Albano Del Favero: il pane, le rose e la casa in collina

Stefano Cagliano1, Luca De Fiore2

1 Già Medico di Pronto soccorso e Medicina d’urgenza, ASL Viterbo; 2 Il Pensiero Scientifico Editore, Roma.





A pochi giorni dall’inizio di una nuova primavera – il 14 marzo – è morto all’età di 84 anni Albano Del Favero. Il Comune di Perugia lo ha ricordato come «una delle figure storiche della medicina perugina: per tanti anni direttore della clinica medica dell’ospedale di Perugia, ha ricoperto anche altri prestigiosi incarichi tra cui quello di direttore del dipartimento di medicina clinica e sperimentale dell’Università degli studi di Perugia, nonché di rappresentante umbro nella commissione unica del farmaco e in Aifa».

Nei primi anni Settanta, Del Favero è “assistente di ruolo” nel vecchio policlinico Monteluce del capoluogo umbro: «Sotto la sua guida riesco ad apprezzare l’efficacia di un farmaco, a ottimizzarne l’utilizzo prevenendone anche la tossicità» ha raccontato lo scorso anno Fausto Roila alla redazione di Oncoinfo1. Di Roila e di molti altri clinici, Del Favero è stato davvero Maestro: «Mi insegna a leggere le riviste indipendenti sui farmaci e a evitare i conflitti d’interesse. I suoi modi accudenti e dolci con i pazienti sono di grande insegnamento per me. Imparo da lui a fare un esame clinico, a rapportarmi con un malato, a mettere in pratica i principi dell’etica».

In quegli anni generosi e terribili, Del Favero è tra le persone che in Italia anticipano di un decennio la riflessione su questioni su cui negli anni successivi si interrogherà la medicina internazionale2, condividendola inizialmente nel libro Farmaci, salute e profitti in Italia, scritto insieme a Giuseppe Loiacono3. È l’ottavo titolo della collana “Medicina e potere” pubblicata da Feltrinelli ed esce nel novembre del 1974: una serie coerente di libri che partivano dall’assunto che la medicina come la scienza fossero “modi” del potere. Abilitate a «dettare statuti, tracciare limiti, codificare eventi, attribuire significati»: capaci di «legge e di giudizio, ovvero di assolutezza». L’analisi del mercato farmaceutico (il coautore Giuseppe Loiacono apparteneva a quel mondo e aveva formazione economica e giuridica) costituiva solo la premessa alle riflessioni più lucide che il libro dedicava all’informazione scientifica che guidava l’agire del medico di quegli anni. Solo una migliore preparazione dei professionisti sanitari avrebbe potuto migliorare l’appropriatezza della prescrizione e di conseguenza ridurre l’abnorme consumo di farmaci inutili. «Sono necessarie un’adeguata preparazione farmacologica e terapeutica, a livello universitario e postuniversitario, la presenza di adeguate fonti specifiche di informazione, nonché, infine, la disponibilità di tempo necessaria a recepire l’informazione resa disponibile. Solo così il medico potrà usare correttamente i farmaci e al tempo stesso valutare criticamente i messaggi pubblicitari dell’industria». Il richiamo all’importanza di un tempo per l’aggiornamento è straordinariamente attuale, come l’invito a «responsabilizzare il paziente nell’atto terapeutico, tramite i motivi che rendono necessaria la prescrizione e sugli effetti tossici e collaterali che possono accompagnare la assunzione di quel farmaco». Forse per la prima volta in Italia si parlava di “farmaci essenziali” e della necessità “di un intervento pubblico con piena responsabilità” nel settore della ricerca sulle terapie e sui medicinali.

A distanza di tre anni Del Favero era autore di un secondo libro dal taglio diverso, promosso in un’altra collana che in quegli anni guidava la sanità italiana alla riforma sanitaria: “Società e salute”, del Pensiero Scientifico Editore. Come ha scritto Gianni Tognoni diversi anni dopo4, era «un libro che può a tutt’oggi essere considerato tra quelli fondamentali pubblicati sul rapporto tra sanità e farmaci (non solo a livello italiano: anche se mai tradotto): Il problema dei farmaci di Albano Del Favero5 dice praticamente tutto ciò che sarebbe stato necessario da quel momento in poi per orientarsi in modo lucido, propositivo, tanto tecnicamente informato quanto culturalmente e politicamente aperto, in un settore che era divenuto da marginale a strategico non solo all’interno della sanità, ma, più a fondo, nel rapporto tra la sanità e la società».

La registrazione di medicinali in assenza di prove di efficacia, il consumo eccessivo di farmaci e la loro prescrizione inappropriata erano – come dire? – eventi sentinella che mostravano un sistema sanitario che andava completamente ripensato, restituendolo alla sua funzione di strumento per l’esercizio del diritto costituzionale alla salute. Il lavoro culturale di Albano Del Favero proseguì ben oltre l’approvazione della legge 833 di riforma del Servizio sanitario nazionale, accompagnando la fondazione e lo sviluppo di una rivista/progetto – Informazione sui farmaci – che per prima in Italia rispondeva a una domanda che non a caso veniva esplicitata in un editoriale uscito su quelle pagine nel 1989: «Come garantire l’indipendenza dell’informazione in una situazione in cui anche le scelte editoriali di importanti riviste risentono pesantemente dei condizionamenti dell’industria farmaceutica mondiale, tanto che anche le “fonti primarie” di informazione rischiano di perdere quell’autonomia di giudizio che è garanzia di una corretta informazione?»6.

Tutte le avventure culturali citate in queste righe si sono concluse, ma non si sono esaurite perché lo spirito che le aveva promosse continua ad animare il lavoro di chi è convinto che l’integrità, la competenza, lo studio, l’umanità siano competenze essenziali di chi lavora nella sanità, nell’assistenza e nella comunicazione, come «esercizio permanente di confronto con la realtà». Il pane e le rose, hanno scritto di recente Victor Montori e Iona Heath7 riprendendo un binomio-manifesto che proprio a cavallo degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso era stato riletto ed eletto a riferimento di una generazione. Valori ancora più preziosi se coniugati con la disponibilità e la mitezza di una persona come Albano Del Favero, che in quel decennio più lungo del secolo breve8 era «padre in una famiglia moderna, impegnata, in una casa fuori città, con la conigliera, e le pecorelle e la collina, in fondo, chiara e ondulata»9.

Bibliografia

1. Roila F. Lavoro e formazione professionale. Oncoinfo 2021; 3 settembre.

2. Haynes RB, McKibbon KA, Fotgerald D, et al. How to keep up with the medical literature: I. Why try to keep up and how to get started. Ann Intern Med 1986; 105.1: 149-53.

3. Del Favero A, Loiacono G. Farmaci, salute e profitto in Italia. Milano: Feltrinelli, 1974.

4. Del Favero A, Miselli M, Tognoni G, Zanfi D. Viaggio nella memoria e nel futuro di ISF. Informazioni sui Farmaci 2012; (3-4).

5. Del Favero A. Il problema dei farmaci. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 1977.

6. Editoriale ISDB. 2a Assemblea dell’International Society of Drug Bulletins (ISDB). Informazioni sui Farmaci 1989; 13: 195.

7. Heath I, Montori VM. Responding to the crisis of care. BMJ 2023; 380: 464.

8. Gotor M. Generazione Settanta. Storia del decennio più lungo del secolo breve. Torino: Einaudi, 2023.

9. Dal diario di Francesco De Fiore, direttore del Pensiero Scientifico Editore, nel 1977.