“Farmaci tra regole e cultura”

Stefano Cagliano




«Caro signor Cuf – si rivolgeva a me con questo appellativo – a me servono due miliardi di euro […] e devo prenderli dalla farmaceutica. Lei deve dirmi come debbo fare». Siamo nel 2003, la Cuf era la Commissione unica del farmaco e i dialoganti sono il ministro delle Finanze Tremonti e Nello Martini, già direttore della farmacia del Policlinico Borgo Roma di Verona dal 1973, poi chiamato al Ministero della salute e ora autore di Farmaci tra regole e cultura, volume godibile e doloroso allo stesso tempo. Dopo parole quasi minacciose – prosegue il racconto – «risposi che non era difficile: bastava prendere i dati relativi ai consumi e abbassare il prezzo dei farmaci fino a determinare un risparmio di due miliardi entro l’anno». A partire da quella conversazione il ministro mise in moto, «su mia indicazione», l’ufficio per scrivere la legge istitutiva dell’Agenzia italiana del farmaco.

Stava per nascere l’Aifa, quella “riordinata” dal ministro Schillaci, che ha completato la sua opera il 4 gennaio 2023 con una lettera per Nicola Magrini1, destinato a essere l’ultimo direttore generale. «Mentre oggi il governo dell’Aifa è affidato a due organi – il direttore generale […] e il consiglio di amministrazione […] – in futuro il potere di gestione e di rappresentanza legale sarà nelle mani del presidente, il quale si troverà quindi a presiedere l’organo da cui dovrebbe essere controllato» ha scritto Giuseppe Traversa su il manifesto. Quello che doveva essere un riequilibrio di poteri «è diventato un forte accentramento di poteri»2.

Ma torniamo ai racconti di Martini. Siamo al 1992, quando la politica nazionale è travolta dall’inchiesta Mani pulite che interessa anche la sanità, «un vero tsunami per tutto il sistema sanitario nazionale». Martini ha rappresentato il punto di rottura tra il prima e il dopo. «Una parte rilevante dell’organizzazione del Ministero della sanità operava da anni secondo un pervasivo sistema di tangenti che riguardava farmaci, attrezzature e persino interi ospedali: “Si pagava su tutto, niente escluso”, raccontò l’ex segretario del ministro nel corso del processo». Il nome di Duilio Poggiolini venne fuori solo nel 1992 perché «accusato di aver ricevuto tangenti per l’inserimento di alcuni farmaci nel prontuario nazionale e per altri favori fatti all’industria» e fu arrestato il 20 settembre 1993. Occorreva un sostituto, un’operazione difficile.

Siamo ormai nel 1996 e nel frattempo «ero stato nominato membro della Commissione unica del farmaco e mi accingevo a prendere parte alla prima riunione», in una sala del Ministero della sanità. Erano presenti molte persone ed «era atteso il telegramma attraverso cui la ministra avrebbe nominato il direttore ad interim. Una funzionaria iniziò a leggere il telegramma della Bindi che terminava così: “Avendo fatto le mie considerazioni, assegno l’incarico di coordinare la riunione al dottor Nello Martini”. Nella sala calò il gelo. Nessuno si aspettava quella scelta: […] regnava la confusione più totale». In pochi minuti, però, Martini riprese il controllo della situazione. Era l’inizio di un nuovo giorno. Era iniziato il dopo, la Cuf prese a decidere «di limitare per alcuni farmaci la rimborsabilità alle sole indicazioni terapeutiche per cui erano disponibili robuste prove di efficacia e di sicurezza». E iniziò un duro lavoro di metodo e di merito, anche sulle persone, naturalmente.

In primo luogo occorreva rimettere in moto una macchina amministrativa che sino ad allora non solo aveva marciato poco e male, ma non sapeva in quale direzione marciare. Tra i primi atti fu l’operazione culturale su medici e farmaci. A cominciare dal rilancio del Bollettino d’informazione sui farmaci, una vera rivista d’informazione e aggiornamento per i medici.

Poi, iniziò un importante lavoro di ricerca sull’epidemiologia del farmaco grazie all’ispirazione e al supporto di figure come Gianni Tognoni, del Mario Negri di Milano, e Joan-Ramon Laporte, dell’Università autonoma della Catalogna in Spagna. Del monitoraggio del consumo dei farmaci iniziò a occuparsi nel 1998 l’Osservatorio sui medicinali (Osmed) con tre funzioni. Primo, raccogliere ed elaborare i dati di consumo dei farmaci; secondo, classificare i dati per renderli confrontabili su scala nazionale; terzo, preparare ogni anno un rapporto di analisi di andamento della spesa.

Nel 2003 iniziò l’avventura dell’Aifa: cinque anni di riposizionamento dell’Italia nel quadro europeo. Ma non solo. «Ho sempre pensato che il prezzo del farmaco debba rappresentare l’espressione del suo valore e non del suo posizionamento nel mercato» osserva l’autore nel capitolo La ricerca come motore della governance. «E l’unico modo attraverso cui è possibile ottenere questo risultato è, nella mia visione, la ricerca scientifica», nucleo centrale della governance del farmaco. Per questo si cercò di mettere in piedi una struttura organizzativa di ricerca sul farmaco, allora assente in Italia, «utile – dice Martini – alla valorizzazione della pratica clinica». E così nacque, all’interno dell’Osmed, l’Osservatorio nazionale sulla sperimentazione sui farmaci.

«Avevamo creato una struttura di controllo fondata su criteri scientifici, imponendo finalmente – dopo un periodo di scandali e inchieste – meccanismi di valutazione improntati alla trasparenza e alla valorizzazione del merito». Ciononostante, già nel 2005 era stato richiesto l’intervento delle forze dell’ordine «per indagare su un possibile caso di frode riguardante uno studio di bioequivalenza su tre farmaci generici». Partì un’indagine in tutt’Italia in cui «venne coinvolto un solo dirigente arrestato il 22 maggio 2008 insieme a sei lobbisti di case farmaceutiche». Confessò di aver preso una tangente di 20.000 euro. «Non ricevetti un elogio pubblico però, ma un avviso di garanzia» racconta Martini.

Si trattava di un’accusa della Procura di Torino: disastro colposo. Una farmacologa di Pavia accusava l’Agenzia di non aver aggiornato i foglietti illustrativi di 22 farmaci. In difesa di Martini nel luglio 2008 si espressero diversi ricercatori in un documento che si concludeva così: «la consulenza […] non documenta in alcun modo che eventuali ritardi nell’aggiornamento di variazioni delle schede tecniche di riformulazioni abbiano costituito un pericolo per la salute pubblica»3. Sul piano politico-amministrativo ciò che stava accadendo fu comunicato a Martini da un sottosegretario, il quale «mi fece aspettare ore fuori dal suo ufficio e una volta fattomi entrare, si rivolse a me dandomi del lei [mentre prima preferiva il tu]: “Dottor Martini – mi disse – io le consiglio di dimettersi”. […] Sorpreso dal cambio d’atteggiamento risposi che non avevo alcuna intenzione: “Io non mi dimetto […] e non ho intenzione di avallare un’accusa inventata con un atto di dimissioni”». «È preoccupante – si leggeva in un articolo su Nature – che Nello Martini, un farmacista senza legami con la politica, sia stato rimosso dall’incarico su decisione del governo Berlusconi. Con quello che ha fatto per tenere sotto controllo la spesa farmaceutica ha scatenato l’ira delle aziende»4. Altri articoli di accusa comparvero, per esempio sul British Medical Journal. Il processo iniziato nel 2012 «si protrasse fino al 2015 quando, a distanza di sette anni dal primo avviso di garanzia, venni definitivamente assolto» ricorda Martini.

Nelle ultime pagine Martini racconta com’è cambiata e in quale direzione la sua vita professionale. In continuità con le attività di governance del farmaco, c’è l’interesse per la medicina rigenerativa e per l’oncologia mutazionale. E la discussione sulle prospettive della medicina di prossimità – connessa alla missione 6 del Pnrr – «che prevede la presa in carico del paziente, con il farmaco a costituire solo una delle molte variabili coinvolte nell’assistenza».

Un libro da raccomandare, specie in questi giorni. Un libro che descrive un’avventura culturale e professionale a partire da una vicenda personale che però non sarebbe stata possibile senza il supporto di molte persone che con Martini hanno lavorato a un governo dei medicinali diverso e rispettoso dei diritti dei cittadini. È trasparente – e per certi versi comprensibile – la scelta dell’autore di non appesantire il libro con una serie di ritratti di persone che hanno accompagnato il suo lavoro negli anni. Tra i tanti, sarebbe stato giusto vedere citato Luigi Bozzini, un farmacista colto e pragmatico. Prima vicedirettore creativo della fantastica rivista Dialogo sui farmaci (anche questa diretta da Nello Martini a Verona), poi membro della Cuf (dopo la nomina di Martini) e direttore scientifico della prima fase del Bollettino d’informazione sui farmaci. Una persona che aveva scelto l’informazione sui farmaci come compagna di vita. Dalla parte della buona informazione e combattendo la cattiva, sotto ogni veste, a cominciare dall’omeopatia.

Bibliografia

1. Bocci M. Aifa, il ministero della Salute “licenzia” Magrini. La Repubblica 2023; 4 gennaio.

2. Traversa G. Aifa, una cattiva riforma a danno delle istituzioni. Il Manifesto 2022; 14 dicembre.

3. Montanaro N, Tognoni G, Del Favero G, et al. Parere pro veritate in ordine alla consulenza della Prof. Adriana Ceci sugli effetti e la pericolosità del mancato o ritardato adempimento da parte dell’Aifa delle richieste di variazione di tipo I o di tipo II presentate da aziende farmaceutiche e relative a medicinali per uso umano commercializzate in Italia. Diffuso il 4 luglio 2008. Disponibile su: https://bit.ly/3Xqslkg [ultimo accesso 12 gennaio 2023].

4. Cleanhands, please. Nature 2008; 454: 667.

“Drugs and the FDA”




Dopo aver letto questo libro «non guarderai più un flacone di una medicina con gli stessi occhi» ha detto Danielle Ofri delle pagine scritte da Mikkael Sekeres. A differenza di altri testi sul farmaco, “Drugs and the FDA” offre uno sguardo interno del mondo della ricerca e soprattutto del regolatorio dei medicinali. Infatti, l’autore ha presieduto a lungo il comitato di consulenza della Food and drug administration sui farmaci oncologici ed è testimone di anni di valutazione dei dossier sottoposti dall’industria all’agenzia statunitense. L’autore – che lavora come clinico ematologo nel centro oncologico dell’università di Miami – ha costruito un libro molto interessante e facilmente leggibile che affronta in modo chiaro le principali questioni legate alla valutazione e all’approvazione dei medicinali, soprattutto oncologici. Le pressioni delle associazioni di pazienti, i meccanismi delle valutazioni accelerate, il rapporto tra prove, aneddoti derivanti dall’osservazione di singoli casi o di serie di pazienti: tutto questo e molto altro è spiegato attraverso la ricostruzione di avvenimenti o di “storie di medicinali” passati al vaglio della Fda.

Tra le molte storie, quella del bevacizumab è descritta con particolari dettagli, soprattutto per quanto riguarda l’estensione dell’indicazione terapeutica al cancro della mammella. Un caso esemplare di quanto sia fondamentale disporre di dati da studi controllati randomizzati condotti in modo rigoroso e indipendente.