Verso un modello integrato di sviluppo, approvazione
e accesso dei farmaci per malattie rare in Europa

Enrico Costa1, Nicola Magrini2

1Settore Affari Internazionali, Agenzia Italiana del Farmaco, Roma; Committee for Orphan Medicinal Products (COMP), Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), Amsterdam; 2Direttore Generale, Agenzia Italiana del Farmaco, Roma.

Pervenuto su invito il 4 luglio 2022.

Riassunto. Negli ultimi decenni il sistema regolatorio ha adattato le procedure di valutazione dei farmaci alla necessità di rispondere in tempi sempre più rapidi alle richieste di trattamenti efficaci per patologie gravi. Tuttavia, valutazioni troppo precoci rischiano di non fornire informazioni solide per definire il valore terapeutico di un farmaco e il suo giusto prezzo. Nel caso delle malattie rare, queste criticità si amplificano per le alte aspettative dei pazienti in condizioni di assenza di alternative terapeutiche. La revisione del regolamento europeo sui farmaci orfani rappresenta un’opportunità per promuovere una maggiore integrazione tra le fasi di sviluppo, approvazione e accesso al farmaco. Per questo motivo proponiamo di: 1) istituire un percorso di valutazione dell’efficacia comparativa e della quantificazione del beneficio terapeutico di un farmaco a livello europeo, indirizzando al contempo gli incentivi verso le patologie più rare per sostenerne lo sviluppo e la commercializzazione; 2) ridimensionare l’impatto dei farmaci orfani sulla sostenibilità generale, considerato che sostenere lo sviluppo e la commercializzazione di questi farmaci attraverso gli incentivi non può trasformali nei nuovi blockbuster. In questa prospettiva un procurement europeo – inizialmente destinato ai farmaci per le malattie ultra-rare – potrebbe migliorare le possibilità di accesso di tutti i Paesi semplificando la replicazione di procedure onerose per l’industria farmaceutica; 3) potenziare il contributo della ricerca post-autorizzativa in un’ottica di partnership pubblico-privato per indirizzare lo sviluppo di farmaci già approvati verso patologie o mutazioni più rare e per questo di scarso interesse commerciale.

Harmonizing development, approval and access of drugs for rare diseases in Europe.

Summary. In the past few decades, the regulatory system has changed its approach to speed up the assessment and approval of drugs for the treatment of serious and orphan diseases. However, too early assessments may fail to provide solid evidence to define the therapeutic value of drugs and their fair price. As for rare diseases, patients’ expectations amplify such criticalities due to the lack of therapeutic alternatives. The revision of the EU regulation on orphan medicinal products represents an opportunity to promote greater integration between the development and approval of drugs with their subsequent access. For this reason, we propose: 1) establishing a process for evaluating the comparative efficacy and quantification of the therapeutic benefit of a drug at a European level, while addressing incentives towards rarer diseases to support their development and marketing; 2) downsizing the impact of orphan drugs on general sustainability, considering that incentives supporting their development and marketing cannot transform them into new ‘blockbusters’. In this perspective, a European procurement – initially intended for drugs for ultra-rare diseases – could improve access by all EU countries through simplifying the burdensome procedures for the pharmaceutical industry; 3) enhancing the contribution of post-authorization research from a public-private partnership perspective to steer the development of drugs already approved towards rarer pathologies or mutations of little commercial interest.

L’evoluzione del contesto scientifico
e regolatorio

Negli ultimi anni – ma ancor di più con la recente pandemia covid-19 – il quadro di riferimento scientifico, regolatorio, oltre che politico e culturale del sistema farmaceutico è mutato considerevolmente e con esso la considerazione data alle priorità di salute pubblica globale e locale.

Se negli anni ’60 la garanzia del profilo di sicurezza dei farmaci ha guidato la ridefinizione dei sistemi regolatori sulle macerie imbarazzanti del caso talidomide che aveva portato nel 1962 alla più grande riforma regolatoria su cui ancora poggia il sistema di valutazione, nel decennio successivo il principio guida è stato quello dell’efficacia dimostrata e dell’uso razionale dei farmaci1. Negli stessi anni è maturata nelle agende internazionali il tema dell’equità su scala globale e dell’accesso universale alle cure; in quest’ottica va vista la definizione della Prima Lista dei Farmaci Essenziali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 1977, come un unico standard globale, in contrasto con la designazione di un doppio standard rispetto a un diritto fondamentale dell’uomo2.

In questo scenario viene approvata negli Stati Uniti la prima legislazione sui farmaci orfani, l’Orphan Drug Act del 1983: attraverso l’erogazione di incentivi regolatori e finanziari si intende reindirizzare l’interesse degli investitori verso lo sviluppo di farmaci in aree di scarso interesse commerciale per l’esiguità dei numeri (patologie con prevalenza <200.000 persone negli USA)3.

A partire dagli anni ’90, si è sviluppata la evidence-based medicine (EBM), un movimento scientifico-culturale senza precedenti nella capacità di influenzare lo sviluppo best practice finalizzata alla produzione e valutazione di evidenze scientifiche a supporto del processo decisionale basato su prove di efficacia4.

Successivamente, indicativamente a partire dal 2000, in un contesto sempre più definito dai progressi della biologia molecolare e dall’identificazione di nuovi target terapeutici predittivi di risposta, si è posto il problema di velocizzare la valutazione e l’approvazione di quei farmaci promettenti sotto il profilo del beneficio terapeutico e destinati al trattamento di patologie gravi senza adeguati trattamenti disponibili (quali, per esempio, la maggior parte delle malattie rare).

Un’enfasi quella dell’approvazione rapida basata su dati da studi in fase precoce, senza gruppi di controllo e su endpoint surrogati che si scontra con la necessità dei servizi sanitari di rimborsare farmaci di dimostrata efficacia, soprattutto quando questi si affacciano al mercato con prezzi elevati che possono minare la sostenibilità del sistema. Per rispondere all’emergenza della diffusione dell’HIV all’inizio degli anni ’90 la Food and Drug Administration (FDA) ha istituito i cosiddetti expedited programme (per es., le designazioni fast-track, breakthrough therapy, priority review e l’accelerated approval) introducendo per la prima volta degli elementi di flessibilità per consentire un più rapido accesso ai trattamenti5. Nel caso dell’HIV possiamo dire che abbia certamente funzionato per quanto riguarda l’utilizzo di endpoint surrogati validati; tuttavia, in altri ambiti le incertezze non sono state risolte.

Pur con un sistema legislativo e culturale di riferimento diverso, un impianto simile a quello statunitense è stato riprodotto in Europa alcuni anni più tardi: prima il regolamento 141/2000 sui farmaci orfani e successivamente i programmi di valutazione accelerata e di approvazione in circostanze eccezionali o condizionata fino al più recente programma PRiority Medicines (PRIME)6.

La combinazione di questi approcci – ovvero il nuovo paradigma molecolare e il nuovo assetto regolatorio – ha portato allo sviluppo di nuovi farmaci o terapie cellulari e geniche in grado di modificare radicalmente il decorso di alcune patologie importanti, come avvenne per esempio con l’approvazione di imatinib per il trattamento della leucemia mieloide cronica con cromosoma Filadelfia positivo (Ph+)7. Tanto era il beneficio terapeutico di alcuni di questi nuovi farmaci che dal 2015 l’OMS ha iniziato un accurato processo di revisione per la loro inclusione nella Lista dei Farmaci Essenziali8.

In questo quadro di riferimento – di cui abbiamo sinteticamente delineato alcune delle tappe più significative della sua evoluzione – e alla vigilia di una possibile ridefinizione del sistema farmaceutico europeo che toccherà anche il regolamento sui farmaci orfani, intendiamo – a titolo personale e nel contesto di una proposta editoriale interamente dedicata al discussione sui trattamenti per le malattie rare – suggerire alcune riflessioni e proposte per favorire una discussione volta a migliorare il percorso di valutazione e approvazione dei farmaci per malattie rare a livello europeo in modo più coordinato con le politiche di rimborso e prezzo a livello nazionale, e con le dinamiche di accesso sul territorio da parte dei pazienti.

Problemi aperti
e possibili soluzione/proposte

Valutazione e quantificazione del beneficio terapeutico: ridurre le incertezze decisionali migliorando le evidenze all’approvazione

Uno dei tratti che più differenziano il regolamento sui farmaci orfani europei da quello statunitense per l’ottenimento della designazione orfana è la dimostrazione del significant benefit del nuovo farmaco rispetto alle terapie esistenti.

In un sistema farmaceutico che intende premiare lo sviluppo di farmaci per il trattamento di malattie gravi e rare (o poco frequenti), è fondamentale che la misurazione di un beneficio terapeutico avvenga attraverso una metodologia riconosciuta e su parametri clinicamente rilevanti, e non come avviene oggi anche attraverso il riconoscimento della major contribution to patient care9. La designazione orfana potrebbe dunque fungere da volano per introdurre il principio della valutazione di efficacia comparativa a livello europeo. Oggi, l’approvazione centralizzata di farmaci con designazione orfana crea spesso un disallineamento con le valutazioni a livello dei Paesi membri, essendo la designazione orfana spesso interpretata dai pazienti come il riconoscimento di una innovatività terapeutica, aspetto quest’ultimo che invece richiede una valutazione più strutturata e rispondente a criteri metodologici condivisi e ben esplicitati, ma soprattutto di quantificazione del beneficio terapeutico10.

L’assenza di una valida alternativa terapeutica rappresenta già di per sé un incentivo intrinseco molto forte per indirizzare gli investimenti per lo sviluppo di un farmaco in un ambito anziché in un altro. Gli incentivi regolatori e finanziari devono essere invece riservati a quelle patologie la cui prevalenza pone delle oggettive criticità nella pianificazione e conduzione degli studi clinici per la costruzione delle evidenze. Per questo motivo, abbassare la soglia di prevalenza per l’eleggibilità a farmaco orfano da 5/10.000 a 1/10.000 – come per esempio già avviene in Giappone – o addirittura inferiore, potrebbe meglio orientare la ricerca verso le patologie meno attrattive tra le rare.

Sostenibilità, prezzi e accesso: verso un HTA
e
procurement a livello europeo?

Benché i farmaci orfani siano stati sviluppati anche attraverso incentivi pubblici per compensare l’iniziale scarso interesse commerciale – per es., garanzia di una esclusività di mercato di 10 anni nell’Unione Europea (UE) – questi hanno guadagnato negli anni un posto di riguardo nelle “classifiche” dei farmaci più costosi a livello globale11. Nel 2020, in Italia, tra i primi 30 farmaci acquistati dalle strutture pubbliche in ordine di spesa, 4 sono orfani12. Questo aspetto ha destato grande preoccupazione nella comunità scientifica, che si interroga sul rischio di creare ulteriori disuguaglianze in un ambito caratterizzato da un elevato profilo di fragilità – anche sociale – quale è quello di alcune malattie rare fortemente invalidanti.

Infatti, prezzi molto alti ritardano – se non addirittura prevengono – l’accesso ai trattamenti nei diversi Paesi membri della UE, poiché caratterizzati da un diverso quadro economico e di copertura sociale. Senza interferire con la libertà di ciascun Paese di poter determinare la propria politica economica così come sancito dall’art. 168 TFUE, in quest’ambito si registra però un effetto paradosso che richiede un ripensamento di questa frammentazione, e che vede rallentare l’accesso a livello nazionale proprio per quei farmaci in cui il sistema ha cercato di velocizzare con gli expedited programme le valutazioni e approvazioni a livello centrale.

Tuttavia, è necessario sottolineare come la condizione strutturale di carenze relative a farmaci essenziali – per lo più a brevetto scaduto e quindi a minore attrattività commerciale – sia solo l’ultimo sintomo di una deformazione strutturale del sistema in cui evidentemente mancano dei contrappesi per armonizzare l’arrivo di nuovi farmaci ad alto impatto di spesa in sistema di welfare pubblico che deve necessariamente abbracciare un orizzonte più ampio e articolato13.

In questa prospettiva, il nuovo regolamento europeo sull’health technology assessment (HTA) può favorire una valutazione sovranazionale, evitando la replicazione di procedure a livello dei Paesi membri con un dispendio forse non più conveniente di tempo e risorse. In secondo luogo, per farmaci destinati al trattamento di malattie estremamente rare, sulla scorta dell’esperienza dei vaccini covid-19 – anche se con le necessarie accortezze rispetto a un ambito molto diverso – andrebbe valutata la possibilità di un procurement europeo non imposto dall’alto, ma come piattaforma messa a disposizione dalla Commissione Europea per tutti i Paesi che intendono parteciparvi, creando un’ulteriore leva nella definizione del prezzo, ma sollevando l’industria farmaceutica dalla replicazione di procedure, come detto, onerose in termini di accesso al mercato14.

Integrazione degli accordi negoziali
con la ricerca post-autorizzativa

Nel tentativo di governare l’incertezza dovuta alla disponibilità di evidenze immature al momento della commercializzazione (spesso condizionata) a fronte dei prezzi richiesti elevati, sono stati sviluppati negli anni diversi schemi di accordi negoziali condizionati (Managed Entry Agreements), che hanno consentito di armonizzare il rimborso di un farmaco rispetto a una condivisione del rischio tra industria e payer.

Nel caso delle malattie rare, questi accordi dovrebbero rappresentare delle piattaforme per un continuum tra la fase pre- e quella post-autorizzativa. Malattie estremamente rare richiedono necessariamente un approccio diverso nella produzione delle evidenze ma anche nella definizione dell’accordo negoziale. Questo è il caso, per esempio, di mutazioni estremamente rare in patologie non solo rare ma anche più frequenti e che richiedono di essere investigate con specifici programmi di ricerca15. Nella necessità di fornire una risposta a quelle sottopopolazioni molecolarmente identificabili e non incluse nei trial clinici o per le quali le aziende non abbiano un interesse allo sviluppo del farmaco per motivi di strategia industriale, è necessario pensare ad approccio condiviso tra industria farmaceutica ed enti regolatori. In questa prospettiva va definito il ruolo e il contributo della ricerca clinica post-autorizzativa, come un modello di sviluppo del farmaco in ambiti di rarità e per cui la compartecipazione dei rischi pubblico-privato va necessariamente ricondotta alla definizione di un accordo negoziale che consenta un rapido accesso a questi trattamenti se di dimostrata efficacia con prezzi sostenibili. In Italia, la ricerca indipendente ha già dimostrato che metodologicamente è possibile produrre informazioni solide persino in patologie estremamente rare, e questo toglie ogni dubbio sulla possibilità di percorrere questa strada quando è solida e rilevante l’ipotesi di ricerca16.

Conclusioni

Le malattie genetiche complesse rare sono un aspetto molto serio della nostra società: colpiscono infatti la fragilità più profonda dell’individuo e della sua famiglia provocando un senso di smarrimento anche dal punto di vista sociale. Il farmaco è solo l’ultimo aspetto di un sistema socio-assistenziale più complesso e che richiede un efficiente coordinamento per rispondere alle necessità della persona. Tuttavia, il farmaco può migliorare queste condizioni, ma può farlo solo quando di dimostrata elevata efficacia. È compito quindi delle istituzioni – e in particolare degli enti regolatori – garantire l’accesso a trattamenti efficaci proprio a tutela della singola persona e della credibilità dell’intero sistema in una dimensione più collettiva.

Le legislazioni sui farmaci orfani hanno portato un grande contributo allo sviluppo di questi farmaci; ora è necessario rafforzare il sistema affinché la designazione orfana non sia un fine per aumentare i profitti di mercato, ma un mezzo per raggiungere obiettivi terapeutici molto complessi. Come già hanno fatto nel corso degli ultimi 60 anni, gli enti regolatori e i sistemi sanitari hanno il dovere di aggiornare continuamente le proprie modalità di funzionamento e valutazione con l’unico scopo di garantire un accesso equo ai trattamenti, sostenibile e basato su criteri di efficacia ai cittadini per migliorarne le condizioni di salute.

In altre parole, occorre uscire dall’attuale doppio standard di evidenze preliminari per l’approval e di evidenze più ampie e comparative per definire la place-in-therapy e soprattutto il valore terapeutico aggiunto per le decisioni di HTA e reimbursement che dovrebbero invece andare maggiormente hand-in-hand.

Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.

Dichiarazioni: i punti di vista e le opinioni espresse nell’articolo sono personali degli autori e non riflettono necessariamente la posizione delle istituzioni che rappresentano.

Bibliografia

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