La Top 5 di gennaio 2024.
Gli studi clinici che vale la pena conoscere se lavori nelle cure primarie in Italia

Peter K. Kurotschka1*, Alice Serafini2,3, Mark H. Ebell4

1Department of General Practice, University Hospital Würzburg, Germany; 2Dipartimento di Cure primarie, Ausl Modena, Italia; 3Dipartimento di Scienze biomediche, metaboliche e neuroscienze, Università di Modena e Reggio Emilia, Modena, Italia; 4Department of Epidemiology and Biostatistics, the University of Georgia, Athens, GA, USA.

Riassunto. Questo articolo mensile fornisce una raccolta delle più recenti e rilevanti evidenze cliniche orientate al paziente (POEMs), quelle che vale la pena conoscere se lavori nelle cure primarie in Italia. 1) Una recente revisione sistematica (SR) di 76 SR di trial randomizzati e controllati (Rct) che hanno valutato efficacia e costi della prevenzione cardiovascolare primaria e secondaria mediante farmaci ipolipemizzanti ha concluso che, tra tutti i farmaci mai studiati, i più efficaci e quelli con il migliore rapporto costi-benefici sono le statine. 2) Con nostra sorpresa, una network meta-analisi di 12 Rct ha mostrato che paracetamolo e ketorolac sono non solo più sicuri ma anche significativamente più efficaci della morfina nel ridurre il dolore da colica renale negli adulti. 3) L’uso di inibitori di pompa protonica (Ipp) nei bambini è associato a un aumento del rischio di infezioni gravi rispetto all’uso di altre terapie atte a ridurre la secrezione acida gastrica. Appare, quindi, prudente utilizzare gli Ipp come terapia di seconda linea, cioè nei bambini che non rispondono ad altri antiacidi e agli inibitori dei recettori H2 dell’istamina. 4) Il rischio di sovradiagnosi di carcinoma della mammella – ovvero l’identificazione di un carcinoma che non avrebbe causato alcun sintomo nel corso della vita della donna – aumenta con l’età. Uno studio su oltre 50.000 donne di 70 anni o più sottoposte a screening mammografico ha mostrato che il rischio di sovradiagnosi è del 31%, del 47% e del 51% nelle donne di età compresa tra 70 e 74 anni, tra 75 e 84 anni e oltre gli 85 anni rispettivamente. 5) Un Rct condotto su pazienti ambulatoriali negli Stati Uniti ha concluso che l’uso di un bracciale per la misurazione della pressione arteriosa (PA) di medie dimensioni su persone con una circonferenza braccio più grande della media può determinare una sovrastima della PA di quasi 5 mmHg. Lo stesso bracciale di medie dimensioni utilizzato su una persona con una circonferenza braccio minore della media può, invece, portare a una sottostima di 3,6 mmHg.

Top 5 Research Studies of the month for Italian Primary Care Physicians: January 2024.

Summary. This monthly article provides a collection of summaries of the most relevant studies identified as POEMs (patient-oriented evidence that matters) for Italian primary care physicians. 1) A recent high-quality systematic review (SR) of 76 SRs found that, compared to all other lipid-lowering medications, for overall, primary, and secondary prevention the best balance of benefits, harms, and costs is provided by statins. 2) To our surprise, a network meta-analysis of 12 randomized controlled trials (RCTs) concluded that acetaminophen and ketorolac were more effective than morphine in alleviating pain from renal colic and were less likely than morphine to cause adverse effects and the need for rescue analgesia. 3) Proton pump inbibitors (PPI) use in children is associated with an increased risk of developing serious infections as compared with the use other acid-suppressing therapy. It seems prudent to use antacids and histamine 2 receptor antagonists first and reserve PPIs for nonresponders. 4) Overdiagnosis – the identification of, in this case, breast cancer, that would not have caused symptoms in a person’s lifetime – seems to increase with age. In a study including more than 50.000 women aged above 70 who underwent mammography screening, the overdiagnosis rate was 31%, 47% and 51% for women aged 70 to 74 years, 75 to 84 years and over age 85, respectively. 5) An RCT among community-dwelling adults conducted in the US found that using a regular cuff on larger-than-average arms can falsely raise blood pressure readings by almost 5 mmHg, and a regular cuff on an especially thin arm can lower readings by 3.6 mmHg.

Le statine sono i farmaci ipolipemizzanti migliori nella prevenzione primaria e secondaria della mortalità cardiovascolare e da tutte le cause1

Dugré N, Lindblad AJ, Perry D, et al. Lipid-lowering therapies for cardiovascular disease prevention and management in primary care: PEER umbrella systematic review of systematic reviews. Can Fam Physician 2023; 69(10): 701-711.

Domanda clinica. Quali sono i benefici e i rischi dei farmaci ipolipemizzanti nella prevenzione primaria e secondaria?

Punto chiave. Questa umbrella review (una revisione sistematica di revisioni sistematiche) ha rilevato che il migliore equilibrio tra benefici, rischi e costi è fornito dalle statine. I benefici relativi erano simili per la prevenzione primaria e per la prevenzione in generale (primaria e secondaria), seppure, prevedibilmente, le riduzioni del rischio assoluto erano minori per la prevenzione primaria. Assumendo un’incidenza di eventi cardiovascolari (cv) maggiori del 10% e un tasso di mortalità cv del 3%, in una popolazione ad alto rischio, l’assunzione in prevenzione primaria di una statina ridurrebbe il rischio di eventi cv al 7,5% (riduzione del rischio assoluto [Arr] 2,5%; number needed to treat [Nnt]= 40 in 10 anni) e il tasso di mortalità cv al 2,5% (Arr 0,5%; Nnt= 200 in 10 anni).

Finanziamento: nessun finanziamento specifico/non dichiarato.

Disegno dello studio: umbrella review (revisione sistematica di revisioni sistematiche).

Livello di evidenza: 1a.

Setting: vari.

Sinossi. Questa umbrella review proviene dal consorzio canadese PEER che produce regolarmente revisioni sistematiche (SR) e linee guida basate sulle evidenze. In questa revisione, gli autori hanno incluso 76 SR di trial randomizzati e controllati (Rct) condotti sull’efficacia di diverse terapie ipolipemizzanti, nonché 4 Rct su farmaci sequestranti degli acidi biliari, dato che su questa classe di farmaci non è stata identificata alcuna SR. Gli autori dello studio hanno esaminato e classificato i risultati degli studi sia per classe di farmaci, sia per endpoint dello studio (prevenzione primaria e/o secondaria). Per ciascuna di queste categorie, gli autori hanno riportato il rischio relativo mediano (RR) per quell’esito (gli intervalli di confidenza riepilogativi non sono riportati, ma lo è la proporzione di SR che hanno riportato un cambiamento statisticamente significativo per quell’esito).

Sono state identificate 26 SR sugli inibitori della proproteina convertasi subtilisina/kexina tipo 9 (iPCSK9) e 30 SR sulle statine. Nel complesso, la qualità degli studi è stata giudicata buona, anche se in 18 SR i dati non sono stati estratti in doppio cieco e in 12 SR la qualità degli studi inclusi non è stata valutata adeguatamente.

Nel complesso, gli studi inclusi nella revisione mostrano come le statine riducano significativamente la mortalità per tutte le cause (RR mediano 0,91), la mortalità per cause cv (RR mediano 0,85) e gli eventi avversi cv maggiori (RR mediano 0,74). Per quanto riguarda la prevenzione primaria, i risultati sono simili: nei pazienti trattati con statine, sono ridotte sia la mortalità per tutte le cause (RR mediano 0,91), sia la mortalità cv (RR= 0,83) e l’incidenza di eventi cv maggiori (RR= 0,75). Per quanto riguarda la prevenzione secondaria, se l’utilizzo delle statine non porta ad alcun miglioramento della mortalità per tutte le cause (RR mediano 0,99), esso riduce la mortalità cv (RR 0,62) e gli eventi cv maggiori (0,80). Tuttavia, i fibrati, la niacina, l’ezetimibe e gli iPCSK9 non sembrano avere alcun impatto significativo sulla mortalità cv o per la mortalità da tutte le cause.

Per quanto riguarda gli eventi avversi, la disfunzione epatica (RR 1,17) e il diabete (RR 1,10) si sono rivelati essere significativamente più comuni nei pazienti trattati con statine, mentre non è stata riscontrata alcuna differenza nei tassi di mialgie, eventi avversi complessivi ed eventi avversi gravi.

Contesto italiano. La prescrizione da parte dei medici di medicina generale (Mmg) di statine, fibrati ed ezetimibe in regime di rimborsabilità totale (fascia A) a carico del Ssn è soggetta alle limitazioni imposte dalla Nota 13 di Aifa2, recentemente aggiornata, che ne prevede l’utilizzo sia in prevenzione primaria che in prevenzione secondaria. La prescrizione di iPCSK9, al contrario, necessita di piano terapeutico da parte di un medico specialista del Ssn.

Il paracetamolo e il ketorolac sono più efficaci della morfina nell’alleviare il dolore negli adulti con coliche renali3

Alghamdi YA, Morya RE, Bahathiq DM, et al. Comparison of acetaminophen, ketamine, or ketorolac versus morphine in the treatment of acute renal colic: a network meta-analysis. Am J Emerg Med 2023; 73: 187-196. 

Domanda clinica. Negli adulti, quali sono i farmaci più efficaci per alleviare il dolore da colica renale?

Punto chiave. In questa network meta-analisi, paracetamolo e ketorolac sono risultati più efficaci della morfina nell’alleviare il dolore da colica renale. Paracetamolo e ketorolac, inoltre, hanno mostrato una minore probabilità di effetti avversi.

Finanziamento: nessun finanziamento specifico/non dichiarato.

Disegno dello studio: meta-analisi di studi randomizzati e controllati.

Livello di evidenza: 1a-.

Setting: pronto soccorso.

Sinossi. Gli autori di questo studio hanno condotto una ricerca sistematica su diverse banche dati e su un registro di studi clinici e hanno sistematicamente analizzato le bibliografie degli studi originariamente inclusi per identificare le pubblicazioni in lingua inglese di Rct che avessero, in adulti con colica renale, da soli o in combinazione tra loro, confrontato l’efficacia di paracetamolo, ketorolac e un oppioide per via endovenosa (morfina o ketamina). Gli esiti clinici primari degli studi inclusi comprendono i punteggi del dolore su una scala analogica visuale (Vas) a vari intervalli di tempo (15, 30 30 e 60 minuti), l’uso di analgesici di salvataggio e il verificarsi di eventi avversi. Gli autori della revisione hanno incluso 12 studi su 2845 adulti, di cui il 72% di sesso maschile. Otto degli studi inclusi sono stati giudicati a basso rischio di bias. I risultati della meta-analisi hanno mostrato che: 1) a 15 minuti, non c’è alcuna differenza significativa nei punteggi medi del dolore tra i diversi trattamenti; rispetto alla morfina, dopo 30 minuti, i pazienti trattati con ketorolac o paracetamolo hanno avuto modeste riduzioni del dolore (-1,6 e -1,0 punti sul Vas); a 60 minuti, solo quelli trattati con ketorolac hanno avuto riduzioni significative del dolore (-2,9 punti sul Vas). Il trattamento con morfina, invece, oltre che essere meno efficace, è associato al verificarsi di eventi avversi e alla necessità di terapie analgesiche di salvataggio.

Contesto italiano. Il paracetamolo per os è disponibile in Italia in diverse formulazioni e dosaggi. Il dosaggio da 1g (1000 mg) è prescrivibile a carico del cittadino (fascia C) mentre, la soluzione iniettabile è a esclusivo uso ospedaliero. Per quanto riguarda il ketorolac, le compresse o gocce orali sono indicate soltanto nel trattamento a breve termine (massimo 5 giorni) del dolore post-operatorio di grado moderato4. Per il trattamento del dolore dovuto a coliche renali è prescrivible a carico del Ssn (fascia A) la soluzione iniettabile di ketorolac da 30 mg/ml.

L’uso degli inibitori della pompa protonica nei bambini è associato a un aumento del rischio di infezioni gravi5

Lassalle M, Zureik M, Dray-Spira R. Proton pump inhibitor use and risk of serious infections in young children. JAMA Pediatr 2023; 177(10): 1028-1038.

Domanda clinica. L’uso di inibitori di pompa protonica (Ipp) è associato a un aumento del rischio di infezioni gravi nei bambini?

Punto chiave. L’uso di Ipp nei bambini è associato a un aumento del rischio di sviluppare infezioni gravi rispetto all’uso di altre terapie con la funzione di ridurre la secrezione acida gastrica. Appare quindi prudente utilizzare prima altri antiacidi e gli antagonisti dei recettori H2 dell’istamina (anti-H2) e riservare gli Ipp ai bambini che non rispondono a queste terapie.

Finanziamento: non dichiarato.

Disegno dello studio: studio di coorte prospettico.

Livello di evidenza: 1b.

Setting: studio di popolazione.

Sinossi. Gli autori di questo studio hanno utilizzato il Système National des Données de Santé (Snds), il database nazionale francese di dati sanitari per costruire un registro (anonimo) di tutti i bambini nati tra il 1° gennaio 2010 e il 31 dicembre 2018 a cui era stato prescritto un Ipp, un anti-H2, un qualsiasi antiacido o l’alginato di sodio. Includere nello studio anche bambini che assumevano farmaci anti-reflusso diversi dagli Ipp è stato utile per ridurre il cosiddetto confondimento da indicazione, un tipo di confondimento che si può verificare quando l’associazione tra una esposizione farmacologica (in questo caso l’Ipp) e l’esito clinico (in questo caso le infezioni gravi nei bambini) può essere falsamente attribuito al farmaco mentre è, invece, la condizione sottostante che lo determina. Dei 6,3 milioni di bambini nati tra il 2010 e il 2018, 1,5 milioni di bambini (20%) hanno ricevuto un Ipp, un anti-H2 o un altro antiacido o alginato potendo così essere inclusi nello studio. Circa la metà dei bambini inclusi (48%) ha ricevuto almeno un Ipp. Durante una media di 3,8 anni di follow-up, 152.055 bambini (12%) hanno sviluppato un’infezione grave (tasso di incidenza: 2,99 per 100 anni-persona). La definizione utilizzata di infezione grave è stata piuttosto ampia, comprendendo infezioni del sistema digerente, dell’orecchio, del naso e alla gola, delle vie respiratorie inferiori, delle vie urinarie e del sistema nervoso, tra cui alcune che potrebbero non essere considerate gravi (per esempio, rinite, laringite o dermatofitosi). Dopo aver aggiustato per fattori confondenti ritenuti rilevanti (fattori sociodemografici, fattori materni, setting urbano o rurale, uso delle risorse sanitarie, comorbilità e altri), gli autori dello studio hanno evidenziato come i bambini che avevano utilizzato un Ipp avevano anche una probabilità di circa il 34% maggiore di sviluppare un’infezione grave rispetto a coloro che non aveva utilizzato tali farmaci.

Contesto italiano. Gli Ipp autorizzati in Italia per l’utilizzo in età pediatrica, al di sopra dell’anno di età e 10 kg di peso corporeo, sono, a oggi, l’esomeprazolo granulato da 10 mg e l’omeprazolo compresse gastroresistenti o capsule rigide a rilascio modificato da 10 mg o da 20 mg. Tra gli anti-H2, la ranitidina e la cimetidina. La loro prescrizione a carico del Ssn è vincolata al rispetto della Nota 486 o Nota 017 di Aifa mentre la prescrizione di farmaci diversi è da considerarsi off-label.

Il rischio di sovradiagnosi del carcinoma alla mammella aumenta con l’aumentare dell’età8

Richman IB, Long JB, Soulos PR, Wang SY, Gross CP. Estimating breast cancer overdiagnosis after screening mammography among older women in the United States. Ann Intern Med 2023; 176(9): 1172-1180.

Domanda clinica. Qual è la probabilità di sovradiagnosi di carcinoma della mammella nelle donne di età superiore a 70 anni in seguito a screening mammografico?

Punto chiave. Il rischio di sovradiagnosi di carcinoma della mammella – ovvero l’identificazione di un carcinoma che non avrebbe causato alcun sintomo nel corso della vita della donna – sembra aumentare con l’età. In questo studio, il rischio di sovradiagnosi è stato del 31% nelle donne di età compresa tra 70 e 74 anni, del 47% nelle donne di età compresa tra 75 e 84 anni e del 51% nelle donne oltre gli 85 anni.

Finanziamento: non dichiarato.

Disegno dello studio: studio di coorte retrospettivo.

Livello di evidenza: 2b.

Setting: studio di popolazione.

Sinossi. Utilizzando una grossa banca dati amministrativa statunitense, gli autori di questo studio hanno identificato tutte le donne di età superiore a 70 anni che nel 2002 avevano eseguito una mammografia di screening e che erano risultate negative. I ricercatori hanno, quindi, sottoposto ciascuna donna a un lungo periodo di follow-up per verificare, in primo luogo, se si fossero sottoposte a un’altra mammografia entro i successivi 3 anni e, in secondo luogo, se avessero ricevuto una diagnosi di carcinoma alla mammella nei successivi 15 anni. La ricerca ha mostrato che, nel gruppo di 54.635 donne sottoposte a screening, non si è assistito ad alcuna riduzione dei decessi da carcinoma della mammella. Tuttavia, le nuove diagnosi di carcinoma della mammella sono state significativamente più frequenti nel gruppo sottoposto a screening. Nelle donne di età compresa tra 70 e 74 anni, le nuove diagnosi di carcinoma sono state 6,1 ogni 100 donne sottoposte a screening rispetto a 4,2 nuove diagnosi ogni 100 donne non sottoposte a screening (tassi di incidenza cumulativa); nelle donne di età compresa tra 75 e 84 anni, invece, l’incidenza era di 4,9 contro 2,6 ogni 100 donne sottoposte e non sottoposte a screening, rispettivamente. Non avendo l’incremento delle diagnosi portato ad alcuna riduzione dei decessi da carcinoma della mammella, questi incrementi corrispondono ad altrettanti rischi di sovradiagnosi del 31% e del 47% nelle donne di età compresa tra i 70 e i 74 anni e tra i 75 e gli 84 anni, rispettivamente.

Infine, più della metà (51%) delle donne di età pari o superiore a 85 anni con una nuova diagnosi di carcinoma alla mammella è successivamente deceduta per una causa diversa dal carcinoma.

Contesto italiano. In Italia lo screening del carcinoma alla mammella nella popolazione generale è offerto a carico del Ssn, organizzato dai servizi sanitari regionali e, nonostante piccole variabilità, ogni 2 anni viene generalmente offerta una mammografia a tutte le donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni. Alcune Regioni hanno previsto un’estensione dello screening anche alle donne di età compresa tra 70 e 74 anni (Emilia-Romagna, Toscana, Lombardia, Basilicata, Veneto, Umbria, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Marche), con modalità e periodicità differenti. Alla luce del rischio di sovradiagnosi, tale estensione non appare, tuttavia, pienamente giustificata.

Una dimensione errata del bracciale per la rilevazione della pressione arteriosa può causare errori di misurazione, per eccesso o per difetto9

Ishigami J, Charleston J, Miller ER 3rd, Matsushita K, Appel LJ, Brady TM. Effects of cuff size on the accuracy of blood pressure readings: the cuff(SZ) randomized crossover trial. JAMA Intern Med 2023; 183(10): 1061-1068.

Domanda clinica. Quanto la dimensione errata del bracciale per la rilevazione della pressione arteriosa influenza la precisione della rilevazione stessa?

Punto chiave. Potremmo sbagliarci, ma nelle nostre vite da pazienti nessuno di noi tre ricorda che gli abbiano mai misurato la pressione arteriosa seguendo tutte le regole indicate dalle linee guida. Uno di noi (o una di noi: non dichiareremo chi) sostiene che fino a ora la pressione gli (o le) sia sempre stata presa con un bracciale troppo piccolo per i suoi bicipiti ben allenati. Questo studio ha scoperto che l’uso di un bracciale di medie dimensioni su persone con una circonferenza braccio più grande della media può determinare una sovrastima della pressione arteriosa di quasi 5 mmHg. Lo stesso bracciale di medie dimensioni utilizzato su una persona con una circonferenza braccio minore della media può, invece, portare a una sottostima di 3,6 mmHg.

Finanziamento: fondazione privata.

Disegno dello studio: studio randomizzato e controllato (in doppio cieco) di tipo cross-over. 

Assegnazione a gruppi (allocation): occultata. 

Livello di evidenza: 1b.

Setting: ambulatoriale.

Sinossi. Il gruppo di ricerca statunitense che ha condotto questo studio ha reclutato un totale di 195 partecipanti di diversa età, etnia e sesso attraverso i loro medici curanti, eventi di screening presso un supermercato, cliniche specializzate nel trattamento dell’ipertensione e altri setting comunitari.

Ciascun partecipante è stato sottoposto a multiple misurazioni automatizzate della pressione arteriosa con un bracciale di dimensioni adeguate alla circonferenza del braccio, con uno troppo piccolo e con uno troppo grande, in ordine casuale. L’indice di massa corporea medio dei soggetti inclusi nello studio era di 28,8. È interessante notare che solo il 28% dei partecipanti in questo campione aveva la misura giusta per un bracciale “normale” e più della metà (55%) richiedeva un bracciale grande o molto grande. Gli autori dello studio riportano che l’utilizzo di un bracciale di medie dimensioni su persone con una circonferenza braccio più grande della media può determinare una sovrastima della pressione arteriosa di 4,8 mmHg (IC 95% 3,0-6,6 mmHg). Lo stesso bracciale di medie dimensioni utilizzato su una persona con una circonferenza braccio minore della media può, invece, portare a una sottostima di 3,6 mmHg (IC 95% -1,7 - -5,6).

Contesto italiano. Anche se condotto su una popolazione statunitense, i risultati di questo studio sono direttamente applicabili alla realtà italiana. L’utilizzo di un bracciale di dimensioni non adeguate alla circonferenza braccio del paziente può portare a sovra- o sottostime clinicamente rilevanti e andrebbe evitato.

Bibliografia

1. Dugré N, Lindblad AJ, Perry D, et al. Lipid-lowering therapies for cardiovascular disease prevention and management in primary care: PEER umbrella systematic review of systematic reviews. Can Fam Physician 2023; 69: 701-11.

2. Aifa. Nota 13. Disponibile su: https://lc.cx/Umkvni [ultimo accesso 11 gennaio 2024].

3. Alghamdi YA, Morya RE, Bahathiq DM, et al. Comparison of acetaminophen, ketamine, or ketorolac versus morphine in the treatment of acute renal colic: a network meta-analysis. Am J Emerg Med 2023; 73: 187-96.

4. Aifa. Nota Informativa Importante su ketorolac trometamina (15/04/2015). Disponibile su: https://lc.cx/E0lSpG [ultimo accesso 11 gennaio 2024].

5. Lassalle M, Zureik M, Dray-Spira R. Proton pump inhibitor use and risk of serious infections in young children. JAMA Pediatr 2023; 177: 1028-38. 

6. Aifa. Nota 48. Disponibile su: https://lc.cx/-LeMen [ultimo accesso 11 gennaio 2024].

7. Aifa. Nota 01. Disponibile su: https://lc.cx/LeZxWA [ultimo accesso 11 gennaio 2024].

8. Richman IB, Long JB, Soulos PR, Wang SY, Gross CP. Estimating breast cancer overdiagnosis after screening mammography among older women in the United States. Ann Intern Med 2023; 176: 1172-80.

9. Ishigami J, Charleston J, Miller ER 3rd, Matsushita K, Appel LJ, Brady TM. Effects of cuff size on the accuracy of blood pressure readings: the cuff (SZ) randomized crossover trial. JAMA Intern Med 2023; 183: 1061-8.