Migrare per essere uguali

Rita Campi1, Maurizio Bonati1

1Dipartimento di Epidemiologia medica, Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri - Irccs, Milano.

Pervenuto l’11 aprile 2023. Accettato il 18 aprile 2023.

Riassunto. Un accesso equo all’assistenza sanitaria è fondamentale per garantire il diritto umano alla salute per tutti. Tuttavia, la possibilità di utilizzare in modo appropriato le risorse del Servizio sanitario nazionale (per esempio per accedere all’ospedale) differisce sostanzialmente tra le regioni italiane. È una situazione, fonte di disuguaglianza, nota da tempo e che a tutt’oggi non ha trovato soluzione. Nel 2020, anno della pandemia, il 7,6% dei ricoveri ospedalieri è avvenuto per pazienti residenti in regioni diverse da quella di ricovero. Le regioni di partenza con il più alto tasso di mobilità sono state Molise, Basilicata, Calabria e Abruzzo con un indice di fuga di 28,1 (Molise)-16,1 (Abruzzo) per un totale di 86.787 ricoveri (16,8% del totale nazionale dei ricoveri fuori dalla regione di residenza). Il 58,7% dei ricoveri riguarda pazienti in viaggio da una delle regioni confinanti con quella di residenza, mentre il 13,9% riguarda coloro che hanno attraversato 2 regioni e il 27,4% almeno 3 regioni. La principale causa di ricovero è riconducibile agli interventi chirurgici di sostituzione delle principali articolazioni o reimpianto degli arti inferiori con 124.860 dimissioni per residenti ricoverati nella propria regione (16,1%), 16.996 ricoverati in regione limitrofa (20,4%) e 8.019 ricoverati in una regione lontana dalla propria (17,7%). Il fenomeno della migrazione sanitaria lede i principi di universalità, uguaglianza ed equità ed è quindi necessario intervenire per garantire un diritto inadempiuto nella sua interezza.

Parole chiave. Migrazione sanitaria, mobilità interregionale, ricoveri ospedalieri, Servizio sanitario nazionale.

Migrate to be equal.

Summary. Equitable access to healthcare is crucial to ensure the fundamental human right to health for all. However, the possibility to use in appropriate manner medical services (e.g., to access hospital) differs substantially across Italian regions. It is a situation, source of inequality, that has been known for some time and has not found a solution to date. In 2020, the pandemic year, 7.6% of hospital admissions occurred for patients residing in regions other than that of hospitalization. The starting regions with the highest mobility rate were Molise, Basilicata, Calabria and Abruzzo with a flight index of 28.1 (Molise)-16.1 (Abruzzo) for a total of 86,787 hospitalizations (16.8% of total national hospitalizations outside the region of residence). 58.7% of hospitalizations are for patients traveling from one of the regions bordering their residence, while 13.9% are for those who have crossed 2 regions and 27.4% at least 3 regions. The main cause of hospitalization is attributable to surgery for the replacement of major joints or reimplantation of the lower limbs with 124,860 discharges for hospitalized residents in their own region (16.1%), 16,996 hospitalized in a neighbouring region (20.4 %) and 8,019 hospitalized in a region far from their own (17.7%). The phenomenon of medical migration undermines the principles of universality, equality and fairness and it is therefore necessary to intervene to guarantee an unfulfilled right in its entirety.

Key words. Patients’ mobility, inter-regional health migration, hospital admissions, National health service.

Introduzione

Sebbene la Repubblica debba tutelare la salute come fondamentale diritto dell’individuo, il come, dove e quando questo diritto è garantito rimangono ancora dimensioni con ampia variabilità nell’ambito del Servizio sanitario nazionale (Ssn). Tra le disuguaglianze di salute in Italia è da considerare il cronico fenomeno della migrazione di centinaia di migliaia di persone che per diverse motivazioni ricevono cure in regioni differenti da quella di residenza. La mobilità sanitaria interregionale dipende principalmente dal contesto-sistema e secondariamente dal fattore “individui”. Tra le prestazioni sanitarie associate alla migrazione quella del ricovero è la principale. I flussi relativi alla mobilità per ricovero ordinario e in day-hospital possono essere “fisiologici” perché dovuti agli spostamenti tra regioni confinanti, in alcuni casi associati all’estensione dei bacini di utenza delle alte specialità oltre i confini regionali, in altri alimentati dalla mobilità fittizia, conseguente ai mancati cambi di residenza. Sono flussi “patologici” quelli dovuti/attribuiti alla scarsa qualità (reale o anche solo percepita) delle cure nei territori di origine e/o alla scarsa accessibilità (lunghezza delle liste di attesa). Questa mobilità è quella con forti risvolti sul piano dell’equità1. Quella che necessiterebbe quindi di attenzione e appropriati interventi.

Le differenti migrazioni sanitarie possono essere ricondotte a tre ambiti: 1) alla ricerca di una migliore qualità della struttura e dei medici nel prestare le cure (e prestazioni) o anche delle relazioni interpersonali tra operatore sanitario e paziente; 2) alla possibilità di curarsi riducendo quei disagi spesso correlati alle attività di cura (lontananza dell’ospedale, rigidità burocratiche, mancanza di un “appoggio” in loco, mancanza di adeguate informazioni). In questo caso si tratta principalmente di migrazioni tra regioni confinanti e le patologie sono di una certa gravità. La migrazione è verso grandi poli ospedalieri od ospedali di confine; 3) all’impossibilità di fruire, nella propria regione, delle prestazioni di cui si ha bisogno o dalla presenza di liste d’attesa che allungano eccessivamente i tempi per ottenerle2.

Nel corso dell’ultimo decennio il valore della mobilità sanitaria è incrementato raggiungendo un plateau negli anni 2016-2019 con un netto calo nel 2020 in parte in ragione dell’emergenza pandemica Covid-19 che ha ridotto gli spostamenti delle persone e l’offerta di prestazioni ospedaliere e ambulatoriali. Il valore della mobilità interregionale dei ricoveri ammonta a circa 3 miliardi di euro3,4.

Ma a questi costi a carico del Ssn vanno aggiunti quelli a carico dei circa 750.000 pazienti che ogni anno migrano in regioni diverse dalla propria per ricevere cure2. Per i pazienti costretti ad affrontare un viaggio, specie se lontano, e per i loro familiari, e alle preoccupazioni per lo stato di salute, si aggiunge un enorme carico psicosociale dovuto a periodi di lontananza da casa, magari per tempi lunghi o indefiniti, ai costi da affrontare (per esempio per l’alloggio anche degli accompagnatori), all’ambientamento in contesti nuovi in cui mancano le reti sociali, alla necessità di non frequentare la scuola o il luogo di lavoro.

Sinora la mobilità sanitaria ha attratto prevalentemente l’attenzione degli economisti sanitari e degli amministratori regionali in termini di crediti e debiti, di compensazioni tra chi eroga e chi paga5-8. Scarsa è l’analisi dei valori di fuga e attrazione per popolazioni target, contesti territoriali intra- ed extra-regionali o specifici bisogni di salute (con l’eccezione per alcuni Drg quali quelli chirurgici, oncologici o cardiologici). Ancora più scarsa è la valutazione dei benefici attesi ed effettivi associati alla mobilità sanitaria3,9.

Cercare di definire quali sono le premesse dei viaggi per la salute associati alle caratteristiche di chi si mette in viaggio, da dove parte e dove arriva è compito dell’epidemiologia e, parzialmente, di questo studio.

Materiali e metodi

Le fonti utilizzate per le analisi sono rappresentate dai dati della mobilità sanitaria interregionale nell’anno 2020, contenuti nella scheda di dimissione ospedaliera (Sdo) e forniti dal Ministero della Salute - Direzione generale della Programmazione sanitaria-banca dati Sdo.

I dati utilizzati per definire il valore della mobilità sanitaria e le differenze regionali relative a mobilità attiva e passiva sono aggregati per le prestazioni di ricoveri acuti e riabilitazione in regime ordinario e diurno, e lungodegenza. Sono stati considerati solo i ricoveri dei cittadini residenti in Italia per regione di residenza.

Come proxy della distanza del viaggio si è usata la metrica dello scavallamento considerando il numero di regioni attraversate per raggiungere l’ospedale dalla residenza10.

L’indicatore della valutazione fatta è l’indice di fuga calcolato come il rapporto percentuale tra il numero dei residenti dimessi fuori regione e il numero totale dei residenti dimessi ovunque. L’indice di fuga esprime la quota parte dell’attività ospedaliera richiesta fuori del territorio regionale di residenza11.

Per l’analisi dei dati è stato utilizzato il sofware SAS, versione 9.4 (SAS, Institute Inc., Cary, NC, Usa).

Risultati

I ricoveri dei pazienti residenti in Italia in regioni diverse da quella di residenza (mobilità interregionale) nel corso del 2020 sono stati 516.875 pari al 7,6 % del totale dei ricoveri nazionali, rispetto all’8,7% del 2019 anno pre-pandemico. Le regioni di partenza con il più alto tasso di mobilità sono state il Molise, la Basilicata, la Calabria e l’Abruzzo con un indice di fuga rispettivamente di 28,1, 25, 19,5 e 16,1 per un totale di 86.787 ricoveri (16,8% del totale nazionale dei ricoveri fuori dalla regione di residenza) (figura 1).




Considerando l’età dei pazienti, l’indice di fuga è maggiore per la fascia 18-64 anni (9,6) seguita dai minori di 18 anni (8,7) e dai pazienti con un’età ≥ 65 anni (5,5). Per gli adulti, Molise e Basilicata, Calabria e Abruzzo sono, nell’ordine, le regioni con il maggiore indice di fuga, mentre per i minori dopo Molise e Basilicata sono Umbria, Valle d’Aosta e Calabria le regioni con il maggior indice di fuga. I residenti nel Sud si spostano per ricoverarsi il 50% in più rispetto a chi vive al Centro e il 70% in più rispetto ai residenti nel Nord (tabella 1).

Per quanto concerne la distanza, il 58,7% dei ricoveri è di pazienti viaggiatori da una delle regioni confinanti con quella di residenza, mentre il 13,9% è di chi ha attraversato 2 regioni e il 27,4% almeno 3 regioni. La probabilità di ricovero in una regione non adiacente quella di residenza che necessita lo scavallamento di almeno una regione oltre la confinante è 9 volte superiore per i residenti nel Sud rispetto a quelli del Nord, mentre interessa il 70% in più per i residenti del Centro rispetto a quelli del Nord (tabella 2).




Il 20% della mobilità è diretta verso 13 strutture ospedaliere, in particolare 2 con oltre 10.000 ricoveri (l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e il Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma), mentre i rimanenti 11 con 5-10.000 ricoveri di residenti in altra regione.

La categoria diagnostica maggiore (major diagnostic category - Mcd) associata al ricovero in regioni di non residenza è la numero 8 (Malattie dell’apparato muscoloscheletrico e tessuto connettivo) pari al 25,1% dei ricoveri extraregionali, seguita dalla 5 (Malattie del sistema cardiovascolare) per il 9,2%. I due Mcd sono i primi in termini di frequenza sia per i ricoveri dei residenti sia per quelli dei non residenti in regione, sia nelle regioni confinanti sia in quelle più distanti.

La principale causa di ospedalizzazione è riconducibile a interventi chirurgici per sostituzione di articolazioni maggiori o reimpianto degli arti inferiori (Drg 544) con 124.860 dimissioni per ricoverati residenti nella propria regione (16,1%), 16.996 ricoverati in una regione confinante (20,4%) e 8.019 ricoverati in una regione distante dalla propria (17,7%). Sono i sardi, i calabresi e i siciliani, nell’ordine, a dover affrontare più frequentemente i viaggi a lunga distanza per essere sottoposti a questi interventi ortopedici.

Discussione

Il flusso di pazienti che si sposta dalla propria regione per farsi curare altrove rappresenta una condizione cronica del Ssn, stabilizzatasi nel tempo. Le misure di contrasto alla pandemia adottate nel 2020 hanno contribuito alla diminuzione del totale dei ricoveri ospedalieri rispetto al 2019 (-20,8% dei ricoveri totali) e in particolare quelli a distanza dalla regione di residenza (-29,8%). Tuttavia, il fenomeno è solo parzialmente ridotto e già ripreso come negli anni antecedenti la pandemia3. Le valutazioni qui riportate, seppure riferibili a un anno particolare, sono comunque da considerarsi espressione di una situazione di bisogni ancora inevasi e di una persistente disuguaglianza regionale nell’accesso ai servizi di cura ospedalieri.

Sebbene il numero di dimissioni non coincida con il numero di pazienti ricoverati nell’arco del 2020, poiché alcuni pazienti possono essere ricoverati più volte, la probabilità dell’evento, in particolare sui ricoveri dei pazienti residenti in altre regioni, sul totale della popolazione ricoverata è da considerarsi basso e non incide sulle considerazioni fatte.

La maggioranza dei viaggi è intrapresa da adulti, non anziani, per raggiungere principalmente centri specialistici di ortopedia e cardiochirurgia. Le altre mete sono più distribuite sia territorialmente sia per prestazione richiesta. L’immagine qui riportata, per quanto sgranata, rimanda alla necessità di analisi dettagliate che individuino per ciascuna regione le cause della migrazione sanitaria e in particolare quelle attribuibili alla carenza di offerta, qualitativa e quantitativa, dei servizi di cura sul proprio territorio. Il miglioramento continuo delle attività e dei servizi erogati nel campo della salute può avvenire solo attraverso la conoscenza dell’organizzazione e del funzionamento dei sistemi sanitari regionali e l’attuazione di efficienti interventi.

Dovrebbe essere inaccettabile essere costretti a partire per ricevere cure, così come inaccettabile è rimanere, ma vedersi costretti a rivolgersi al privato e quindi a pagare per un diritto che dovrebbe essere garantito. Ogni cittadino del nostro Paese ha la possibilità di essere assistito in regioni differenti da quella di residenza. I costi saranno pareggiati attraverso compensazioni finanziarie tra le regioni coinvolte. Nel 2020, la mobilità sanitaria interregionale in Italia ha raggiunto un valore di 3,33 miliardi di euro, con saldi estremamente variabili tra le regioni del Nord e quelle del Sud. L’83,4% del saldo passivo si concentra in Campania, Lazio, Sicilia, Puglia, Abruzzo e Basilicata4. Le ricadute economiche, ma ancor più le disuguaglianze regionali nel garantire il diritto alla salute associate alla mobilità interregionale, indicano anche che la distribuzione dei livelli essenziali di assistenza (Lea) è disomogenea, quando i Lea dovrebbero essere garantiti in maniera uguale ed equa (appropriata) in tutte le regioni dello Stato8.

La forte capacità attrattiva delle regioni del Nord, cui corrisponde quella estremamente limitata delle regioni del Centro-Sud, indica che l’autonomia regionale in ambito sanitario è già esistente e il processo di ulteriore autonomia differenziata avviato con un disegno di legge presentato al Senato12 rischia di aumentare il divario di prestazioni e infrastrutture interregionali, alimentando un mercato sanitario13.

Conclusioni

La migrazione sanitaria è un fenomeno dalle enormi implicazioni sanitarie, sociali etiche ed economiche, che riflette le grandi disuguaglianze nell’offerta di servizi sanitari tra le varie regioni e, soprattutto, tra il Nord e il Sud del Paese. I principi fondamentali su cui si basa il Ssn dalla sua istituzione, avvenuta con la legge n. 833 del 1978, sono l’universalità, l’uguaglianza e l’equità. Il fenomeno della migrazione sanitaria mina questi principi. È auspicabile un progetto di rinnovamento del Ssn affinché i fattori che regolano il benessere di un individuo e di una comunità, e tra questi il non dover ricorrere alla migrazione sanitaria, siano controllati e garantiti in modo appropriato.

Take home messages.

La migrazione sanitaria interregionale è un fenomeno persistente, indice di inefficienza del Ssn.

La migrazione sanitaria è un determinante delle disuguaglianze di salute tra le regioni italiane.

Ridurre la migrazione sanitaria con azioni (politiche, sociali, sanitarie) di contrasto efficaci è essenziale per garantire equità nelle cure.

Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.

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