Come leggere le riviste di medicina.
Dalla consultazione al bisogno alla lettura attiva
per accorgersi delle nuove evidenze
Alessandra Piatti, Luca De Fiore

Riassunto. I medici non possono praticare un’assistenza di buona qualità senza aggiornare le proprie conoscenze; la lettura è una componente essenziale dell’educazione continua in medicina e per questo le abitudini di lettura del medico sono state spesso studiate negli ultimi anni. I bisogni di informazione sorgono solitamente nel corso della visita del paziente e sono per lo più collegati alla strategia diagnostica e terapeutica. Cercare risposta a queste domande utilizzando le fonti primarie, come le riviste scientifiche, richiede molto tempo ed è spesso frustrante. La consultazione “al bisogno” dovrebbe essere integrata con un monitoraggio proattivo delle nuove evidenze che emergono dalla letteratura scientifica. Organizzarsi a tale fine non è semplice: saper gestire il proprio tempo, essere capaci di selezionare e lavorare in gruppo, stabilire una continuità tra tempo libero e tempo del lavoro, conoscere gli strumenti per il critical appraisal sono i passaggi critici per un soddisfacente apprendimento lungo l’intero corso della vita professionale. L’obiettivo di questa rassegna è aiutare il medico a comprendere il modo per gestire meglio le conoscenze cliniche e mantenersi al passo dei progressi della letteratura biomedica.

Parole chiave. Aggiornamento del medico, Journal Club, letteratura biomedica, medicina basata sulle prove di efficacia, valutazione critica dell’informazione.


Summary. How reading medical journals. From the just-in-time approach to a proactive monitoring for newly emerging evidence.
Physicians cannot practice good quality health care without updating their knowledge; reading is a key component of the continuing medical education, so their reading habits have been frequently studied in the past years. The information needs of doctors usually arise during the consultation and they are commonly related to the therapeutic and diagnostic strategy. Seeking answers to these questions from primary sources, such as medical journals, is time consuming and often discouraging. The just-in-time approach should be integrated by a “proactive monitoring for newly emerging evidence”. Creating such a proactive system is not an easy task: time management, triage, teamwork, take home messages and tools are the critical steps to a successful lifelong learning. The aim of this paper is to help doctors to understand the better management of clinical knowledge, and to explain how to keep up professionally with the medical literature.

Key words. Critical appraisal, Evidence-based medicine, Journal Club, medical education, medical journals.

Introduzione
Come leggono i medici?
Troppe volte viene trascurata questa domanda centrale per chi lavora nel settore della comunicazione scientifica; una prima risposta si può dare: oggi i medici leggono i singoli articoli, estrapolati dal contesto della rivista che li ospita1.
In generale, si può dire anche che i professionisti che lavorano nel campo della sanità non sono lettori forti.
Si tratta, però, più di un sospetto che di una certezza; non è comunque difficile ottenere i “numeri” della diffusione delle riviste, dal momento che è quasi sempre sufficiente consultare i siti delle case editrici per conoscere la circolazione dei loro periodici.

Di solito, queste informazioni sono reperibili nelle pagine web che si rivolgono agli inserzionisti pubblicitari.

Vedi, per esempio, il sito Elsevier Media Kits http://www.elsmediakits.com/productAd.php


Tuttavia non è altrettanto facile sapere quante volte queste stesse riviste sono consultate e quanti e quali articoli sono letti. Anche il numero dei down-
load effettuati dagli utenti nel caso degli abbonamenti online non è una garanzia di lettura dell’articolo scaricato: infatti, molti utenti stampano un articolo e lo mettono da parte senza averlo letto, finendo spesso per dimenticarlo.
Se parliamo di libri, più di una ricerca suggerisce che il classico trattato e il più fruibile manuale restano tra le fonti più consultate2; diverso il caso delle monografie di aggiornamento specialistico, che soffrono delle difficoltà comuni anche ad altre discipline: «la lettura, per ragioni professionali, di libri nel tempo libero tra 2000 e 2006 – si legge sul Giornale della Libreria di gennaio 2008 – è diminuita del 16,5%: da 5.167 milioni di persone a 3.315». È possibile che questi dati vadano interpretati alla luce del successo di fonti alternative di informazione, quali il web o le stesse riviste scientifiche (anche se in questo caso i dubbi sono certamente maggiori). Sono gli stessi dati Istat a dirci che 3,9 milioni di persone tra i 25 e i 54 anni scaricano sul posto di lavoro materiali disponibili in rete: da capitoli di libri a documentazione scientifica fino a report di ricerca.
Perché i medici sentono il bisogno di aggiornarsi?
Nella metà dei casi perché cercano informazioni riguardanti la strategia terapeutica da seguire nei confronti di un paziente (per una sintesi degli studi che convergono su queste conclusioni, vedi3). L’80 per cento delle domande che nascono nel corso di una giornata di lavoro è legato alla clinica4. Sembra pertanto evidente che il medico legga soprattutto per colmare bisogni formativi specifici (figura 1).



Cosa leggono i medici?
Non sappiamo con certezza come venga generalmente cercata la soluzione ai propri dubbi; i dati disponibili sono frutto di ricerche condotte con criteri metodologici che le rendono scarsamente affidabili o, comunque, poco confrontabili l’una con l’altra. Ciò che sembra chiaro è la preferenza che il personale sanitario accorda alle fonti primarie; le cosiddette “secondary publications” sono, a torto, giudicate… di secondaria importanza e di conseguenza sono poco consultate 2. Di tale sottovalutazione soffrono pubblicazioni preziose come le riviste Evidence-based pubblicate dal gruppo del BMJ, i Watch della Massachusetts Medical Society, la società scientifica che edita anche il New England Journal of Medicine, lo ACP Journal Club dell’American College of Physicians o le risorse contenute nella Cochrane Library e in Clinical Evidence, da qualche anno disponibile gratuitamente anche in italiano per iniziativa dell’Agenzia Italiana del Farmaco.
Perché i medici non leggono?
Principalmente perché – leggendo per cercare risposte a precisi bisogni di informazione – la traduzione di un interrogativo clinico in una domanda da porre a una rivista, a una banca dati o a un motore di ricerca non è un procedimento facile. Addirittura, alcuni dubbi del medico riguardanti le condizioni del malato sarebbero persino impossibili da articolare grammaticalmente5. Per di più, «l’approccio classico [valutazione critica della letteratura primaria usando il procedimento PICO (Popul-ation, Intervention, Comparison, Outcome)] è poco pratico per essere usato al letto del malato» 6,7.
Inoltre, le competenze informatiche spesso non sono sufficienti per consultare con rapidità e successo PubMed o un’altra interfaccia bibliografica.

In definitiva, quasi sempre è più facile chiedere a un collega: a voce, qualsiasi domanda è più semplice da formulare e le risposte di un altro medico sono più vicine al setting in cui si svolge l’assistenza3.
Consideriamo anche che i bisogni di informazioni possono essere spesso qualcosa di più di “semplici” lacune nella preparazione clinica; le incertezze possono infatti riguardare il modo di comportarsi in situazioni complesse che comprendono aspetti sia clinico-assistenziali, sia relazionali.
La domanda più frequente che un medico o un infermiere si pone e rivolge a un collega è: “Che faresti tu al posto mio con un paziente del genere?” 8.

Anche il fattore-tempo è un elemento molto importante; condiziona più della metà delle ricerche di informazione9; da quasi tutti gli studi condotti risulta che il tempo dedicato alla ricerca di una risposta a un interrogativo clinico è molto limitato: difficilmente supera i 15 minuti3. Uno studio osservazionale svolto tra medici di famiglia statunitensi ha evidenziato che il tempo impiegato in media a reperire una risposta a un interrogativo clinico è di 118 secondi, ma la mediana (cioè il valore che vede sotto e sopra di sé il 50% dei dati osservati) è addirittura di 60 secondi. La ricerca di informazioni concernenti la prescrizione della terapia è quella che assorbe meno tempo10.
Alla luce di questi dati, non sorprende sapere che raramente un medico è soddisfatto di ciò che ha trovato: le risposte ricevute dalla letteratura sembrano incomplete e, in definitiva, poco applicabili al singolo paziente.
Che fare?
Da una breve rassegna dedicata ai punti chiave della didattica della Evidence-based medicine11, riprendiamo cinque punti critici del cosiddetto lifelong learning, vale a dire dell’apprendimento costante lungo l’intero arco della vita lavorativa (figura 2).




Gestire meglio il proprio tempo
Diverse autorevoli istituzioni – come, per esempio, la Harvard Business School – dedicano all’argomento progetti di ricerca e programmi didattici. In generale, si ritiene che imparare a stabilire una gerarchia di importanza tra i propri impegni e accettare di delegare alcune incombenze siano passi obbligati. Ha notevole rilevanza non rinviare gli impegni una volta che siano stati assunti: affrontare un problema con tempestività aiuta a evitare complicazioni e ritardi.
Una troppo frequente partecipazione a riunioni collegiali assorbe una grande quantità di tempo: ma oltre a limitarne il numero, occorre organizzarle meglio, affidando preventivamente ai diversi partecipanti un compito specifico e raccomandando loro la sintesi nell’affrontare i problemi. Partecipare dunque solo alle riunioni indispensabili e solo per la parte di specifico interesse e competenza.
Selezionare
“Less is more” è una convinzione condivisa: di 60 mila articoli pubblicati in un anno su 140 riviste tra le più citate, solo poco più del 5% supera una valutazione della qualità del metodo di ricerca utilizzato dagli autori12. In altre parole, occorre leggere 18 articoli delle migliori riviste per trovarne uno che valga veramente la pena di esser letto (sarebbe, questo valore, il “number needed to read”). Inoltre, «nonostante la pletora di riviste disponibili, gli articoli che più influenzano la comunità scientifica sono concentrati in pochi giornali»13. In sei riviste (NEJM, Science, Nature, PNAS, JAMA, Lancet) è uscito l’80 per cento degli articoli medici più citati.

Accanto a queste fonti primarie (quelle che pubblicano gli articoli originali che riportano i risultati delle ricerche cliniche), è utile – secondo molti, è più utile – consultare uno o più periodici di pubblicazione secondaria in modo da leggere le sintesi e i commenti critici degli articoli più rilevanti pubblicati da fonti primarie. I criteri per la selezione degli articoli da recensire seguiti da Evidence-based Medicine e ACP Journal Club sono spiegati in dettaglio dalle direzioni delle riviste 15 (vedi box a pagina seguente).



Lavorare in gruppo
«Ideas about work-based learning have moved from thinking of learners as solitary beings to thinking of them as members of communities of practice, in which interaction with other doctors, nurses, and allied professionals of various levels of seniority shapes their personal and professional development» 6. Non più studiosi solitari, dunque, ma operatori che basano la propria crescita personale e professionale sull’interazione con i colleghi.

Con l’espressione “Journal Club” si intendono i meeting educazionali durante i quali diversi operatori si incontrano con regolarità, per valutare in modo critico e discutere articoli scientifici. Sono preziose opportunità per costruire ponti tra la ricerca e la pratica quotidiana e per trasferire i risultati della ricerca nella clinica.


Il lavoro di gruppo è fondamentale anche per seguire con maggiore costanza e completezza la letteratura scientifica; a questo scopo il Journal Club (JC) è lo strumento ideale.
Lo svolgimento di un JC può variare a seconda che l’obiettivo principale sia (1) discutere nel merito i contenuti di un lavoro scientifico, oppure (2) insegnare ai partecipanti meno esperti i principi del critical appraisal.
(1) Nel primo caso (quello del cosiddetto evidence-based JC), il gruppo può partire dalla definizione di un quesito clinico al quale si intende dare risposta, per procedere ad una ricerca condivisa della letteratura e, infine, alla valutazione critica della stessa. Possono pertanto essere previsti diversi incontri per esaurire un argomento.
Il JC può svolgersi in diversi modi: una formula che è generalmente utilizzata è quella costituita da una presentazione iniziale dell’articolo e dalla successiva discussione per un totale di tempo che non superi i 60 minuti. La presentazione dell’articolo, all’inizio dell’incontro, può essere effettuata tramite l’ausilio di diapositive in PowerPoint e dovrebbe fornire un riassunto dell’articolo, oltre alle principali informazioni sull’argomento trattato. L’esposizione può essere eseguita a rotazione dai partecipanti al JC. A seconda della loro numerosità, la discussione può essere condotta a piccoli gruppi e poi condivisa, oppure può essere direttamente svolta in sessione plenaria. Al termine d’ogni incontro, le considerazioni emerse dal gruppo possono essere formalizzate e messe a disposizione – insieme alla versione elettronica dell’articolo e alle diapositive – sul sito dell’Istituzione o inoltrate via mail per ulteriori commenti a persone che non abbiano potuto intervenire alla riunione.

 Per una migliore riuscita di un JC è utile che il gruppo nomini un coordinatore che avrà i seguenti compiti: 
  organizzare gli incontri, proponendo le date e garantendo la partecipazione dei colleghi e la disponibilità della sala (vicina o all’interno del Reparto e con connessione a internet e proiet­tore);
  inviare preventivamente ai partecipanti i documenti da discutere in riunione: per esempio, il pdf degli articoli prescelti ed eventuali commenti pubblicati su la stessa rivista (Editoriali, Lettere, Rapid responses) o su altre o sul web;
  invitare eventualmente una “chairperson”: cioè un collega esperto sull’argomento che dovrà essere discusso.

 Allo stesso fine è consigliabile17:
 prevedere alcuni meeting propedeutici alla didattica dei principi del critical appraisal della letteratura scientifica;
 selezionare per la discussione articoli originali che riportino metodi e risultati di studi sperimentali;
rendere disponibili snack e bevande;
 scadenzare le riunioni nei primi giorni della settimana, piuttosto che al venerdì pomeriggio.
 Scegliere l’articolo da discutere è la decisione più delicata e importante. Occorre tenere in considerazione:
 qual è l’obiettivo che il gruppo di propone: formare i partecipanti più giovani? Stimolare il confronto su “temi caldi” di riscontro frequente? Allargare i propri orizzonti al di là dei confini della propria specialità?
 L’attività di ricerca dei componenti del gruppo: può essere il caso di invitare l’autore di un articolo a discuterne il contenuto;
 gli articoli ripresi dalla stampa laica; talvolta si può partire da uno scritto pubblicato da un quotidiano, risalendo alla fonte originale e valutandone l’affidabilità. È un buon modo per migliorare la capacità dei partecipanti ad interagire con “pazienti super informati”.
Un’opportunità ulteriore che può scaturire dallo svolgimento sistematico di Journal club è la pratica di preparazione di “Lettere al direttore” alle riviste che hanno pubblicato gli articoli considerati nell’ambito dei JC stessi. Un’esperienza svolta presso la Newcastle University Medical School ha portato all’invio alle riviste di 85 lettere (su 122 articoli considerati nel corso dei JC), di cui 26 sono state pubblicate. Ancora maggiore l’impatto della corrispondenza circa gli articoli del BMJ: 58 commenti dei partecipanti al JC sono stati infatti pubblicati come Rapid response sul sito del settimanale inglese 18.

(2) Oltre all’aggiornamento e all’acquisizione di competenze di valutazione della letteratura, alcuni studi affermano che il JC promuove il pensiero critico, l’abitudine alla lettura scientifica e rafforza le relazioni interpersonali a livello di Ateneo o di Ospedale. Al JC è stata attribuita anche una funzione di ponte tra la ricerca e la pratica, quindi di una facilitazione nell’esercizio della Evidence-based Medicine19-23.
Una funzione (che si può definire secondaria del JC) è, infine, quella di migliorare le competenze nell’utilizzo del software Powerpoint e nella tecnica di comunicazione al pubblico.

 Tra i pochi strumenti necessari per lo svolgimento di un JC è utile una check-list per il critical appraisal (vedi oltre), che può essere personalizzata a seconda delle esigenze. Ad esempio, nel caso di un JC di sanità pubblica, la probabilità di leggere articoli che presentano disegni di studi tra loro diversi (da trial clinici a studi ecologici) è molto elevata e la flessibilità dello strumento di registrazione dei commenti facilita il lavoro. Nell’opzione di un JC di tipo prettamente clinico, in cui, invece, sono più frequenti i trial clinici e gli studi caso-controllo, possono essere utilizzate alcune check-list ben strutturate, come quelle pubblicate da JAMA o da BMJ.

La valutazione del gradimento del JC è fondamentale per il suo buon funzionamento, perché, a differenza di altre attività, il JC si basa sull’interesse suscitato dalla sessione e anche (fattore da non sottovalutare) sulla piacevolezza del tempo trascorso confrontandosi in maniera informale con i colleghi. Il monitoraggio delle presenze e la somministrazione di un questionario di gradimento al termine di una serie d’incontri richiedono poco tempo e sono strumenti efficaci per comprendere l’andamento del JC. Anche valutare l’incremento ed il miglioramento delle conoscenze acquisite è sicuramente finalità auspicabile, ma richiede un lavoro più complesso, a seconda degli obiettivi che l’attività di JC vuole raggiungere.
Le competenze di EBM possono essere valutate con questionari già testati, quali il Fresno test24. Gli organizzatori dovrebbero tenere in considerazione le eventuali problematiche legate alla gestione del gruppo, soprattutto se si confrontano gruppi interdisciplinari o di professionisti che non si conoscono. Il JC è tanto più utile quanto più i partecipanti e gli ospiti hanno desiderio di confrontarsi, e con una buona dose di umiltà.

Per un approfondimento e una bibliografia integrativi sui JC può essere utile consultare le pagine del BMJ Careers http://careers.bmj.com



Dare continuità tra tempo del lavoro e tempo per sé
Anche questo può essere uno dei significati dei cosiddetti “Take home messages”: ammettere forme di continuità tra tempo per il lavoro e tempo per sé è di fatto una delle condizioni per vivere la modernità. È lo stesso superamento dell’apprendimento come accumulo di sapere che non può prescindere dall’accettare che anche lo spazio privato si apra a momenti più o meno formali e sistematici di riconsiderazione e rilettura delle proprie conoscenze. In quest’ottica, “to take home messages” è uno dei segnali della capacità di “vivere con la mente aperta” 25, essenza del lifelong learning: «far lavorare le nostre menti in un complicato riorganizzare informazioni e convincimenti e saperi. Tenersi in esercizio» (figura 3).



Indubbiamente è una sfida in cui il genere svolge un ruolo condizionante, essendo tempi e ritmi del quotidiano assai diversi per uomini e donne; ma la condizione di “mindfulness26 aiuta comunque ad essere presenti, riflessivi e consapevoli nel corso dell’intera giornata.
Ciò significa che esperienze significative di vita quotidiana possono motivare il cambiamento di modi di agire sul lavoro; ugualmente, alcune pause extralavorative nella giornata possono tradursi in opportunità preziose di riflessione, guidata anche da interrogativi, commenti, note brevi e articoli e notizie raccolti sul lavoro27.
Conoscere e usare gli strumenti disponibili
Con il crescere della importanza della Evidence-based Medicine, diverse istituzioni e gruppi di ricerca internazionali hanno lavorato per sviluppare strumenti (tools) che potessero guidare alla valutazione puntuale e sistematica della qualità dei documenti scientifici.

Si tratta di strumenti di uso talvolta complesso, difficilmente utilizzabili nel corso di una ricerca volta a reperire rapidamente conoscenze affidabili. Non a caso, sono checklist familiari soprattutto ai referee delle riviste internazionali e a chi produce revisioni sistematiche.

Un elenco dei tools più conosciuti e usati è disponibile all’indirizzo http: //www. ­attentiallebufale.it/spotting/index.html.




In gran parte dei casi, esse sono applicabili ad uno specifico disegno di studio e per lo più alla valutazione degli articoli che riportano risultati di ricerche quantitative28. Sono strumenti messi a punto alla fine di un percorso di ricerca e di studio che coinvolge un gruppo multidisciplinare per diversi mesi; nonostante ciò, non è possibile prescindere del tutto dalle peculiarità di ciascun prodotto, avendo ognuno una propria specifica connotazione culturale.
 Indicazioni meno articolate ma ugualmente autorevoli provengono dai centri EBM più attivi e noti del mondo. Alcune sono consultabili nel manuale Evidence-based Medicine, di Straus, Richard-son, Glasziou e Haynes14 che guida alla valutazione delle prove di efficacia negli studi di diagnosi, prognosi, terapia e danno.

 La collaborazione tra la McMaster University in Canada e il Centro EBM di Oxford ha prodotto il progetto PLUS (Premium Literature Service), che ha lo scopo di filtrare la letteratura biomedica facendo leva sullo sforzo collaborativo degli operatori sanitari. Attraverso l’uso di checklist condivise, il contenuto di oltre 100 riviste cliniche viene passato al setaccio, così che nel database sia infine accolto circa il 5% degli articoli pubblicati29.
I medici che partecipano al progetto, accettando di eseguire la valutazione degli articoli selezionati in via preliminare dal board scientifico, devono utilizzare una prima checklist per valutare la rilevanza del contenuto per la pratica clinica nella disciplina medica di riferimento (figura 4). Una volta superata la prima fase di valutazione, se l’articolo ha un voto superiore al 3, viene nuovamente analizzato utilizzando un’altra griglia (figura 5).






C’è da attendersi che la qualità e la precisione delle checklist per la valutazione del livello metodologico della letteratura scientifica migliori costantemente grazie al lavoro dei ricercatori internazionali e delle associazioni che si applicano con dedizione al progresso degli standard formali, etici e metodologici della comunicazione biomedica.

Vedi, tra l’altro: International Council of Medical Journal Editors

http://www.icmje.org/

World Association of Medical Editors

http://www.wame.org/


È altrettanto probabile, però, che l’uso di tali strumenti complessi sia sempre di più una prerogativa dei medici ricercatori e di quanti collaborano direttamente alla produzione delle riviste scientifiche. Anche perché è sempre più evidente la convenienza di affidarsi alle sintesi contenute nella Cochrane Library, nell’ACP Journal Club (Critically Appraised Individual Topics: CATs), in Clinical Evidence, secondo la formulazione aggiornata della cosiddetta “piramide delle evidenze” (figura 6). È emblematico come, anche riguardo le revisioni sistematiche – considerate al top della affidabilità – sia stata sollecitata una semplificazione del format con il quale sono proposte agli operatori sanitari 30. Si chiede più sintesi, più chiarezza, più immediatezza: in questo modo si renderebbe più facile il loro uso da parte del personale sanitario, senza comprometterne il rigore scientifico, che è nel metodo di produzione, piuttosto che nella presentazione.



Una riduzione di complessità di questo tipo sarebbe simile a quella che riscontriamo nei cosiddetti “strumenti rapidi” per il critical appraisal della letteratura scientifica, disponibili sia in italiano sia in inglese31.
Conclusioni
Il ruolo delle riviste nell’aggiornamento del medico soffre soprattutto per ragioni strutturali che riguardano il sistema sanitario e l’organizzazione dell’assistenza. Per esempio, per l’abituale distanza delle biblioteche dal setting clinico o la frequente indisponibilità di una connessione internet veloce; più in generale per il mancato riconoscimento – da parte di chi riveste funzioni direttive – dell’importanza di una costante frequentazione delle fonti di conoscenza: si tratta forse del problema principale a cui si deve la mancanza di tempo da dedicare all’aggiornamento.
Inoltre, l’abitudine a ricorrere alla lettura dei singoli articoli estrapolati dai periodici con la speranza – o con l’illusione? – di trovare risposta a interrogativi clinici specifici finisce quasi sempre col deludere il medico, alimentando la convinzione che, dopotutto, leggere le riviste non è molto utile e che è assai più conveniente chiedere un consiglio a un collega più esperto. Cercare nelle riviste al momento del bisogno è quasi sempre un’esperienza frustrante e - ancora più importante – dà pochissime garanzie che ciò che troviamo sia di qualità affidabile.

Leggere riviste professionali è indispensabile per alcune fondamentali ragioni.
 Aiuta il medico ad accorgersi di ciò che non sa di non sapere.
 Propone elementi di conoscenza che possono a loro volta generare importanti interrogativi che, altrimenti, non sarebbero emersi32.
 Riduce la distanza tra la ricerca e la pratica, sollecitando ipotesi di studio, favorendo la produzione di letteratura scientifica33.

Superare le ragioni strutturali che distanziano il medico dalle fonti di conoscenza – dalla letteratura scientifica nel senso ampio dell’espressione – è una sfida non semplice, che difficilmente può essere vinta dal singolo professionista. Piuttosto che cercare soluzioni individuali a problemi sistemici34, è consigliabile negoziare collettivamente – in quanto comunità di pratica e di apprendimento – percorsi di crescita professionale continua che prevedano una migliore accessibilità delle fonti e la libertà di disporre di una adeguata quantità di tempo da riservare all’aggiornamento.
Integrare la consultazione just-in-time dei periodici scientifici con la lettura abituale di una o più riviste scientifiche (il «proactive monitoring for newly emerging evidence», secondo la definizione di Keister e Tilson32) è un’esigenza di primaria importanza, destinata ad essere integrata nel percorso a gradini di cui si compone la Evidence based Medicine.

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