Distribuzione delle risorse limitate:
criteri etici per l’equità dell’accesso alle cure

Laura Palazzani1

1Professoressa ordinaria di Filosofia del diritto, Lumsa, Roma; Componente della Consulta scientifica del Cortile dei Gentili.

Pervenuto il 15 giugno 2023. Non sottoposto a revisione critica esterna alla direzione della rivista.

Riassunto. Molte le domande etiche emergenti rispetto alle scelte a livello di macro-distribuzione (decisioni su quanto investire nella sanità e come distribuire nei diversi settori) e micro-distribuzione (a chi distribuire risorse limitate, non disponibili per tutti coloro che ne hanno bisogno). Nel contesto della discussione pluralista attuale, diverse sono le possibili risposte etiche alle domande distributive sul piano teorico e pratico. L’articolo analizza in modo critico i presupposti e le implicazioni delle teorie libertaria e utilitarista, e argomenta a favore della prospettiva egualitaria, comunitaria e personalista. Sulla base dell’analisi critica, viene messo in luce che la lezione appresa dalla pandemia ha evidenziato sia l’importanza dei nessi che legano la micro-allocazione alla macro-allocazione, sia l’importanza del sistema sanitario universalista fondato sulla dignità umana e il bene comune per la concreta salvaguardia dei principi di inclusività e non discriminazione. In questa prospettiva sono di particolare interesse le recenti linee guida adottate dal Committee of Ministers del Consiglio d’Europa che sottolineano la esigenza di base di accesso equo alla salute per tutti e la necessità di strategie di preparazione, trasparenza, inclusività e non discriminazione.

Parole chiave. Giustizia, macro-allocazione, micro-allocazione.

Allocation of scarce resources: ethical criteria for equity in healthcare access.

Summary. There are many ethical questions emerging with respect to choices at the level of macro-distribution (decisions on how much to invest in healthcare and how to distribute in the various sectors) and micro-distribution (to whom to distribute limited resources, not available to all who need them). In the context of the current pluralist discussion, there are several possible ethical answers to the distributive questions on the theoretical and practical level. The paper critically analyzes the assumptions and implications of libertarian and utilitarian theories, and argue in favor of the egalitarian, communitarian and personalist perspective. Based on the critical analysis, it is underlined that the lesson learned from the pandemic has highlighted both the importance of the links of micro-allocation to macro-allocation, and the importance of the universalist healthcare system based on dignity humanity and the common good for the concrete safeguarding of the principles of inclusiveness and non-discrimination. In this perspective, the recent Guidelines approved by the Committee of Ministers of the Council of Europe are of particular interest, underlining the basic need for equitable access to health for all and the need for strategies of preparation, transparency, inclusiveness and non-discrimination.

Key word. Justice, macro-allocation, micro-allocation.

La limitatezza delle risorse sanitarie come fatto

Nell’ambito di ogni servizio sanitario nazionale le risorse economico-sanitarie sono sempre limitate: è utopistico, irrealistico e ingenuo immaginare che ci siano risorse per ogni bisogno o ogni esigenza di salute. La limitatezza consiste nell’insufficiente disponibilità rispetto a tutti i bisogni reali dei singoli e della collettività: la limitatezza è un dato di fatto di ogni sistema sanitario, e ancora più evidente in un contesto economico di Paesi con reddito basso o medio, ma altrettanto evidente in Paesi con reddito alto in un contesto sanitario ove i farmaci e le tecnologie possono divenire sempre più costose e le esigenze dei cittadini sempre maggiori (a causa dell’incremento delle aspettative di vita degli individui, dell’aumentare delle richieste dei cittadini nei confronti della medicina che scivola tra bisogni e desideri, etc.).

Considerando che la concezione della salute si amplia da assenza di malattia a benessere fisico-psichico e sociale, includendo anche la sostenibilità ambientale (One health), le risorse da investire nella salute divengono ancora più onerose per la prevenzione, la ricerca, la cura, il sostegno sociale-economico-culturale, la gestione ambientale, a livello globale e locale.

Molte le domande etiche emergenti rispetto alle scelte a livello di macro-distribuzione (ossia decisioni su quanto investire nella sanità e come distribuire nei diversi settori) e micro-distribuzione (ossia a chi distribuire risorse limitate, non disponibili per tutti coloro che ne hanno bisogno).

Quale etica?

Nel contesto della discussione pluralista attuale, diverse sono le possibili risposte etiche alle domande distributive sul piano teorico e pratico.

La linea del libertarismo1,2, partendo da una visione antropologica individualistica, privilegia l’astensione dello Stato minimo da ogni intervento che interferisca con la libertà soggettiva nel libero mercato sanitario. In questo contesto non si riconosce una responsabilità sociale per la riparazione delle disuguaglianze derivanti dalla “lotteria naturale” e dalla “lotteria sociale” ritenute semmai eventi “sfortunati”, ma non iniqui o ingiusti. Rimane possibile avere un atteggiamento filantropico, meramente volontario, verso chi è più bisognoso: ma resta fermo il principio di autonomia, per il quale il bisogno degli altri non deve vincolare o condizionare la libertà individuale. La teoria del libertarismo pone al centro della riflessione bioetica la difesa dell’autodeterminazione individuale e interpreta la giustizia come l’attribuzione a ogni individuo libero di risorse e beni disponibili secondo i meriti, le capacità, il contributo che fornisce alla società. A livello macro-allocativo questa visione predilige le scelte del libero mercato (maximum market, minimum State) e a livello micro-allocativo ammette nelle scelte di selezione dei pazienti la possibilità di preferire il giovane rispetto all’anziano, il ricco rispetto al povero, l’individuo che riveste importanti cariche sociali rispetto a chi è ai margini nella società, in quanto la selezione dei pazienti per il trattamento avviene in base alla libera scelta individuale e alla capacità di pagare.

Nell’ambito della teoria utilitarista, nella prospettiva della massimizzazione del piacere e minimizzazione del dolore per il maggior numero di individui (nella versione collettivista), la distribuzione di risorse limitate mira a dare al maggior numero possibile di individui la soddisfazione dei loro interessi o preferenze. Ciò consente di garantire sul piano macro-allocativo la convenienza, l’efficienza e la produttività sociale, ossia il prevalere di benefici sui costi nonché, sul piano micro-allocativo, il privilegio del paziente con migliore prospettiva in termini di recupero, misurato sulla quantità e qualità di vita, giustificando il non trattamento per chi si trova in condizione di scarsa qualità di vita3-6. Tale strategia è espressa dalla formula “quality adjusted life years” (Qaly), ossia numero di anni di vita tenuto conto della qualità e dei costi, per il maggior numero di individui. L’assegnazione delle risorse limitate in termini di accesso alle cure è ritenuta giusta quando raggiunge, a parità di spesa, il miglior risultato pragmatico possibile in rapporto alla convenienza, dunque al numero di pazienti che sopravvivono con la prospettiva di anni di vita da vivere, con qualità. Tale scelta, se espressa in termini radicali, porta inevitabilmente all’emarginazione dei soggetti più deboli, considerati “marginali” (anziani, persone con disabilità), aprendo possibili discriminazioni di “ageismo” (ageism), ossia la discriminazione in base all’età, e di disablism, discriminazione in base alla disabilità.

In contrapposizione alla linea libertaria e utilitarista, vi sono altre teorie che, sulla base di diversi fondamenti e argomenti, condividono, nel contesto della questione della distribuzione di risorse scarse, la centralità dell’uguaglianza tra gli esseri umani nell’accesso alle cure.

La teoria dell’egualitarismo sociale riconosce la priorità del valore dell’uguaglianza, considerando l’intervento dello Stato (o Stato del benessere) rilevante per evitare gli inconvenienti del libero mercato e garantire una giustizia sociale. L’argomento alla base di questa prospettiva è la necessità che la società si faccia carico delle disuguaglianze derivanti dalla “lotteria naturale” e dalla “lotteria sociale”, nel continuo sforzo di compensazione delle differenze. Cura e assistenza sanitaria sono considerate bisogni fondamentali che vanno garantiti al cittadino, aumentando la possibilità e l’opportunità di accesso alle cure e all’assistenza per i meno avvantaggiati, considerando tali condizioni “immeritate limitazioni di opportunità” che vanno ristabilite7,8. Sulla stessa linea la teoria del “principialismo”, che ammette la possibilità di trovare un consenso, pur nella differenza delle teorie etiche, sul diritto a un “minimo decente di cure” e di assistenza sanitaria come un aspetto della tutela sociale contro minacce esterne dalle quali l’individuo non può proteggersi da solo, considerando la malattia in generale – in questo caso specifico della pandemia – una condizione analoga alla guerra, alla criminalità e alle calamità naturali9. L’equa opportunità prevede che le possibilità di accesso ai benefici sanitari e sociali siano aperte a tutte le persone, a prescindere dagli svantaggi da cui possono essere afflitte.

La teoria comunitaria rivaluta cooperazione e responsabilità del gruppo per l’individuo e dell’individuo per il gruppo, affermando la giustizia come bene comune nella solidarietà. In questa prospettiva nella distribuzione di risorse scarse non si deve tenere conto solo della durata della vita di qualità e l’efficacia tecnologica, ma anche del dovere di “umanizzazione” della cura con una medicina equa e sostenibile che sappia combinare il mercato con le cure necessarie a tutti. Sulla stessa linea, la teoria personalista che pone al centro il riconoscimento della dignità intrinseca dell’essere umano10,11, riconoscendo il dovere diretto della società di salvaguardare il bene comune, come l’insieme delle condizioni che promuovono e difendono la dignità umana: in tal senso le disuguaglianze naturali e sociali sono considerate inique, e alla società spetta il compito di ristabilire, per quanto possibile, un equilibrio sociale, operando attraverso il bene delle singole persone.

Pur nella diversità argomentativa, tali teorie, applicate alla selezione dei pazienti per l’accesso alle cure, riconoscono come unico criterio applicabile quello della valutazione medica oggettiva, caso per caso, della condizione clinica del singolo paziente, dell’urgenza e della gravità della condizione (considerando la condizione della malattia o l’eventuale presenza di altre malattie) e della presumibile efficacia prognostica del trattamento in termini di probabile guarigione, secondo i criteri di proporzionalità. Qualsiasi deviazione dalla logica dell’uguaglianza e dell’equità (come giustizia del caso singolo) introduce elementi arbitrari di discriminazione. I criteri dell’età o della preferenza della vita meno vissuta e aperta al futuro rispetto alla vita più vissuta, della qualità di vita probabile, della disponibilità finanziaria, del ruolo sociale, della disabilità o dipendenza, della capacità o efficienza produttiva, del costo sociale, della responsabilità rispetto alla patologia contratta, della nazionalità, dell’etnia sono criteri inaccettabili in quanto extra-medici ed extra-clinici, che stabiliscono arbitrariamente ed estrinsecamente disuguaglianze tra gli individui umani.

Il punto di partenza è il riconoscimento “di principio” che tutti devono essere curati. Se “di fatto” le circostanze (quali la scarsità di risorse) costringono inevitabilmente a non potere curare tutti, ma a curare alcuni e non altri, il criterio non può essere definito su basi soggettive o sociali (non mediche), ma dovrebbe essere definito solo su basi oggettive (mediche), ossia sulla base delle condizioni cliniche del paziente.

È evidente che le risorse scarse non possono essere usate male e sprecate, ma devono essere efficaci, ossia usate per salvare vite umane. Ma non bisogna dimenticare che al centro vanno posti i bisogni di ogni persona malata. Proprio coloro che sono più vulnerabili, come le persone anziane o con disabilità e le persone povere, non devono essere emarginati da logiche selettive ispirate all’individualismo o alla convenienza sociale. Questo non significa trattare “a ogni costo” o attuare pratiche di accanimento clinico, che devono essere sempre doverosamente sospese quando sproporzionate, inefficaci e gravose, così come va rispettata l’autonomia del paziente di rifiuto o rinuncia a trattamenti, con la verifica della consapevolezza e della piena informazione delle conseguenze12,13.

È questa la visione che risulta in linea con i diritti umani fondamentali. Nell’ambito internazionale vanno richiamate: la Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite (1948), che all’art. 2 riconosce la soggettività giuridica senza distinzione alcuna, all’art. 3 il diritto alla vita e all’art. 25 la tutela della salute come diritto fondamentale; la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (2000), che riconosce la dignità umana (art. 1), il diritto alla vita (art. 2), all’integrità fisica e psichica (art. 3), vietando ogni discriminazione fondata sull’età e riconoscendo specifici diritti alle persone anziane (art. 25) e alle persone disabili (art. 25), sottolineando all’art. 35 il diritto alla tutela della salute; la Convenzione sui diritti umani e la biomedicina, o Convenzione di Oviedo (1997), in cui è sottolineato l’accesso equo alla salute (art. 3: «Le Parti prendono, tenuto conto dei bisogni della salute e delle risorse disponibili, le misure appropriate in vista di assicurare, ciascuna nella propria sfera di giurisdizione, un accesso equo a cure della salute di qualità appropriata»). Va citata anche la Dichiarazione universale sulla bioetica e i diritti umani dell’Unesco (2005), art. 2, lett. c), che sottolinea che «va promosso il rispetto per la dignità umana e la protezione dei diritti umani, assicurando il rispetto per la vita degli esseri umani».

Nel nostro ordinamento giuridico, il riferimento fondamentale è l’art. 32 della Costituzione, che tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, l’art. 2 sui diritti inviolabili dell’uomo e doveri inderogabili di solidarietà e l’art. 3 sull’uguaglianza e pari dignità davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di etnia, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Anche la legge 833 (1978), istitutiva del Servizio sanitario nazionale, ribadisce l’universalità delle cure e la cura degli indigenti, oltre alla legge 24 del 2017 che sottolinea il diritto alle cure e alla tutela della salute14.

Linee etiche generali per la distribuzione di risorse limitate nel riconoscimento del diritto alle cure

Non è possibile definire a priori criteri generali astratti che possano rispondere a ogni esigenza distributiva; si possono invece, più realisticamente, identificare alcuni principi etici a priori che si auspica siano tenuti in considerazione a livello “macro” dai decisori politici a livello internazionale e nazionale e, via via, seguendo tutte le tappe decisionali intermedie (regionali, locali), fino al livello “micro” dagli operatori sanitari nell’ambito di specifiche distinzioni caso per caso (per es., diversa è la scelta in condizioni di emergenza, come in pandemia o medicina di guerra o medicina delle catastrofi, oppure in condizioni di triage nell’ordinaria gestione delle cure e assistenza).

È importante sottolinere tuttavia che se una “straordinarietà” dell’etica della “eccezione” non dovrebbe essere mai giustificata, è altresì vero che i principi etici di uguaglianza, giustizia ed equità valgono sia per quanto attiene alle decisioni macro-allocative in termini di politiche economiche e finanziarie generali elaborate nelle appropriate sedi decisionali, sia per ciò che riguarda le scelte cliniche di micro-allocazione che dalle prime dipendono inevitabilmente.

In sintesi, il presupposto che va riaffermato sul piano etico è che tutti, nessuno escluso, hanno il diritto di essere curati e assistiti al meglio possibile, con le risorse disponibili, secondo un criterio di coerenza tra le scelte allocative dei decisori (livello “macro”) e quelle degli operatori (livello “micro”).

Non è superfluo sottolineare la rilevanza di tale presupposto: l’assenza di tematizzazione di questo principio può costituire un pericoloso precedente nei confronti di singole persone malate, ma anche giustificare modelli sanitari che, fosse solo nei fatti, finiscono per avallare una logica selettiva e discriminante verso le categorie di soggetti più deboli e vulnerabili, che maggiormente avrebbero bisogno di essere curati e assistiti.

La dura lezione della pandemia ha messo così in luce sia l’importanza dei nessi che legano la micro-allocazione alla macro-allocazione, sia l’importanza del sistema sanitario universalista per la concreta salvaguardia dei principi di inclusività e non discriminazione. In questa prospettiva sono di particolare interesse le recenti Linee guida elaborate dal Consiglio dei ministri dell’Unione europea, adottate dal Committee of Ministers15 che sottolineano l’esigenza di base di accesso equo alla salute per tutti e la necessità di strategie di preparazione, trasparenza, inclusività e non discriminazione.

Considerando che i presupposti etici generali di qualsiasi sistema sanitario in linea con i diritti umani fondamentali sono la doverosità di cura e di assistenza secondo il criterio di appropriatezza o proporzionalità terapeutica, nella misura possibile, evitando da un lato l’accanimento clinico (sproporzione delle cure) e dall’altro l’abbandono terapeutico (garantendo sempre un accompagnamento palliativo), va ricordato che i criteri generali di ogni scelta distributiva dovrebbero sempre prendere in esame:

l’esigenza di una giustificazione etica nella distribuzione che parta dai principi generali e sia declinata rispetto al caso specifico: la valutazione della consistenza e coerenza degli argomenti relativi al criterio distributivo, in relazione al contesto di applicazione – la giustificazione deve essere ragionevole e rilevante, basata sulla evidenza migliore disponibile e su parametri chiari e obiettivi;

la trasparenza: l’esplicitazione dei criteri e delle ragioni dei criteri che deve essere accessibile pubblicamente – i principi e valori devono essere chiaramente spiegati ai destinatari;

la definizione chiara delle responsabilità nella definizione delle priorità: la proibizione di eccezioni arbitrarie per ragioni personali o economiche;

la predisposizione di strumenti di informazione: l’informazione deve essere accurata, comprensibile, adeguata alle circostanze agli operatori sanitari (da parte degli amministratori) e ai malati (da parte degli operatori sanitari) sui criteri adottati;

il coinvolgimento del dibattito pubblico sulla distribuzione delle risorse e sui criteri: gli operatori sanitari, i rappresentanti dei malati incluse le loro associazioni, i cittadini.

Conflitto di interessi: l’autrice dichiara l’assenza di conflitto di interessi.

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