In questo numero

Le informazioni più utili per il medico che si possono trarre dagli studi clinici sono quelle altamente rilevanti per la pratica clinica quotidiana e ottenute da studi ragionevolmente privi di distorsioni metodologiche e conflitti di interesse. Inoltre, non può esserci “utilità” se non è possibile accedere a queste stesse informazioni: non possiamo considerare utile qualsiasi contenuto scientifico che sia protetto da paywall estremamente costosi o che sia poco comprensibile da un lettore normalmente preparato. Ne sono convinti gli autori dell’editoriale di pagina 639 – Mark H. Ebell, Alice Serafini e Peter K. Kurotschka – che introducono un nuovo spazio su Recenti Progressi in Medicina che sarà dedicato alla Patient-oriented evidence that matters (POEMs). Non si tratta di una novità per chi ricorda come – dai primi anni successivi alla formalizzazione dell’approccio della evidence-based medicine – un gruppo di medici di cure primarie statunitensi lavora alla riflessione critica sulla letteratura scientifica internazionale, producendo delle sintesi a vantaggio dei medici di tutto il mondo1. Già nel 2002, il BMJ decise di offrire ai propri abbonati una selezione di POEMs e il direttore di allora – Richard Smith – spiegava come i medici soffrissero del “paradosso dell’informazione”2: sommersi da informazioni ma spesso impossibilitati a trovare quelle di cui hanno bisogno nel momento in cui ne hanno bisogno. «Quando ho chiesto a un campione di medici di indicarmi l’aggettivo che associano alla loro disponibilità di informazioni, il 90% ha dato una risposta negativa: sopraffatto, schiacciato, disperato. Più della metà dei medici si sente in colpa per non aver letto di più. L’informazione ha una connotazione negativa per i medici». È cambiato qualcosa a distanza di vent’anni? Probabilmente sì, e in peggio.

Le riviste indicizzate sulla piattaforma Ulrich Web sono oltre 47 mila e ogni anno sono pubblicati non meno di 4 milioni e 500 mila nuovi articoli “scientifici”. Centinaia di migliaia di giovani clinici e ricercatori si affacciano alla professione ogni anno e l’imperativo di pubblicare a ogni costo si traduce in una crescita costante sia della letteratura scientifica, sia delle stesse riviste il cui numero cresce al ritmo del 3% ogni anno. Purtroppo questa spinta alla pubblicazione contribuisce a quella “medicina industriale” che produce una sanità basata sul volume delle prestazioni e non sulla promozione della salute dei cittadini, favorendo quella crescita esponenziale del consumismo sanitario e della sovramedicalizzazione di cui parlano gli autori dell’Osservatorio a pagina 642. Sono argomenti di cui abbiamo parlato nel meeting Medicine & the Media, promosso dal Pensiero Scientifico Editore e svolto tra Firenze e Fiesole il 14 ottobre 2023. La qualità della letteratura scientifica – purtroppo complessivamente scadente – è un fattore di rischio per il servizio sanitario e un determinante di inappropriatezza clinica. Anche le decisioni di politica sanitaria si gioverebbero di una migliore ricerca, più rilevante per i pazienti e, in generale, per i cittadini. Le immagini delle pagine seguenti documentano alcuni momenti della giornata di riflessione e confronto.

Un freno a questa deriva potrebbe arrivare da una competenza chiave discussa dagli autori e autrici della rassegna a pagina 654: la capacità di creare un legame con i pazienti «profondo e silenzioso, all’interno del quale la sua parte umana diviene trasparente. È un legame non indipendente dal contesto familiare, sociale, storico e culturale, che suscita movimenti affettivi non artificiali e ininfuenti».

Bibliografia

1. Shaughnessy AF, Slawson DC, Bennett JH. Becoming an information master: a guidebook to the medical information jungle. J Fam Pract 1994; 39: 489-500.

2. Smith R. A POEM a week for the BMJ: a POEM is Patient-Oriented Evidence that Matters. BMJ 2002; 325: 983.