Le sfide del sistema sanitario nazionale

Leonardo Becchetti1

1Professore ordinario di Economia politica, Università di Roma Tor Vergata; Componente della Consulta scientifica del Cortile dei Gentili.

Pervenuto il 15 giugno 2023. Non sottoposto a revisione critica esterna alla direzione della rivista.

Riassunto. La sfida del sistema sanitario nazionale è quella di garantire l’accesso a cure di sempre maggiore qualità a seguito del progresso medico scientifico a uno stock di popolazione anziana crescente, aumentando non solo l’aspettativa media di vita ma anche l’aspettativa media di vita in buona salute e libera da disabilità. Il sistema duale fondato su un settore pubblico con costi nulli o molto bassi e un settore privato più caro genera eccesso di domanda di trattamento nel primo, con lunghe file d’attesa che sono peggiorate a causa del rallentamento delle cure durante la pandemia. La conseguenza è quella di diseguaglianze di reddito che si traducono in diseguaglianze di salute e di aspettativa di vita. La sfida di combattere diseguaglianze di accesso e migliorare la qualità della salute nel nostro Paese è aperta. Affrontarla nel modo migliore non dipende solo dal miglioramento del sistema sanitario ma anche dell’investimento su una serie di fattori di contorno (istruzione, reddito, contrasto alle diseguaglianze, generatività e ricchezza di senso del vivere, longevità attiva) che sono in grado di aumentare l’efficacia della prevenzione e ridurre la necessità di cure o migliorarne l’efficacia all’insorgere delle patologie.

Parole chiave. Aspettativa di vita in buona salute, livelli essenziali di prestazione, longevità attiva.

The challenges for the Italian National health system.

Summary. The challenge of the National health system is that of ensuring access to medical treatments of increasingly higher quality to a growing stock of ageing population, with the goal of increasing not only life expectancy but also life expectancy in good health and free from disabilities. The dual (public/private) health system is based on the two pillars of a public sector where access is free or at low cost and a private sector where access to treatment is expensive. The dual system typically produces excess demand of treatment in the public sector with the consequence of creating long queues and waiting lists. The problem was enhanced by the slow-down of ordinary treatments during the Covid-19 pandemics. The consequences of these limits is that income inequality generates inequalities in terms of health and life expectancy. The challenge of fighting inequalities of access and improving quality of health in our country is open. It can be tackled effectively not only with the improvement of NHSs but also working on side factors such as education, income, policies against inequalities, of active ageing and promoting generativity and life sense. These factors can increase the effectiveness of prevention, reduce the need of treatments and improve their effectiveness at the insurgence of new diseases.

Key words. Active ageing, life expectancy in good health, performance levels required.

Aspettativa di vita in Italia e nel mondo

I progressi scientifici dell’ultimo secolo, combinati con la qualità del nostro sistema sanitario nazionale, considerato tra i migliori al mondo per le opportunità di accesso a cure gratuite, hanno determinato uno straordinario aumento dell’aspettativa di vita nel Paese nella sua storia. Se nel 1860, l’anno dell’unità d’Italia, l’aspettativa di vita era ancora di 28 anni a causa dell’elevata mortalità infantile1, siamo oggi arrivati a 81,90 per gli uomini e 85,97 per le donne (dati del 2022 che segnalano un anno nuovamente in risalita dopo il calo dovuto alla pandemia), quinti al mondo dopo Hong Kong, Giappone, Svizzera e Singapore a fronte di un’aspettativa media di vita mondiale di 73 anni2.

Negli anni a venire si prevede che i progressi delle scienze mediche potranno contribuire a ulteriori significativi aumenti dell’aspettativa di vita nel mondo e nel nostro Paese, anche grazie alle conseguenze di un fenomeno globale quale l’utilizzo sempre più intenso delle tecnologie di rete e allo sviluppo dell’intelligenza artificiale che hanno enormemente aumentato la velocità di circolazione delle conoscenze in campo medico-scientifico e dunque ridotto il tempo necessario per far circolare idee anche embrionali tra gli studiosi e avviare percorsi di ricerca che consentono di scoprire nuovi farmaci e nuove cure.

Dati questi elementi di contesto, le previsioni demografiche dell’Istat stabiliscono che nel 2040 in Italia potrebbero esserci più di 200mila ultracentenari. Questo grande successo pone però per il futuro terribili sfide sul fronte del fabbisogno e della sostenibilità della spesa sanitaria e del contrasto alle diseguaglianze di accesso alle cure. La crescita della popolazione anziana sta generando significativi aumenti della spesa sanitaria che si pone l’obiettivo, al di là del dato grezzo sull’aspettativa di vita, di migliorare l’aspettativa di vita in buona salute o almeno libera da disabilità (dando per scontato che al crescere dell’età l’insorgere di patologie e di situazioni di comorbilità è inevitabile, ma che molte patologie si sono trasformate e si trasformeranno da mortali a croniche e potranno essere sempre più curabili e compatibili con una buona qualità della vita). Per converso, con l’invecchiamento progressivo della popolazione e l’aumento dell’aspettativa di vita, cresce lo stock di persone e anni di vita in presenza di patologie, invalidità e disabilità e dunque il bisogno di cura e assistenza e con esso le spese connesse. Poiché la spesa sanitaria pubblica, pur in crescita (è passata dal 7,6% del Pil nel 2000 al 9,6% nel 2020, restando comunque inferiore ai rapporti spesa sanitaria/Pil di Francia e Germania)3, non riesce a soddisfare tutta la domanda in aumento per via dei vincoli di bilancio e della sua sostenibilità, la conseguenza è l’attesa di una forte crescita della spesa “out of pocket”, ovvero della spesa sanitaria sostenuta dai privati.

Sistema sanitario e variabili sociali

La pressione sul sistema sanitario nazionale della domanda di cure crescente non è un tema del futuro ma qualcosa che tocchiamo ormai con mano ogni giorno: strutture di pronto soccorso degli ospedali sovraffollati anche a causa del parziale ridimensionamento dei presidi sanitari territoriali, personale sanitario (medici, infermieri, Oss) nel settore pubblico sottodimensionato per carenza di “vocazioni” anche a causa di un differenziale salariale troppo sfavorevole rispetto al privato e alle condizioni offerte in altri Paesi ad alto reddito (che sappiamo incidere significativamente su aspettativa di vita)a, diseguaglianze sanitarie tra regioni che alimentano il fenomeno delle migrazioni ospedaliere (giornate di degenza fuori regione). Il nostro sistema sanitario nazionale resta validissimo nella gestione delle emergenze (un codice rosso viene gestito in tempi rapidi e riceve tutte le cure necessarie senza costi), ma va in affanno per situazioni poco meno che emergenziali generando lunghissime file di attesa nel settore pubblico. La questione è d’altronde strutturale e tipica quando un bene di prima necessità e importanza (come le cure sanitarie) viene erogato senza costi per il cittadino generando classicamente una forbice positiva tra domanda e offerta che produce automaticamente razionamento delle prestazioni e lunghe file d’attesa. Il problema è diventato più grave durante la pandemia, che ha rallentato le cure nel settore pubblico e allungato le file d’attesa. Una soluzione possibile al problema è rendere più facile l’accesso al sistema di assicurazioni sanitarie private i cui costi restano comunque elevati e le condizioni di accesso alle prestazioni non sempre universali e convenienti.

La conseguenza di queste problematiche è la diseguaglianza di accesso alla sanità per reddito perché chi ha il denaro necessario elimina la coda andando nel privato o servendosi dell’intramoenia (le prestazioni a pagamento svolte nel settore pubblico). I risultati si traducono in differenze di aspettativa di vita geografiche (fino a due anni tra la Campania e il Trentino Alto Adige), su base di reddito e livelli d’istruzione (possono arrivare fino a 5-6 anni). Le differenze regionali di aspettativa di vita corrispondono alla forchetta tra spesa massima e spesa minima sanitaria pro capite, dall’estremo superiore della provincia di Bolzano (2083 euro) a quello inferiore della Campania (2056 euro)9. Siamo lontani dal dato eclatante di San Paolo in Brasile dove si stimano fino a 25 anni di differenza di aspettativa di vita tra chi vive in centro e chi vive in periferia nelle favelas10, ma si tratta comunque di differenze molto significative su cui lavorare. Il futuro che abbiamo davanti pone dunque le condizioni per una correlazione sempre più forte e significativa tra aspettativa di vita e reddito, dove chi avrà risorse economiche sufficienti potrà letteralmente “comprare” anni di vita addizionali sotto forma di cure più tempestive e di migliore qualità che faranno la differenza.

I problemi sanitari sono profondamente correlati a dimensioni e variabili sociali. La progressiva riduzione dei nuclei familiari, l’aumento di persone sole alimentano entrambi i lati del problema demografico nel nostro Paese (il calo delle nascite e l’aumento delle emergenze sanitarie degli anziani).

Per trovare e mettere in campo possibili rimedi appare necessario agire in diverse direzioni. In primo luogo un sistema sanitario pubblico potenziato che superi il sottodimensionamento nel settore pubblico e rafforzi il pilastro della medicina di prossimità e di territorio. Il modello delle case di comunità finanziato dal Pnrr, poliambulatori che dovrebbero ricreare una relazione medico-anziano in grado di ridurre gli accessi al pronto soccorso degli ospedali, si muove in questa direzione.

La questione delle diseguaglianze di reddito e territoriali di accesso al sistema sanitario può e deve essere affrontata in vari modi, ma le soluzioni non sono semplici e diventano tanto più efficaci quanto più riescono a non incidere negativamente sulla spesa e la sostenibilità del bilancio pubblico. Definire i livelli essenziali di prestazione (Lep) che devono essere assicurati in ciascun sistema sanitario regionale fissa soltanto un’asticella minima da non oltrepassare verso il basso e che richiede continuamente di essere aggiornata al progresso delle cure mediche e alla disponibilità di nuove opportunità e mezzi di cura. Senza un’opportuna previsione e un accantonamento in bilancio delle risorse finanziarie necessarie per tale adeguamento, i Lep possono funzionare in un periodo di avvio ma perdono progressivamente sempre più significato.

Modelli di erogazione delle prestazioni

Un’altra delle questioni in discussione per cercare di migliorare la qualità del sistema è modificare il modello di erogazioni oggi fondato sull’output (le prestazioni erogate attraverso i Diagnosis related groups – Drg, che definiscono modalità di prestazione ed erogazioni per categorie omogenee di pazienti) a un modello fondato sull’outcome dove si riesce a valutare e valorizzare l’impatto sulla salute piuttosto che la mera erogazione delle prestazioni. I limiti dell’attuale impatto prestazionale sono quelli di una tendenza a eccesso di consumi di farmaci e di esami e una medicina d’iniziativa e non di attesa.

Digitalizzazione

Un’ulteriore frontiera di potenziale progresso ma anche di nuovi rischi nel rapporto tra medico, paziente e strutture sanitarie è quella della rivoluzione della digitalizzazione e della telemedicina. Il profilo ideale che può costruire una migliore e maggiore efficienza del sistema è quello della costruzione di una relazione fiduciaria inaugurata da un incontro in presenza ma accompagnata da interazioni digitali con il medico e soprattutto con le strutture sanitarie. Su quest’ultimo fronte la digitalizzazione deve essere maggiormente approfondita (lasciando sempre una via parallela per persone anziane senza abilità digitali e senza tutoraggio) per ridurre al massimo lungaggini burocratiche e file d’attesa. Un esempio di come la digitalizzazione può migliorare qualità ed efficienza del sistema è nei sistemi di prenotazione per le prestazioni in grado di evitare le code che riducono le incertezze riguardanti gli slot temporali delle prestazioni, anche se non risolvono di per sé il problema sopra evidenziato delle lunghe code di attesa in caso di condizioni non gravi nel settore pubblico.

Il tema della relazione tra paziente, medico e struttura sanitaria è fondamentale e incide in maniera profonda sul morale e, in ultima analisi, sulla salute psichica e fisica del paziente. L’ingresso in una struttura sanitaria ha sempre effetti negativi sul morale personale e trovare relazioni accoglienti, e non solo una pur efficiente catena di montaggio di prestazioni e cure, è di notevole importanza.

Ruolo della rete sociale

La correlazione tra dimensione sociale e sanitaria suggerisce che le risposte strutturali vanno però trovate anche nelle politiche che favoriscono la longevità attiva. La salute è anche primariamente un bene relazionale. Per fare solo alcuni esempi, mezzi utilissimi come un apparecchio salvavita non hanno nessuna o scarsa efficacia se non abbiamo qualche caro o conoscente che si prende cura di noi ed è pronto a intervenire, e gli studi sulle ondate di calore nelle grandi città rilevano che la mortalità è molto più elevata tra gli anziani soli11. Investire nella longevità attiva significa affrontare e vincere la sfida della ricchezza di senso di vita quando l’età avanza e le limitazioni fisiche aumentano, come ci dimostrano i dati sulla correlazione tra generatività, aspettativa di vita e mortalità per i quali le persone con maggiore ricchezza di senso di vita si aspettano di vivere più a lungo e le loro aspettative sono corrette in quanto registrano tassi di mortalità più bassi negli anni successivi12. Questa sfida si vince tenendo conto che la qualità della vita degli anziani è infatti sostenuta da domiciliarità, qualità della vita di relazioni, incontro tra le generazioni. Alcune buone pratiche che favoriscono l’incontro tra bambini e anziani nelle case di riposo sono surrogati di un’istituzione come la famiglia allargata che assicurava questi tre elementi in passato.

Il concetto di One health

Un concetto oggi sempre più considerato a livello internazionale – One health13 – sottolinea la profonda interdipendenza della salute con le dimensioni non solo sociali e relazionali ma anche ambientali. Per questo motivo, e in un Paese come l’Italia dove secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ogni giorno circa 200 persone muoiono per le conseguenze della cattiva qualità dell’aria (inquinamento, polveri sottili che aumentano le malattie polmonari e cardiocircolatorie e incidono sull’insorgere dei tumori)14, investire nella transizione ecologica, per esempio cambiando i nostri modelli di mobilità e di riscaldamento delle abitazioni, non è alternativo ma complementare all’investimento in salute.

One health significa in altri termini che istruzione, reddito, sostenibilità ambientale, civismo e qualità della vita di relazioni sono tutte variabili che concorrono a determinare un impatto positivo su salute e aspettativa di vita riducendo la spesa sanitaria. Nella stessa direzione va la recente modifica dell’art. 41 della Costituzione che specifica che il limite all’attività d’impresa rappresentato dal contrasto con l’utilità sociale si sostanzia e si specifica nelle due nuove dimensioni dell’ambiente e della salute.

La sfida di combattere diseguaglianze di accesso e migliorare la qualità della salute nel nostro Paese è aperta. Affrontarla nel modo migliore non dipende solo dal perfezionamento del sistema sanitario ma anche dell’investimento su una serie di fattori di contorno (istruzione, reddito, contrasto alle diseguaglianze, generatività e ricchezza di senso del vivere, longevità attiva) che sono in grado di aumentare l’efficacia della prevenzione e ridurre la necessità di cure o migliorarne l’efficacia all’insorgere delle patologie.

Conflitto di interessi: l’autore dichiara l’assenza di conflitto di interessi.

Bibliografia

1. Vecchi G. In ricchezza e in povertà: il benessere degli italiani dall’Unità a oggi. Bologna: il Mulino, 2011.

2. Dasgupta P. The economics of biodiversity: the Dasgupta review. 2021. Disponibile su: https://bit.ly/42dpGNG [ultimo accesso 20 luglio 2023].

3. Rapporto OASI 2022. Osservatorio sulle Aziende e sul Sistema sanitario Italiano (a cura di CERGAS - Bocconi). Disponibile su: https://bit.ly/3LXRMqP [ultimo accesso 20 luglio 2023].

4. Shetty A, Shetty S. The correlation of physician to population ratio and life expectancy in Asian Countries. J Med Sci Clin Research 2014; 2: 699-706.

5. Basu S, Berkowitz SA, Phillips RL, Bitton A, Landon BE, Phillips RS. Association of primary care physician supply with population mortality in the United States, 2005-2015. JAMA Intern Med 2019; 179: 506-14.

6. Or Z. Exploring the effects of health care on mortality across OECD countries. OECD Labour Market and Social Policy Occasional Papers 2001; (46). Disponibile su: https://lc.cx/Ab30RD [ultimo accesso 20 luglio 2023].

7. Hurst J, Siciliani L. Tackling Excessive waiting times for elective surgery: in towards high-performing health systems: Policy Studies. OECD, Paris, 2004. Disponibile su: https://bit.ly/3B5xPI0 [ultimo accesso 20 luglio 2023].

8. Becchetti L, Bachelet M, Riccardini F. Not feeling well… true or exaggerated? Self‐assessed health as a leading health indicator. Health Econ 2018; 27: 153-70.

9. Bocconi, Cergas. Rapporto OASI 2018. Osservatorio sulle Aziende e sul Sistema sanitario italiano. 2018. Disponibile su: https://bit.ly/3n3v2f3 [ultimo accesso 20 luglio 2023].

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11. Naughton MP, Henderson A, Mirabelli MC, et al. Heat-related mortality during a 1999 heat wave in Chicago. Am J Prev Med 2002; 22: 221-7.

12. Becchetti L, Bachelet M, Pisani F. Poor eudaimonic subjective wellbeing as a mortality risk factor. Economia Politica 2019; 36: 245-72.

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14. European Environmental Agency 2022. Air pollution. Quality of air. Disponibile su: https://bit.ly/3FVkXad [ultimo accesso 20 luglio 2023].

Note

a L’impatto positivo del numero di medici per abitante sull’aspettativa di vita ha una lunga tradizione in letteratura ed è stato dimostrato recentemente da Shetty e Shetty4 e da Basu et al.5 i quali osservano che negli Stati Uniti 10 medici in più per 100.000 abitanti sono associati a un aumento di 51,5 giorni di aspettativa di vita. Or6 dimostra come il numero di medici pro capite riduca significativamente la mortalità evitabile nei Paesi Ocse, mentre Hurst e Siciliani7 dimostrano che la stessa variabile riduce significativamente le file di attesa. Becchetti et al.8 mostrano come la salute percepita abbia significativo potere predittivo sull’insorgere di patologie in campioni di individui con un numero assai minore di visite mediche.