L’uso degli antibiotici in Italia.
Il rapporto nazionale OsMed 2019

Filomena Fortinguerra1, Fabio Ambrosino2, Andrea Pierantozzi1, Roberto Da Cas3, Francesco Trotta1, Agnese Cangini1

1Agenzia Italiana del Farmaco, Roma; 2Il Pensiero Scientifico Editore, Think2it; 3Istituto Superiore di Sanità, Roma.

Pervenuto su invito il 21 gennaio 2021.

Riassunto. Il rapporto OsMed “L’uso degli antibiotici in Italia - 2019”, realizzato dall’Agenzia Italiana del Farmaco, mostra come le prescrizioni di questa classe di farmaci sia­no ancora troppo elevate nel nostro Paese, seppure con un’alta variabilità tra le diverse regioni. Emerge inoltre un grado significativo di uso inappropriato degli antibiotici, specie nell’ambito delle infezioni respiratorie. In generale i risultati mettono in evidenza la necessità di implementare azioni di prevenzione e controllo per contrastare il fenomeno dell’antibiotico-resistenza.

Parole chiave. AIFA, antibiotici, antibiotico-resistenza, OsMed.

The use of antibiotics in Italy. The national OsMed report 2019.

Summary. The OsMed report “The use of antibiotics in Italy - 2019”, produced by the Italian Medicines Agency, shows how the prescriptions of these drugs are still too high in our country, albeit with high variability between different regions. A significant degree of inappropriate use of antibiotics also emerges, especially in respiratory infections. In general, the results highlight the need to implement prevention and control actions in order to counter antibiotic resistance.

Key words. AIFA, antibiotic resistance, antibiotics, OsMed.


Nonostante un trend in calo e una grande variabilità a livello regionale, il consumo di antibiotici in Italia continua a essere superiore alla media europea. È quanto emerge dal rapporto dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) “L’uso degli antibiotici in Italia - 2019”1, realizzato nel contesto dei rapporti OsMed, che monitora l’andamento dei consumi e della spesa relativi a questa classe di farmaci, identificando potenziali aree di inappropriatezza d’uso. La situazione italiana risulta essere particolarmente critica per quanto riguarda il problema dell’antibiotico-resistenza: il nostro Paese detiene, insieme alla Grecia, il primato europeo per la diffusione di germi resistenti.

L’antibiotico-resistenza rappresenta oggi una delle principali problematiche di salute pubblica a livello globale, tanto da aver innescato molteplici azioni da parte di enti e istituzioni di carattere internazionale. A supporto di queste iniziative è però necessario un monitoraggio accurato sull’uso dei farmaci antibiotici a livello locale. Il fenomeno dell’antibiotico-resistenza è infatti legato al livello di utilizzo di questi farmaci, il cui aumento può risultare in una progressiva perdita della loro efficacia e nel conseguente incremento della mortalità per infezione e dei costi sanitari e sociali associati.

Le principali evidenze del rapporto
“L’uso degli antibiotici in Italia - 2019”

Gli antibiotici costituiscono la categoria di farmaci più utilizzata nel nostro Paese, con un consumo complessivo che nel 2019 è stato pari a 21,4 DDD/1000 ab./die: circa 4 cittadini su 10 hanno ricevuto nel corso dell’anno almeno una prescrizione di antibiotici, l’80% delle quali erogate dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Nel periodo di riferimento analizzato dal rapporto OsMed (Tabella 1) gli antibiotici costituiscono il 3,6% della spesa e l’1,5% dei consumi totali a carico del servizio pubblico, con una riduzione dei consumi pari al 2,9% rispetto al 2018.




La quota di antibiotici acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche ha rappresentato una parte minoritaria del consumo a carico del SSN (1,9 DDD/1000 ab./die) mentre gli acquisti di antibiotici rimborsabili (classe A nel 2019) sono risultati pari a 3,9 dosi ogni 1000 abitanti. Dall’analisi della distribuzione del consumo di antibiotici per uso sistemico in base alla classificazione AWaRe dell’Organizzazione Mondiale della Sanità1 emerge che oltre il 50% delle prescrizioni a carico del SSN non ha riguardato un antibiotico di prima scelta (figura 1).




Uso degli antibiotici
in regime di assistenza convenzionata

L’utilizzo degli antibiotici in regime di assistenza convenzionata è di gran lunga quello che prevale, sia in termini di quantità che di spesa: circa il 90% del consumo di antibiotici a carico del SSN (15,6 DDD/1000 ab./die) viene erogato in questo contesto, a dimostrazione che la maggior parte delle prescrizioni di antibiotici viene effettuata da medici di medicina generale e pediatri di libera scelta. Rispetto al 2018 si osserva tuttavia una riduzione del 3% dei consumi, legata principalmente alla categoria dei fluorochinoloni: in una comunicazione del 16 novembre 2018 l’European Medicines Agency aveva infatti raccomandato di restringere l’uso di questi farmaci e dei chinoloni2. Attualmente le penicilline in associazione agli inibitori delle beta-lattamasi si confermano la classe di antibiotici caratterizzata dal maggior consumo, seguita dai macrolidi e dai fluorochinoloni.

Nonostante un generale miglioramento rispetto all’anno precedente, i risultati del rapporto OsMed sull’uso degli antibiotici nel contesto della medicina generale mostrano però una prevalenza di uso inappropriato che supera il 25% in tutte le condizioni cliniche studiate: influenza, raffreddore comune, laringotracheite, faringite e tonsillite, cistite non complicata e bronchite acuta. Nell’ambito delle infezioni delle vie respiratorie tale tendenza risulta essere più accentuata nelle regioni del Sud, nelle donne (a eccezione della bronchite acuta) e negli individui con più di 65 anni di età.

Uso degli antibiotici
in regime di assistenza ospedaliera

Per quanto riguarda l’uso degli antibiotici in regime di assistenza ospedaliera, nel 2019 è emerso un consumo pari a 77,2 DDD/100 giornate di degenza, con una riduzione dello 0,7% rispetto all’anno precedente. Le regioni del Centro sono quelle che presentano i valori più elevati, con un consumo medio superiore sia rispetto alle regioni del Sud che a quelle del Nord (rispettivamente: 87,0 DDD/100 giornate di degenza; 73,1 DDD/100 giornate di degenza e 76,1 DDD/100 giornate di degenza) e una spesa media per giornata di degenza del 23% più elevata rispetto alla media nazionale. Analogamente a quanto osservato per l’uso di antibiotici in regime di assistenza convenzionata, anche in ambito ospedaliero l’uso dei fluorochinoloni è risultato notevolmente ridotto nel 2019 rispetto al 2018, passando da 14,4 a 10 DDD/100 giornate di degenza. Al contrario, si osserva un aumento dei consumi del 10,1% a livello nazionale di carbapenemi, con un gradiente Nord-Sud e un’ampia variabilità tra regioni: dalle 0,14 DDD/100 giornate di degenza del Friuli-Venezia Giulia alle 5,02 DDD/100 giornate di degenza della Sicilia. Le tre classi di antibiotici più utilizzate in questo contesto risultano essere le penicilline associate agli inibitori delle beta-lattamasi, le cefalosporine di terza generazione e i fluorochinoloni. L’utilizzo dei principi attivi rilevanti per la terapia di infezioni causate da microrganismi multi-resistenti è invece passato dalle 14,6 DDD/100 giornate di degenza del 2018 alle 16,8 DDD/100 giornate di degenza del 2019 (+15,1%), andando a rappresentare il 21,8% del consumo ospedaliero totale.

Variabilità stagionale,
geografica e demografica

In linea con gli anni precedenti, il rapporto ha messo in evidenza una marcata variabilità stagionale dei consumi tra i mesi invernali e quelli estivi: si passa da un minimo di 10,1 DDD/1000 ab./die nel mese di agosto a un massimo di 22,4 DDD/1000 ab./die nel mese di febbraio. Un effetto, questo, associato all’andamento delle sindromi influenzali: negli anni con un picco di incidenza più evidente è emersa una maggiore variabilità stagionale, mentre in quelli con un picco di incidenza delle sindromi influenzali meno evidente tale variabilità nel consumo di antibiotici è meno accentuata (figura 2).

In generale l’utilizzo di questi farmaci è più elevato al Sud (19,6 DDD/1000 ab./die) e al Centro (16,8 DDD/1000 ab./die) rispetto al Nord (12,4 DDD/1000 ab./die). Confrontando i consumi del 2019 con quelli degli anni precedenti si nota però una progressiva tendenza a un uso più attento di tali medicinali, con le riduzioni più marcate proprio nelle aree caratterizzate dal maggior tasso di utilizzo, come la Campania e la Sardegna.

Infine, l’analisi del profilo di utilizzo degli antibiotici per età e genere ha confermato che il consumo maggiore si registra nelle fasce di età estreme: assumono antibiotici il 54,2% dei maschi e il 51,6% delle femmine nei primi quattro anni di vita e il 62,8% degli uomini e il 57% delle donne per quanto riguarda i soggetti con un’età maggiore o uguale agli 85 anni (figura 3).




Rispetto al 2018, tuttavia, è emerso un aumento nella frequenza d’uso nelle donne delle fasce di età intermedie e negli uomini delle fasce di età estreme.

Prescrizioni di antibiotici
nella popolazione pediatrica

Una sottoanalisi relativa alla popolazione pediatrica ha mostrato che nel corso del 2019 il 40,9% dei bambini con età compresa tra 0 e 13 anni ha ricevuto almeno un antibiotico sistemico, con una prescrizione media di 2,6 confezioni a paziente. La fascia di età con un maggiore livello di esposizione è risultata quella compresa tra i 2 e i 6 anni, seguita dalla fascia 7-10 anni e da quella 11-13 anni. Anche nel caso della popolazione pediatrica si è riscontrato un numero maggiore di prescrizioni nelle regioni del Sud, dove il consumo totale di antibiotici in queste fasce di età supera del 7% la media nazionale (1082 vs 1013 prescrizioni per 1000 ab.). Le classi di antibiotici a maggiore prevalenza d’uso in ambito pediatrico sono risultate essere le associazioni di penicilline, seguite dai macrolidi e dalle cefalosporine. L’uso delle penicilline in associazione con gli inibitori delle beta-lattamasi (in prevalenza amoxicillina/acido clavulanico) è pari a 394 prescrizioni per 1000 bambini: più del doppio rispetto alle penicilline da sole, rappresentate in larga parte dall’amoxicillina. Nelle regioni del Sud questa penicillina è risultata meno utilizzata rispetto all’associazione con acido clavulanico, raccomandata solo nei casi severi/complicati e recidivanti delle infezioni più frequenti, come le otiti.

Prescrizione di fluorochinoloni
in sottogruppi specifici di popolazione

L’analisi della prevalenza di prescrizione e dei consumi nelle donne con età compresa tra i 20 e 59 anni e negli anziani con età uguale o superiore a 75 anni – sottopopolazioni scelte in base alla frequenza di uso inappropriato di fluorochinoloni e al profilo di rischio associato – hanno messo in evidenza livelli elevati, anche se in forte riduzione rispetto agli anni precedenti. In particolare, se nel 2018 la prevalenza d’uso negli anziani era pari al 22,5%, nel 2019 è del 17,3% a livello nazionale, con un picco del 24,6% nelle regioni del Sud. Nelle donne con età compresa tra i 20 e 59 anni, invece, la prevalenza d’uso nel 2019 è pari al 6,3%, con una riduzione del 24,7% rispetto all’anno precedente e una maggiore prevalenza al Sud (7,9%) rispetto al Nord (4,9%) e al Centro (6,6%).

Antibiotico-resistenza, un problema globale

I risultati del rapporto “L’uso degli antibiotici in Italia - 2019” descrivono una situazione che, anche se in miglioramento rispetto agli anni precedenti, rimane tale da richiedere azioni urgenti di prevenzione e controllo. L’indicatore per la resistenza ai farmaci (drug resistance index - DRI), utile per quantificare il problema dell’antibiotico-resistenza in uno specifico contesto assistenziale, mostra un’elevata eterogeneità sul territorio nazionale: il calcolo del DRI di Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae, per esempio, mostra per entrambi i patogeni un valore medio superiore nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord.

In generale, il consumo di antibiotici rimane particolarmente elevato nel nostro Paese. Mettendo a confronto i dati italiani con quelli degli altri Paesi europei e del Regno Unito si nota che il consumo territoriale, in cui rientrano sia le erogazioni a carico del SSN sia gli acquisti a carico del cittadino, è ancora nettamente superiore rispetto alla media europea (Figura 4).




In Italia, in particolare, si osserva un ricorso più frequente ad alcune specifiche classi di antibiotici, quali i macrolidi e lincosamidi e le penicilline. Il consumo ospedaliero invece, seppure con qualche eccezione (chinoloni, sulfonamidi e trimetoprim e altri antibatterici beta-lattamici), risulta in linea con la media europea.

L’analisi comparativa con gli altri Stati europei è molto importante in quanto permette di trarre indicazioni a un livello macro. Come ricordano gli autori del rapporto, infatti, «l’antibiotico-resistenza è un fenomeno multifattoriale e multisettoriale su cui interventi singoli e isolati hanno un impatto limitato». Per tale ragione nel 2015 l’OMS ha elaborato, in collaborazione con l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Food and Agricolture Organization of the United Nations - FAO) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale (World Organization for Animal Health - OIE), un Piano d’azione globale (Global Action Plan on Antimicrobial Resistance), sviluppato con un approccio “One Health” e mirato a promuovere in modo integrato l’uso appropriato degli antibiotici in ambito umano, veterinario e ambientale3. Nel 2017, poi, anche la Commissione europea ha riconosciuto il problema dell’antibiotico-resistenza come una priorità in ambito sanitario, adottando un Piano d’azione europeo contro la resistenza antimicrobica (“A European One Health Action Plan against Antimicrobial Resistance”), con il duplice obiettivo di ridurre il divario tra gli Stati membri e incoraggiare l’adozione e l’attuazione di piani nazionali di contrasto all’antibiotico-resistenza4.

Il rapporto “L’uso degli antibiotici in Italia - 2020” fornirà ulteriori informazioni sull’efficacia degli interventi messi in atto e sugli effetti della pandemia di CoViD-19. Un’analisi comparativa relativa ai consumi in Italia nei primi sei mesi del 2020 rispetto ai primi sei mesi del 2019 ha già messo in evidenza una riduzione del 26,3% dell’uso di antibiotici nell’ambito dell’assistenza convenzionata e dell’1,3% per quanto riguarda gli acquisti diretti. Al contrario, prendendo invece in considerazione le strutture pubbliche è emerso un netto incremento degli acquisti di antibiotici, con un picco nel mese di marzo 2020 in cui tale indicatore è risultato raddoppiato rispetto allo stesso mese del 2019. «È necessario monitorare l’andamento dei consumi di antibiotici – concludono gli autori del rapporto – in particolar modo in un contesto di emergenza sanitaria come quello attuale per evitare il rischio di una maggiore diffusione delle resistenze microbiche».

Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.

Bibliografia

1. Osservatorio Nazionale sull’impiego dei Medicinali. L’uso degli antibiotici in Italia. Rapporto Nazionale 2019. Roma: Agenzia Italiana del Farmaco, 2020.

2. European Medicines Agency. Disabling and potentially permanent side effects lead to suspension or restrictions of quinolone and fluoroquinolone antibiotics, 2018.

3. World Health Organization (WHO). Global Action Plan on Antimicrobial Resistance, 2015.

4. European Commission. A European One Health Action Plan against Antimicrobial Resistance (AMR), 2017.