Adattamenti dei percorsi patologici in funzione
del trattamento con osimertinib in adiuvante
nei pazienti con NSCLC
in stadio precoce (IB-IIIA)

ANTONIO MARCHETTI1, EMANUELA D’ANGELO1

1Dipartimento di Scienze Mediche Orali e Biotecnologiche, “Center for Avanced Studies and Technology” (CAST), Università di Chieti.

Pervenuto il 9 febbraio 2021. Accettato il 14 aprile 2021.

Riassunto. La diagnostica anatomo-patologica è diventata, negli ultimi anni, sempre di più un elemento integrato in un contesto anatomo-clinico multidisciplinare, di cui è indispensabile conoscere tutti i risvolti per poter gestire le analisi diagnostico-predittive con il massimo dell’efficacia ed efficienza. I risultati incoraggianti correlati alla recente anticipazione dell’impiego dei farmaci TKI, tra cui osimertinib, dal setting metastatico del carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) al setting della malattia in stadio IB-IIIA, sottolineano l’importanza di adeguare i percorsi patologici al fine di garantire a una popolazione sempre più ampia di pazienti con NSCLC l’esecuzione delle indagini diagnostiche, in particolare le analisi molecolari. In questo documento, gli autori hanno inteso fornire semplici raccomandazioni riguardanti i requisiti principali del percorso anatomo-patologico per la gestione appropriata di questa malattia. In particolare, sono state innanzitutto evidenziate le criticità delle fasi preanalitiche riguardanti sia i campioni citologici/bioptici sia i tessuti resecati chirurgicamente e sono state poi fornite alcune soluzioni al fine di garantire accuratezza, adeguatezza e sostenibilità degli interventi terapeutici innovativi che verranno introdotti nella pratica clinica per i pazienti affetti da NSCLC.

Parole chiave. Diagnostica, NSCLC, osimertinib.

Pathological pathway adaptations for adjuvant osimertinib treatment in patients with early stage NSCLC (IB-IIIA).

Summary. In recent years, pathological diagnostics have increasingly become an integrated component in a multidisciplinary anatomo-clinical context, of which it is essential to know all the implications in order to manage diagnostic-predictive analyses with maximum effectiveness and efficiency. The encouraging results related to the recent anticipation of the use of TKIs, including osimertinib, from the metastatic setting of non-small cell lung cancer (NSCLC) to the setting of stage IB-IIIA disease, underline the importance of adapting pathologic pathways in order to guarantee the execution of diagnostic investigations, in particular molecular tests, in an increasing proportion of NSCLC patients. In this document, the authors intend to provide simple recommendations regarding the main requirements of the pathological pathway for the appropriate management of this disease. Firstly, the critical issues of the pre-analytical phases concerning both the cytology/biopsy samples and the surgically-resected tissues were highlighted and some solutions were then provided in order to guarantee accuracy, adequacy and sustainability in the innovative approach that will be introduced in clinical practice for NSCLC patients.

Key words. Diagnostics, NSCLC, osimertinib.

Introduzione

Il carcinoma polmonare non a piccole cellule (non-small cell lung cancer - NSCLC) rappresenta l’85% dei tumori maligni del polmone e costituisce attualmente una delle maggiori cause di morte per neoplasia maligna sia nell’uomo sia nella donna1.

La diagnosi istologica è fondamentale per decidere la corretta terapia e dovrebbe essere accurata e dettagliata, basata sulle linee guida internazionali. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), con la pubblicazione della nuova classificazione dei tumori polmonari ha fornito una guida completa non solo per le resezioni chirurgiche, ma anche per le piccole biopsie, laddove i criteri morfologici per la corretta diagnosi potrebbero non essere soddisfatti per esiguità di materiale, per i campioni citologici e per le analisi molecolari2,3.

L’inquadramento prognostico e predittivo ai fini dell’approccio terapeutico dipendono soprattutto da una corretta stadiazione del carcinoma polmonare4. In particolare, la stadiazione della malattia secondo il sistema TNM, basato sulla valutazione di tre parametri quali l’estensione del tumore primario, del coinvolgimento linfonodale e delle metastasi a distanza, rappresenta un mezzo universalmente accettato per stimare la prognosi e per definire il trattamento più idoneo.

Nel corso degli anni, lo studio delle caratteristiche molecolari dei tumori polmonari ha evidenziato un ruolo specifico di alcuni geni che rappresentano importanti bersagli terapeutici, tra cui il recettore del fattore di crescita epidermico (epidermal growth factor - EGFR) e la chinasi del linfoma anaplastico (anaplastic lymphoma kinase - ALK).

Nel NSCLC sono state identificate mutazioni attivanti di EGFR, la cui presenza rappresenta il più importante fattore predittivo per adottare terapie a bersaglio molecolare con specifici inibitori tirosino-chinasici (TKI) dell’EGFR, di prima (gefitinib, erlotinib), seconda (afatinib) o terza generazione (osimertinib), che hanno dimostrato di offrire significativi benefici clinici ai pazienti rispetto alla chemioterapia standard5-7.

La determinazione dello stato mutazionale di EGFR è raccomandata da tutte le linee guida nazionali e internazionali per la scelta della migliore strategia terapeutica in pazienti selezionati con NSCLC in stadio avanzato nonché per comprendere ulteriormente la biologia del tumore al momento della progressione della malattia e della resistenza acquisita.

Alla luce delle recenti evidenze che hanno dimostrato la possibilità di ricorrere alla terapia adiuvante con osimertinib in pazienti con NSCLC in stadio iniziale (IB–IIIA) resecato e con mutazioni del gene EGFR, risulta necessario definire quali modifiche e miglioramenti apportare ai percorsi patologici per garantire adeguate indagini diagnostiche, tra cui le analisi mutazionali del recettore EGFR, a una popolazione sempre maggiore di pazienti con NSCLC.

Impiego di TKI nel NSCLC in stadio precoce

Le promesse della medicina di precisione e della medicina personalizzata hanno dato una notevole spinta agli avanzamenti nella cura del carcinoma polmonare non a piccole cellule portando rapidamente allo sviluppo di terapie molecolari. I farmaci indirizzati verso specifici bersagli molecolari sono fondamentali per le gestione degli stadi avanzati del NSCLC e, da qualche anno, l’attenzione della comunità scientifica è rivolta a un loro impiego anche negli stadi IB-IIIA della malattia, con l’obiettivo di valutarne i possibili benefici come terapia adiuvante e l’ulteriore potenziale vantaggio di limitare gli effetti tossici della chemioterapia tradizionale.

Gli inibitori del dominio tirosino-chinasico del gene EGFR sono utilizzati per il trattamento in prima linea dei pazienti con NSCLC localmente avanzato (stadio IIIB) o metastatico (stadio IV) con mutazioni sensibilizzanti di EGFR, marcatori predittivi di risposta fondamentali per la selezione dei pazienti.

Attualmente, il trattamento di scelta in prima linea è osimertinib, un TKI di terza generazione, che nello studio FLAURA ha mostrato la superiorità rispetto ai TKI di generazione precedente, con una sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana di 18,9 mesi (contro 10,2 mesi), un tasso di risposta globale dell’80% (contro 76%) e una durata mediana della risposta di 17,6 mesi (contro 9,6 mesi)8. Questo farmaco è attivo anche nel sistema nervoso centrale in quanto capace di attraversare la barriera emato-encefalica, rappresentando un grosso vantaggio in quanto le metastasi cerebrali si verificano in circa il 20-40% dei pazienti con mutazioni di EGFR alla diagnosi9,10. Precedenti risultati avevano dimostrato che osimertinib, molto attivo sulle mutazioni sensibilizzanti di EGFR, è specialmente indicato per il trattamento in seconda linea di pazienti con NSCLC in stadio avanzato che, a seguito di un pregresso trattamento con TKI di prima e seconda generazione, quali gefitinib ed erlotinib e afatinib, sviluppano la mutazione T790M inducente resistenza acquisita11.

I dati aggiornati dello studio FLAURA, oltre un beneficio della terapia con osimertinib in termini di sopravvivenza globale mediana di 38,6 mesi rispetto a 31,8 mesi nel braccio di controllo, hanno evidenziato un significativo miglioramento della qualità della vita, che rappresenta un beneficio clinico mai raggiunto in precedenza con i TKI di prima generazione12,13. Questo risultato è sicuramente da attribuire al fatto che osimertinib presenta un’altissima affinità per il recettore EGFR mutato e conseguentemente ha effetti collaterali limitati14-19.

Circa il 30% dei pazienti con NSCLC si presenta alla diagnosi in stadio precoce di malattia (stadio I, II e IIIA). La resezione chirurgica è il trattamento di elezione per questi pazienti, con possibilità di asportazione completa della massa tumorale e quindi con intento potenzialmente curativo. La sopravvivenza a 5 anni per i NSCLC in stadio precoce varia dal 50% per la malattia in stadio IA al 20% in stadio IIIA. Tuttavia, in questi pazienti in stadio iniziale i tassi di recidiva dopo la chirurgia restano elevati, indipendentemente dal ricorso alla chemioterapia post-operatoria, e si rendono necessari ulteriori approcci terapeutici20.

La chemioterapia adiuvante a base di cisplatino è attualmente raccomandata per la malattia in stadio II e IIIA, dopo completa resezione, e può essere presa in considerazione anche per pazienti con un tumore in stadio IB con dimensioni oltre i 4 cm.

Quando il paziente presenta una metastasi linfonodale (N2) in fase preoperatoria, sia un approccio chemio-radioterapico – che nei pazienti con controllo di malattia può essere seguito da trattamento con durvalumab come terapia di consolidamento – sia un trattamento farmacologico seguito da un intervento chirurgico rappresentano valide opzioni di trattamento, con preferenza per la chirurgia nei pazienti in cui è possibile una resezione completa tramite lobectomia21,22.

Alcuni studi clinici e le relative meta-analisi hanno dimostrato, in pazienti con NSCLC in stadio precoce, un miglioramento significativo della sopravvivenza globale del 5% a 5 anni con il ricorso alla chemioterapia adiuvante23,24. In pazienti con NSCLC in stadio precoce e positivi alla mutazione di EGFR, è stata valutata la possibilità di ricorrere a trattamenti in adiuvante con alcuni TKI. In particolare, lo studio EVAN ha confrontato la terapia adiuvante con erlotinib con la chemioterapia standard con vinorelbina e cisplatino, in una popolazione di pazienti con NSCLC in stadio IIIA con EGFR mutato che erano stati sottoposti a resezione, evidenziando miglioramenti nella PFS a 2 anni (81,4% vs 44,6% nel gruppo con chemioterapia)25. Lo studio ADJUVANT ha invece effettuato un confronto tra terapia adiuvante con gefitinib e chemioterapia con vinorelbina e cisplatino dopo intervento chirurgico in soggetti con NSCLC in stadio II o IIIA ed EGFR mutato, mostrando un miglioramento della PFS mediana (28,7 mesi con gefitinib vs 18 mesi con chemioterapia)26.

Questi studi hanno utilizzato un TKI EGFR di prima generazione, come gefitinib ed erlotinib, tuttavia siccome l’attuale standard di cura nel NSCLC avanzato con EGFR mutato è il TKI di terza generazione osimertinib, è stato pianificato lo studio ADAURA di fase III, che ha dimostrato per la prima volta l’efficacia di osimertinib in adiuvante in fasi precoci di malattia20.

Si tratta di uno studio randomizzato in doppio cieco in fase III che ha valutato l’efficacia e la sicurezza del trattamento con osimertinib rispetto al placebo (PBO) in pazienti con tumori positivi per mutazione di EGFR in stadio IB-IIIA. Sono stati arruolati per il trattamento 682 pazienti (339 trattati con osimertinib, 343 con placebo) per i quali sono state esaminate le principali caratteristiche clinico-patologiche e molecolari (stadio, genere, tipo di mutazione). Nei pazienti in stadio II-IIIA l’hazard ratio (HR) per il periodo di sopravvivenza libero da malattia era pari a 0,17; la PFS a 2 anni era del 90% per il trattamento con osimertinib e 44% per il trattamento con PBO. Nella popolazione generale, includente anche lo stadio IB, l’HR per la DFS era di 0,20 e la DFS a due anni era dell’89% dopo trattamento con osimertinib e del 52% dopo trattamento con PBO20,27.

La sicurezza e la tollerabilità di osimertinib nello studio ADAURA sono risultate coerenti con quanto emerso negli studi precedenti sul farmaco nel setting del carcinoma polmonare non a piccole cellule metastatico EGFR mutato27. Questi risultati incoraggianti aprono notevoli prospettive per il trattamento dei pazienti con farmaci a bersaglio molecolare in fasi più precoci del carcinoma polmonare non a piccole cellule.

Nuovo scenario nell’iter diagnostico
per la malattia in stadio precoce

Nelle fasi precoci della patologia tumorale si aprono problematiche relative agli aspetti clinico-patologici che riguardano, in particolare, la fase preanalitica dei processi diagnostici. Si tratta di criticità che sono differenti rispetto a quelle finora affrontate per i pazienti con tumori in stadio clinico più avanzato. Queste criticità devono essere gestite in tempi brevi, secondo criteri di accuratezza e sostenibilità, al fine di garantire l’adeguatezza dei processi innovativi che verranno introdotti nella pratica clinica. Pertanto, è necessario esaminare in concreto quali siano i punti fondamentali da affrontare per costruire un percorso patologico per i futuri sviluppi clinici e terapeutici.

È noto che la fase preanalitica è fondamentale per una buona riuscita di tutte le successive fasi di analisi in ambito morfologico e di caratterizzazione immunofenotipica e molecolare che, a loro volta, rappresentano lo snodo principale nell’iter terapeutico che il paziente dovrà affrontare. Tuttavia, l’importanza di questa fase è spesso sottovalutata, talora con assoluta compromissione dei processi diagnostici.

Nello specifico, per quanto attiene al NSCLC, è necessario fare una distinzione a seconda della tipologia del materiale biologico ricevuto. Infatti, in generale circa il 70-75% dei casi il tumore è inoperabile e il patologo può disporre solo di materiale citologico o bioptico per la diagnosi. Nel restante 25-30% dei casi, trattabili chirurgicamente, si dispone di ampi campioni di tessuto resecato tramite intervento operatorio.

Il materiale biologico da impiegare per le analisi molecolari negli stadi precoci di malattia (IB-IIIA) può essere rappresentato sia dai prelievi citologici o bioptici effettuati a scopo diagnostico prima dell’intervento sia da campioni di tessuto resecati chirurgicamente. Utilizzando entrambi questi campioni il patologo, in un prossimo futuro, potrebbe dover caratterizzare rapidamente il tumore in termini morfologici e molecolari. Ciò prevederà una accurata classificazione istopatologica della neoplasia per identificare forme tumorali con istotipo non squamoso (adenocarcinoma, carcinoma adeno-squamoso, carcinoma a fenotipo nullo) per le quali procedere immediatamente con le analisi molecolari, incluso il test mutazionale per EGFR. Infatti, la presenza di mutazioni sensibilizzanti a carico di EGFR, potrebbe rendersi necessaria, nel giro di poche settimane dall’intervento, per il trattamento adiuvante specifico con osimertinib. Se è vero che, al momento attuale, il materiale citologico e bioptico viene fissato e processato con accuratezza e rapidità a fini diagnostici, non altrettanto si può dire per i pezzi operatori che generalmente hanno un iter meno accurato e più lento delle biopsie, essendo finora il pezzo operatorio ritenuto utile soprattutto per la conferma diagnostica post-intervento. L’applicazione nella pratica clinica dei risultati dello studio ADAURA induce a riconsiderare criticamente i percorsi preanalitici, particolarmente quelli a carico dei campioni resecati con l’intervento chirurgico.

Flussi preanalitici: criticità e azioni correttive

L’ottimizzazione dei percorsi anatomo-clinici per i pazienti con tumore in stadio precoce operabile prevede interventi mirati e precisi sia per il materiale citologico/bioptico sia per i tessuti resecati chirurgicamente. Infatti, nella gestione di entrambe le tipologie di campioni sussistono aspetti critici che richiedono specifiche soluzioni al fine di assicurare un’accurata diagnosi morfologica e molecolare su materiale citologico/bioptico prima dell’intervento, e qualora non fosse possibile, sul tessuto resecato, successivamente.

Una diagnosi di certezza su materiale citologico/bioptico dovrebbe essere sempre presente prima di qualsiasi intervento, laddove le condizioni lo consentano. In circa il 30% dei casi, non è possibile effettuare la diagnosi patologica preoperatoria in quanto il tumore presenta una localizzazione difficile da raggiungere oppure a causa delle scadute condizioni generali del paziente. Inoltre, la quantità di materiale biologico presente su un campione citologico o bioptico è spesso limitata e non tutti i campi prelevati risultano idonei. Importanti criticità di tipo sia quantitativo sia qualitativo possono riguardare il materiale citologico e bioptico (tabella 1). Considerata l’esiguità del materiale citologico/bioptico, il patologo deve cercare di non perdere cellule o tessuto fin dal momento in cui riceve il campione. In particolare, per le cellule e i tessuti inclusi, bisogna tener presente che ogni volta che si tagliano sezioni dal blocco di paraffina in momenti distanziati nel tempo, si perde del materiale che può essere importante per la caratterizzazione del tumore. Tale materiale viene perso ogni qualvolta il blocco viene rimosso e riposizionato nel microtomo e vengono effettuati numerosi tagli per riportare in piano la sezione. La soluzione più appropriata è tagliare un congruo numero di sezioni seriate e progressivamente numerate (15-20) in un’unica seduta di taglio, in modo da sfruttare al massimo il materiale e conservare il restante per future indagini. Qualora non fosse possibile ottenere materiale citologico/bioptico per le ragioni suindicate oppure, nonostante la presenza del materiale, non si arrivi a un esame diagnostico morfologico e molecolare completo, il patologo può disporre del pezzo operatorio28.

Anche le procedure preanalitiche, riguardanti l’impiego del tessuto resecato tramite intervento chirurgico, sono delicate e devono essere gestite in maniera adeguata. In questo caso, infatti, sebbene il patologo disponga di una quantità di materiale abbondante rispetto al campione citologico/biologico, possono presentarsi criticità di altro tipo che è necessario conoscere per gestirle e auspicabilmente prevenirle.

Ottimizzazione delle procedure riguardanti
i tessuti resecati chirurgicamente

È fondamentale sottoporre il materiale resecato mediante chirurgia a un corretto processo preanalitico, che rappresenta un aspetto chiave per una soddisfacente raccolta di informazioni, adottando due principali accorgimenti (tabella 2). Questo modo di procedere, nella fase preanalitica, è fondamentale non solo per migliorare la qualità delle analisi istopatologiche e immunofenotipiche ma anche per caratterizzare adeguatamente il tumore mediante indagini molecolari, specialmente se è richiesto il sequenziamento di nuova generazione (next generation sequencing - NGS).

Nell’ambito della patologia polmonare neoplastica, con il termine “pezzo operatorio” si fa riferimento a diverse tipologie di campioni biologici derivanti da diversi interventi chirurgici: 1) nodulectomia; 2) resezione polmonare atipica; 3) lobectomia; 4) pneumonectomia. Per tutte queste tipologie di campioni, la fase riguardante la fissazione del materiale resecato chirurgicamente deve essere eseguita in maniera adeguata in quanto da essa dipenderà la qualità delle indagini immunofenotipiche e molecolari successive.

La formalina (formaldeide tamponata al 10%) che viene utilizzata per la fissazione del pezzo, penetra il tessuto molto lentamente, circa 1 mm l’ora. In particolare, nei pezzi operatori di grandi dimensioni, la sede del tessuto neoplastico può trovarsi in profondità e quindi è richiesto un tempo maggiore per la penetrazione del tessuto tumorale da parte del fissativo. Per esempio, per un tumore distante 2 cm dalla superficie del campione, saranno richieste circa 20 ore affinché il tessuto neoplastico sia raggiunto dal fissativo, con conseguenze negative sulla fissazione del tessuto tumorale. Al fine di eseguire una corretta fissazione del tessuto, gli esperti suggeriscono di considerare due elementi chiave (tabella 3). In particolare, il rispetto di tempistiche adeguate consente una migliore qualità dei test molecolari che vengono eseguiti su tessuto fissato.




In generale, è fondamentale procedere attraverso le varie fasi di fissazione, inclusione, taglio e colorazione del campione chirurgico resecato rispettando una tempistica che sia stata definita in maniera ottimale. L’obiettivo deve essere quello di allineare, per quanto tecnicamente possibile, i tempi di esecuzione di queste diverse fasi ai tempi impiegati per la preparazione dei campioni bioptici, a cui attualmente sono dedicati percorsi prioritari. Nello specifico, nella pratica clinica occorre ridurre il tempo di refertazione per il campione resecato dalle attuali 2-3 settimane, comunemente impiegate nelle anatomie patologiche sul territorio nazionale, a una settimana lavorativa.

In definitiva, per i tessuti resecati chirurgicamente è necessario riorganizzare il percorso patologico in dettaglio, avendo cura di definire in maniera corretta tutte le fasi. La definizione e l’implementazione di tempistiche e modalità ottimali per l’esecuzione delle diverse fasi preanalitiche può consentire un’adeguata gestione del percorso diagnostico-stadiativo del paziente affetto da NSCLC.

Conclusioni

Il presente documento ha inteso richiamare l’attenzione su alcuni elementi, in particolare accuratezza, completezza e tempestività, da cui non si può prescindere nei percorsi anatomo-patologici al fine di garantire una gestione ottimale del NSCLC in stadio precoce, soprattutto nell’ottica dell’implementazione del trattamento adiuvante con osimertinib e futuri farmaci biologici nella pratica clinica.

Quanto riportato relativamente alla riorganizzazione del percorso patologico è stato concepito infatti per venire incontro alle nuove necessità cliniche discusse che potrebbero implicare un cambio di paradigma per il patologo. In pratica, si comincia a prospettare l’ipotesi che al momento della diagnosi di patologie neoplastiche in fase precoce di malattia, sia lo stesso patologo a fare la richiesta e avviare la procedura dell’esame molecolare, nella modalità nota nei Paesi anglosassoni come reflex testing, cioè “di riflesso”, immediatamente dopo l’intervento, al fine di accelerare i processi. Un test così effettuato completa il referto istologico e l’iter diagnostico e riduce i tempi per trattare il paziente nel modo più adeguato. Un ulteriore vantaggio di questo nuovo approccio sarà la maggiore appropriatezza delle richieste di esame.

Questo nuovo paradigma si porta necessariamente dietro problematiche di tipo economico che richiedono una adeguata analisi health technology assessment (HTA), nonché un’analisi del costo/beneficio derivante dal nuovo percorso diagnostico che possono essere soltanto citate in questa sede, considerando lo scopo principale di questo articolo. È auspicabile che, a seguito di tali analisi, il costo del test possa essere poi inserito nei percorsi clinico-diagnostici, i cosiddetti “diagnosis related groups” (DRG) e quindi nella programmazione economica del fondo sanitario nazionale, anche mediante eventuali stanziamenti di risorse ad hoc, come sta avvenendo per altre tipologie tumorali (per es., comma 479 della legge di bilancio 2021 sul trattamento personalizzato del tumore della mammella). Infine, sarà richiesta una specifica formazione per i patologi e un confronto tra le comunità scientifiche al fine di migliorare il percorso diagnostico e far fronte alle nuove esigenze di trattamento per i pazienti con NSCLC in stadio precoce di malattia. I cambiamenti nel panorama terapeutico negli ultimi anni hanno messo sempre più in risalto la necessità di stretti rapporti professionali all’interno di gruppi di lavoro interdisciplinari, percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA) e molecular tumor board (MTB), nell’ambito nelle Reti oncologiche regionali. I MTB, gruppi multidisciplinari con un core funzionale rappresentato da oncologi, patologi, biologi molecolari, genetisti, farmacologi, coadiuvato da altre figure cliniche di supporto, hanno come scopo principale quello di definire i criteri di selezione dei pazienti oncologici sottoposti a profilazione genomica estesa (comprehensive genomic profiling - CGP) per definire il significato e le indicazioni cliniche delle alterazioni molecolari identificate e intervenire nelle decisioni per la scelta di terapie a bersaglio molecolare correlate. Una rapida implementazione sul territorio dei MTB rappresenta, pertanto, un fondamentale step forward verso la medicina personalizzata nei pazienti oncologici29,30. L’interattività nei gruppi di lavoro favorisce la formazione, il confronto e l’appropriatezza nella gestione dei pazienti, sulla base di specifiche raccomandazioni e linee guida, al fine di ottenere i migliori risultati in termini di sopravvivenza.

Fondi: il supporto editoriale, sotto forma di medical writing e assistenza alla redazione di questo manoscritto, è stato fornito da Edra S.p.A e condotto con il sostegno di AstraZeneca.

Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.

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