Dalla letteratura

Clima: due passi avanti e uno indietro

Una sanità che va a palla, tra enormi centri ospedalieri e strumentazioni diagnostiche sovrautilizzate quanto pesa sull’emergenza ambientale? Non è un problema nuovo ma se nessuno cerca di risolverlo è naturale che la situazione possa peggiorare. Qualche numero ce lo dà un articolo uscito sul New England Journal of Medicine a inizio agosto 2023: le prestazioni sanitarie sono responsabili dell’8,5% delle emissioni totali di gas serra negli Stati Uniti e di altre sostanze inquinanti1. L’inquinamento atmosferico causato dalla produzione di energia negli ospedali o dal trasporto degli operatori sanitari è un fattore di rischio per malattie cardiache e polmonari, nascite premature e demenza. A livello mondiale, le emissioni del settore sanitario contribuiscono a ulteriori danni alla salute conseguenti al cambiamento climatico. L’inquinamento prodotto dal sistema sanitario statunitense, inoltre, provoca la perdita di ben 388.000 anni di vita aggiustati per disabilità all’anno, un carico di malattia simile a quello generato dagli errori medici.

Dicevamo che si tratta di una questione abbastanza nota, al punto che proprio negli Stati uniti nel marzo 2023 la Joint Commission aveva comunicato i requisiti proposti per ridurre al minimo le emissioni di gas serra e i rifiuti degli ospedali. Gli ospedali avrebbero dovuto designare un responsabile per la supervisione dei piani di riduzione delle emissioni e misurare le emissioni di tre o più delle seguenti fonti: uso di energia, energia acquistata, uso di gas anestetici, uso di inalatori pressurizzati, consumo di benzina dei veicoli aziendali, smaltimento e incenerimento dei rifiuti solidi.

Perfetto. Se non che, alla fine di aprile 2023 dopo la pubblicazione della proposta aperta ai commenti pubblici, la commissione ha fatto marcia indietro. Le indicazioni date sarebbero diventate facoltative e non più requisiti obbligatori e vincolanti. Insomma, ancora una volta la determinazione delle priorità penalizza l’emergenza climatica, al punto di considerarla di fatto non più tale.




Bibliografia

1. Rabin AS, Pinsky EG. Reducing health care’s climate impact - Mission critical or extra credit? N Engl J Med 2023; 389: 583-5.

Covid: fa ancora discutere

«Sebbene il numero di decessi e ricoveri dovuti al Covid-19 sia diminuito di oltre il 90% da quando il Presidente Joe Biden è entrato in carica, la nostra lotta contro SARS-CoV-2 non è finita. Il virus continua a evolversi rapidamente e ogni giorno causa un numero considerevole di infezioni, ricoveri e decessi». L’apertura di una Perspective sul New England Journal of Medicine non è incoraggiante1. A essere così prudenti sono Xavier Becerra e Ashish Jha, medici del ministero della salute statunitense e del team di risposta al covid della Casa Bianca. «Dato che è lecito supporre che la SARS-CoV-2 continuerà a evolversi, l’obiettivo della prossima generazione di vaccini e trattamenti è quello di essere efficaci indipendentemente dall’evoluzione del virus. […] È importante per tutti, ma in particolare per le persone più vulnerabili: gli anziani e le persone immunocompromesse, per le quali le infezioni possono avere conseguenze più gravi. L’amministrazione Biden ha annunciato il Progetto NextGen, che coordinerà l’impegno di tutto il governo per far sì che le innovazioni siano trasferite in totale sicurezza dai laboratori di ricerca agli studi clinici e ai cittadini».




Ancora a proposito di covid, un articolo del JAMA Internal Medicine ha fatto molto discutere2. Si tratta di uno studio osservazionale retrospettivo che sostiene di aver dimostrato un eccesso di mortalità tra gli elettori repubblicani rispetto a quelli democratici in Florida e Ohio successivamente alla disponibilità del vaccino negli Stati Uniti. Queste differenze nei tassi di mortalità in eccesso erano maggiori nelle zone del Paese caratterizzate da tassi di vaccinazione più bassi. E fin qui ci sta.




Qualcuno ha fatto osservare che alcuni fattori di confondimento potrebbero mettere in discussione le conclusioni degli autori: pensiamo alla condizione socioeconomica o ai livelli di istruzione, l’obesità e altre comorbilità legate alla salute, oppure l’accesso all’assistenza sanitaria in base alla residenza: nelle grandi città sono più numerosi i democratici e nelle campagne o nei piccoli centri rurali i repubblicani. Qualsiasi risultato di uno studio osservazionale deve essere considerato con cautela: ma un punto di forza dello studio è che prima dell’introduzione della vaccinazione i tassi di mortalità erano equivalenti. Insomma, lo studio sta facendo discutere chi si interessa di metodologia della ricerca, anche se qualcuno – come John Mandrola – è stato molto sintetico: «Un giorno triste per la mia rivista preferita».




Bibliografia

1. Becerra X, Jha A. Project NextGen - Defeating SARS-CoV-2 and preparing for the next pandemic. N Engl J Med 2023; 26 luglio.

2. Wallace J, Goldsmith-Pinkham P, Schwartz JL. Excess death rates for republican and democratic registered voters in Florida and Ohio during the COVID-19 pandemic. JAMA Intern Med 2023; e231154.

Intelligenza artificiale: rischi e opportunità

Di intelligenza artificiale (IA) si occupa ancora il BMJ sostenendo che il ritmo del cambiamento è straordinariamente veloce e il mercato globale in grande espansione1. Nonostante l’incertezza sul futuro delle applicazioni delle nuove tecnologie alla sanità e alla cura, «il pericolo per la scienza e la ricerca è chiaro e presente» scrive il BMJ. L’unica risposta ragionevole, sostengono Jessica Morley e i suoi coautori, è garantire che lo sviluppo e la valutazione delle tutele dai rischi siano pari all’impegno per lo sviluppo e la valutazione dei modelli generativi di IA. Ma come mitigare i rischi, in concreto? Col miglioramento tempestivo delle competenze di ingegneria dei ricercatori, con l’aggiornamento delle linee guida editoriali per garantire un resoconto trasparente dell’uso dell’IA, con la definizione di metriche per la valutazione dei set di dati, con la concentrazione degli investimenti sui modelli open source piuttosto che su quelli proprietari. Sono tutti suggerimenti ragionevoli, ma non sappiamo se saranno efficaci anche qualora fossero messi in atto. Fino ad allora la ricerca sull’uso dell’IA dovrebbe procedere con curiosità ma con cautela.

Sempre in tema di IA, un altro importante contributo è quello di Eric Topol su The Lancet2. Scritto con Scott Adams, radiologo a Stanford, il breve commentary esplora le potenzialità dell’IA se applicata agli screening. Nuovi tipi di dati a livello individuale e la capacità di analizzarli con modelli di IA – sostengono i due autori – hanno il potenziale per rendere lo screening del cancro più efficiente ed economico. Nuovi dati, come il sequenziamento del genoma e il DNA tumorale circolante combinati con l’imaging medico e i modelli di IA, potrebbero fornire risultati clinicamente utilizzabili a partire da dati complessi. Andiamo dunque nella direzione di un approccio integrato e personalizzato allo screening e alla diagnosi precoce del cancro? Forse sì, anche se la strada non potrà essere brevissima. «Sarà necessario continuare a sviluppare modelli di intelligenza artificiale per integrare in modo efficiente un numero crescente di fonti di dati e convalidare i modelli in popolazioni diverse, anche in studi controllati randomizzati» leggiamo su The Lancet. In prospettiva, i sistemi sanitari potrebbero sfruttare il passaggio a uno screening che non solo sarà capace di dare più informazioni ma anche di migliorare l’efficienza in termini di costi, con una maggiore precisione e risultati a livello individuale e di popolazione.




Bibliografia

1. Morley J, DeVito N J, Zhang J. Generative AI for medical research. BMJ 2023; 382: 1551.

2. Adams SJ, Topol EJ. Rebooting cancer screening with artificial intelligence. Lancet 2023; 402: 440.

La diversa onestà di medici e ricercatori

E se proprio uno studioso della disonestà fosse disonesto? Ne parla la rivista Science che torna sul caso di Francesca Gino, ricercatrice in scienze comportamentali, nota per i suoi studi sulla disonestà che contano migliaia di citazioni e sono spesso stati ripresi dai media1. Sta di fatto, però, che nell’ultimo mese la professoressa della Harvard Business School è stata accusata proprio di disonestà in una serie di post sul blog Data Colada. I blogger affermano di aver avvertito Harvard già nel 2021. Ora, due degli articoli di Gino sono stati ritirati dalla rivista Psychological Science in seguito a un’indagine dell’Ufficio di Harvard per l’integrità della ricerca. Almeno un’altra ritrattazione è in corso. Questa settimana, sei dei coautori di Gino hanno avviato un’indagine personale per capire quali dei suoi articoli possano ancora essere considerati affidabili. Per la giornalista di Science, Cathleen O’Grady, è un’occasione per spiegare quanto sia importante vigilare sul problema della malpractice nel publishing scientifico, sostenendo che la sola strada è la prevenzione, dal momento che svolgere un lavoro da detective sui lavori scientifici è un’impresa praticamente insostenibile.

Ci risiamo con i conflitti di interesse dei medici; nel Regno Unito, quest’estate una consultazione pubblica riesaminerà la questione. Si guarda al Sunshine act statunitense come a un modello, anche se in fin dei conti cosa ci fai con la trasparenza? Una disclosure in fondo a un articolo può davvero risolvere il problema? Dichiarare e gestire i conflitti è un’attività complessa che può portare a più domande che risposte, spiega Margaret McCartney in un articolo sul BMJ del 26 luglio2. È proprio vero che ci sono un sacco di problemi pratici, pensiamo per esempio alle commissioni istituzionali: in alcune circostanze si prevede che chi ha rapporti con le questioni trattate debba uscire dall’aula. Ma quando uscire? Prima della discussione o prima del voto? Contemporaneamente all’articolo di McCartney è uscito un altro lavoro che documenta i finanziamenti delle industrie ai Royal College britannici. Tra imprese e enti transitano moltissimi fondi, in un sistema caratterizzato da estrema opacità. L’articolo riporta una dichiarazione di Susan Bewley, un’ostetrica britannica molto nota nel suo paese: «I pazienti devono fidarsi delle istituzioni mediche che fanno attività formativa o preparano e implementano linee guida, che dovrebbero essere basate sulle migliori evidenze disponibili, non sull’attività di lobbying. La trasparenza è il minimo che possono meritare i pazienti e gli stessi medici che fanno parte dei collegi». I commenti non sono mancati: «È veramente desolante che tutta la discussione sui conflitti d’interesse dei primi anni Duemila sia servita così a poco» ha twittato l’ex direttore del New England Jerry Kassirer.

Bibliografia

1. O’Grady C. Honesty papers retracted for data ‘discrepancies’. Science 2023; 381: 255-6.

2. McCartney M. “You have to be above reproach”: why doctors need to get better at managing their conflicts of interest. BMJ 2023 Jul 26; 382: 1646.

La guerra nucleare fa paura?

Il rischio di una guerra nucleare sta crescendo, non diminuendo, secondo gli scienziati atomici che a gennaio hanno spostato in avanti di 90 secondi le lancette dell’orologio dell’apocalisse. Le tensioni tra gli Stati dotati di armi nucleari, gli scarsi progressi raggiunti a proposito della non proliferazione nucleare e i numerosi esempi di incidenti sfiorati sono alcuni dei motivi per cui l’umanità è sempre più vicina al baratro commenta il direttore del BMJ Kamran Abbasi il 4 agosto 2023 nella sua Editor’s choice1. Il mondo dispone di circa 130.000 armi nucleari e una guerra “limitata” ucciderebbe immediatamente 120 milioni di persone, scatenerebbe una carestia nucleare e metterebbe a rischio la vita di due miliardi di persone. «I medici hanno guidato la campagna per il disarmo nucleare e la responsabilità è ancora una volta quella di mettere da parte la politica nazionale e di mettere l’umanità al primo posto» scrive Abbasi presentando il documento che oltre 100 direttori di riviste stanno diffondendo nella forma di un editoriale firmato congiuntamente che esorta il settore sanitario a lavorare «con rinnovata energia per ridurre i rischi di guerra nucleare e per eliminare le armi nucleari».

Come in altre occasioni di particolare rilievo, la lettera aperta è uscita su molte riviste prestigiose. Eppure c’è qualcuno al quale questa presa di posizione – come anche quelle a favore degli interventi di contrasto al cambiamento climatico – non sta bene. Il medico – dicono non pochi commenti di medici soprattutto statunitensi – deve occuparsi di salute e di medicina e non di politica. Dimenticando che i conflitti, le armi e la guerra sono tra i maggiori e più pesanti determinanti sociali di malattia.

I ricercatori e gli scienziati – tanto più quelli che svolgono consulenze per i governi – dovrebbero dunque rimanere in silenzio sulle decisioni politiche o sulle azioni politiche che potrebbero essere dannose per la salute pubblica? Proprio questa domanda – insieme ad altre – si pone Philip Ball su The Lancet di inizio agosto recensendo il film “Oppenheimer” di Christopher Nolan2. «Oggi i medici e gli scienziati fanno pressione per intervenire su questioni come il cambiamento climatico, il degrado ambientale e i rischi di guerra nucleare, e sostengono la necessità di imporre vincoli etici in settori come le biotecnologie e l’intelligenza artificiale. Ma non è chiaro se i politici, guidati dai loro programmi, li ascoltino più di quanto Truman facesse con Oppenheimer. A quanto pare, non hanno ancora parlato la stessa lingua».




Bibliografia

1. Abbasi K, Ali P, Barbour V, et al. Reducing the risks of nuclear war BMJ 2023; 382: 1682.

2. Ball P. J Robert Oppenheimer and the social responsibility of science. Lancet 2023; 402: 441-2.

Le agenzie sanitarie internazionali e i problemi dei farmaci

Abbiamo letto su tutti i media il parere sull’aspartame dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Il dolcificante presente nelle bevande light, nelle gomme da masticare e nei gelati e in tanti altri prodotti alimentari è ora classificato come potenzialmente cancerogeno. La dose giornaliera accettabile del dolcificante è quella contenuta in circa 10-12 lattine di bibite dietetiche al giorno per un adulto di circa 70 kg. La notizia di fine luglio è però che l’agenzia regolatoria statunitense, la Food and drug administration (Fda), non è d’accordo con il parere della Iarc. Sul notiziario della Fda si contestano i limiti metodologici degli studi considerati e si sottolinea che altre agenzie regolatorie nazionali considerano sicuro l’aspartame1.

Restiamo sulle agenzie sanitarie internazionali parlando della nuova lista dei farmaci essenziali dell’Oms2. Alcuni punti interessanti: nessun farmaco per covid-19 è stato incluso nell’elenco, che rimanda alle linee guida “living” dell’Oms e alle indicazioni delle singole nazioni; ugualmente, nessun medicinale per l’obesità; invece, per la prima volta sono stati inseriti nella lista dei farmaci per la sclerosi multipla, la cladibrina, il glatiramer acetato e il rituximab.

Bibliografia

1. Food and drug administration. Aspartame and other sweeteners in food. 14 luglio 2023. Disponibile su: https://lc.cx/dOdHHS [ultimo accesso 29 agosto 2023].

2. WHO. Model list of essential medicines – 23rd list. Disponibile su: https://lc.cx/t3g5lU [ultimo accesso 29 agosto 2023].