Salute senza Ministero
28 giugno 2008
Caro direttore,

i problemi riguardanti la salute esistono (eccome!) e basta sfogliare i giornali per averne prova quotidiana. Eppure il Ministero della salute non c’è più. Al suo posto c’è il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali affidato al senatore Sacconi, politico equilibrato e di ampia esperienza parlamentare, militante un tempo del Partito Socialista ed ora nel PdL. A parere di molti, compreso il modesto scriba, non è necessario che il responsabile del dicastero che si occupa della salute sia laureato in medicina e neppure che sia laureato. Tuttavia, secondo un comune senso logico, dovrebbe comunque essere una persona che da anni si è occupato di sanità, delle necessità di medici e infermieri e delle esigenze dei pazienti. Invece, se non erro, il ministro Sacconi si è occupato con competenza di questioni relative esclusivamente al lavoro e alle politiche sociali. Non a caso l’attuale Ministro ha infatti collaborato al “Libro Bianco” del 2001 con Marco Biagi, prima dell’ignobile assassinio del giurista. Ben preparato dunque, ma solo in questo ambito, mi sembra arduo pensare che egli possa governare con prontezza e decisione le questioni specificamente inerenti salute e sanità. E allora una istintiva domanda (retorica) assolutamente “trasversale”, ai nostri politici: le cariche importanti si affidano in base alle competenze culturali o gestionali specifiche, oppure per sistemare alcune persone in base ad accordi di spartizione politica?
Altra perplessità riguarda la capacità contrattuale di un Ministro trivalente come quello del Welfare. Quando nel Consiglio dei Ministri si tratterà di battere cassa per il proprio dicastero, per cosa farà la voce grossa il Ministro? Richiederà finanziamenti per il lavoro, per la salute, per le politiche sociali? Da medico, e quindi con ottica partigiana, preferirei che l’attenzione ai tanti problemi che ruotano intorno al mondo della medicina, riguardanti i medici stessi, gli infermieri, le cure palliative, la lungodegenza, l’assistenza domiciliare, le attese e via dicendo, fosse dedicata una priorità, per far sì che l’assistenza, e la sanità nel loro complesso migliorino e che siano, possibilmente, eguali per tutti. Ma per far ciò occorrono fondi, e temo purtroppo che la forza contrattuale di un Ministro trivalente sia inferiore a quella di un Ministro “della salute e basta”, uno cioè che deve rispondere esclusivamente di quello che riesce a realizzare in sanità. È vero che molte competenze sono state trasferite alle Regioni ma, senza un punto di riferimento rappresentato da un Ministero specifico, “forte”, al centro, le conseguenze sono più che probabili: meno negative nelle Regioni ricche e con una sanità meglio gestita, ma a mio avviso peggiorative in quelle povere e malgestite, dove sempre proliferano i “furbi del luogo”, a prescindere da chi siede al governo. Insomma, un Ministero dove si accorpano tre funzioni tutte rilevanti non mi sembra un buon segnale e fa temere che la qualità dell’assistenza sanitaria, al contrario di ciò che prevede la nostra Costituzione, diventerà sempre più eterogenea nelle diverse Regioni. Come medico non vorrei correre questo rischio, pur vedendo con molto favore le riduzione complessiva delle cariche ministeriali. Spero sinceramente che le mie previsioni siano smentite dagli eventi.

prof. Giorgio Dobrilla, Bolzano