Dalla letteratura

La coppa del mondo di calcio e i determinanti commerciali della salute

Guardiamo lo sport soprattutto per fuggire dai problemi e per godere di qualche ora di distrazione. I campionati del mondi di calcio sono stati spesso portati ad esempio sottolineando il loro potere anestetizzante: in una rubrica che teneva sul quotidiano Il Tempo, Pierpaolo Pasolini arrivò ad augurarsi «che la Nazionale italiana si imbatta in una serie di fatali Coree» sperando che in questo modo i cittadini più poveri prendessero finalmente coscienza di essere sfruttati dal potere economico e politico dell’Italia degli anni Sessanta (il riferimento è a una sconfitta dell’Italia contro la squadra della Corea che costò l’eliminazione dalla fase conclusiva della coppa del mondo del 1966). Una nota dell’epidemiologo statunitense Sandro Galea uscita nei giorni più caldi della coppa del mondo in Qatar ricorre a questa edizione della manifestazione per spiegare il rilievo e l’impatto dei determinanti commerciali della salute.

«Il calcio globale è un business che genera somme astronomiche di denaro» scrive il docente di epidemiologia alla School of public health dell’università di Boston1. «L’influenza del calcio sulle condizioni globali riflette l’influenza esercitata da qualsiasi attore commerciale che opera su una scala simile. In questo senso, rappresenta il cuore dei determinanti commerciali della salute». Con questa espressione, si intendono le attività del settore privato che influenzano le condizioni che determinano la salute, e che comprendono «la politica, l’economia, l’ambiente fisico e sociale in cui viviamo, gli ecosistemi di dati che informano la scienza e le politiche pubbliche e i modelli globali di commercio». Le aziende private hanno un enorme potere, influenzano settori chiave come la sicurezza dei prodotti, il prezzo delle merci, i salari dei lavoratori, il flusso di energia e di informazioni e la salute generale dell’economia. «Questa influenza è mediata dalle scelte fatte da coloro che occupano posizioni di leadership aziendale» prosegue Galea, sottolineando che «quando queste scelte sono in linea con il bene comune, possono fare molto per creare un mondo più sano. Quando non lo fanno, possono minare il progresso».

Tra le persone che lavorano nella sanità pubblica c’è la tendenza a vedere l’influenza sulla salute dei determinanti commerciali come qualcosa di immancabilmente immorale: pensiamo per esempio alle strategie economiche e promozionali dell’industria del fumo, delle armi da fuoco o dei combustibili fossili: industrie che hanno causato e continuano a causare danni reali, proprio come la Coppa del Mondo di quest’anno: «Più di 6.500 lavoratori migranti provenienti da India, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka sono morti in Qatar da quando, 10 anni fa, il Paese ha ottenuto il diritto di ospitare la Coppa del Mondo di calcio» leggevamo su The Guardian nel febbraio 2021. «I dati, raccolti da fonti governative, ci dicono che una media di 12 lavoratori migranti provenienti da queste cinque nazioni dell’Asia meridionale sono morti ogni settimana dalla notte del dicembre 2010, quando le strade di Doha si sono riempite di folle estasiate per celebrare la vittoria del Qatar»2.

Si tratta, però, di una questione complicata, ammette Galea, facendo presente come sia difficile per le nazioni “più avanzate” giudicare il rispetto dei diritti civili da parte di altri governi: molto spesso siamo giudici poco credibili considerando il numero di cittadini chiusi nelle carceri statunitensi o la corruzione imperante nei nostri Paesi.

Galea suggerisce di guardare a eventi come la coppa del mondo cercando di riconoscere cinque fattori che… muovono il mondo: l’intreccio tra la politica, il denaro e l’attività di lobbying; l’importanza di un’immagine positiva per le imprese (questo dovrebbe far riflettere i responsabili del marketing aziendale convincendoli dell’inopportunità di supportare eventi eticamente discutibili); la tendenza delle aziende a manipolare l’ecosistema informativo nel settore in cui si svolge la propria attività (e quindi l’importanza di tutelare l’affidabilità dei dati e la trasparenza di fatti e cifre su cui basare le proprie strategie di opposizione); il legame perverso tra la politica autoritaria e il sistema legale e giudiziario (da cui la necessità fare politica attiva in difesa dei diritti), la frequenza con cui vengono organizzati eventi sportivi (e non) per migliorare l’immagine di una nazione: «Il fascino dello sport, la buona volontà e la passione dei tifosi e l’incontro planetario creato dalle competizioni internazionali sono strumenti potenti per distrarre dalle responsabilità del mancato sostegno della salute e dei diritti umani. Quando le aziende mirano a distogliere l’attenzione da tali responsabilità è importante chiamarle in causa, con la consapevolezza che non possiamo affrontare tali sfide se il nostro sguardo collettivo è rivolto altrove».




Bibliografia

1. Galea S. The Qatar World Cup and the commercial determinants of health. The Healthiest Goldfish 2022; 10 dicembre.

2. Pattison P, McIntyre N. Revealed: 6500 migrant workers have died in Qatar since World Cup awarded. The Guardian 2022; 23 febbraio.

Servono vaccini diversi contro Covid-19

«Sulla base dell’esperienza maturata finora con il Covid-19 e altri vaccini, i ricercatori e gli sponsor accademici e industriali, così come le agenzie governative, dovranno esplorare approcci diversi allo sviluppo di nuovi vaccini». Ne sono convinti tre autori di un commento uscito sul JAMA1, assai rilevante anche per la vicinanza dei tre ricercatori alla US Food and drug administration. Un modello tipico di un approccio del genere e quindi fortemente innovativo è stato quello utilizzato con successo all’inizio della pandemia, quando l’operazione Warp Speed ha valutato numerosi tipi di vaccini e si è concentrata sullo sviluppo di alcuni candidati promettenti, «ben sapendo – notano gli autori rimandando a un documento ufficiale2 – che la maggior parte di essi non sarebbe stata in grado di soddisfare i criteri stabiliti per un vaccino sicuro e con un’efficacia adeguata». È un impegno determinante, probabilmente costoso anche in termini emotivi – se si può usare un termine del genere per caratterizzare una strategia istituzionale di politica sanitaria – perché può sottolineare come la lotta al virus Sars-CoV-2 non solo non è conclusa ma è probabile duri ancora per molti anni, prima che si giunga alla produzione di un vaccino che possa garantire la protezione che i prodotti attuali non possono promettere.

«Lo sviluppo della prossima generazione di vaccini contro la Sars-CoV-2 sarà impegnativo. Questo lavoro richiederà quasi certamente più che semplici modifiche incrementali dell’attuale generazione di vaccini. Sebbene l’esperienza con le piattaforme di vaccini a mRNA abbia permesso di autorizzare versioni aggiornate di vaccini senza dover condurre importanti studi clinici, quando vengono apportate modifiche più significative a un vaccino gli effetti clinici sono spesso inaspettati. Le proprietà biologiche che possono plausibilmente avere effetti benefici hanno spesso conseguenze impreviste». Le parole degli autori vanno dritte al punto, senza nascondere l’incertezza e le perplessità che sono ben descritte anche da un eccellente articolo di Benjamin Mazer uscito su The Atlantic il 7 dicembre 20223.

«Il semplice aggiornamento dei costrutti vaccinali esistenti con nuove sequenze di varianti o anche la realizzazione di vaccini trivalenti o quadrivalenti che coprono diverse varianti – concludono Marks, Gruppuso e Adashi – non è probabilmente in grado di fornire la profondità e l’ampiezza della protezione necessaria per interrompere la trasmissione virale per un periodo prolungato».




Bibliografia

1. Marks PW, Gruppuso PA, Adashi EY. Urgent need for next-generation COVID-19 vaccines. JAMA 2022 Dec 9; doi: 10.1001/jama.2022.22759.

2. United States Government Accountability Office. Operation Warp Speed: accelerated COVID-19 vaccine development status and efforts to address manufacturing challenges. GAO-21-319 Published February 2021.

3. Mazer B. Covi science is moving backward. The Atlantic 2022; 7 dicembre.

Chi decide la cena
dei cittadini americani?

Non è una novità che l’attività promozionale di aziende che operano nel settore dei prodotti del tabacco, delle armi, dei combustibili fossili abbia conseguenze fortemente dannosi per la salute individuale e di comunità, per i danni alla persona e all’ambiente. La letteratura sull’argomento è davvero sterminata e verrebbe da suggerire ai finanziatori istituzionali di ridurre o addirittura di cessare gli investimenti in ricerca, essendo ormai tutto ampiamente noto. Ma di fronte all’assenza di strategie di contrasto e di reale governo dei cosiddetti determinanti commerciali di salute da parte della sfera pubblica, non possiamo che salutare con soddisfazione nuovi studi che aggiornino e gettino ulteriore luce su situazioni specifiche.

È il caso di una ricerca pubblicata nel dicembre 2022 su Public Health Nutrition1 (dopo essere stata anticipata online a fine ottobre dello scorso anno) che torna a esaminare come le multinazionali dei prodotti non salutari siano coinvolte nella definizione delle politiche sanitarie e delle agende di ricerca a livello globale. «In particolare – spiegano gli autori – utilizzano strategie strumentali (basate sull’azione) e discorsive (basate sull’argomentazione) per influenzare la scienza e la politica che si muove intorno all’impegno della sanità pubblica per proteggere il benessere e gli ambienti sani. Inoltre, le multinazionali esercitano attività di lobby e avviano contenziosi legali contro le politiche sanitarie, impadronendosi della scienza reclutando e assumendo ricercatori per influenzare il discorso pubblico e posizionare gli interessi aziendali nell’agenda pubblica». La strategia di blandire i professionisti della salute e le istituzioni sanitarie utilizzandoli come strumento per raggiungere i propri è una prassi già collaudata e di sicuro successo.

Negli Stati Uniti, una delle associazioni sanitarie professionali più importanti è l’Academy of nutrition and dietetics (And). Gli autori di questo studio si sono basati sui dati ottenuti dallo United States right to know (Usrtk), un gruppo investigativo sulla salute pubblica, grazie alla norma del Freedom of Information Act (meglio noto come Foi). Il 21 dicembre 2017, l’Usrtk ha presentato una richiesta circa i documenti in cui fossero menzionate le aziende chiave del mercato alimentare statunitense: Splenda, Heartland Food Products Group, Tate & Lyle, Abbott Nutrition, Ingredion, Pepsi, Coca-Cola, nonché l’American Beverage Association, sulla base di precedenti pubblicazioni che indicavano alcune relazioni aziendali. In risposta è arrivato un totale di 28.204 pagine. A successive domande nel 2019 e nel 2020 è stato risposto con 53.684 pagine e allegati, e poi con altre 27 e-mail datate tra gennaio 2018 e marzo 2019. Le richieste dell’Usrtk riguardavano documenti successivi al gennaio 2013, data di pubblicazione del primo rapporto che criticava i legami aziendali dell’And, fino al settembre 2020.

L’And e la fondazione da lei gestita, nonché le personalità principali a guida dell’associazione, hanno interazioni continue con le aziende. Inoltre, l’And ha investito fondi in aziende come Nestlé, PepsiCo e aziende farmaceutiche, «ha discusso le politiche interne per adattarle alle esigenze dell’industria e ha assunto posizioni pubbliche a favore delle aziende». C’è una relazione simbiotica tra l’And, la sua Fondazione e le aziende, sostengono gli autori, e l’associazione agisce a favore dell’industria in sede politica assumendo posizioni pubbliche che contrastano con la sua missione di migliorare la salute a livello globale.




Bibliografia

1. Carriedo A, Pinsky I, Crosbie E, Ruskin G, Mialon M. The corporate capture of the nutrition profession in the USA: the case of the Academy of Nutrition and Dietetics. Public Health Nutrition 2022; 25: 3568-82.

Alla sanità pubblica
serve un aggiornamento

La continua evoluzione della sanità pubblica è sotto gli occhi di tutti, in modo ancora più forte dopo la pandemia. Autori importanti dell’università di Udine, tra i quali il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, hanno voluto aggiornare le tre classiche P della medicina di comunità con tre altre parole chiave con la stessa iniziale1.

Prevedibilità: «dipende da sistemi di sorveglianza solidi, con dati affidabili, tempestivi, interoperabili e fruibili» sottolineano gli autori. L’analisi dei dati è oggi facilitata da migliori capacità informatiche e la raccolta dei dati viene ampliata da una varietà di fonti, comprese le informazioni generate dagli utenti. La comunità scientifica può aggiungere valore prevedendo il peso delle malattie trasmissibili e non trasmissibili. «Le previsioni forniscono dati significativi sugli scenari futuri che, in ultima analisi, forniscono ai responsabili politici tutti gli elementi necessari per applicare e implementare le politiche più appropriate».

Precisione: la disponibilità di nuovi strumenti, come l’intelligenza artificiale e i big data, consente di analizzare e aggregare grandi quantità di informazioni biomediche a livello individuale e di comunità. «Gli operatori sanitari e i pianificatori devono concentrarsi sui gruppi di popolazione vulnerabili che condividono dati genetici simili o comportamenti e stili di vita comuni, o che appartengono agli stessi gruppi socioeconomici».

Partecipazione: quando i pazienti sono coinvolti in modo proattivo nel processo decisionale, il loro stato di salute migliora. Allo stesso modo, i risultati delle politiche di sanità pubblica diventano tangibili solo quando si incoraggia la partecipazione attiva dei cittadini al processo decisionale utilizzando strumenti efficaci della comunicazione scientifica e di scienza comportamentale. Questa forma di empowerment può essere ottenuta attraverso messaggi personalizzati indirizzati a pubblici diversi con livelli diversi di alfabetizzazione sanitaria.

«L’attività di sanità pubblica deve basarsi sul metodo scientifico ed essere in grado di garantire elevati standard di indipendenza, imparzialità, obiettività e integrità», scrivono gli autori, e la gestione efficace dei potenziali conflitti di interesse tra gli operatori della sanità pubblica e tra gli stakeholder locali, nazionali e internazionali «è un elemento essenziale per garantire l’allineamento con l’obiettivo del bene comune della sanità pubblica».




Bibliografia

1. Brusaferro S, Arnoldo L, Brunelli L, Croci R, Mistretta A. Six Ps to drive the future of public health. J Public Health 2022; 44 (Suppl. 1): i94-6.