 666-9.

5. RECOVERY Collaborative Group; Horby P, Mafham M, Linsell L, et al. Effect of hydroxychloroquine in hospitalized patients with Covid-19. New Engl J Med 2020; 383: 2030-40.

6. Genazzani A, Trotta MP, Magrini N, et al. Promoting better clinical trials and drug information as public health interventions for the Covid-19 emergency in Italy. Ann Intern Med 2020; 173: 654-5.

7. Larson HJ. A call to arms: helping family, friends and communities navigate the COVID-19 infodemic. Nat Rev Immunol 2020; 20: 449-50.

10. Mazzucato M. The Covid-19 crisis is a chance to do capitalism differently. Guardian 2020; 18 marzo.

11. Godlee F. Covid-19: we need new thinking and new leadership. BMJ 2020; 371: m4358.