Le utopie di ieri, le realtà di domani

Giuliano Amato1

1Presidente della Consulta scientifica del Cortile dei Gentili.

Pervenuto il 15 giugno 2023. Non sottoposto a revisione critica esterna alla direzione della rivista.

Riassunto. La pandemia ha messo in luce le falle e le inadeguatezze non solo dei sistemi sanitari dei Paesi arretrati, ma anche di quelli delle società orgogliosamente auto-proclamatesi “del benessere”. Non porta lontano cercare di spiegarle dando la caccia, purtroppo già partita, ai capri espiatori. Serve piuttosto rendersi conto che in un mondo di interdipendenze ormai globali – ed è questo ciò che più di tutto la pandemia ha rivelato – non solo un Paese non se la cava se non ha un sistema sanitario universale; ma neppure un tale sistema funziona a dovere se non è inserito in una cornice di sicurezza sanitaria globale, inclusiva delle componenti ambientali, sociali, economiche e culturali che concorrono a renderla possibile. Vecchie utopie che oggi possono, e devono, diventare reali, anche di fronte al cambiamento climatico.

Yesterday’s utopias, tomorrow’s realities.

Summary. The SARS-CoV-2 pandemic has clearly drawn attention to the shortcomings and flaws of the healthcare systems not just of low- and middle-income countries but also of high-income countries proudly proclaiming themselves “welfare societies”. Trying to explain these failures by finding some scapegoat won’t get us very far, but, unfortunately, the hunting’s already begun. In contrast, all policymakers need to understand that in today’s globalized world neither a country gets off without a universal health system nor such a system works properly if not included in a global health security framework, including all the environmental, social, economic, cultural components that contribute to making it possible. This is, above all, what the SARS-CoV-2 pandemic has revealed. Today these old utopias can and must get real, also taking into account the climate change.


Avevamo deciso da tempo, nella nostra Consulta, di riflettere sull’esperienza della pandemia. Eravamo e siamo tutti consapevoli che un virus sconosciuto ci avrebbe imposto inevitabilmente dei prezzi. Certo si è che uno dei capisaldi delle società avanzate – il diritto alla salute e la sua tutela – ha manifestato un tasso di precarietà che ci ha sorpresi e resi sgomenti. Era purtroppo prevedibile che le società più arretrate e più deboli pagassero un prezzo elevato. Ma come è stato possibile che cedessero in misura tanto elevata anche le società del benessere, che anche in esse siano stati così numerosi i morti, che tante volte i loro medici si siano trovati davanti a scelte tragiche ai fini dello stesso accesso alle cure salvavita, sommersi com’erano dall’onda dei malati gravi?

A queste domande abbiamo cercato di rispondere e, giunti al termine del nostro lavoro, ci accorgiamo che esso è quanto di più pertinente e tempestivo, giacché le stesse domande hanno preso piede nell’opinione pubblica e quindi nella politica, nelle quali, a quanto si legge, la ricerca delle risposte sta già imboccando la strada più elementare e tribale, quella della caccia al capro espiatorio. Negli Stati Uniti si chiede conto dei troppi morti ad Anthony Fauci, storico consigliere medico di più di un Presidente, da noi si avviano commissioni parlamentari d’inchiesta e istruttorie giudiziarie, che hanno nel mirino presidenti del consiglio, ministri e figure professionali di calibro non inferiore a quella di Fauci.

A questo noi possiamo soltanto assistere in silenzio. Ma pensiamo che sia utile a tutti, anche a chi cerca sempre e soltanto responsabilità individuali, avere contezza del quadro in cui si è operato, delle connessioni, positive e negative, che hanno giocato e che giocano nel pregiudicare, o nel tutelare, la salute di ognuno di noi. Per il futuro sarà qui che si giocherà la partita. E sarà una partita tutt’altro che facile.

Entrano in campo al riguardo nozioni e aspirazioni con cui dobbiamo imparare a fare i conti, senza considerarle espressione dei sogni dei visionari: quelle di sicurezza sanitaria globale, di sistema sanitario universale e di tutela trasversale della salute (in inglese: health in all policies). Il mondo sarà in grado di affrontare pandemie a diffusione rapida e globale com’è stata quella del Covid, se e quando la comunità internazionale e gli Stati che la compongono avranno realizzato sistemi sanitari universali – assenti in molti stati africani, ma anche negli Stati Uniti nonostante il grande passo in avanti dell’Obama care –, quando la sicurezza sanitaria sarà perciò un bene comune globale e investirà tutte le componenti sociali, ambientali e animali che concorrono a renderla possibile, e quando le scelte politiche – tutte le scelte politiche, comprese quelle finanziarie – saranno coerenti con questa cornice complessiva. Entro una cornice del genere, non è difficile accorgersi, ad esempio, dell’importanza dell’inquinamento dell’aria nel rendere più o meno aggredibili i nostri polmoni, o di quella di una copertura sanitaria universalistica per favorire la vaccinazione di massa della popolazione.

Il nostro documento propone all’attenzione questa cornice, questi principi, sottolineando con forza che essi devono valere per tutti. Siamo ormai a questo punto nel mondo, la pandemia è stata l’antesignana di una fenomenologia più vasta, quella legata al cambiamento climatico, che universalizza i problemi, ma rende per ciò stesso universali anche le soluzioni, le regole da seguire. Dovremo trovare i percorsi perché ciò possa accadere. In secondo luogo, il documento, negli specifici contributi che seguono la sua parte generale, illustra le carenze e i problemi aperti che si presentano nel sistema italiano. Lo fa perché siamo italiani e ci interessa comunque chiarire a che punto siamo noi. Ma lo fa anche per illustrare come un sistema sanitario universale, già apprezzabile perché tale, ma ancora più apprezzato perché ritenuto e classificato fra i migliori al mondo, si sia trovato nella pandemia con tante lacune e presenti tuttora, dopo la pandemia, problemi per diversi aspetti ancora più gravi: problemi interni, in primis di risorse finanziarie e umane carenti, e problemi di mancata connessione con le variabili esterne che incidono sullo stato di salute. Sotto questo profilo, la nostra incursione nel nostro sistema sanitario è un inquietante segnale della distanza che separa non solo noi, ma tutta la comunità umana dalla tutela che essa deve alla salute dei suoi componenti. Averne consapevolezza è la prima premessa per cambiare le cose.

Conflitto di interessi: l’autore dichiara l’assenza di conflitto di interessi.